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Motivazioni per studiare: Strategie per convincere a studiare a scuola e ad apprendere per tutta la vita
Motivazioni per studiare: Strategie per convincere a studiare a scuola e ad apprendere per tutta la vita
Motivazioni per studiare: Strategie per convincere a studiare a scuola e ad apprendere per tutta la vita
E-book511 pagine6 ore

Motivazioni per studiare: Strategie per convincere a studiare a scuola e ad apprendere per tutta la vita

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Strategie per convincere a studiare a scuola e ad apprendere per tutta la vita
La motivazione scolastica è il segreto, la chiave che conduce lo studente al successo, allo sviluppo dell’intelligenza, al rafforzamento dell’autostima, alla realizzazione dei propri talenti. Ma l’argomento trattato non riguarda solo gli studenti: anche gli insegnanti che vogliono recuperare la loro preziosa funzione educativa, i genitori che hanno a cuore la crescita umana e cognitiva dei loro figli e chiunque intenda sviluppare nuovi valori culturali. Il testo lineare, chiaro e appassionato è arricchito da un centinaio di disegni dell’autore che sintetizzano il contenuto e costituiscono un tratto distintivo dei suoi libri, della loro efficacia e del loro successo.

Mario Polito è psicologo e pedagogista. Laureato in filosofia, in psicologia e in pedagogia, ha approfondito i temi dell’apprendimento e della memoria legati alla didattica e al metodo di studio. Ha svolto una lunga attività di insegnamento nelle scuole secondarie. Come psicopedagogista conduce corsi di formazione per docenti sui temi della didattica, dell’apprendimento e della comunicazione in classe, e per studenti sul metodo di studio e sulle mnemotecniche.
LinguaItaliano
Data di uscita8 gen 2020
ISBN9788864732848
Motivazioni per studiare: Strategie per convincere a studiare a scuola e ad apprendere per tutta la vita

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    Motivazioni per studiare - Mario Polito

    Altre pubblicazioni di Mario Polito

    • Il metodo di studio – Quando, quanto, cosa, come e perchè studiare. (2010)

    • Le tecniche di studio – Come sottolineare, prendere appunti, creare schemi e mappe, archiviare. (2011)

    • Costruisci la tua intelligenza – Strategie per dare la forma migliore alla propria mente. (2012)

    • La memoria e le mnemotecniche a scuola – Strategie per ricordare tutto ciò che si è studiato. (2003)

    • Tecniche di scrittura per il tema in classe – Come ideare, sviluppare, arricchire, rivedere, abellire il proprio testo scritto. (2003)

    • Atleti della mente – Il potere dell’attenzione e della concentrazione. (2012)

    Mario Polito

    Motivazione

    per studiare

    Strategie per convincere a studiare a scuola

    e ad apprendere per tutta la vita

    Con oltre 100 disegni dell’autore

    Editori Riuniti

    university press

    © 2020 Editori Riuniti university press

    di Gruppo Editoriale Italiano S.r.l. - Roma

    www.editoririunitiuniversitypress.it

    Prima edizione in versione ebook gennaio 2020.

    È vietata la riproduzione, anche parziale o ad uso interno o didattico, con qualsiasi mezzo effettuata.

    © Disegni e copertina dell'autore.

    ISBN 97888-6473-284-8

    Questa edizione in versione ebook corrisponde alla nuova edizione cartacea rivista, aggiornata e ampliata del 2014.

    Le precedenti edizioni cartacee del 1997 e del 2003 avevano il titolo:

    Guida allo studio: la motivazione. Come coltivare la voglia di apprendere e salvare la scuola.

    1. Introduzione

    Chi ben incomincia è a metà dell’opera ma chi è ben motivato la completa e crea un capolavoro.

    A scuola bisogna per prima cosa saper motivare e solo dopo sarà possibile insegnare e sarà più facile far apprendere. Quando, invece, si trascura questa priorità della motivazione, si mette il carro davanti ai buoi, si sovraccaricano gli studenti di contenuti, senza infondere in loro il desiderio di apprenderli, senza coltivare in loro la gioia di assimilarli, senza convincerli dell’utilità di continuare a imparare sempre, per tutta la vita.

    Senza coltivare la motivazione a scuola, tutto diventa faticoso, pesante, deprimente e impossibile.

    Gli insegnanti sono disorientati e dicono: «Non riusciamo più a insegnare. Non capiamo che cosa stia succedendo ai nostri studenti, così fragili e così arroganti. Perché li vediamo apatici, passivi, impermeabili, demotivati?».

    I genitori sono angosciati perché si sentono impotenti di fronte al disinteresse dei propri figli nei riguardi della scuola.

    La maggior parte degli studenti percepisce la scuola come un peso, una noia, una costrizione. Non riescono a vederla come un’opportunità di crescita, come un luogo importante in cui possono esplorare le proprie potenzialità, coltivare gli interessi, dare forma alla propria mente, rielaborare creativamente le informazioni, condividere i propri punti di vista, costruire insieme con gli altri il sapere.

    Spesso la scuola impone unilateralmente contenuti che spingono lo studente alla passività, all’acquiescenza e al disinteresse. Invece di essere il territorio privilegiato della formazione della mente e della personalità, la scuola diventa il luogo dell’introiezione massiccia di materie e di informazioni, da ingoiare senza rielaborazione personale.

    Per far rifiorire la motivazione ad apprendere, non è necessario ricorrere a particolari tecniche seduttive, non serve abbellire le proprie materie o vendere i propri pacchetti disciplinari. Basta solo incontrare gli studenti come persone, accogliere e rispettare i loro bisogni di conoscenza, prendersi cura del loro processo di apprendimento. È sufficiente dialogare con loro e recuperare la funzione educativa della scuola. Tutti possiamo fare qualcosa subito, senza dovere aspettare riforme strutturali, che verranno forse, ma sempre troppo tardi. Tutti quanti noi, insegnanti, genitori, studenti, cittadini di questo paese, possiamo elaborare, fin da questo momento, argomentazioni migliori sul significato e sul valore dello studio e della scuola.

    Possiamo chiederci: «A che cosa serve la scuola? Qual è la sua funzione educativa? Che significato ha lo studio per vivere bene? Che valore ha la cultura in un mondo in cui prevalgono i calcoli commerciali e la visione consumistica? Perché lo studio è associato nella mente degli studenti alla costrizione, alla paura, alla mancanza di senso? Come possiamo infondere entusiasmo e gioia nello studio? Come possiamo elaborare una didattica più motivante capace di far apprendere in modo autentico e appassionante? Che cosa vuol dire apprendere in modo autentico? È un lusso o è un bisogno?».

    Sono domande scomode che pungolano la riflessione e la ricerca.

    Le motivazioni ad apprendere non si vendono al supermercato. Bisogna inventarle e tocca a tutti noi diventare ingegnosi e creativi, per scegliere le argomentazioni più convincenti e offrirle in abbondanza agli studenti.

    Consideriamo due esempi.

    Gli alunni poveri di Don Milani (1923-1967) della scuola di Barbiana non amavano scrivere, ma egli inventò la scrittura collettiva. Consigliò di tenere un blocco notes in tasca, dove scrivere ogni idea che veniva in mente. Poi suggerì loro di mettere su un tavolo tutte queste pagine: li aiutò a scartare i doppioni e a riunire i fogli imparentati, classificandoli in piccoli gruppi e distinguendoli in capitoli e in paragrafi. Essi cominciarono ad amare la scrittura come espressione dei loro pensieri, come costruzione dei loro discorsi, emancipazione e riscatto della loro persona.

    Daniel Pennac (1992), insegnante e scrittore, nel libro Come in un romanzo, descrive la situazione disastrosa dei suoi studenti. Sono adolescenti devastati, disperati, inerti, che non si piacciono e non si stimano. Come docente, invece di arrendersi e di abbandonarli, cerca di inventare qualcosa di interessante per loro. I suoi studenti non amano per niente leggere: allora decide che sarà lui a leggere per loro. Comincia a leggere per loro, in maniera espressiva, come un attore, in modo da fare giungere ai suoi studenti la bellezza segreta della scrittura. Egli riempie le parole di emozioni e di passioni, per permettere più facilmente ai suoi studenti di entrare nelle storie o nei racconti e di cogliere i chiaroscuri degli ambienti, i contrasti dei personaggi, l’intreccio delle vittorie e delle sconfitte, i risvolti dell’amore e dell’odio, le sequenze della lotta tra il bene e il male. Legge per loro un intero primo libro, intitolato Profumo, e, di seguito, altri romanzi, quelli di Marquez, di Calvino, di Molière, di Balzac e di molti altri. Alla fine riesce a trasformare nei suoi studenti l’odio verso i libri in amore verso la lettura.

    Un insegnante che si prende cura della motivazione ad apprendere dei suoi studenti invia loro costantemente messaggi impregnati di coinvolgimento autentico («Sono qui per voi»), di comunicazione diretta («Investiamo tutte le nostre risorse emotive e cognitive nell’approfondimento di questi temi appassionanti»), di desiderio di vederli crescere, grazie allo studio della sua materia («Mi piacerebbe comunicarvi la bellezza della mia disciplina, per stimolarvi a padroneggiarla bene e a dilatare gli orizzonti della vostra mente e della vostra vita»).

    Quando l’insegnante prepara le sue lezioni, arricchendole di schemi, di immagini, di videoclip, di esercitazioni pratiche, egli comunica ai suoi studenti la sua premura e il suo sostegno: «So che questo argomento è difficile: per questo ho scelto l’essenziale, l’ho schematizzato, l’ho arricchito di immagini, diapositive, video e link, affinché voi possiate orientarvi meglio nello studio e nell’apprendimento».

    Quando l’insegnante presenta dei compiti sfidanti, dimostra che desidera rafforzare le abilità cognitive dei suoi studenti: «Ho fiducia nella vostra intelligenza, vi propongo questo problema per vedere come ve la cavate. Se avete bisogno, chiamatemi. Mettete alla prova le vostre risorse e vedete se ce la fate da soli».

    In questo caso l’entusiasmo del docente accende negli studenti la voglia di imparare. Il loro impegno gratifica l’insegnante e lo stimola a coinvolgersi maggiormente nella relazione educativa e didattica.

    Quando, invece, gli insegnanti si contrappongono agli studenti con continui rimproveri, quando li sommergono di etichette negative, quando svalutano la loro esperienza di adolescenti, si creano fraintendimenti, ostilità e conflitti. Ho sentito studenti che replicavano duramente ai loro docenti dicendo: «I nostri insegnanti non si sanno mettere dal nostro punto di vista. Essi sono focalizzati sulla loro materia e non vedono altro. Non vedono che noi siamo anche adolescenti, con molti altri interessi e problemi. Sì, è vero, abbiamo molti problemi. È colpa nostra se, durante questo periodo particolare della nostra adolescenza, facciamo i primi ‘esperimenti’ con la vita? È colpa nostra se ci accade di innamorarci e vivere intensamente una storia d’amore che richiede energie, consapevolezza, valori che dobbiamo costruire e ricostruire giorno per giorno? È ingiusto essere definiti svogliati, immaturi e irresponsabili solo perché siamo disorientati o perché ci assedia un groviglio di preoccupazioni. Noi non siamo solo studenti. Siamo persone. Perché ci riducono al solo ruolo di studenti?».

    Bisogna essere giusti con gli studenti e con gli insegnanti. Bisogna accogliere il disagio di tutti ed elaborare una visione pedagogica globale che li valorizzi entrambi. Nessuna riforma scolastica può riuscire senza l’entusiasmo, la creatività, la motivazione e l’apporto di studenti e docenti.

    Prendersi cura della motivazione degli studenti e degli insegnanti significa far rifiorire la scuola come luogo di crescita, di incontro e di autorealizzazione.

    Senza coltivare la loro motivazione, non ci può essere un buon insegnamento né un buon apprendimento.

    La motivazione ci consente di trasmettere agli studenti il gusto del sapere, il condimento speziato della cultura, l’impegno eroico a imparare per tutta la vita. La motivazione ci aiuta a convincerli della necessità di diventare competenti ed esperti, di capire i problemi colossali dell’umanità e di proporre soluzioni originali e creative. La motivazione ci suggerisce sempre nuove strategie per sviluppare i loro talenti. Ci offre delle buone argomentazioni per invogliarli a farsi carico dei problemi del mondo e a dare con generosità il proprio contributo al benessere della società. La motivazione ci offre un grande ventaglio di ragioni per valorizzare lo studio, per arricchire la propria mente, per condividere la propria bravura e per godere di più il dono della vita.

    Tutti dobbiamo creare e dare migliori motivazioni per studiare. Il miglioramento della qualità educativa della nostra scuola e della nostra società è un impegno di civiltà che riguarda tutti. Tutti siamo educatori delle nuove generazioni.

    La scuola può dire di aver compiuto la sua missione se consegna al mondo studenti che hanno voglia di continuare a imparare e desiderio di impegnarsi ogni giorno a migliorare il mondo.

    1 Le caratteristiche della motivazione

    a studiare

    1. La motivazione come movimento e come azione.

    La parola motivazione è bella perché ci suggerisce due cose: il movimento (da motus) e l’azione. Ci ricorda che ci dobbiamo muovere, che dobbiamo prendere l’iniziativa per raggiungere un obiettivo. Indica anche la prontezza e lo slancio quando sentiamo una spinta, un impulso, una pulsione, un desiderio, una brama, un interesse, un entusiasmo, un’attrazione.

    Quando c'è motivazione, si impara meglio, perché si mette tutto in movimento e si studia attivando tutte le risorse della mente (M. Polito, 2003d). Quando ci impegniamo a raggiungere un obiettivo, si attivano numerose parti del cervello che oggi possiamo vedere chiaramente con le tecniche della risonanza magnetica. Quando il cervello è motivato, possiamo osservare una fitta interconnessione tra i neuroni. I neurotrasmettitori, in particolare la serotonina, la dopamina e l’adrenalina entrano in circolo e potenziano l’efficienza mentale. Si osserva la riattivazione dell’energia fisiologica del corpo che sostiene e migliora anche l’attivazione mentale. Si accende il centro del piacere e si diffondono molte emozioni positive. Si apprende meglio: più rapidamente e più stabilmente.

    Quando il cervello non è motivato è tutto fermo e spento. È come possedere una potente auto abbandonata o inutilizzata in garage.

    2. Motivare significa dare uno scopo per studiare.

    Don Milani era solito dire: «Agli studenti demotivati basta dare uno scopo». Questa sua dichiarazione è impressionante per la sua lucidità e concisione. È dura, affilata, sferzante. È semplice da capire, ma difficile da applicare. Possiamo accostarla a quest'altra: «La scuola ha un solo problema: i ragazzi che perde». Un solo problema? Sì, un solo problema: gli studenti che perde per strada, quelli che non sa motivare, che non sa entusiasmare, che non sa aiutare a ritrovarsi e a progettarsi. Tutti gli altri problemi della scuola sono minori. Il più inquietante è solo quello della demotivazione degli studenti, che, nella scuola superiore, raggiunge livelli molto alti (M. Polito 2009b).

    La lacuna più vistosa e preoccupante della scuola oggi riguarda la mancanza di senso, di significato, di valore da assegnare allo studio. Gli studenti non sono ansiosi, intimoriti o preoccupati per la scuola. No. Sono solo privi di motivazione verso lo studio, verso la cultura, verso il sapere. Non riescono a capirne il valore e il significato. Non sono capaci di elaborare un senso personale dello studio. Non sentono l’incitamento a impegnarsi per imparare bene le varie discipline. Non sono turbati da questa carenza di motivazione. Anzi, non la percepiscono per niente come mancanza.

    In alcuni corsi di formazione, ad alcuni docenti che continuavano a insistere su quanto fossero svogliati e demotivati i loro studenti, ho proposto di superare le sterili lamentele e di andare oltre (M. Polito 2013): «Sono demotivati? Chi lo può negare? È vero: molti di loro non hanno voglia di studiare. Ma voi docenti, dopo questa semplice e facile constatazione, che cosa fate? Che cosa dite loro per motivarli? Quali ancore di salvezza lanciate loro per strapparli dai gorghi dell’ignoranza? Quali parole di incoraggiamento rivolgete loro per entusiasmarli? Non dite niente? Non fate niente? Solo sconforto pessimista e cinico? Le lamentele non salvano nessuno né migliorano il vuoto della loro esistenza. Tocca agli adulti, soprattutto docenti e genitori, creare le argomentazioni migliori per motivarli a studiare, per convincerli del valore dello studio e della cultura. Non abbandonateli, non abbandoniamoli, perché senza motivazione, sfioriscono, si perdono, molti si allontanano dalla vita e alcuni scivolano nella malavita».

    Di fronte a questo compito concreto di motivare gli studenti, molti docenti mi hanno detto di sentirsi spiazzati e vuoti, a corto di argomenti convincenti. Senza parole.

    Ecco il punto debole di molti educatori: non hanno argomentazioni forti, coerenti, articolate, per convincerli a studiare bene. Hanno la bocca piena di lamentele, di imprecazioni, di rimproveri, di critiche, ma sono privi di ragionamenti motivanti e di indicazioni convincenti.

    3. Motivare significa dare senso e valore allo studio.

    Don Milani era solito dire ai suoi ragazzi sfortunati: «Studiate per non essere sottomessi. Studiate per non prendere calci nel sedere. Non voglio che vi maltrattino. Quindi studiate. Anzi, dovete studiare». Con queste parole collegava lo studio al riscatto personale e sociale, all’indipendenza, al rispetto, alla dignità, alla libertà. Dava un grande valore al percorso di apprendimento, come mezzo di costruzione della propria identità e personalità.

    La motivazione più potente che possiamo offrire agli studenti è quella dell’autorealizzazione. Essa comporta lo sviluppo dei propri talenti, rafforza il valore della propria persona e regala la soddisfazione di sentirsi bravi ma anche utili per gli altri.

    La prospettiva dell’autorealizzazione permette a ogni studente di dare valore alla scuola e allo studio, perché fa emergere nella sua mente l’utilità di ciò che apprende. Consolida la convinzione che con l’impegno può migliorare tutti i risultati scolastici. Lo sostiene a raggiungere i propri obiettivi in tutti i settori dell’agire umano. Gli offre la gradevole sensazione di poter gestire più liberamente la propria vita (E.Deci e R.Ryan 1985). L’autorealizzazione costituisce la motivazione intrinseca più forte, la più resistente, perché nasce dal bisogno di libertà, di affermazione di sé, di progettualità.

    4. Motivare significa dimostrare la connessione tra studio e vita.

    Solo quando gli studenti sentono che quello che studiano serve per la loro vita, attivano una grande motivazione verso lo studio.

    Bisogna dimostrare loro che la cultura offre un grande orientamento esistenziale, dà una bussola, per capire, in ogni circostanza, in che direzione procedere per stare bene con sé stessi ed essere giusti con gli altri (vedi tavola n. 1).

    Senza tale connessione percepiscono la scuola come una prigione e lo studio come una noiosa perdita di tempo.

    Nel film Pensieri pericolosi (1995) un’insegnante entra in una classe difficile e completamente demotivata. Si scontra con l’assenza di qualsiasi briciolo di attenzione e voglia di apprendere. Ma lei è determinata a fare qualcosa di buono per questi ragazzi riottosi e sfortunati. Lei, con il suo interesse e la sua didattica informale, conquista questi studenti svogliati e maleducati, agendo sull’argomentazione della scelta: «Se non volete studiare, andate via». «Ma se andiamo via non ci danno il diploma». «Allora scegliete di stare qui». «Non è una scelta. Siamo obbligati a stare qui». «No. Voi state scegliendo di stare qui perché vi conviene, vi serve per il diploma. D’accordo. Fate allora un passo avanti: scegliete come stare qui in classe. Come intendete comportarvi? Facendo qualcosa di interessante e utile oppure non facendo niente e annoiandovi a morte?». «No. Non ci vogliamo annoiare. È insopportabile». Per questa strada, la docente comincia a interessarli e a invogliarli. Poi gli studenti le chiedono: «Ci spieghi una cosa. Che cosa ci guadagniamo a studiare e a imparare?». «La ricompensa risiede proprio nell’imparare. Se imparate, sapete più cose. Se sapete di più, potete scegliere meglio. Se potete scegliere meglio, potete decidere pienamente della vostra vita e potete essere liberi. Volete essere liberi?». «Sì. Sì». «Allora, studiate per essere liberi».

    Questa docente è riuscita a dimostrare la connessione tra studio e libertà di scelta.

    5. Motivare significa rispettare il bisogno di

    autorealizzazione di ogni studente.

    Per motivare è sufficiente rispettare il bisogno di autorealizzazione di ogni studente.

    Egli ama imparare e studiare, per sviluppare i propri talenti e per conseguire un adattamento creativo nella realtà.

    La motivazione ad apprendere nasce spontaneamente dal suo bisogno di conoscenza della realtà e di controllo del proprio ambiente, dalla sua necessità di arricchire l’esperienza, di elaborare il proprio progetto esistenziale, di potenziare la propria mente. Uno studente sente fiorire liberamente la voglia di imparare quando riesce a scorgere il legame tra ciò che studia e la propria esperienza interiore: «Studio perché mi piace, perché mi fa sentire capace, competente, intelligente, creativo».

    Quando avverte una forte connessione tra il suo impegno nello studio e i propri bisogni esistenziali studia per dare forma alla propria mente e dare senso alla propria vita.

    6. Motivare significa trasformarsi in docente motivatore.

    L’insegnante trasmettitore di nozioni o travasatore di conoscenze è superato, oppure è semplicemente inutile o inefficace. L’insegnante deve trasformarsi in motivatore: non basta insegnare o esporre contenuti o spiegare concetti, è necessario saper appassionare e far amare quello che si insegna.

    L’insegnante che sa essere un motivatore, sa come risvegliare e agganciare i suoi studenti. Sa essere creativo, perché si impegna a presentare la propria disciplina in modo ingegnoso. È consapevole che i contenuti sono già scritti nei libri di testo e che il suo compito non è semplicemente quello di trasmetterli, ma quello di farli apprendere in modo creativo e padroneggiare in modo sicuro. Sa educare e formare, perché sa come convincere, sa come comunicare, sa presentare la vita come una grande avventura e come una missione da compiere. Sa colorare e dipingere il loro futuro. Sa entusiasmarli verso grandi ideali e sa far nascere in loro l’amore per la verità, per la giustizia, per il miglioramento del mondo. Sa esprimere empatia e sa comunicare il suo entusiasmo. È presente nella loro vita e nella loro formazione.

    Il più bel complimento che un docente può ricevere dai suoi studenti è il seguente: «Con lui è impossibile non imparare bene. È impossibile non diventare persone migliori».

    Le caratteristiche specifiche di un docente motivatore sono numerose. Eccone alcune: Prendersi cura dei suoi studenti. Aiutarli nelle difficoltà. Chinarsi su di loro quando sono a terra. Accompagnarli nel percorso di apprendimento, incoraggiandoli e stimolandoli. Entusiasmarli ad apprendere ciò che egli ama. Aiutarli ad autorealizzarsi. Amare la loro crescita e desiderare che diventino preparati e bravi, per essere contenti della propria autorealizzazione e capaci di migliorare il mondo.

    7. La persona del docente come straordinaria strategia di motivazione.

    Il docente stesso è la più importante strategia di motivazione. Il suo atteggiamento, il suo entusiasmo, la sua didattica dialogata e interattiva, la sua visione pedagogica, basata sulla cura e sulla autorealizzazione, sono correlate in modo elevato alla qualità del suo insegnamento e all’efficacia dell’apprendimento dei suoi studenti.

    Alcuni docenti sono poco consapevoli dell’influenza della loro visione educativa sulla loro didattica e relazione educativa con gli studenti (vedi tavola n. 2).

    Se l’insegnante crede che l’apprendimento avvenga solo attraverso l’assorbimento delle sue lezioni frontali, solleciterà i suoi studenti a stare attenti e zitti.

    Se, invece, l’insegnante è convinto che l’apprendimento avvenga per scoperta ed elaborazione di ipotesi, motiverà i suoi studenti ad essere attivi, a generare modelli di spiegazione, a ristrutturare le informazioni in modo nuovo ed originale. Si impegnerà a stimolare la curiosità e l’interesse dei suoi studenti, perché riconosce la priorità della motivazione sull’intelligenza (vedi tavola n. 3). Ha sperimentato molte volte che la mente dei suoi studenti si apre e fiorisce quando riesce a catturare il loro interesse e si chiude e appassisce quando non riesce a raggiungerli, a interessarli, ad agganciarli.

    Se il docente crede che l’intelligenza dei suoi studenti sia fissa, innata, quindi immodificabile, non si impegnerà molto a migliorare i suoi studenti, perché, a suo parere, è tempo perso. Spiegherà solo per alcuni, per quel piccolo gruppo di eletti che geneticamente sono provvisti a suo parere, di un’intelligenza superiore. Di conseguenza, abbandonerà gli altri nelle loro difficoltà e lacune, anche se è retribuito per curare l’apprendimento di tutti.

    Se, al contrario, crede che i suoi studenti possano migliorare con l’impegno e l’apprendimento, si dedica con cura a conoscerli bene, a scoprire le loro risorse, a utilizzare le loro conoscenze precedenti, a motivarli per acquisire nuove informazioni e conoscenze. Studia per migliorare le strategie didattiche e motivazionali rese disponibili dalla ricerca scientifica. Apprezza tutte le forme dell’intelligenza dei suoi studenti. Non li rimprovera per le loro lacune, ma semplicemente li aiuta a colmarle e ad andare avanti. Studia con loro. Impara con loro. Apprende da loro. Si sente molto responsabile verso il loro percorso di formazione e si prende cura di ciascuno di loro. Non è routinario, perché dà a ognuno una risposta personalizzata e ben mirata.

    Non perde tempo a classificare i suoi studenti su una scala dell’intelligenza, perché sa che l’intelligenza è subordinata alla motivazione. Senza motivazione anche l’intelligenza si inaridisce. Uno studente può essere intelligente, ma se non possiede una forte motivazione, eviterà di impegnarsi nello studio. («È intelligente. Potrebbe fare di più, ma non si applica!»). L’intelligenza è solo una risorsa, che può essere coltivata o lasciata incolta. Il suo sviluppo dipende direttamente dalla forza della motivazione.

    Se l’insegnante considera la scuola come luogo di trasmissione del sapere, sia pure utile, egli tende a impostare una pratica didattica unidirezionale. Ha l’atteggiamento presuntuoso a entrare in classe con le sue preziose conoscenze per versarle nella mente dei suoi studenti, che devono solo aprire le loro menti per essere imboccati.

    Se, invece, il docente considera la scuola come il luogo dell’incontro con l’altro, come l’opportunità di imparare e di crescere insieme, egli tende a impostare una pratica didattica ed educativa aperta al dialogo e alla condivisione. Non impone un sapere precostituito, ma utilizza la sua preparazione disciplinare per arricchire la mente degli studenti con domande stimolanti ma inaspettate e osservazioni sorprendenti. È disponibile al dialogo ed è desideroso di mettersi in ascolto della ricchezza esistenziale, della cultura e dei valori dei suoi studenti.

    Spesso inizia le sue lezioni con delle domande sfidanti con il desiderio di farli ragionare in modo articolato: «Come si è giunti all’abolizione della schiavitù?». Oppure: «Perché si è arrivati così tardi a costruire le navi di ferro? Quale ragionamento ha permesso di abbandonare il legno, utilizzato per tanti secoli?». Oppure: «A che cosa possiamo paragonare l’azione dell’insulina nel nostro corpo?». Queste domande, inaspettate ma interessanti, su argomenti complessi, sono capaci di attivare le preconoscenze degli studenti. Rivolgendo queste domande difficili, il docente invia loro un messaggio di fiducia verso la loro intelligenza e capacità di ragionamento. Li sprona a elaborare ipotesi e a confrontarsi con quelle degli altri. Valorizza la riflessione e la discussione delle ipotesi. Sa perfezionare le loro risposte e le collega in una cornice più ampia, più precisa e più corretta. Stimola la ricerca cooperativa e comunica agli studenti il valore delle loro idee, della loro esperienza di apprendimento. Di conseguenza essi cominciano a valorizzare la cultura come strumento di crescita e di formazione, di orientamento esistenziale.

    Il docente con la sua persona e la sua visione pedagogica positiva è la prima strategia di motivazione da attivare a scuola.

    Una volta fu chiesto a Don Milani quale fosse il segreto del suo metodo educativo. Rispose in modo brusco e tagliente dicendo che egli non aveva nessun metodo educativo, che non adottava nessuna tecnica speciale: «Io sono il metodo. La mia persona è il mio metodo. Il mio interesse verso questi ragazzi è il mio unico metodo. L’unico che funziona. Non c'è nient’altro».

    8. Docenti e studenti si motivano e si demotivano in modo circolare e reciproco.

    Alcuni docenti mi hanno manifestato spesso la seguente obiezione: «È giusto impegnarci a motivare i

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