Il giorno in cui ho detto basta: Piccole storie di felicità con le mani sporche di terra
Di Anna Cascone
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Anteprima del libro
Il giorno in cui ho detto basta - Anna Cascone
Parole madri
Il giorno in cui ho detto basta di Anna Cascone
Parole madri
© 2021 Ventura edizioni
Senigallia
In copertina:
Progetto grafico: Sabrina Gennari
Finito di stampare
nel mese di dicembre 2021
presso la tipografia
Digitech S.r.l. (MC)
www.venturaedizioni.it
isbn 9791280517340
Anna Cascone
IL GIORNO IN CUI
HO DETTO BASTA
Piccole storie di felicità
con le mani sporche di terra
Ventura edizioni
Senigallia
Nota dell’autrice
I nomi delle persone che ho incontrato durante il viaggio sono reali: spero di non urtare la sensibilità di coloro che si riconosceranno nelle mie descrizio-ni. Ho modificato l’arco temporale in cui gli eventi hanno avuto luogo, cambiando l’ordine cronologico dei posti in cui sono stata, per dare un senso di con-tinuità alla narrazione. Spero che il lettore mi perdo-nerà per queste libertà che mi sono presa: oltre alla descrizione fedele della mia esperienza di viaggio, volevo che questo libro fosse anche una bella storia da leggere.
5
«Non ti auguro un dono qualsiasi, ti auguro soltanto quello che i più non hanno.
Ti auguro tempo, per divertirti e per ridere; se lo impiegherai bene potrai ricavarne qualcosa.
Ti auguro tempo, per il tuo fare e il tuo pensare, non solo per te stesso, ma anche per donarlo agli altri.
Ti auguro tempo, non per affrettarti a correre, ma tempo per essere contento.
Ti auguro tempo, non soltanto per trascorrerlo, ti auguro tempo perché te ne resti:
tempo per stupirti e tempo per fidarti e non soltanto per guardarlo sull’orologio.
Ti auguro tempo per guardare le stelle e tempo per crescere, per maturare.
Ti auguro tempo per sperare nuovamente e per amare.
Non ha più senso rimandare.
Ti auguro tempo per trovare te stesso, per vivere ogni tuo giorno, ogni tua ora come un dono.
Ti auguro tempo anche per perdonare.
Ti auguro di avere tempo, tempo per la vita.»
Elli Michler
«Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca,
chi non rischia di vestire un colore nuovo, chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero al bianco
e i puntini sulle i
piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore
davanti all’errore e ai sentimenti.
Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette
almeno una volta nella vita
di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente
chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare.
9
Muore lentamente
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore
chi abbandona un progetto
prima di iniziarlo,
chi non fa domande
sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde
quando gli chiedono
qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo
di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto l’ardente pazienza porterà
al raggiungimento
di una splendida felicità.»
Martha Medeiros
10
1.
Il giorno in cui ho detto basta
«Ogni viaggio lo vivi tre volte:
quando lo sogni, quando lo fai e quando lo ricordi.»
Anonimo
«Cadi sette volte, rialzati otto.»
Proverbio giapponese
L’Universo ha uno strano modo di comunicare con noi. Credete nella sincronicità e nel fatto che il nostro pensiero crea la realtà che ci circonda? A me è successa davvero una cosa stramba! L’ultima tra-duzione che mi è stata affidata prima che decidessi di abbandonare la mia vecchia professione era Vivere senza soldi di Mark Boyle. Questo lungo saggio si è rivelato per me come una risposta alla mia richiesta di aiuto; forse qualcuno da lassù mi ha prestato ascolto. L’autore del volume in questione raccontava la sua esperienza di downshifting e di come era riuscito a sopravvivere per due anni attraverso l’economia del dono: autoproduzione, baratto, scambio ospitalità-lavoro. Concetti e termini come Couch-Surfing, book crossing, car sharing, orti urbani, Ban-11
ca del Tempo, foraging, ecovillaggi, dumpster diving, permacultura, bioedilizia, criptovaluta si affacciava-no per la prima volta sul mio orizzonte come stile di vita alternativo alla routine quotidiana, come un’opportunità per la transizione verso qualcosa di nuovo.
Altri episodi ancora più strani mi sono successi in viaggio, quando ho cominciato a vedere nume-ri angelici sulle targhe delle automobili, ore doppie, piume e monete nei posti più impensabili. Roba da New Age o pura coincidenza? Forse è il modo che Dio o gli Angeli usano per farci sapere che ci sono vicini nelle nostre scelte coraggiose? Oppure siamo noi che facciamo accadere ciò che definiamo caso
perché abbiamo imparato a vedere il mondo che prima ci sfuggiva attraverso i nostri occhiali appannati?
Chi può dirlo! È un atto di fede.
Era il 2017, avevo trentatré anni. L’età di Gesù Cristo! Ma a differenza sua io non ho mai fatto mi-racoli! Mi sentivo come una pentola a pressione che sarebbe scoppiata da un momento all’altro. Era come se dentro di me vivessero due persone: quella anonima e invisibile che fingevo di essere per poter sopravvivere in una società ostile, e quella più au-tentica che stava morendo. Mi sentivo letteralmente svuotata. Ero stufa di contratti precari come tradut-trice, per lavori che mi venivano pagati a sessanta o anche a novanta giorni, spesso dietro mia sollecita-zione. Ore e ore spese davanti a un computer che nel tempo non hanno fatto altro che peggiorare la mia miopia. Anche il lavoro da insegnante precaria mi 12
faceva sentire inappagata: studenti in competizione tra loro per abiti firmati e telefonini all’ultimo grido, non interessati minimamente alla materia che insegnavo; colleghi che per fare punteggio e salire in graduatoria compravano titoli di ogni tipo, anziché essere interessati al valore pedagogico della loro professione. Mi ero lasciata alle spalle anche una lunga convivenza che mi aveva letteralmente prosciugata, facendomi perdere diversi chili, senza contare le successive storie inconcludenti. Cominciava a starmi stretta la vita nella piccola città di provincia, dove la gente è sempre pronta a lanciare sentenze e giudizi sulla condotta altrui. Ho viaggiato poco nella mia vita e non ho mai posseduto tante cose perché, tolte le spese per sopravvivere, ero quasi sempre al verde; i soldi non mi hanno mai inseguita, forse a causa di qualche schema inconscio che mi portava ad allon-tanarli da me, a pensare di non meritarli. È come se in tutti quegli anni avessi dormito un sonno profondo, non ricordavo neanche più cosa avessi fatto di bello nella mia vita. Avevo la sensazione di essermi impantanata a lungo nella routine e per questo sentivo forte l’esigenza di correre per recuperare. Decisi di mandare a quel paese tutto e tutti, prendendomi un anno sabbatico (che poi sono diventati due!) per riconquistare il mio tempo e la mia libertà, per ritrovare me stessa. Avrei girato buona parte dell’Italia tra fattorie, monasteri, rifugi per animali, b&b, agri-turismi alla ricerca di stili di vita alternativi ai ritmi frenetici della città, dove tutto scorresse a un ritmo più lento nel rispetto della natura. In realtà non sa-13
pevo cosa stessi cercando di preciso, lo avrei scoperto strada facendo.
Quando ho dato la notizia ad amici e parenti pen-savano che fossi ammattita.
Ma come, alla tua età! Sposa un uomo ricco e fatti mantenere!
Hai una laurea in tasca e vuoi gettarla alle ortiche?!
Un viaggio così lungo? E come farai a mantenerti?
Queste femministe hanno rovinato tutto! La vera gioia per una donna è stare a casa ad accudire i figli e preparare da mangiare al marito! È così che si è sempre fatto, da che il mondo è mondo!
Dove vai da sola? Il mondo lì fuori è cattivo e pericolo-so! Sei una donna, potrebbero farti del male.
Sono queste le frasi che mi sono arrivate addosso come i sassi di una lapidazione. Forse nessuno era pronto a scommettere su di me perché donna, meridionale, non più una ragazzina, single e senza figli.
Forse le persone che avevano manifestato il loro di-saccordo avevano proiettato su di me le loro paure, e visto che non avrebbero mai avuto il coraggio di mollare tutto, si aspettavano che neanche io lo avessi. D’altronde la società ci vuole tutti omologati, per questo tende a screditare chi va contro corrente e ad additare come folli i diversi e i ribelli. E invece 14
ho scoperto che viaggiare da sola ti fortifica, ti fa diventare coraggiosa, ti abitua a contare sulle tue sole forze, ti aiuta a superare paure e pregiudizi. Il bello è che non c’è limite di età per inseguire i propri sogni, basta solo crederci, fare un atto di fede e tuffarsi nella vita accettando tutto quello che viene. L’Universo premia sempre chi mostra coraggio, mettendo sul proprio cammino le persone e le situazioni di cui abbiamo bisogno. Quando si apre il cuore, si incontra-no persone buone e disinteressate pronte a darti una mano. E poi non è vero che per viaggiare bisogna essere per forza ricchi. Io avevo pochissimi risparmi quando sono partita e ho scelto di non viaggiare da turista, alle prese con le folli spese degli alberghi. Ho deciso di attraversare il mio paese in modo lento, o
slow
come va di moda dire adesso, guardando il panorama dal finestrino di un autobus, mettendo-mi a chiacchierare con il mio vicino di poltrona sul treno o facendo l’autostop, creando l’aspettativa, godendomi i piccoli particolari, sgombrando la mente dai pensieri ossessivi per lasciare posto all’istinto, en-trando nelle case delle persone per condividere una parte della loro vita, cercando di essere flessibile e affrontare anche i piccoli disagi.
Ho scoperto per caso
Wwoof e Workaway, due piattaforme on line che consentono di viaggiare in tutto il mondo come una specie di ragazza alla pari, avendo sempre vitto e alloggio gratis in cambio di qualche ora di lavoro giornaliera. Oltre a viaggiare a basso costo, si fanno esperienze davvero incredibili a livello umano. Certo, non è stato sempre piacevole 15
condividere il bagno con tanti altri viaggiatori, dormire su vecchi materassi macchiati sotto una finestra gocciolante, mangiare a volte cibo scondito o scotto, lavorare nei campi più del dovuto, trascinarsi dietro lo zaino in lunghe tratte economiche, ma le cose belle non accadono mai nella comfort zone, per cui direi che ne è valsa la pena!
Prima di partire mi sono alleggerita di quello che pensavo non mi servisse più, proprio come aveva fatto Henry David Thoreau prima di trascorrere due anni nei boschi di Concord o Christopher McCand-less prima di mettersi in viaggio per l’Alaska. Come un atto catartico, un modo per liberarmi della mia vecchia identità, ho donato a una scuola e alla par-rocchia libri, vestiti, cd musicali, film in dvd, quadri.
Mi faceva piacere sapere che gli oggetti che mi erano appartenuti avrebbero avuto una seconda vita, aiutando magari qualcun altro nel suo cammino. Avevo chiuso il conto con Paypal e PostePay, facendomi versare sul conte corrente bancario quel po’ di credito che vi era rimasto. Avevo anche tagliato i capelli molto corti, come a voler ricominciare un nuovo capitolo della mia vita. Ho messo nello zaino quel poco che possedevo, facendolo diventare per qualche tempo il mio compagno di avventure e la mia casa itinerante. Trovo che ci sia qualcosa di romantico nel portarsi sulle spalle tutto quello che ci serve.
Forse la schiena indolenzita la pensa diversamente ma credo che dia un forte senso di libertà, indipendenza e coraggio. Mi sentivo una vera backpacker pronta ad affrontare le sfide della vita. Sono convin-16
ta che se il mio zaino potesse parlare, direbbe che l’ho caricato all’inverosimile, buttato in posti lerci, soffocato in mezzo ad altri bagagli sui mezzi pubblici, ma sono sicura che mi direbbe anche di essere stato contento di vedere tutto quello che ha visto.
17
2.
Pronti, si parte!
«È peggio restare nel luogo
cui non si appartiene che vagare sperduti, alla ricerca dell’affinità psichica e spirituale di cui si ha bisogno.
Non è mai un errore cercare
ciò di cui si ha necessità. Mai.»
Clarissa Pinkola Estés
«Un sorriso è una curva che mette tutto in ordine.»
Phyllis Diller
Ore 7:05. Suona la sveglia.
Allungo la mano in direzione del comodino per prendere lo smartphone e faccio scorrere il dito verso l’alto sul display per spegnerla.
Mi stiracchio e mi siedo sul letto a pensare.
Sono un po’ ansiosa quando devo fare qualcosa di nuovo. Da buon Capricorno, sono anche un tipo piuttosto riflessivo e pianificatore. Ma ormai la decisione era presa: mi sarei lasciata per un po’ tutto alle spalle, dandomi una nuova possibilità.
Faccio una colazione veloce, mi vesto e chiudo lo zaino da campeggio da 75 litri in cui avevo stipato 18