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ON TOUR di Mistress Ingrid
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E-book255 pagine2 ore

ON TOUR di Mistress Ingrid

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Info su questo ebook

Mistress Madame Ingrid – On tour è la prima biografia di una Mistress professionista italiana. Lontanissima dagli stereotipi sadomaso propinati dai media, Mistress Ingrid ricorda le molte esperienze di viaggio che l’hanno portata a contatto con affascinanti realtà straniere, aiutandola a creare un personaggio da più di vent’anni al centro del mondo Sadomaso italiano. Riflessioni, scandali, avventure e turismo in una chiave davvero unica e originale
LinguaItaliano
Data di uscita18 set 2012
ISBN9788867551934
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    Anteprima del libro

    ON TOUR di Mistress Ingrid - Mistress Madame Ingrid

    TOUR

    L’autore

    Madame Ingrid è il nome d’arte – ma da anni usato molto più spesso di quello anagrafico – della più celebre dominatrice professionista italiana. Quando non è impegnata nelle camere di tortura del suo studio di Brescia, Madame lavora come modella e performer fetish nelle più esclusive feste europee. Questo è il suo primo libro.

    Prefazione

    Ci sono mestieri di cui la gente non parla volentieri. Anche importanti: un mio cliente per esempio mi ha confidato che per non suscitare brutte reazioni ormai racconta sempre di essere il direttore di un’agenzia viaggi. «Sola andata» aggiunge poi con chi insite a fare domande. Io la trovo una risposta elegante, considerato che in realtà fa il becchino.

    Altri lavori invece risentono un po’ delle mode e dei tempi. Prendi i preti: per i miei nonni erano una categoria degna del massimo rispetto, con un’importanza sociale pari a quella delle più alte istituzioni. Oggi invece è ben difficile sfuggire all’equivalenza ‘prete’ = ‘pedofilo’, e solo i più sprovveduti e gli ignoranti possono dare ancora credito a chi in pieno ventunesimo secolo si nasconde dietro un collarino di plastica bianca e a superstizioni nate per impressionare i contadini medievali. E bada che non sono mica io a sostenerlo, ma un altro mio cliente piuttosto bene informato sull’argomento: dopotutto è lui stesso un vescovo.

    Adesso potresti chiederti come mai queste persone vengano a raccontare i loro crucci proprio a me, ma il motivo è semplicissimo. Anche io lavoro in un campo di cui si parla poco, e spesso a vanvera. Sono una prodomme, e già il fatto che tu non sappia cosa significhi questo termine dovrebbe dimostrarti che ho ragione. In effetti si tratta di un vocabolo inglese, che sta per ‘dominatrice professionista’ – il mio mestiere consiste nel legare e torturare la gente; Nel farmi leccare con passione tacchi e suole da persone che amano sentirsi schiavizzate; Nel penetrarne tanto il corpo quanto (soprattutto) la mente e nell’applicare centinaia di tecniche erotiche estreme che non hanno nulla a che fare col sesso ma molto con i piaceri più intensi che possa provare un essere umano.

    Come dicevamo prima, è uno di quei lavori che risentono molto delle mode. Anche se è sempre esistito era una specie di segreto pubblico fino a qualche anno fa, quando è diventato così trendy che ormai non passa mese senza che qualche giornalista non mi contatti per realizzare interviste, servizi televisivi, set fotografici e così via. E io di solito dico di no.

    Non è che sia una persona timida: tutt’altro. È solo che ho visto molte volte come vanno a finire queste cose. Quello che parte come un interessante e attento articolo per spiegare al mondo le raffinatezze e la serietà di una certa cultura erotica viene affiancato a qualche foto di pornostar, a un’intervista con un politico in cerca di voti, al commento di un sessuologo ignorante… e in men che non si dica ci si ritrova descritte come prostitute, pazze, malate o peggio ancora.

    L’alternativa è raccontare da sé la propria storia – e infatti io lo faccio da anni sul mio sito web www.mistressingrid.it con un blog piuttosto seguito. Oppure si scrive un libro.

    Diciamocelo: i libri si scrivono per vanità, per narcisismo. E io di narcisismo ne ho in abbondanza, è evidente. Però ho anche altre motivazioni.

    In un mondo in cui quelle come me vengono appunto rappresentate come prostitute, pazze, malate, eccetera, potrai ben capire che farebbe piacere poter dire ogni tanto anche la mia, spiegare «ehi, guardate che le cose stanno diversamente! Sappiate che io sono tutt’altra cosa!» Mi sembra ragionevole, no?

    In effetti lo è così tanto che, se guardi bene sugli scaffali delle librerie, potrai trovarci parecchi libri di mie colleghe che hanno fatto lo stesso identico ragionamento e hanno scritto – o fatto scrivere – la loro biografia. A volte sono abbastanza interessanti, anche se nella maggior parte dei casi si tratta di storie piuttosto banali e ripetitive, tipo il mondo mi ha trattata male, io ero speciale, ho scoperto il mio sadismo, l’ho usato per conquistare il successo che sentivo di meritare e ora sono la più grande dominatrice di tutti i tempi. Letta una, lette tutte.

    Io, che per fortuna ho sempre avuto una vita felice, volevo evitare di essere messa sullo stesso piano. Siccome in realtà non esiste una classifica delle mistress (un altro vocabolo inglese: vuole dire ‘padrona’ e lo si usa molto anche in Italia) lascio a te il compito di farti un’opinione sulle mie qualità e il mio successo. Puoi cominciare leggendo appunto il mio sito e il blog, che se vengono visitati da circa un milione di persone ogni anno qualcosa vorrà pur dire.

    Quando hai finito però torna qui, perché è solo in queste pagine che racconto molte cose che su Internet non troverai di certo – né sui miei siti, né su altri. Ho pensato che, se dovevo fare un libro, tanto valeva approfittare dell’occasione per dire tutto non solo di me, ma soprattutto dei tanti ambienti, persone e situazioni che ho conosciuto nei miei ormai molti anni di attività come prodomme.

    Per me si è trattato di un viaggio nei ricordi che mi ha aiutata a capire meglio cosa mi abbia permesso di diventare quella che sono oggi. Per te credo proprio sarà una scoperta imprevedibile, che ti aiuterà come niente altro a conoscere un mestiere di cui, di solito, non si parla molto.

    Madame Ingrid

    Brescia - La casa delle bambole

    L’istinto per la dominazione è una cosa innata: o ce l’hai dalla nascita, o è molto improbabile che ti spunti all’improvviso mentre sei dal fruttivendolo a fare la spesa per tuo marito e due figli. In compenso per essere una dominatrice professionista l’istinto non basta. Io me ne sono resa conto subito dopo avere pubblicato il primo annuncio in cui mi proponevo in quel ruolo, quando ho cominciato a essere contattata da molti più clienti di quanti ne avessi previsti, molti dei quali si presentavano con fantasie e richieste ben difficili da realizzare avendo a disposizione solo un normale appartamento e qualche frustino comprato nei negozi di equitazione.

    Quello è stato il momento in cui ho deciso che, per fare sul serio, avrei dovuto affrontare la carriera con lo stesso impegno investito dai professionisti di altri campi. I medici e gli avvocati fanno corsi di laurea e periodi di tirocinio, gli sportivi seguono programmi di allenamento, i militari hanno chi li addestra… ma dove vanno a prepararsi le mistress?

    Per raccapezzarsi nello strano gergo dell’eros estremo e capire cosa intendessero i miei ospiti con parole come appunto ‘mistress’ (che è il femminile di ‘master’, cioè ‘padrone’), caning, ballbusting, plug e così via ci si poteva arrangiare con le poche riviste specializzate che venivano pubblicate a quei tempi e con qualche libro acquistato all’estero. Alcuni aspiranti schiavi più colti e introspettivi sapevano spiegarmi cosa passasse per la testa dei tanti uomini che accorrevano a baciarmi gli stivali in cerca di umiliazioni, torture o emozioni ancora più insolite. Poi c’erano i film, all’epoca ancora in videocassetta, che però mi hanno riservato solo delusioni: nel BDSM come nel sesso per così dire normale la differenza fra pornografia è realtà è immensa.

    Altre porte d’accesso al mondo di un erotismo così speciale non ce n’erano: Internet e le feste fetish nei locali pubblici sarebbero arrivati diversi anni dopo, pertanto compresi presto che avrei avuto bisogno di un’insegnante, di una persona in carne e ossa dalla quale cominciare ad apprendere i trucchi del mestiere.

    Scovare questa persona non fu affatto semplice. A ricordarlo oggi c’è da sorridere, ma fino a pochi anni fa nel nostro Paese non esisteva nemmeno l’ombra di quel poco di cultura delle sessualità alternative che cominciamo ad avere nel XXI secolo. Per la maggior parte della gente i giochi di dominazione erotica erano un mistero completo: c’era molta confusione fra sadomasochismo (che è una malattia mentale) e BDSM (che sono giochi senza conseguenze fra adulti sani e consenzienti), per non parlare di chi pensava che entrambe queste cose avessero a che fare con satanismo, crimini e altre sciocchezze come se ne vedevano nei cosiddetti fumetti neri tipici di quel periodo. Il romanzo Histoire d’O era stato un successo proibito che aveva un po’ divulgato l’idea che certi giochi si potessero fare anche con il piacere di tutte le persone coinvolte, ma contemporaneamente aveva anche fatto credere ai lettori che esistessero società segrete di padroni e schiavi, castelli delle torture pieni di bellissime ragazze masochiste e altre esagerazioni di pura fantasia. Per quanto Valentina, il fumetto di Crepax, avesse sdoganato corsetti e tacchi a spillo, dichiararsi amanti di certe cose era visto ancora con molto sospetto e rischiava persino di farti finire nel mirino di poliziotti e magistrati in cerca di pubblicità, che non vedevano l’ora di finire sui giornali con le loro crociate contro le perversioni.

    Dopo molte ricerche, finalmente uno schiavo mi fece conoscere una coppia sua amica che aveva a sua volta il numero di telefono di una vera dominatrice professionista. Si trattava di una signora di una certa età con uno studio a Roma, che dopo avermi fatto parecchie domande sulle mie motivazioni accettò di incontrarmi.

    Non posso negare di essere arrivata all’appuntamento con un po’ di ansia: era la prima volta che mettevo piede in un ambiente del genere e non sapevo di preciso cosa aspettarmi. Purtroppo feci la promessa di non raccontare mai a nessuno i dettagli di quell’esperienza e non sono certo il tipo di persona che dimentica la parola data. Quel che posso dire è però che la signora aveva vissuto molti anni in nord Europa, dove aveva conosciuto la cultura dell’eros estremo - che là è considerato relativamente normale. Una volta trasferitasi in Italia aveva quindi aperto uno studio come quelli che aveva frequentato in passato, e in men che non si dica era diventata una professionista della frusta decisamente richiesta e apprezzata. Benché non fosse più una bellezza da copertina continuava ad avere così tanti clienti da poter selezionare solo i migliori fra di essi, fra cui si trovavano numerosi politici, attori e personaggi pubblici cosiddetti insospettabili… per non parlare di tutti coloro che provenivano direttamente dal Vaticano.

    Il luogo in cui lavorava era ancora più bello degli ambienti che si vedevano nelle videocassette e sulle riviste per appassionati. Le diverse stanze erano piene di strumenti come gabbie, tavoli di tortura, croci di S. Andrea, rastrelliere su cui erano appese fruste, bacchette e frustini, e ovunque c’erano attrezzi per me allora irriconoscibili con i quali somministrare dolore e piacere. C’era un guardaroba di abiti e calzature che oggi definiremmo fetish, ma anche un ottimo gusto nella scelta dell’arredamento, dei colori e dei molti tendaggi pesanti. Chissà, forse era merito della mitica eleganza italiana…

    Da lei mi fermai per un certo tempo in cui svolsi anche il ruolo di assistente con i clienti più impegnativi (e quanti aneddoti avrei da riferire!), ricevendo in cambio un sacco di informazioni preziose sul modo in cui lei conduceva il suo lavoro. Tanta disponibilità fu merito di due cose: la lontananza geografica della mia attività, che non le avrebbe rubato clienti, e la consapevolezza che lei fosse nelle ultime fasi della carriera. Di lì a poco la signora chiuse infatti lo studio e partì per un lunghissimo viaggio nel quale si godette tutto il lusso ampiamente meritato in tanti anni di dominazione da vera professionista.

    Fatto sta che rientrai a Brescia con le idee molto più chiare su come organizzarmi, a partire proprio dallo studio di cui avevo bisogno per lavorare. Chi pensa che basti mettere un trono nell’angolo del salotto e fare installare un po’ di luci basse non si rende conto di quante sottigliezze ci siano a cui badare nella realizzazione di un posto così speciale. Non solo ogni strumento deve avere il suo spazio, ma servono anche sistemi di sicurezza per controllare che i clienti non si comportino male quando si è girate dall’altra parte, una zona da adibire a spogliatoio, strutture adatte sulle pareti e nel soffitto per reggere il peso delle persone che vi verranno legate, superfici facili da pulire, un metodo per catalogare le preferenze di ciascuno in modo che l’incontro successivo sia ancora migliore… questo mio elenco potrebbe andare avanti ancora per molte pagine!

    Naturalmente non riuscii a crearmi lo studio perfetto al primo colpo, ma dopo un bel po’ di lavoro da parte di parecchi schiavi-artigiani sotto la mia supervisione mi ritrovai a possedere il luogo che desideravo. Sembrava un po’ la versione in grande e per adulti delle case di bambole con cui le mie compagne di scuola giocavano da bambine. Io a dire la verità ho sempre preferito altri tipi di giochi, ma il paragone regge lo stesso. Al posto delle bambole lì avrei manovrato burattini di tutto un altro tipo, e sapevo già che mi sarei divertita molto di più.

    Una delle prime cose che avevo imparato sulla dominazione era però che si trattasse di una materia parecchio più vasta di quel che si immagina e nella quale si lavora con materiale molto delicato. I corpi e soprattutto le menti di chi prenota una sessione con me sanno essere infatti al tempo stesso incredibilmente resistenti e fragilissimi: finché li si manipola correttamente li si può maltrattare oltre l’impensabile, ma basta sfiorare l’argomento sbagliato o usare male uno strumento per combinare un disastro. E quando dico ‘disastro’ intendo guai che possono portare dritti al pronto soccorso, o a spendere anni dallo psicologo.

    Ci sono pratiche che sembrerebbero innocue come il bondage, cioè l’arte di legare le persone, ma che se vengono eseguite male possono lasciare una persona storpiata o peggio. Ogni corpo è poi diverso dagli altri, con reazioni e particolarità tutte sue. E ciascun cliente arriva con la sua particolare variazione sul tema delle solite fantasie standard (tortura, feticismo dei piedi, sodomizzazione, uso come wc, femminilizzazione…) che richiede capacità altrettanto particolari da parte della padrona.

    In sostanza, anche se non ero certo una sprovveduta mi ero accorta che ogni nuovo passo nel mondo del BDSM mi apriva nuovi percorsi tutti da scoprire, che offrivano decine di sfide da affrontare e superare se fossi voluta diventare veramente la dominatrice che volevo. Così, mentre continuavo la mia normale attività di sadica professionista, ero già passata a decidere quale sarebbe stato il passo successivo dei miei studi di formazione. Ora che avevo la casa delle bambole, i burattini e l’arredamento, quello che mi mancava era darle completamente vita con tante belle e nuove storie, molte avventure e sorprese con cui catturare l’attenzione dei miei pupazzi senza mai deluderli. E divertendomi io stessa, naturalmente.

    Quel che mi serviva era, in poche parole, andare a vedere cosa facessero quelle come me nel resto del mondo. Guardare, imparare e riportare a casa solo il meglio dell’esperienza. Chiesi un po’ in giro, e in men che non si dica trovai quale sarebbe stata la mia prima tappa.

    Den Haag, Olanda – Il club dove è cominciato tutto

    Den Haag, cioè L’Aia, è una città piuttosto fredda e abbastanza triste: non proprio il tipo di posto al quale si pensa per passare una settimana di vacanza. Molti anni fa è stato però il luogo che più volevo vistare al mondo, perché nella sua periferia una casetta come tante rappresentava il massimo centro della dominazione in Europa. Per capirsi meglio bisogna però fare un passo indietro.

    Come dicevo poche pagine fa, l’attuale cultura dell’erotismo estremo è qualcosa che esiste da ben poco tempo. All’inizio degli anni Ottanta i giochi di sottomissione erano ancora una raffinatezza riservata a pochi italiani. L’unica fonte da cui ottenere informazioni abbastanza realistiche erano le rivistine pubblicate da un piccolo editore di Milano e distribuite solo in una manciata di edicole in tutto il Paese. La redazione, composta da un paio di grandi appassionati, faceva il possibile per divulgare concetti che oggi diamo per scontati come il rispetto del partner, la sicurezza nelle pratiche, la consensualità e così via… ma che all’epoca erano praticamente sconosciuti, anche per colpa di tutti gli stereotipi spacciati dai film, dalla letteratura popolare e da pornografi senza tanti scrupoli. A sfogliarle oggi, quelle pubblicazioni di cui ho tenuto una collezione intera mettono quasi tenerezza per com’erano grezze. Chi le scriveva aveva grande entusiasmo ma idee un po’ confuse e provinciali: da una parte si sprecavano i racconti di grandi orge sadomaso in cui succedevano le cose più incredibili e dall’altra, soprattutto nei tanti articoli mandati dai lettori e nella rubrica della posta, era evidente come per la maggior parte della gente tutto rimanesse una fantasia, una lontana speranza. C’era chi descriveva con nostalgia da poeta l’incontro rarissimo con una donna che forse, se non aveva interpretato male, aveva fatto un gesto o detto una frase che potevano lasciare intuire che fosse una dominatrice. C’era chi si emozionava per avere avuto il coraggio di andare all’ufficio postale a ritirare il pacchetto anonimo con cui una società di vendita per corrispondenza gli aveva spedito un gatto a nove code che per gli standard attuali sarebbe improponibile, ma che in quel contesto rappresentava un vero strumento di tortura erotica.

    Parlando di uffici postali, mi ricordo che senza e-mail e cellulari il modo per entrare in contatto con potenziali partner era soprattutto quello degli annunci economici. Prima di tutto bisognava pagare per far pubblicare il proprio annuncio, e aspettare anche più di un mese perché uscisse su queste rivistine di cui stavo parlando. A questo punto si dovevano incrociare le dita sperando che qualcuno rispondesse, e dopo un po’ di settimane andare allo sportello del fermoposta del proprio ufficio postale. Si presentava un documento d’identità, e se c’erano lettere in giacenza indirizzate a quel numero di documento si riceveva finalmente una risposta… La corrispondenza poteva andare avanti così per mesi prima che uno dei due si decidesse a dare un proprio recapito telefonico o un appuntamento per conoscere il possibile compagno di giochi, quindi puoi immaginare quante delusioni e mancate occasioni ci fossero. Le feste a tema, le serate fetish e le cene fra appassionati che oggi sono tanto comuni non esistevano certo, così in fondo non c’è da stupirsi se per la maggior parte delle persone una vera relazione BDSM restasse solo un sogno proibito.

    Non era così per tutti, però. Qua e là c’erano anche italiani molto speciali, che oltre ad avere tanta passione per l’eros estremo viaggiavano (di solito per lavoro, visto che i voli low cost non erano ancora arrivati) e conoscevano le lingue a sufficienza per cercare di realizzare i propri desideri oltrefrontiera.

    I Paesi migliori sotto questo aspetto erano quelli del nord Europa, in particolare Germania e Olanda. Uno dei miei schiavi più fedeli, che di professione fa il professore universitario, una volta mi ha fatto un lungo ragionamento sul fatto che questo dipenda da diverse cause che si sono sovrapposte in quelle nazioni, e io sono disposta a credergli.

    La prima sarebbe la poca influenza della Chiesa cattolica. Noi italiani abbiamo il Vaticano in casa e viviamo in una società che ci riempie la testa fin da piccoli con l’idea del peccato, soprattutto relativamente a tutto quel che ha a che fare con la sessualità. Già è peccato fare sesso con il preservativo… figuriamoci un po’ che terrore ha l’italiano medio nei confronti di giochi erotici un po’ più impegnativi! Andando verso nord invece la gente è religiosa lo stesso, ma la cultura protestante ha un atteggiamento meno ipocrita nei confronti di queste cose e quindi anche il BDSM è sempre stato accettato meglio.

    Un altro fattore è l’educazione sessuale vera e propria. Qui da noi è già tanto se a scuola si insegna la storia dei fiori e delle api, e in quel periodo c’era addirittura ancora più ignoranza. Nei Paesi germanici ai bambini viene invece spiegato chiaramente come stanno le cose: non c’è quella specie di angoscia che ho visto persistere anche in tanti miei clienti, che sembra debbano affrontare un fenomeno misterioso e magari anche un po’ pericoloso. La sessualità è sessualità, e basta. Anche nelle sue forme alternative, dalle relazioni gay fino appunto a fruste e manette: sono quindi proprio le persone stesse a essere molto più serene quando si tratta di esplorare queste cose.

    L’ultima differenza importantissima fra sud e nord è che salendo si trovano nazioni in cui la prostituzione è legale e si svolge alla luce del sole. Forse ti sembrerà che non c’entri niente, ma da questo particolare dipendono un sacco di cose. Per esempio, se in Olanda è

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