Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

In gioco
In gioco
In gioco
E-book254 pagine2 ore

In gioco

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Queste pagine contengono la storia di una squadra di pallacanestro e, credo, molto di più.
La storia dell'UBS Lucky Wind Foligno delle stagioni 2017/18 e 2018/19, quando prima ha vinto la serie C silver passando per le 5 gare di finale contro il Perugia Basket e poi ha giocato il primo campionato di C gold della sua giovane storia.
Il tutto è narrato dal punto di vista dell'allenatore: rapporti personali, scelte, aneddoti e sensazioni che lo hanno accompagnato alla guida della squadra.
Momenti di euforia ed altri molto duri si alternano su carta con grande trasporto, con la speranza che le tante giornate passate assieme ai ragazzi, le tante sfide affrontate e le emozioni provate non vengano dimenticate troppo in fretta.
Il lavoro è dedicato proprio a loro, i ragazzi, che hanno sudato e lottato ogni giorno sospinti dall'amore per questo meraviglioso sport che è la pallacanestro.
LinguaItaliano
Data di uscita17 set 2020
ISBN9788831680660
In gioco

Correlato a In gioco

Ebook correlati

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su In gioco

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    In gioco - Andrea Sansone

    633/1941.

    Introduzione di David Siena

    Quando la palla abbandona i polpastrelli, solo due forze la muovono: l’aspettativa di chi la lascia e l’ambizione di chi la vuole conquistare.

    Nel costante incedere di questi flussi, nel basket, in attimi che non seguono il fisiologico scorrere del tempo, continuamente compressi e diluiti dal battito tachicardico dei cuori degli appassionati, c’è uno sguardo che lotta più di ogni altro, per mettere a fuoco un’immagine nitida.

    È uno sguardo compresso dalla voglia di essere all’altezza, reso fiero dalla grinta dei ragazzi, assottigliato dalla stanchezza dai sacrifici e dal peso delle scelte, ma al contempo vivo, dannatamente vivo.

    È lo sguardo del coach.

    Mentre il suo cuore danza sullo scivoloso terreno dell’autocontrollo, la mente lo vorrebbe lontano da queste sabbie mobili emotive, eppure, per una ragione ben precisa, non riesce a farne a meno. Quella ragione è il motivo per cui Andrea Sansone ha deciso di scrivere questo libro ed è la stessa ragione che ha mosso le azioni che troverete nelle prossime pagine.

    In gioco è questo: un viaggio lungo due anni che racconta delle gesta di un manipolo di amici visti dagli occhi di chi li ha amati e condotti, Zanzo. Una puntuale cronistoria che narra di quanto importante sia non sprecare mai un momento di arricchimento e di come la condivisione rappresenti, spesso, la soluzione più nobile per uscire dalle difficoltà.

    La pallacanestro ha tanti modi per insegnare e può farlo in modo spietato, ma ha anche un canale paterno o addirittura materno di comunicare, attraverso le parole degli allenatori: la profondità dell’affetto che lega noi giocatori ad alcuni di essi ne è la prova.

    Ci insegnano quanto barcamenarsi furiosamente nelle difficoltà possa peggiorare le cose e che, imparare a galleggiare in questo mare di emozioni, non potrà che renderci persone autentiche. Ci educano ad ascoltare il frastuono della passione per dare ai nostri percorsi un senso, quello più puro, così vicino alla nostra cruenta parte animale da esserne talvolta spaventati e, allo stesso tempo, così delicato ed umano da acuire la sensibilità. Ci incitano, ci rimproverano, talvolta ci fraintendono, spesso comprendono molto meglio e prima di noi cosa stiamo provando.

    Credo che allenare significhi insegnare attraverso lo Sport, senza cedere alla seducente comodità del lasciar perdere. Vuol dire lottare affinché nessuno rimanga tanto indietro da sentirsi lontano, significa, in sintesi, essere generosi.

    Vivere o rivivere la spedizione di questi ragazzi attraverso le parole di Zanzo è come ascoltare il racconto di un concerto da un vecchio amico direttore d’orchestra. Sbirciare dietro le quinte con In gioco, significa vivere un’esperienza coinvolgente e sincera attraverso un’esposizione di istantanee dell’album dei ricordi degli addetti ai lavori.

    Perché poter vivere le cose da un diverso punto di vista è sempre un motivo di arricchimento, ma a renderci umani è proprio il saper metterci in discussione, in gioco.

    Prefazione

    Ho iniziato a scrivere le parole che seguono la notte in cui ho deciso ufficialmente di non allenare più l’UBS Lucky Wind Foligno. Dopo due anni importanti, pur restando in prima linea nella società, ho lasciato la panchina della prima squadra e questo ha provocato in me non poche emozioni, in parte inattese, che ho voluto mettere su carta.

    Quello che segue non vuole essere uno scritto tecnico, né una cronaca noiosa di gare che importano solo a pochi tifosi, né tantomeno un testo autocelebrativo.

    Ho voluto soltanto rivivere, scrivendo, due anni particolari, belli e carichi di momenti emozionanti che sarebbe un peccato se fossero dimenticati troppo in fretta. Magari un giorno, rileggendo, potrò riprovare anche solo per pochi istanti emozioni sopite, dimenticate, riuscendo a sorridere di cose che per me hanno significato tanto e che poi il tempo ha ridimensionato, come è anche giusto che sia.

    Nelle pagine che seguono ho ripercorso ventiquattro mesi passati con ragazzi ai quali sono molto legato attraverso uno sport, la pallacanestro, che ha oggettivamente preso in pugno la mia vita. La quarantena forzata, che il Corona Virus ha imposto a tutto il mondo nella primavera del 2020, mi ha concesso il tempo poi per continuare questo lavoro che ha dato un senso alle lunghe giornate chiuso in casa, con un lasciapassare in tasca, utile solo per andare a fare la spesa, con la mascherina sul volto e nell’animo il timore del contagio del COVID-19, per le strade vuote della mia città.

    Quello che segue è semplicemente il mio punto di vista, filtrato dalla mia persona fatta di esperienze, studi e scelte di vita, mosse tutte dalla passione per la pallacanestro. E la passione, si sa, non ci aiuta ad essere obiettivi, nonostante l’impegno e gli sforzi profusi.

    Questo scritto è il mio punto di vista su relazioni personali, gestione del gruppo, scelte azzeccate ed errori gravi, momenti di esaltante euforia e di estrema difficoltà che mi hanno accompagnato nelle stagioni 2017/18 e 2018/19, alla guida della società che ho contribuito a creare, nella città in cui sono nato, e che ora è la mia vita.

    Essendo un racconto soggettivo, non ho la pretesa che possa risultare interessante per tutti.

    Spero di non aver offeso nessuno perché non era mia intenzione: anche nei momenti di contrasto, quando i sacrifici spesi negli allenamenti sembravano non dare frutti e la tensione in campo schizzava a mille, eravamo a combattere la stessa battaglia e il mio intento è sempre stato quello di cercare il massimo da ciascuno di noi, anche quando sembrava che l’ultima goccia di sudore fosse già stata spesa.

    Mi si perdoni, da ultimo, se mi sono lasciato andare ad eccessiva euforia per qualche vittoria e, al contempo, eccessivo cupo pessimismo nei momenti difficili. La pallacanestro è solo un gioco, è vero... ma per me, in fondo, è anche qualcosa di più.

    Stanotte non riuscivo a dormire

    Stanotte non riuscivo a dormire, ho aperto il cassetto del mio comodino, ho preso con cautela l'Ipad e le cuffie, cercando di non svegliare né mia moglie né tantomeno Alice, che ha preso l'abitudine alle 5 di mattina di venire ad accoccolarsi tra di noi, mentre Chiara, beata, dorme sognando nel suo letto pieno di peluche.

    Youtube: ho messo gara 5 di finale del 2018, poi un pezzetto di Pozzuoli ed anche Corato, con una punta di Montegranaro.

    Alla fine sono stato lì due ore, col sorriso, a vedere cose che già avevo visto, a rivivere scelte, parole, immagini. Ad ogni canestro, ad ogni cosa riuscita in campo ho provato emozione.

    La più forte quando a Perugia si sentiva assordante l'urlo dei nostri tifosi, assiepati nell'angolo della tribuna: un urlo di chi voleva gioire da tempo, di chi soffriva e voleva finalmente portare a casa qualcosa, un grido che era anche il mio, il nostro.

    E ad ogni urlo, soprattutto quelli finali, soprattutto nei canestri decisivi, ho sentito un brivido forte di commozione salire. Quando John ha messo la tripla, quella dopo 4 passaggi, quella che ha chiuso la gara, mi è sembrato di essere lì, sudato, un po’ curvo e contratto, con la sensazione di avercela fatta. Quell’attimo che bene descrive il mio vecchio amico CoachT, quello che capita poche volte, quel momento in cui dici «ormai non ci prendono più» e molli la tensione con un sorriso, pur consapevole che il tutto durerà troppo poco.

    Quando rivedo quel tiro, appena la palla entra dopo una parabola infinita, con in sottofondo le grida di liberazione dei nostri tanti supporters, familiari, amici, sento ancora il mio tessuto vibrare, toccato nel profondo, giù, dove nessuno sa bene cosa ci sia a mandare tutto avanti, nemmeno chi pensa di conoscere molto bene sé stesso.

    Un brivido vero, lontano dalla retorica, un brivido che sa di fatiche, lavoro, preoccupazioni, di chi non ha mollato, di chi ha lavorato duro, con me. Non siamo alle Olimpiadi, lo so bene. Roba di poco conto, in confronto. Ma per chi l’ha vissuta con tanta passione, è roba che può racchiudere in un gesto le ragioni di una vita.

    Non so se tutto questo sia giusto, non lo so davvero: i manuali dicono che un coach dovrebbe mantenere un ruolo al di sopra delle emozioni, e forse hanno ragione, ma tutta quella roba io l'ho sentita bene sulla mia pelle e la sento ancora ogni giorno un po’ quando entro in una palestra. Tutta quella roba è stata la benzina che mi ha spinto e mi spinge ancora a fare questa cosa non codificabile che è allenare.

    Ed oggi l'ho voluta condividere, senza pudore, almeno con chi avrà la pazienza di leggere.

    I primi passi

    Fabio me lo diceva: Margherita è super come fisioterapista e il doc Fioretti è il numero uno come medico in questo campo. Due professionisti molto legati al basket ed alla città, non potevamo avere di meglio. Serve però anche una figura che curi l’aspetto fisico quotidianamente, sia in sala pesi che in campo: Gianfranco Palini come preparatore è perfetto per noi. Ci è voluto solo un po’ per convincerlo, visti i suoi numerosi impegni, ma poi si è deciso ed abbiamo iniziato subito bene, con il giusto entusiasmo.

    Loro tre sono stata la base, il punto dal quale partire e sul quale appoggiarsi spesso, durante le stagioni a venire. Con loro tre si è potuto iniziare a costruire qualcosa di buono e provare a cambiare passo, un vero salto di qualità per la nostra società: partiti solo pochi anni prima dalla promozione ed ora pronti a giocarci una C silver che si preannuncia di ottimo livello, con squadre avversarie attrezzate e stranieri ingaggiati da più parti per tentare l’assalto alla serie B, raggiungibile tramite gli spareggi previsti a giugno tra le squadre vincenti di più regioni.

    Orvieto annuncia Alunderis, lungo lituano davvero forte, e, oltre a lui, altri giocatori come Marcante, che vantano esperienze importanti in categorie superiori. La Favl Viterbo quotidianamente presenta nuovi giocatori, tra i quali due stranieri dall’ottimo curriculum, e non nasconde l’ambizione di puntare a vincere e di essere leader del campionato, diffondendo comunicati stampa che non conoscono scaramanzia. Il Todi non è niente male, con Agliani che per la categoria è davvero un fuoriclasse, e la Virtus Assisi con Santantonio, Giovagnoli e Mariucci vuole fare la voce grossa, dopo aver preso il posto dello storico Basket Assisi. Tra i favoriti c’è anche il Perugia Basket, ricco di giovani talenti e con Jacopo Marsili che è ancora uno dei migliori giocatori del torneo. Per noi, rispetto alla stagione precedente terminata con una sconfitta dopo quattro gare di finale

    proprio nel derby contro Perugia, davanti ad oltre 1000 spettatori, molto stava per cambiare. Giocatori storici cresciuti nel nostro spogliatoio ci avrebbero lasciato e a me e allo staff spettava l’onere e l’onore di continuare a far crescere il nostro movimento, da raccogliere e rilanciare, ora che di nuovo la città era così vicina a noi.

    Tornato nel 2012 a Foligno, con il ruolo di responsabile tecnico della società, un club giovane che cercava di ricostruire faticosamente il movimento dopo un fallimento, nel 2015 assunsi anche l’onerosa carica di Presidente. Succedendo al dott. Matilli con il quale avevo mosso i primi importanti passi in collaborazione con Basket Academy, avevo ora la possibilità di prendere in mano la situazione nel suo complesso, per continuare il lavoro intrapreso e fare del mio meglio. Il ruolo di Presidente però non si conciliava molto con quello che in realtà sono: un allenatore. Quindi per alcuni anni ho preferito sempre limitarmi ad allenare le giovanili, supportando al massimo i coach della prima squadra, senza mai prenderne la responsabilità in prima persona.

    Ora le cose stavano cambiando molto; si preannunciava un rinnovamento importante anche nel roster e, d’accordo con Bietto, decidiamo che è giunto il mio momento.

    L’orgoglio di guidare la squadra della mia città, dopo una finale persa e con tanta voglia di continuare a crescere, si scontrava con il timore di esporsi troppo, diventare bersaglio facile di critiche da dentro e fuori, che avrebbero quindi non colpito solo la gestione della prima squadra, ma dell’intera società.

    Un rischio, bello, che avremmo dovuto correre.

    Dovendo rinunciare a giocatori storici e molto amati nello spogliatoio e dal pubblico come David Siena, Alessandro Lorenzetti (con noi solo le prime settimane), Federico Murru Venanzi, Andrea Fiordiponti, Devid Cimarelli e Marco Ciancabilla, che per diversi motivi avevano scelto di non continuare l’avventura, era chiaro che si doveva portare qualche volto nuovo a Foligno. Tra tanti giocatori possibili e con disponibilità economiche limitate, la mia idea è sempre stata chiara: puntare su ragazzi affidabili, con i quali si potesse lavorare bene e con entusiasmo. Avere uno spogliatoio compatibile con il mio modo di vivere, mi sembrava indispensabile per creare un gruppo che avrebbe dovuto proseguire compatto attraverso dure sollecitazioni.

    Jack Anastasi, giovane guardia barbuta che ho avuto modo di apprezzare nei miei anni in Basket Academy, dopo l’ultima esperienza in serie B in cui ha giocato pochi minuti allenandosi tantissimo, mi sembrava una figura adatta. Ragazzo serio, silenzioso, abituato ad allenarsi duramente, è noto per il suo tiro mortifero che in queste categorie può fare la differenza. È il primo con cui parlo e ci vuole davvero poco a convincerlo. Preso! Jacopo ci farà molto comodo e sono tranquillo, sapendo che nel nostro gruppo si integrerà bene sin da subito.

    Tramite vecchi amici vengo a conoscenza che J.D. Rath, play dal talento puro, visto crescere anche lui in Basket Academy, è a piedi. Dopo una carriera giovanile di altissimo livello, dopo varie convocazioni nelle nazionali giovanili, dopo serie A dilettanti e serie B, a seguito di alcune scelte non propriamente felici, ha giocato gli ultimi anni una pallacanestro modesta (almeno rispetto al suo potenziale), fino alla sua ultima stagione a Gualdo Tadino, dove sembrava aver buttato via tutto il suo talento. Vedendolo da avversario solo qualche mese prima mi è sembrato irriconoscibile, demotivato, svogliato e senza nessuna qualità.

    Ma J.D. è forte. È forte, cazzo. Com’è possibile che sia finito a giocare così e con quella faccia? Contatto John per una breve chiacchierata: so che non siamo in serie B o in DNA. So che qui non abbiamo le qualità ed il carisma di CoachT che l’ha cresciuto, ma di sicuro abbiamo entusiasmo e crediamo in lui. Io ci credo molto. Qui si può tornare a giocare ad un buon livello, si può tentare di fare qualcosa di buono. John accetta senza troppe esitazioni, probabilmente vede in me qualcosa del suo passato, quando il basket era la sua vita e aveva raggiunto il suo massimo livello.

    John David Rath è un giocatore del Foligno: forse in pochi se ne

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1