#Emozioni
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Anteprima del libro
#Emozioni - Federico Vergari
A Silvia e Pietro.
Collana
Ad maiora semper!
Federico Vergari
Emozioni
Prima edizione: agosto 2021
© 2021 Lab DFG / Vergari
ISBN 979-12-80642-25-7
Copertina
Paolo Castaldi
Direzione editoriale
Giovanni di Giorgi
Lab DFG
Via G.B. Vico n. 45-04100 Latina - Italia
segreteria@labdfg.it / www.labdfg.it
Amministratore
Adriano Maria Zaccheo
Marketing
Francesco Borgognoni
Editing e impaginazione
Giulia Gabrielli
Stampato in Italia
Versione digitale realizzata da Streetlib srl
L’importanza di credere nelle Sfide
Ho incontrato Federico Vergari durante la mia avventura in Tunué. Con lui firmammo Le sfide dei campioni, un libro che fu una scommessa vinta per diversi motivi.
Prima di tutto perché la casa editrice usciva dalla sua comfort zone (il fumetto) e poi perché in quel momento il racconto sportivo in Italia era a un punto di non ritorno tra il decollo definitivo e la rullata in pista senza mai alzarsi in volo. Abbiamo rischiato insieme e oggi possiamo dirlo: abbiamo vinto quella scommessa! E non soltanto noi. L’intero movimento che quotidianamente racconta lo sport lo ha fatto.
Per questo oggi, a distanza di qualche anno, sono felice ed emozionato di poter dare a quel libro una nuova vita con la mia casa editrice. Abbiamo fatto qualche piccola modifica, ma lo scheletro è intatto e il risultato identico. Abbiamo deciso di accendere due nuovi fari su due aspetti: le emozioni, perché ogni evento sportivo e ogni sfida nascono dalle emozioni e vivono per regalare emozioni. E poi la Storia, quella con la maiuscola: perché l’autore attraverso quindici sfide dello sport racconta circa sessant’anni di storia d’Italia. Da Mazzinghi e Benvenuti che nel 1965 fecero da sfondo – in quello che venne chiamato l’incontro del secolo – a una Milano locomotiva del miracolo economico… fino al testa a testa tra Filippo Carossino e Andrea Giaretti, due stelle del basket in carrozzina che in questo libro parlano con noi, entrambi di Genova, poche ore dopo il crollo del ponte Morandi.
A chi già ha conosciuto questo lavoro nella precedente edizione chiedo di aiutarci a diffonderlo, consigliandolo e raccontandolo; a chi invece lo deve ancora scoprire auguro un buon viaggio ricordando quello che è il motto della nostra casa editrice: si scrive sport, ma si legge vita
. E sono certo che dopo aver chiuso l’ultima pagina lo penserete anche voi.
Buona lettura,
Giovanni Di Giorgi
Prefazione
Sfida: termine antico, come antica è l’ambizione dell’uomo di riuscire a imporsi in ogni ambito e contesto, nella vita come nello sport. Ritengo, per questo, che il concetto di sfida sia quello in assoluto più ricorrente nel corso della carriera di un atleta, a qualsiasi livello.
Una sfida, innanzitutto, con noi stessi, perché ogni sportivo sa che i primi ostacoli che incontriamo sul nostro percorso siamo proprio noi stessi. È solo nel momento in cui ci convinciamo che possiamo farcela, e iniziamo a credere in noi, che ci prepariamo ad affrontare gli ostacoli esterni.
Ma ogni sportivo sa anche che ci sarà sempre un rivale da battere, un antagonista con il quale dividere gioie e dolori, trionfi e delusioni, vittorie e sconfitte. È così da sempre, dall’inizio alla fine, dagli esordi sino all’ultima gara, quella che chiude una carriera, quella che può farci entrare nella storia. È così e sempre lo sarà.
La sfida è ciò che rende interessante una storia, ciò che dà quel pizzico di sale in più, è quello che trasforma una pagina sportiva in un racconto ricco di colpi di scena, consegnando all’immortalità i suoi protagonisti.
Ogni disciplina è piena di dualismi, di sfide consumate in ogni campo di gara, dal calcio al basket, dall’atletica al tennis, dal nuoto allo sci: rivali in campo, ma amici nella vita, rivali sempre, dentro e fuori, antagonisti in grado, però, di rispettarsi, oppure no. Rivalità in grado di lasciare il segno per decenni, alle volte anche tra sportivi di epoche diverse, che mai si sono incontrati. Rivalità tra nazioni che in molti casi hanno incarnato stili di vita diversi, modelli economici e politici contrapposti e che hanno trovato in un campo di gara il luogo distensivo e pacifico – sicuramente più pacifico di uno scenario di guerra – per affrontarsi.
Sono orgoglioso di far parte di questo volume, che mi vede affrontare un grande uomo di sport e un grande dirigente come Roberto Valori. Sono soprattutto onorato del fatto che la Tunué¹ abbia voluto contribuire a dare al movimento paralimpico la dignità che merita, scrivendo anche di noi, delle nostre storie, delle nostre rivalità.
Credo –e lo dico con il massimo rispetto verso tutto il mondo sportivo – che il concetto di sfida faccia parte del dna di un atleta paralimpico più che di quello di ogni altro atleta. Per chi, come Roberto e me, ha gareggiato quando il paralimpismo non era ancora uno straordinario strumento in grado di contagiare in maniera virtuosa la società in cui viviamo attraverso l’esempio sportivo, praticare una disciplina voleva dire innanzitutto sfidare tanti pregiudizi e convinzioni, sfidare i limiti del nostro corpo per tirare fuori le potenzialità che poteva offrire, trasformare la nostra storia personale in una formidabile risorsa per vincere nello sport, così come nella vita.
LUCA PANCALLI, Presidente Comitato Italiano Paralimpico Milano.
È un grigio pomeriggio invernale. Simone esce dal portone della scuola; ha sulle spalle uno zaino più grande di lui. Frequenta la terza elementare e oggi, nell’ora di matematica, la maestra ha iniziato a spiegare la prova del nove. Simone non è sicuro di averla capita, ma è certo di averne sentito parlare in televisione. Pensa si tratti di qualcosa da grandi.
Cerca nel caos la macchina nera di suo padre. La vede da lontano e ci si fionda dentro, correndo.
«Allora, piccolo mio, com’è andata oggi a scuola?»
«Bene, papà, o almeno credo.»
«Credi? Che risposta interessante… e che cosa credi di preciso? Prova a raccontarmelo.»
«Non lo so. Sono un po’ triste, adesso.»
«Campione! Cosa ti diciamo sempre io e la mamma?»
«Mi dite sempre che quando siamo tristi dobbiamo parlare, che dobbiamo dirci tutto.»
«Sempre!»
«Sì, sempre.»
«E allora riproviamo: Simone, come è andata oggi a scuola?»
«All’intervallo abbiamo giocato a calcio, io ho fatto due gol…»
«Bravo, campione…»
«Ma poi…»
«Poi?»
«E, poi, io volevo far segnare un gol pure ad Andrea, perché lui sta sempre in porta, e allora i miei compagni mi hanno detto che Andrea non è forte e per questo deve giocare solo come portiere. E se io voglio farlo divertire significa che allora non ho la competizione nel sangue… Ma io, papà, non l’ho capito cosa volevano dire. E ci sono rimasto male, così ho smesso di giocare.»
«…»
«Papà, perché non parli più?»
«Pensavo… Papà stava solo pensando un po’.»
«E a cosa?»
«Vedi, piccolo mio, capire cos’è la competizione non è facile, anzi. C’è chi si interroga a lungo su questa domanda, sai?»
«Sì, ma quanto a lungo?»
«Tanto. Il tempo che c’è tra chi fa la tua classe e chi va alle scuole superiori.»
«Ma è troppissimo!»
«Eh, già.»
«E allora tu, che sei grande, lo sai?»
«Cosa?»
«Tu sei laureato, papà, e vai tutti i giorni al lavoro con la cravatta. Tu lo devi sapere per forza, che cos’è la competizione.»
«Certo che lo so. La competizione è qualcosa che se hai solo quella non andrai da nessuna parte. Essere competitivi senza essere sportivi, cioè essere aperti al prossimo e disposti ad aiutarlo, proprio come volevi fare oggi tu, con Andrea, è come avere un gelato buonissimo davanti, ma non avere il cucchiaino.»
«Papà?»
«Dimmi.»
«Non so se ho capito.»
«Ti racconto una storia, mentre siamo qui nel traffico. Parte da lontano… una storia fatta da persone che avevano la competizione nel sangue. Caspita se l’avevano. Però, come ti dicevo, avevano anche altro.»
«Intendi i cucchiaini?»
«Sì, diciamo di sì. Partiamo da una sera di giugno di tanti, tanti anni fa. Questo racconto si svolge in uno stadio famoso, lo stadio vicino a casa nostra. Lo stadio dove giocano Milan e Inter che però, quella sera, servì ad altro.»
«A cosa?»
«A contenere una storia di boxe. E di vita.»
1 La prefazione fa riferimento alla prima edizione di questo libro, Le sfide dei campioni. Emozionanti imprese tra i grandi dello sport, Tunué, 2019.
Lo scontro del secolo
Benvenuti, Mazzinghi, i Beatles e Milano
Storie di boxe. Storie di vita. Ci sono match e pugili che hanno segnato la storia del pugilato, italiano e non solo, emozionando intere generazioni, dal primo gong al terzo tempo dei guantoni, l’abbraccio finale. Talento, classe ma anche «Forza, Passione e Identità» – segni distintivi e acronimo fpi – sono stati espressi in modo ineccepibile e unico da campioni leggendari come Nino Benvenuti e Sandro Mazzinghi. Nino e Sandro ci hanno insegnato a credere nel rispetto che governa anche le ostilità, trasformandole in un confronto nobile di esperienze, valori e capacità.
Questa è la magia del pugilato: uno sport altamente formativo e socializzante, che sul ring permette ai due contendenti di trovare il perfetto equilibrio tra mente e cuore, e nel parterre di vivere empaticamente questo connubio.
VITTORIO LAI, Presidente Federazione Pugilistica Italiana
Rappresenta l’altra metà di me. Gli devo molto. Io sono quello che sono anche grazie a lui. E credo che la cosa abbia una valenza reciproca. Siamo due capitoli dello stesso libro.
NINO BENVENUTI, parlando di Sandro Mazzinghi
Italia, anno del Signore 1965.
Lo stipendio di un operaio è di circa 86.000 lire. Un biglietto del tram e un quotidiano, da leggere durante il tragitto, fanno 100 lire in tutto. Un caffè in tazzina ne costa 60, e Addio alle armi, di Ernest Hemingway, è il primo Oscar Mondadori ad essere venduto in edicola, a 350 lire. Il soggiorno in una pensione di Cesenatico, tutto compreso, costa 1.100 lire al giorno a persona e il pedaggio da Napoli a Milano sull’Autostrada del Sole – appena inaugurata da Aldo Moro – costa 2.950 lire.
Sanremo – condotto da Mike Bongiorno – lo vince Bobby Solo, con Se piangi se ridi, in coppia con il gruppo folk statunitense The New Christy Minstrels. E proprio dagli Stati Uniti d’America, pochi giorni dopo, arriva l’eco e il clamore per l’invio di truppe nel Vietnam del Sud. Intanto Vittorio De Sica ottiene l’Oscar per il film Ieri, oggi, domani, interpretato da Sophia Loren e Marcello Mastroianni.
Giugno, invece, ha una storia a sé. E– almeno per l’Italia – sarà un mese incredibilmente denso di accadimenti. È il mese in cui l’Italia decide di bloccarsi, come in un grande sciopero generale, per osservare due grandi eventi milanesi.
All’inizio sembravano due cose lontanissime e quasi irrealizzabili. Quelle cose di cui si parla sempre, ma che non arrivano mai. Tipo il Natale, se sei un bambino e sono appena ricominciate le scuole. O l’amore, quando hai il cuore infranto.
Milano, nel giugno del 1965, è la città che ospitò il primo concerto italiano dei Beatles. I fab four, sebbene fossero già conosciuti e amati dagli europei, riempirono il velodromo Vigorelli, ma non lo esaurirono. Il loro concerto durò – giurano quelli che erano lì – poco più di mezzora e prima di loro si esibì per scaldare
il pubblico Peppino di Capri. Questa la scaletta con cui la band di Liverpool salì sul palco per suonare il primo live italiano:
She’s a woman
I’m a loser
Can’t buy me love
Baby’s in black
I wanna be your man
A hard day’s night
Everybody’s trying to be my baby
Rock and roll music
I feel fine
Ticket to ride
Long