Beltà in disegni e rime
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Anteprima del libro
Beltà in disegni e rime - Monaldo Svampa
possesso.
Prefazione
Chi si ritrovasse tra le mani la versione cartacea del presente volumetto, o ne avesse scaricato il contenuto su uno dei vari balocchi tecnologici di cui l’era contemporanea è generosa dispensiera, rimarrà forse vagamente sorpreso dalle varie forme artistiche in esso sviluppate.
Di fatto questa mia ultima modesta fatica letteraria (e non… come comprenderà facilmente il curioso che non avrà resistito alla tentazione di darvi una sfogliata) si compone di quattro parti distinte.
La prima, da cui il titolo del libro (Beltà in disegni e rime) rappresenta la bellezza femminile (con assai pochi veli atti a celarla) in 26 tavole cui fanno da contraltare altrettante composizioni in rima (spesso facete) che le illustrano e sono a loro legate con inusuale precisione.
Mi sono assai divertito, se non a inventare, per lo meno a riproporre con qualche variante questa simpatica disciplina, che realizza uno spesso divertente connubio tra immagine e poesia, anche se poesia è forse in questo caso termine un po’ troppo pretenzioso: da ciò il titolo dell’opera.
Segue, nella seconda parte, un lungo racconto in prosa, dal titolo Storia di Antropo
, in cui spero di aver trovato una mano sufficientemente leggera, rispettosa e fine per delineare il rapporto dell’uomo con il suo dio, nonché l’indubbio vantaggio di quella fede che il mio protagonista acquisisce in maniera un po’… inconsueta, ma assai efficace.
Nella terza parte il mio lettore si confronterà con 26 componimenti in versi, come al solito tra il serio e il faceto, a seconda dell’umore e l’ispirazione dell’autore, inframmezzate da una serie di tavole fuori testo di mia realizzazione.
La quarta e ultima parte, infine, consiste di una ventina di miei disegni, per gli amanti del genere. Avrei potuto assegnare un titolo a ciascuna opera grafica (e il discorso vale anche per le tavole fuori testo contenute nella terza parte), ma ognuna di esse spero condurrà il lettore in un mondo onirico e simbolico che lascio a lui interpretare, spero con impegnativo diletto, e assegnare all’opera il titolo che a lui parrà più opportuno, personale e adatto.
Detto questo, lungi da me il desiderio di abusare oltre della pazienza di chi si è dedicato alla lettura di queste poche righe, vi lascio senz’altro all’esame di questa modesta, variegata fatica editoriale.
Buona lettura e buona visione.
Alice grandicella
Un’Alice fatta adulta,
nuda forse per amare,
dronte austero ora consulta
del passato per spiare
tra le tante meraviglie
d’ineffabile paese
quella che per essa sceglie
il disegnator cortese.
Ed accanto al dronte c’è
(lo fumava un bruco azzurro)
elegante un narghilè,
mentre Alice in un sussurro
si rammenta del suo autore,
che per lei ancor bambina
lunga scrisse con il cuore
una fiaba in prosa e in rima.
Vede sé pensosa e ardita,
con le braccia al sen conserte,
mentre il bruco sibarìta
fuma languido ed inerte.
La sua infanzia è certo piena
d’ogni più strana avventura,
ed i bimbi (e non) con lena
ne fàn avida lettura.
Eva e il serpente innamorato
Canto assai superba Eva,
brama e speme del serpente
che da lei gli occhi non leva;
la sua man posta è impudente
sulla testa d’un demonio,
ben perplesso, in verità,
e se sia Caio o Sempronio
lo scrivente non lo sa.
Quel che so di quella serpe
è che d’Eva è ormai invaghita,
come un mùsico di Euterpe,
e dà a lei rosa fiorita,
stretta proprio fra quei denti
sedi d’un veleno immìte,
che travaglian sentimenti
men che il riso di Afrodite.
E la mela? Abbandonata
ad un satiro bambino,
è oramai dimenticata,
ed ha un verme piccolino.
Oh, demonio, sii paziente!
Ché il serpente tuo sodàle
oltre lei più alcun non sente,
ed invero non è un male…
Eva, il serpente e la mela
Una bella oltre ogni dire,
di cui tacerò il gran nome,
d’un serpente tra le spire
è finita chissà come.
Chissà poi perché di un’ala
il suo bel corpo è adornato…
Al poeta che gli cala?
Forse allude, il disgraziato,
al contrasto tra il serpente
ed un angelo ben strano,
insinuando irriverente
vieto biblico richiamo?
Ma il serpente tien fra i denti
quel gran frutto maledetto
che offrì poi ai suoi sentimenti,
e sappiam qual fu il costrutto.
Ora il nome è disvelato,
e scopriamo dall’indizio
sempre l’Eva del peccato,
e il suo periglioso sfizio.
Ma perdona a quel profilo
del bel volto delicato,
se ancor oggi paghi il fìo
dell’antico suo peccato.
Il fauno innamorato
Fauno stolto, e innamorato
dei begli occhi d’una ninfa,