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Clandestini: Meridionali e Extracomunitari Lo stereotipo degli immigrati nella stampa quotidiana   1960 e 2000
Clandestini: Meridionali e Extracomunitari Lo stereotipo degli immigrati nella stampa quotidiana   1960 e 2000
Clandestini: Meridionali e Extracomunitari Lo stereotipo degli immigrati nella stampa quotidiana   1960 e 2000
E-book161 pagine1 ora

Clandestini: Meridionali e Extracomunitari Lo stereotipo degli immigrati nella stampa quotidiana 1960 e 2000

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Clandestini, è lo stereotipo che al di sopra di ogni altra categoria, etichetta gli immigrati extracomunitari, attivando nei loro confronti i più ostracizzanti atteggiamenti e comportamenti pregiudiziali.

Questa ricerca sociologica, mette in risalto come la figura dell’immigrato risponde ad una costruzione di senso comune e di pubblica opinione, a prescindere dalle differenze storiche, politiche e sociali che caratterizzano i fenomeni migratori coinvolti. La tecnica metodologica dell’Autrice, nell’analizzare la stampa quotidiana di due differenti periodi storici, distanti tra loro ben 40 anni, sviluppa un attento raffronto tra lo stereotipo dell’immigrato meridionale, nelle città dell’Italia settentrionale degli anni 60 e lo stereotipo dell’immigrato extracomunitario, in quelle stesse regioni, negli anni 2000. Queste annualità sono state elette come particolarmente rappresentative per i due fenomeni. Dall’analisi semantica degli articoli, ampiamente spiegata nel metodo utilizzato, emerge una figura per molti aspetti simile, nelle categorizzazioni valoriali e nelle generalizzazioni pregiudiziali, quella dell’immigrato come Alieno rispetto ad una realtà Altra.
Lo stereotipo, così scomposto nelle varie categorie interpretative, si rivela funzionale all’esclusione/inclusione dell’immigrato, confermando al di là del contesto storico, la profondità dell’analisi simmeliana nella percezione pubblica del povero, come “colui che chiede”.
Come sottolineato dall’Autrice, la ricerca per il rigore metodologico verso il risultato raggiunto, fornisce una valida base di analisi per chi voglia approfondire come nell’ultimo ventennio, possa essersi evoluto lo stereotipo dell’immigrato straniero, nell’evidenza che differenze e analogie potranno caratterizzarlo.

Rosanna Galasso, sociologa, svolge inoltre attività di formazione per la vendita strategica verso le Organizzazioni Complesse. Oltre al saggio: Clandestini. Meridionali e Extracomunitari: lo stereotipo dell’immigrato nella stampa quotidiana, 1960 e 2000, ha pubblicato in tema di Organizzazione e Management il saggio: Come vendere ai Clienti Complessi. Il Paradigma Morfologia della Vendita Strategica e il metodo dello SsTEP model. È autrice inoltre della guida turistica per manager “stressati”: Cornovaglia, fuori dallo stress senza stress. Da Penzance itinerari in solo trip nella Cornovaglia del sudovest.

 
LinguaItaliano
Data di uscita14 set 2019
ISBN9788834185377
Clandestini: Meridionali e Extracomunitari Lo stereotipo degli immigrati nella stampa quotidiana   1960 e 2000

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    Anteprima del libro

    Clandestini - Rosanna Galasso

    BIBLIOGRAFIA

    INTRODUZIONE

    All’interno del variegato scenario migratorio, che ha caratterizzato l’Italia nel corso negli ultimi sessant'anni, sono due le realtà di sfondo che si è valutato possano essere state particolarmente rappresentative del fenomeno e pertanto, costituire un valido perimetro di analisi alla presente ricerca: le migrazioni interne dal sud Italia verso il nord del Paese e le immigrazioni straniere. Le annualità che sono state elette come rappresentative per i due fenomeni sono: il 1960 per le migrazioni interne, il 2000 per le immigrazioni straniere. Due date sociologicamente rilevanti, perché è proprio in queste annualità che l’opinione pubblica ha maturato piena consapevolezza di entrambi i fenomeni. All’inizio degli anni ’60, la presenza meridionale nelle regioni settentrionali è avvertita in modo significativo, come nel 2000 lo è quella straniera di matrice extraeuropea. Difatti è proprio quest’ultima a coinvolgere per la prima volta il nostro paese con provenienze composite ed eterogenee esterne all’ Europa, geografica e comunitaria .

    Nella cornice storica, sociale politica ed economica di questi due differenti periodi, ci proponiamo, attraverso l’analisi di alcune delle maggiori testate giornalistiche quotidiane del Nord Italia, sia a tiratura nazionale che locale, di estrapolare lo stereotipo dell’immigrato, connazionale negli anni ’60 e straniero nel 2000. L’obiettivo perseguito è quello di comparare le due immagini di immigrato che emergono dalla stampa quotidiana, nelle loro differenze e specificità, nonché analogie. Il possibile riscontro di analogie costituisce l’ipotesi di base, dalla quale poter individuare la figura dell’ Alieno come pura costruzione sociale. L’Alieno rappresenta pertanto lo stereotipo dell’immigrato in quanto tale, di chi quindi, al di là delle differenze storiche, sociali e culturali, viene percepito dalla società di accoglienza come Altro da Sé. Un’alterità che si carica di valenza negativa, in quanto la percezione dell’immigrato è quella del povero, ovvero colui che chiede; a differenza della categoria dello straniero, che seguendo l’analisi simmeliana (cfr. G.Simmel, 1998) è percepito invece con caratteristiche positive ovvero colui che porta doni. La stampa, in qualità di media, sia interprete che costruttore dell’opinione pubblica, rappresenta per il nostro studio una fonte preziosa, ci consente pertanto di risalire a quella verità di senso comune, gli stereotipi appunto, che la società settentrionale, in quanto gruppo sociale rispondente ad una propria logica identitaria, ha elaborato nei confronti della diversità immigrata. Gli stereotipi del meridionale e dell’extracomunitario che emergono dalla ricerca, sono le categorie cognitive funzionali a stabilire tra i settentrionali, we group e gli immigrati, out group, quella distanza sociale congeniale agli interessi della società di accoglienza; infatti dagli stereotipi si attivano i rispondenti atteggiamenti e comportamenti pregiudiziali, che innescano le conseguenti dinamiche di esclusione e di inclusione sociale.

    Nel primo capitolo viene delineata una prospettiva storico-sociale sulle migrazioni interne, con un particolare riferimento per quelle provenienti dal sud rurale e dirette verso il nord industrializzato, si analizzano le specificità per le città di Milano, Genova e Torino. Segue un excursus sulle immigrazioni straniere, dando particolare risalto alle differenze che caratterizzano i due fenomeni e alle due diverse tipologie di immigrato, al loro profilo socio-culturale, alle loro aspettative di inserimento e al controverso percorso di adattamento.

    Il secondo capitolo, sulla base di dati ricavati da precedenti studi e ricerche, apre un focus sui maggiori stereotipi e pregiudizi che, da ieri a oggi, si producono nei confronti degli immigrati. Gli atteggiamenti e i comportamenti pregiudiziali, che si analizzano per ognuna delle due realtà, evidenziano una similarità nei meccanismi di esclusione e di inclusione del meridionale quanto dell’immigrato straniero. Sono le differenti variabili storiche, politiche, sociali ed economiche, che condizionano i due fenomeni, a caratterizzare per ognuno una specifica localizzazione ed evoluzione del conflitto sociale.

    La ricerca, di tipo qualitativo viene introdotta nel terzo capitolo, nel quale si sottolinea la valenza che la stampa riveste nell’interpretazione e nella costruzione dell’opinione pubblica, quindi, nell’elaborazione sociale di stereotipi e pregiudizi. Vengono indicate le fonti primarie, cioè i quotidiani, da cui estrapolare gli items di analisi e viene sviluppata la metodologia seguita lungo tutto il percorso della ricerca.

    Il quarto e il quinto capitolo racchiudono gli elaborati semantici, estrapolati dagli articoli dei giornali, ai fini della ricostruzione dello stereotipo del meridionale e dell’immigrato extracomunitario. Le categorie di analisi attraverso le quali acquista consistenza l’immagine stereotipata dell’immigrato, delineano i vari aspetti attraverso i quali, il connazionale e l’extracomunitario, vengono percepiti dai settentrionali. Si rintracciano in ogni categoria sviluppata una o più dimensioni valoriali, componenti euristiche da confrontare con i maggiori pregiudizi già trattati nel secondo capitolo.

    Il sesto ed ultimo capitolo racchiude i risultati della ricerca, si sviluppa una comparazione tra lo stereotipo del meridionale e lo stereotipo dell’extracomunitario. Da tale raffronto, che evidenzia differenze ed analogie, emerge l’immagine dell’Alieno, cioè la rappresentazione sociale di chi, in quanto immigrato, viene percepito come colui che chiede di entrare per condividere lo stesso sistema di risorse, senza garantire una propria autonomia economica - politica. Le categorie del s é negato, del capro espiatorio, della separazione sociale, dello straniero e dell’ immigrato, analizzate entro la teoria dell’ esclusione inclusione, ci forniscono una chiave di lettura significativa della costruzione dell’identità dell’immigrato.

    Nell'introdurre il lavoro svolto, si vuole infine considerare quanto questa ricerca possa fornire, ormai alle soglie del 2020

    ,

    una base di analisi euristicamente valida per chi voglia approfondire come si sia evoluto nell’ultimo ventennio lo stereotipo dell’immigrato straniero, nell’evidenza che differenze e uguaglianze potranno caratterizzarlo.

    I MOVIMENTI MIGRATORI INTERNI NEL 1960 E LE IMMIGRAZIONI STRANIERE NEL 2000

    Le immigrazioni interne nel Triangolo Industriale

    Sono gli anni del miracolo economico italiano, quelli dal 1955 al 1963, a segnare la fase più acuta dei movimenti migratori interni. L’emigrazione come valvola di sfogo ad uno sviluppo veloce ed eccezionale, quanto congiunturale e dualistico, che segna una svolta decisiva nell’assetto economico del nostro paese.

    Se da un lato i settori produttivi più moderni e competitivi, come l’industria chimica, automobilistica, meccanica, alimentano l’espansione veloce dell’esportazione come fattore trainante dell’economia nazionale, dall’altro, la ricerca della massima produttività ed efficienza di queste punte di diamante, frena il rilancio dei settori tradizionali dell’industria italiana e, in particolare, lo sviluppo delle regioni più povere, quelle del Nord Est, del Centro e del Mezzogiorno d’Italia.

    Sono pertanto le città del Nord industrializzato a rappresentare il maggior polo d'attrazione delle migrazioni interne, benché la vastissima portata del fenomeno sia caratterizzata da spostamenti trasversali, di tipo inter-intraprovinciali e inter-intraregionali su tutta la penisola, oltre ai consueti flussi migratori verso il resto dell’Europa. Soltanto per le regioni del Mezzogiorno vengono stimati circa due milioni di persone che, nel decennio 1951-1961, hanno lasciato la propria residenza per dirigersi, in parti più o meno uguali, verso destinazioni estere e nazionali [1] .

    Tutte le città italiane registrano in questi anni un forte incremento demografico. Roma, è la città che per eccellenza si presta ad assorbire quell’eccesso di manodopera senza alcun tipo di specializzazione, grazie al veloce sviluppo dell’impresa edile, sono inoltre il pubblico impiego e lo sviluppo del terziario a rappresentare gli altri settori verso i quali confluisce la forza lavoro immigrata nella capitale. È comunque nell’edilizia e nel vertiginoso incremento del mercato immobiliare che si sviluppa il legame più stretto tra lo sfruttamento lavorativo degli immigrati e la crescita economica. Sono l’economicità degli impianti e dei materiali edili, insieme al plusvalore di una manodopera parcellizzata, non sindacalizzabile, sottopagata ed esposta al ricatto lavorativo, a far sì che dall’ edilizia si origini il capitale necessario alla spinta propulsiva per la riconversione economica del dopoguerra; è proprio al settore edile che viene in seguito affidata una funzione anticiclica nell’economia nazionale.

    Infine, nello scenario migratorio italiano, non mancano quegli spostamenti di tipologia prettamente rurale, che coinvolgono prevalentemente le regioni del centro, come la Toscana e l’Emilia dove, la diffusa pratica della mezzadria, rappresenta il fattore di attrazione per i contadini abruzzesi, molisani, marchigiani e lucani

    La grande contraddizione politica di quegli anni è rappresentata dalla sopravvivenza della legge sull’urbanesimo, vecchio retaggio legislativo fascista. Tale legge più che costituire, come implicito nel suo discutibile principio, un freno alla crescita esponenziale delle città e allo spopolamento delle campagne, è invece funzionale a generare delle sacche di clandestinità urbana, esponendo gli immigrati ai tipici fenomeni di sfruttamento che proprio dalla clandestinità traggono vitale alimento.

    È soltanto nel 1961 che le pressioni sul mercato del lavoro di una richiesta di manodopera sempre più numerosa, consentiranno il superamento dei limiti legislativi esistenti, con l’abolizione definitiva della legge sull’urbanesimo [2] .

    In questo composito scenario migratorio interno, sono gli immigrati dal Sud Italia nel Triangolo Industriale, oggetto del nostro interesse proprio per la rilevanza che questa dimensione assume all’interno del fenomeno.

    Milano, Torino e Genova costituiscono pertanto il polo trivalente di questa realtà con specifiche potenzialità, possibilità di lavoro ed integrazione sociale.

    Milano

    Milano è il cuore della finanza italiana, candidata capitale italiana dell’Europa dei mercati, centro di uno sviluppo industriale che coinvolge una serie di comuni satelliti, in particolare quelli situati a nord della città.

    L’immigrazione a Milano è pertanto un’immigrazione verso l’hinterland milanese, costituita sia da flussi di provenienza settentrionale che, in repentina crescita, da flussi di provenienza meridionale. Nei soli

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