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Written In The USA: Cinquantacinque recensioni di libri nordamericani  a uso di librai, bibliotecari e lettori impenitenti
Written In The USA: Cinquantacinque recensioni di libri nordamericani  a uso di librai, bibliotecari e lettori impenitenti
Written In The USA: Cinquantacinque recensioni di libri nordamericani  a uso di librai, bibliotecari e lettori impenitenti
E-book220 pagine2 ore

Written In The USA: Cinquantacinque recensioni di libri nordamericani a uso di librai, bibliotecari e lettori impenitenti

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Info su questo ebook

Leggendo la recensione di un libro, spesso si ha la sensazione che il recensore s’impegni più a dissezionare l’opera solo per il gusto di sfoggiare la propria cultura che non nel provare ad avvicinare il potenziale lettore al testo, oppure, che l’opera segnalata sia frutto di un giornalismo succube di mera informazione pubblicitaria.

In questa raccolta di recensioni statunitensi sono i libri stessi a raccontarsi, e lo fanno con le sole parole in loro possesso, quelle stampate. Grazie agli estratti dalle loro opere ci avvicineremo ad autori del calibro di Charles Bukowski, Stephen King, Jack London, Henry Miller, Chuck Palahniuk, John Steinbeck, Jim Thompson e Kurt Vonnegut, e poi di Bradbury, Burroughs, Fante, Faulkner, Hemingway, Kerouac, Roth, Yates e tanti altri ancora.

Una raccolta adatta a tanti usi, più o meno ortodossi: dar sfoggio di cultura, scegliere che cosa leggere davvero, trovare una mano per i compiti a scuola... ma anche una guida formidabile per librai e bibliotecari.

LinguaItaliano
Data di uscita16 nov 2016
ISBN9788893370783
Written In The USA: Cinquantacinque recensioni di libri nordamericani  a uso di librai, bibliotecari e lettori impenitenti

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    Anteprima del libro

    Written In The USA - Marco Sommariva

    Zanini

    Presentazione

    La prima volta che ho visto una delle recensioni di Marco Sommariva sono rimasto folgorato: non erano le solite pseudocritiche a uso del recensore e dei suoi amici, ma una vera e propria guida alla lettura.

    Certo, sono una guida di parte, come spiega lo stesso autore nella sua introduzione, ma non per questo meno valida e utile. Adatta a tanti usi, più o meno ortodossi: dar sfoggio di cultura, scegliere che cosa leggere davvero, trovare una mano per i compiti a scuola... ma è soprattutto una guida formidabile per librai e bibliotecari dalla memoria corta o troppo piena in questo tempo dove i libri arrivano uno dietro l'altro come se piovesse.

    Questo primo volume racconta gli Stati Uniti d’America attraverso le letture di Marco Sommariva che è scrittore, ma soprattutto lettore finissimo. All'interno del libro troverete il meglio di queste sue capacità: leggere e scrivere. Una lettura indispensabile per chi ama la letteratura americana o semplicemente volesse cominciare a frequentarla.

    Michele Marziani

    Introduzione

    Era l’agosto 1991 quando decisi che era ora d’iniziare a sottolineare i libri che leggevo; intendo, quei passaggi che per svariate ragioni mi avevano colpito, anche per motivi poco edificanti.

    Decisione nata inizialmente dalla discutibile convinzione che – lentamente, ma inesorabilmente – mi stavo perdendo quanto imparato da tutte le mie letture precedenti. Decisione che, in effetti, ho poi scoperto essere utilissima in quanto mi permette di ritrovare molto velocemente quanto voglio rileggere: mi è sufficiente ricordare (almeno) l’autore, pormi di fronte alla sezione a lui dedicata nella libreria di casa, sfogliare le pagine annotate sulla terza di copertina, rileggere i passaggi sottolineati e il gioco è fatto. Gioco ancor più rapido se invece che l’autore, ricordo il titolo esatto; rapidissimo se ho già fissato il lavoro sul mio computer.

    Era il gennaio 2012 quando decisi d’iniziare a dar voce agli oltre 700 libri letti e sottolineati nel frattempo. Decisione presa alla luce delle tante recensioni lette sino a quel giorno, dove troppo spesso avevo la sensazione che il recensore di turno s’impegnasse più a dissezionare l’opera solo per il gusto di sfoggiare la propria cultura che non nel provare ad avvicinare il potenziale lettore al testo in esame, dove troppo spesso avevo la sensazione che le opere segnalate fossero frutto di un giornalismo succube di mera informazione pubblicitaria, per non parlare delle recensioni che impazzano sul web: rete trafficata da gente che pare pensare Dico la mia quindi esisto, senza tener conto che quando tutti dicono la propria non esiste più nessuno.

    Detto questo, per riuscire nel mio intento era fondamentale far fuori il recensore stesso, chiunque esso fosse; in questo caso, il sottoscritto. L’unico modo che mi pareva avvicinarsi a questo originale suicidio era far parlare proprio il libro. Ma come? Semplice! Con le sole parole già in suo possesso, quelle stampate. Era chiaro che non potevo farmi fuori completamente, l’anima del suicida avrebbe comunque aleggiato sul lavoro: qualcuno doveva pur scegliere gli estratti, soprattutto… che genere di estratti andavo cercando? E qui ebbi quella che credetti fosse un’illuminazione tutta mia: dare ampio spazio a quei messaggi contenuti nella cultura mainstream che propagandavano il mio pensiero, quello libertario, o comunque facessero a questo l’occhiolino. E così iniziai.

    Credetti per anni fosse un’illuminazione tutta mia e, invece, alcune settimane fa ho scoperto che, molto prima di me, Pëtr Alekseevič Kropotkin aveva realizzato che la propaganda del pensiero anarchico avrebbe avuto maggior successo se si fosse riusciti a dimostrare che questo messaggio è contenuto anche in quella cultura che piace a tutti – mainstream, appunto.

    Ammetto di non aver approfondito l’argomento, di non aver fatto alcuna ricerca per sapere se Kropotkin abbia poi messo davvero in pratica la sua idea, e questo è successo perché ero troppo impegnato a farlo io.

    Il testo che vi apprestate a leggere è il primo di una serie. Iniziamo con la raccolta di recensioni a testi di autori statunitensi o che, comunque, hanno a che vedere molto da vicino con storia e tradizione nordamericana.

    Cos’altro aggiungere? Buona lettura.

    Marco Sommariva

    Miti e leggende degli Indiani d’America

    di Richard Erdoes e Alfonso Ortiz, edito da CDE

    In questo libro sono raccolte centocinquanta leggende provenienti dal cuore e dall’anima dei popoli nativi del Nord America. Alcune sono raccontate da migliaia di anni, altre create prendendo spunto dalla visione di un uomo o di una donna d’oggi, ma nessuna è raccontata per diletto, istruire o divertire: sono credute. Emblemi di una religione vivente, queste leggende danno forma a un corpo di credenze e tradizioni che legano la gente di oggi agli antenati che l’hanno preceduta da millenni.

    Potrete leggere passaggi come questi:

    - La terra è ancora viva, ma è molto cambiata. Il suolo è la sua carne, le rocce sono le sue ossa, il vento è il suo respiro, gli alberi ed i prati sono i suoi capelli. Essa si estende ovunque, e noi viviamo su di lei. Quando si muove, noi abbiamo un terremoto. (La creazione del mondo animale - Okanogan)

    - L’uomo bianco si lamentava perché aveva i capelli sbiaditi ed arricciati, e la pelle pallida e slavata. L’uomo bianco era sempre imbronciato ed egoista. Ogni cosa che vedeva, doveva averla subito per sé. Era stato creato infantile e avido. (Il gemello buono e il gemello malvagio - Yuma)

    - La terra galleggia sulle acque come una grossa isola, appesa con quattro funi di pelle grezza legate alle sommità delle quattro sacre direzioni. Le funi sono legate alla volta celeste, la quale è fatta di duro cristallo di rocca. Quando le funi si spezzeranno, questo mondo andrà in rovina e tutte le cose viventi cadranno con lui e moriranno. Allora ogni cosa sarà come se la terra non fosse mai esistita, perché l’acqua la coprirà. Forse l’uomo bianco causerà tutto ciò. (La creazione della terra - Cherokee)

    - Il Grande Spirito creò tre specie di esseri umani: prima quelli che avevano tutto il corpo cosparso di peli; poi gli uomini bianchi, che avevano peli su tutta la testa, sul viso e sulle gambe; infine i pellerossa, che avevano soltanto peli molto lunghi sulla testa. I popoli pelosi erano forti ed attivi. Gli uomini bianchi dalle lunghe barbe appartenevano alla categoria dei lupi, perché entrambi erano le creature più imbroglione e più astute di quel bel mondo. I pellerossa erano buoni corridori, agili e veloci, ai quali la Grande Magia aveva insegnato a catturare ed a mangiare i pesci quando nessuno degli altri popoli sapeva ancora mangiare la carne. (La grande magia crea una bella regione - Cheyenne)

    - Dalle pianure del Wyoming si erge la Torre del Diavolo. È veramente una rocca, visibile per un centinaio di miglia all’intorno, un immenso cono di basalto che sembra toccare le nuvole. Spunta dalla piatta prateria come se qualcuno l’avesse spinta su da sotto terra. Naturalmente, Torre del Diavolo è un nome dell’uomo bianco. Non c’è nessun diavolo nelle nostre credenze e siamo andati avanti bene per tutte queste centinaia di secoli senza di lui. Voi gente avete inventato il diavolo e, per quanto mi riguarda, potete tenervelo. Ma al giorno d’oggi ognuno conosce quella rocca sublime con questo nome, così è la Torre del Diavolo. (Una leggenda della Torre del Diavolo - Sioux)

    - (…) un centinaio d’anni fa, gli uomini bianchi volevano che gli Indiani andassero nelle prigioni chiamate riserve, per rinunciare alla loro libertà di errare e di cacciare il buffalo, per rinunciare ad essere Indiani. Alcuni si sottomisero senza opporre resistenza e si stabilirono dietro i fili spinati di quelle istituzioni, ma altri non lo fecero. Quelli che andarono nelle riserve per vivere come gli uomini bianchi furono chiamati amici. Quelli che non vollero andare furono chiamati Nemici. In realtà, quelli non erano nemici. Loro non volevano combattere; tutto ciò che volevano era di essere lasciati in pace a vivere secondo il costume indiano, che era un buon costume. Ma i soldati non li lasciarono in pace. Decisero di effettuare una grande battuta a cavallo e di catturare tutti i nemici, di uccidere quelli che opponevano resistenza e portare indietro gli altri nelle riserve come prigionieri. (Dove la ragazza salvò suo fratello - Cheyenne)

    - Toro Seduto (…) non era, come alcuni pensano, il condottiero che aveva sconfitto Custer a Little Bighorn. Egli era un uomo santo, il capo spirituale della nazione Sioux. Andava di buon accordo con alcuni bianchi, aveva persino alcuni amici bianchi, ma diceva sempre: Io voglio l’uomo bianco accanto a me, non sopra di me. (…) Diceva pure che tutti i bambini – rossi, bianchi, neri, gialli – erano simili nella loro innocenza, e che se crescendo fossero rimasti bambini nei loro cuori, tutto sarebbe andato bene. (Il cavallo danzante di Tatanka Iyotake - Sioux Brule)

    - Noi non ci interessiamo molto alle elezioni dell’uomo bianco. Chiunque vinca, noi Indiani perdiamo sempre. (I cani hanno una elezione - Sioux Brule)

    - Osservate i buffali: quando questo nuovo uomo arriverà, i buffali entreranno in un buco della montagna. Proteggete i buffali, perché il Bianco Gambalunga li prenderà tutti. Vi porterà quattro cose: malattie, odio, pregiudizio, crudeltà. Cercherà di darvi il suo nuovo Grande Spirito e di farvi abiurare il vostro, di farvi scambiare il vostro Wakan Tanka con questa nuova divinità, per farvi perdere il vostro mondo. (…) Questo nuovo uomo che sta arrivando viene per vivere tra di voi. Mentirà, e non smetterà mai di mentire. Metterà un triste, funesto colare intorno al mondo. (…) Lo conoscerete come washi-manu, ruba-tutto, o meglio con il nome di sottrae-il-grasso, wasichu, perché prenderà il meglio della terra. Divorerà ogni cosa, almeno per un certo tempo. (La venuta del Wasichu - Sioux Brule)

    Cos’altro aggiungere? Alcuni odierni sciamani affermano di comprendere il linguaggio di certi animali. Quando un intervistatore della televisione rise dell’allusione di Cervo Zoppo di poter comprendere gli uccelli, lui replicò: Nella vostra Bibbia una signora parla ad un serpente. Io, per lo meno, parlo alle aquile.

    La disobbedienza civile e Vita senza princìpi

    di Henry David Thoreau, edito da Demetra

    Fra i tanti argomenti trattati, in questi due classici – La disobbedienza civile (1849) e Vita senza princìpi (1863) – Thoreau parla di impegno civile, diritto-dovere alla resistenza e ribellione alla sopraffazione e all’ingiustizia, difesa delle minoranze e attivismo del singolo contro le facili deviazioni di qualsiasi rappresentanza.

    Potrete leggere passaggi come questi:

    - Di tutto cuore faccio mia l’affermazione: Il migliore dei governi è quello che governa meno; e vorrei vederla messa in pratica più rapidamente e sistematicamente. Se attuata, essa porta in fine a questo risultato, in cui parimenti credo: Il migliore dei governi è quello che non governa del tutto; e quando gli uomini saranno pronti, sarà questo il tipo di governo che essi avranno.

    - La legge non ha mai reso gli uomini più giusti, nemmeno di poco; anche gli uomini onesti, rispettando le leggi, sono quotidianamente tramutati in strumenti di ingiustizia. Un risultato comune e naturale del rispetto delle leggi è che puoi vedere una fila di soldati (colonnello, capitano, caporale, fanti, granatieri) tutti che marciano verso la guerra in mirabile ordine per monti e per valli, contro la loro volontà e, ahimè, contro il loro buon senso e la loro coscienza, tanto che marciano faticosamente con il cuore in gola. Essi non hanno alcun dubbio di trovarsi in un maledetto pasticcio, perché essi sono tutti uomini dall’indole pacifica. Che cosa sono ora? Uomini forse? Oppure minuscole fortezze e polveriere semoventi al servizio di qualche potente senza scrupoli? (…) In questo modo la massa degli uomini serve lo Stato non come uomini ma come macchine, con il loro solo corpo. Essi formano l’esercito regolare, la milizia, i carcerieri, i poliziotti, i posse comitatus, eccetera.

    - Ci sono migliaia di persone che in teoria sono contrarie alla schiavitù e alla guerra, ma che in effetti non fanno niente per porvi fine, persone che (…) se ne stanno sedute con le mani in tasca e dicono di non sapere che cosa fare e non fanno nulla; (…) Esitano, si rammaricano e a volte fanno petizioni, ma non fanno nulla seriamente e con efficacia. Aspetteranno, ben disposti, che altri pongano rimedio al male così che essi non debbano più a lungo rammaricarsene. Tutt’al più, essi danno solo un voto che costa poco, un debole incoraggiamento e un augurio di buona fortuna all’uomo giusto che passa loro accanto.

    - Quando la maggioranza alla fine voterà per l’abolizione della schiavitù sarà perché la schiavitù le è indifferente o perché sarà rimasta ben poca schiavitù da abolire con il voto.

    - (…) l’uomo ricco è sempre venduto alle istituzioni che lo hanno reso tale.

    - (…) quanto di più è il denaro, tanto meno c’è virtù. Il denaro infatti si interpone tra un uomo e i suoi oggetti e li ottiene per lui, e non gli è certamente necessaria molta virtù per ottenerli. Il denaro mette a tacere molte questioni alle quali egli sarebbe altrimenti costretto a rispondere; mentre la sola nuova domanda che gli pone è quella difficile ma superflua di come spenderli.

    - Per quanto mi riguarda, non mi piacerebbe pensare nemmeno una volta di dover fare affidamento sulla protezione dello Stato.

    - Lo Stato (…) non è dotato di intelligenza e onestà superiori, ma di superiore forza fisica. Io non sono nato per essere costretto. Voglio vivere a modo mio. Vedremo chi è il più forte.

    - Non desidero litigare con nessun uomo o nazione. Non desidero spaccare il capello in quattro per fare sottili distinzioni o proclamarmi migliore dei miei vicini.

    - Non sono molti i momenti in cui vivo sotto un governo (…). Se un uomo è libero nel pensiero, nella fantasia, nell’immaginazione (…) non è detto che governanti o riformatori stolti riescano fatalmente a ostacolarlo.

    - Se un uomo cammina nei boschi, per il piacere di farlo, metà di ogni giornata, egli corre il rischio di essere considerato un fannullone, ma se egli spende la sua intera giornata come uno speculatore, tagliando quegli stessi alberi e rendendo spoglia la terra prima del tempo, egli è stimato un cittadino industrioso e intraprendente. Come se una città non avesse interesse a conservare le proprie foreste ma a tagliarle!

    - Non è sufficiente dirmi che hai lavorato duro per conquistarti il tuo oro. Anche il diavolo lavora duro. La strada dei delinquenti può essere dura da molti punti divista.

    - Così vuota e vana è per la maggior parte la nostra conversazione ordinaria. Superficie che incontra superficie. Quando la nostra vita smette di essere interiore e privata, la conversazione degenera in mera chiacchiera. Raramente incontriamo un uomo che possa darci delle informazioni che non abbia letto su un giornale o che non gli siano state riferite dai suoi vicini; nella maggior parte dei casi, la sola differenza tra noi e il nostro simile è che egli ha visto il giornale o è stato a prendere il tè, mentre noi no.

    - Vedere il sole sorgere o tramontare ogni giorno, così da poter raccontare a noi stessi un fatto universale, ci manterrà per sempre assennati.

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