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Storia di un poeta distratto: Da scrittore a scritto
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Storia di un poeta distratto: Da scrittore a scritto
E-book379 pagine4 ore

Storia di un poeta distratto: Da scrittore a scritto

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Info su questo ebook

Cadde dall’alto con una grazia innaturale. Non sembrava essere mai stato umano. Toccò il suolo delicatamente, come se controllasse l’aria e tutto ciò che da essa è circondata. Una lunga toga nera lo circondava da capo a piedi, se non si fosse mosso nessuno lo avrebbe distinto. Si accorse di lui solamente poiché era piombato dall’alto, e il volto le si tinse di terrore. Lei deglutì forte, il respiro divenne sempre più affannato, iniziò a sudare freddo.
«Sei tu… Sei davvero tu?» chiese con un tono misto tra gioia e timore.
LinguaItaliano
Data di uscita13 lug 2015
ISBN9788899091477
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    Anteprima del libro

    Storia di un poeta distratto - Claudio del Conte

    Storia di un poeta

    distratto

    Da scrittore a scritto

    di Claudio Del Conte

    Panda Edizioni

    ISBN 9788899091477

    ©2015 Panda Edizioni

    www.pandaedizioni.it

    info@pandaedizioni.it

    Illustrazione di copertina: Alice Colombo

    I fatti e i personaggi rappresentati nella seguente opera, nonché i nomi e i dialoghi ivi contenuti, sono unicamente frutto dell'immaginazione e della libera espressione artistica dell'Autore.

    Ogni similitudine, riferimento o identificazione con fatti, persone, nomi o luoghi reali è puramente casuale e non intenzionale.

    CAPITOLO 1

    Per salvare l’umanità non servono le mie belle parole, la gente ha bisogno di cavarsela da sola. Oggi io distruggo con delle certezze la religione, domani sarò io la religione. Devo impedirlo. Ora. Pensa così quel giovane che, stanco e dinoccolato, osserva il passare delle persone come al solito confuso e disordinato. Sguardo severo anche se non giudicatore, uno a uno osserva i volti di ogni passante senza trovare in nessuno di questi un piglio che possa destargli interesse. Il sole è alto nel cielo; s’impone con la sua luce sulle vite di tutte queste formiche operaie, creando paesaggi e barriere agli occhi di chi osserva. A un certo punto ecco che il giovane scruta in tutta quella confusione un odore di ciliegio, eppure ciliegi non ce ne sono attorno. Capisce all’istante da dove proviene l’aroma: una donna con un passo veloce lo ha appena superato, un passo che però non è dirottato verso un lavoro, ma verso la riva di un laghetto poco distante da lui. Sul prato verde la osserva sedersi prendendo fra le mani un bianco foglio e una matita. Di lei riesce a cogliere solo il contorno perché il sole, che di solito scopre, con i suoi riflessi sull’acqua acceca l’osservatore. Decide allora di muoversi verso di lei; lesto supera i bambini che giocano e gli annoiati genitori, per arrivare a lei, adesso alla sua portata. Solleva l’indice della mano destra per ottenerne l’attenzione, lei si volta e dal basso verso l’alto osserva lui, che ora può guardarne i lineamenti…

    ***

    «Ben tornati sul nostro canale, canale 27, una certezza in ogni casa!» Riprende la trasmissione dopo uno stacco pubblicitario. Il presentatore brizzolato si muove agiatamente in uno studio allestito a salotto con classe e movimenti distinti. L’uomo viene doppiato, come spesso capita nei programmi stranieri.

    «Come detto in precedenza nell’anteprima del programma, oggi parleremo dell’argomento più scottante di questi ultimi quattro anni. Molti avranno intuito di cosa sto parlando. Approfondiremo i cosiddetti Risvegliati!» Da qui parte un applauso chiaramente forzato.

    «A parlarcene abbiamo invitato parecchi ospiti in studio. Abbiamo l’antropologo tedesco Bastian Yovich!»

    «Salve a tutti,» dice l’interessato, sovrastato dagli applausi e seduto su una poltrona sullo sfondo dello studio.

    «Il vescovo spagnolo Esteban Trincha!»

    «Grazie, salve a tutti.» Seduto anche lui su una poltrona, di fianco agli altri ospiti.

    «Lo statista italiano Piero Sonni!»

    «Buona sera a tutti.»

    «E infine un Risvegliato in persona, collegato con noi da Washington: il presidente degli Stati Uniti d’America, Greg Torn!»

    «Salve Tom, è un piacere stare con te.» Dice il capo di stato con un sorriso splendente e un aspetto impeccabile, trasmesso da uno schermo al lato del palco.

    «Grazie signor Presidente,» risponde il conduttore. «Bene, io direi di partire con una domanda semplice per il nostro statista. Chi sono questi Risvegliati?»

    «Be',» riflette un istante l’italiano, attendendo la traduzione simultanea che gli arrivava tramite auricolare. «Non è facile dirlo. Quattro anni fa un gruppo di scienziati in Francia…»

    «Ci sono sempre di mezzo i Francesi!» Lo interrompe il conduttore provocando ilarità nel pubblico.

    Finite le risate riprende: «Dicevo… Questo gruppo di scienziati ha teorizzato che corpo e quella che in molti definiscono anima fossero pressappoco la stessa cosa. Hanno ipotizzato che quello che in passato poteva essere definito un santo, o un genio, o addirittura una leggenda nella memoria dei popoli, fosse solamente una persona con una coscienza superiore rispetto ai suoi tempi. Vollero tentare di replicarne, e amplificarne, se possibile, l’effetto.»

    «Interessante.» si intromette il conduttore, Tom, per creare atmosfera. «Ci riuscirono?»

    «Sì, possiamo già dire che è storia contemporanea. Presero un soggetto volontario di nazionalità ignota, di cui oggi non si conosce il nome né l’identità: si sospetta sia segreto di stato francese. Crearono un riproduttore molto potente di onde Theta.»

    «Cosa sono dottor Sonni?» Chiede Tom incuriosito.

    «Sono onde che il nostro cervello produce durante il sonno, nello specifico mentre sogniamo. Il colpo di genio di questi scienziati fu quello di trasmettere al soggetto queste onde tenendolo sveglio e sottoponendogli svariati test di intelligenza. Il risultato fu sensazionale. Il soggetto dimostrò capacità d’apprendimento sensazionali. Perché? Perché ottenne una cosa semplice ma mai effettivamente raggiunta prima di allora: un’apertura mentale che solo un sogno sa dare.»

    «Incredibile, ancora oggi vengono i brividi. Quindi, dottor Yovich, cosa successe dopo?»

    Risponde dopo qualche istante di silenzio, avendo ascoltato la traduzione: «Eh, l’uomo imparò a menadito le principali dottrine passate, da lui definite le più interessanti, leggendo per citarne alcuni la Torah, in lingua originale, e i Canoni del Buddhismo. Da lì a poco, avendo osservato una conoscenza in moltissimi campi scientifico-letterali, il laboratorio si rese conto che oramai il soggetto aveva acquisito enormi capacità senza il bisogno del riproduttore delle onde Theta. Egli si rivelò quindi al mondo con il nome di Huj.»

    «Nome bizzarro. Come mai questa scelta?»

    «Sai Tom,» continua il tedesco «La stampa chiese insistentemente il motivo di tale nome. L’uomo replicò dicendo soltanto che i meritevoli avrebbero capito. Ancora oggi non sappiamo a cosa è dovuta questa scelta. Sappiamo però che iniziò a creare dei… Discepoli» dice quest’ultima parola disegnando delle virgolette in aria con le dita.

    «Si parla dunque di religione? Del resto in molti lo chiamano Dio…»

    «No, Tom. Iniziò a viaggiare, conoscendo persone che avessero un’impostazione mentale simile alla sua. A esse parlò, spiegò, insegnò e diede aiuto, fino a farle avvicinare a lui il più possibile. Queste persone oggi sono chiamate appunto i Risvegliati. Persone che hanno colto lo stato di perfezione anche per un istante e che oggi in base a quel concetto sanno muoversi nel mondo circostante.»

    «Davvero impressionante, Dottor Yovich. So che queste persone non sono poche poiché sono loro stesse a continuare a diffondere il loro credo. Ma Huj che fine fece?»

    «Huj? Dopo qualche mese impazzì completamente finché non scappò definitivamente dalle scene e, a quanto pare, dalla faccia della terra. Tutt’ora, a distanza di quattro anni, non sappiamo dove si trovi.»

    «Padre Trincha, la chiesa non ha mai visto di buon occhio queste persone, giusto?»

    «Ma no, Tom, non sia così severo con noi. Solamente, lo sa bene, questi esseri sfidano il concetto stesso di Dio; si sopraelevano, divenendo così immorali. Certo, sono sicuro che alcuni di loro siano assolutamente brave persone, ma hanno pretese innaturali. Non che abbia nulla contro il presidente degli Stati Uniti, per carità, ma anche se la sua nazione sta vivendo uno dei periodi più floridi degli ultimi quarant’anni, questo non lo salva dal peccato.»

    «Intuiamo che la chiesa…» inizia Tom, «forse, ecco, teme queste persone.»

    «Se mi consentite,» interrompe il Presidente, «noto con molto dispiacere che state tutti facendo un grave errore. Ci state prendendo come esseri da studiare, come fenomeni da baraccone. Volete che vi dica che 4798 moltiplicato per 6340 fa 30419320? Sì, posso farlo, ma può farlo anche un calcolatore. Voi ci studiate, voi sapete chi siamo, ma non ci conoscete. Guardate con ammirazione alle nostre gesta, ascoltate stupiti le nostre parole ma non volete capirci. Parlare storicamente di noi va bene, ma giudicarci… Padre, potrei insegnarle i pensieri dei maggiori rabbini del quattrocento avanti cristo. Crede che io sia tanto lontano da Dio?»

    «Signor Presidente, lei da chi venne risvegliato?»

    Spengo la tv. No, non è per creare suspense. Questa è una vecchia replica che conosco a memoria: discorsoni infiniti di Greg, il Presidente, che aggirerà la domanda con dimestichezza. Essendo lui superiore a battibecchi umani si alienerà dalla trasmissione e finiranno per litigare il prete e lo statista. Non ho tempo per tutto questo, non ora almeno. Controllo l’orologio. Diavolo, sono già le due di notte e il mio scotch è ancora nel bicchiere. Rimedio subito. Mi guardo attorno alla ricerca della bottiglia; le luci sono soffuse e non mi permettono la migliore delle visibilità fra le pareti chiuse della casa, mentre fuori il panorama romano mi scruta senza nascondersi. Dovrei alzarmi, ma il divano è così comodo che non esiterei a mandare a quel paese i miei impegni. Impegni? Che impegni posso avere alle due di notte?

    Davanti a me c’è un tavolo di vetro su un tappeto. Sul tavolo scorgo la mia agendina dietro una conca d’argento. Sì, ho una conca d’argento, che me ne faccio? Chiedetelo a mia moglie. Mi allungo per arrivare alla mia agendina nera, di un materiale scadente, mentre poso il bicchiere. Inizio a sfogliarla con la speranza che possa andare già a dormire ma subito un’annotazione mi smentisce recitando Ore 02:30 incontro con Stella. Nulla di cui stupirsi, Stella è una prostituta. Be', detta così c’è da stupirsi… Non sono di quei tipi che vanno con le prostitute. Non che le reputi brutte persone, ma come ho detto prima sono sposato e, dal momento che vorremmo avere un figlio al più presto, cerco di essere il più fedele possibile. Il mio incontro con Stella è di diversa natura. Faccio il giornalista per una rivista che avrà sì e no dieci anni, chiamata Castelli di Carte. Questa inizialmente trattava esclusivamente di controinformazione, denunciando scandali a cui nessuno prestava attenzione, fino a quando non sono arrivati i Risvegliati. Castelli di Carte fu l’unica rivista che da subito prese la questione sul serio, interagendo con queste persone e raccontandone i pensieri e le vite attraverso le testimonianze di alcuni soggetti. Probabilmente perché il direttore stesso è un Risvegliato. Inutile raccontarvi il successo che la rivista ebbe in tutto il mondo e l’internazionalità che in breve acquistò. Milioni di copie vendute in decine di lingue diverse; divenne una rivista di filosofia, di quella filosofia geniale e al tempo stesso alla portata di tutti. Grazie a questa rivista le persone riacquisirono una piccola ma giusta indipendenza intellettuale, quel tanto che bastava a ogni governo per tremare di paura; era una rivista che non solo evidenziava i problemi ma, cosa ben più rara, spesso proponeva soluzioni. Io venni selezionato tramite un concorso di scrittura qui in Italia, a Roma, luogo di fondazione della rivista. Per essere scelti bisognava avere una laurea specializzata per l’approccio con questi individui, e un elevato quoziente intellettivo. Non sono una persona altezzosa, ma pare che il mio profilo coincidesse.

    Sì, ma cosa c’entra Stella, la prostituta? Potrete non crederci, ma Stella è una Risvegliata e sì, fa la prostituta. Il perché a dire il vero non gliel’ho mai chiesto. Io, infatti, per Castelli di Carte racconto le vite passate e presenti di alcuni Risvegliati, tra cui anche quella di Stella. Oggi sarà l’ultima volta che la intervisterò, a quanto pare: ricontrollo l’agenda e difatti non ho segnato incontri successivi. Già, con lei ho finito. Peccato. Oggi però sarà una grande nottata: ho deciso che le chiederò il perché del suo mestiere. Non che ci sia nulla di male, ma avrebbe potuto aspirare a qualsiasi altra cosa. Ho sempre avuto il timore di chiederglielo, timore di una delusione, inoltre mi è sempre sembrato inopportuno. Per adesso ha riflettuto assieme a me sui massimi sistemi, e spesso mi ha lasciato senza parole.

    Ma bando alle ciance, si sono fatte le due e dieci, fra venti minuti devo trovarmi al nostro solito posto: un paio di pittoresche panchine vicino alla stazione metro Lepanto a Roma. Sono leggermente nascoste dagli alberi davanti al tribunale ordinario. Un posto niente male devo ammettere.

    Basta, mi alzo. Mi dirigo verso lo specchio per vedere se ho un aspetto decente. La camicia è un po’ sgualcita, ma i pantaloni scuri paiono in buone condizioni. Che schifoso benpensante sono diventato. Mi sistemo capelli. Prima di uscire come da rituale passo per la cucina a prendere una pasticca; assumo dei farmaci perché anni fa ho avuto una crisi epilettica, meglio non rischiare di dimenticarsela. Ritorno nell’ingresso a scrutare casa mia. Delle tante cianfrusaglie solo alcune mi sono care, tutte le altre sono come quei sassi di varie dimensioni messi perfettamente in equilibrio uno sopra all’altro, nonostante non siano affatto simmetrici, spuntati in casa da un giorno all’altro. Forse è l’impronta di mia moglie: un piccolo gong che emette un suono melodioso e dalle vibrazioni sublimi. Robe eccentriche, lo riconosco. Smetto di perdere tempo. Prendo il cappotto lungo appeso all’ingresso e cerco di uscire il meno rumorosamente possibile per non svegliare mia moglie già a letto da almeno due ore.

    L’aria è calma e pungente, quasi una contraddizione. Non c’è un'anima in giro; è giovedì del resto, l’indomani si lavora. Povera gente, piano piano si sta rendendo conto dell’ingiustizia che subisce ogni mattina.

    Il luogo d’incontro con la signorina non è tanto lontano da casa mia, abito a Piazza Bainsizza, la fermata Lepanto è a dieci minuti a piedi al massimo. La strada è ancora umida per la pioggia del pomeriggio e riflette le luci dei lampioni; le macchine passano sporadicamente e io mi sento un pesce fuor d’acqua. Camminando mi accorgo che da qualche minuto mi trovo davanti una ragazza; non le presto attenzione, ma lei a quanto pare ne presta a me. Facciamo la stessa strada, e dalle occhiate fugaci che mi lancia girandosi intuisco che creda io la stia seguendo. Dannazione, se l’avessi voluta uccidere o derubare lo avrei già fatto, no? Alla fine con goffa disinvoltura si avvicina all’altro lato della strada, attraversandola. Oh, bene, quella tizia iniziava a infastidire anche me. È proprio quando non si dà fiducia a nessuno che la si ripone nelle persone sbagliate, quella ragazza ha solo confermato questa mia tesi. Nel frattanto sono arrivato sano e salvo alle panchine. Tira un leggero vento, guardo l’ora, sono in ritardo di cinque minuti circa ma lei ancora non c’è. Mi accendo una sigaretta ed ecco che sento un rumore di passi, proprio quel ticchettio che emettono i tacchi. Mi volto e la vedo poco distante avvicinarsi con passo sicuro e leggero, nuovamente quasi una contraddizione, mentre i suoi capelli scuri le avvolgono il viso coprendo gli occhi azzurri. La osservo bene. Oggi fa freddo, ma sembra che lei non lo senta: è coperta solo da una magliettina larga azzurra che lascia intravedere una spallina del reggiseno, dei pantaloncini molto corti, calze nere e tacchi non troppo volgari, non troppo alti. Diavolo, è una delle donne più belle che abbia mai visto. È disinvolta nell’ambiente circostante ed è proprio questo che la rende così attraente: il modo in cui ogni parte del suo corpo pare in contatto con tutto, muovendo lo sguardo verso ciò che non conosce cercando di coglierne ogni sfaccettatura.

    A un certo punto però si ferma, immobile, tranne la testa che si gira freneticamente. Inizialmente non capisco, poi mi rendo conto che sta seguendo con lo sguardo una mosca che le ronza attorno. Poi ecco che con una mossa fulminea riesce a catturare la piccola bestiola con una mano. Crea una piccola conca con entrambe le mani e se le porta all’orecchio, rimanendo ferma per qualche istante, per scoppiare poi a ridere. Infine la libera facendo scappare verso lidi sicuramente meno aggraziati la mosca. Conclude questa scenetta sedendosi di fianco a me sulla panchina, a gambe incrociate, in modo da essere completamente rivolta verso di me.

    «Ciao straniero!» mi dice con un sorriso senza fine. «Tutto bene?»

    «Sì Stella, sì… Posso farti una domanda?» Dico prima di fare un tiro con la sigaretta.

    «Perché la mosca?» mi risponde con un’espressione saccente.

    «Esatto, che diavolo ti salta in mente?» Tiro di nuovo.

    «Michele, mannaggia, non hai capito nulla di me, vero?» Detto questo mi dà una pacca sulla spalla, come fossi un deficiente.

    «No, infatti.»

    «Ho un mio pensiero. Forse è sciocco. Ho catturato quella mosca per ascoltarne il grido vitale. Quel piccolo essere oggi è la forma di vita della sua specie più sviluppata, è il prodotto di millenni di evoluzione, lotte di sopravvivenza e massacri che lo rendono il più forte di sempre della sua linea evolutiva. Non credere sia una cosa ovvia…»

    «Non lo credo,» mi difendo nascondendomi dietro la sigaretta.

    «Fai bene. Osserva noi uomini. Credi davvero che oggi noi siamo nel momento migliore della nostra razza? No, una persona di oggi è identica a quella di mille anni fa.»

    «Non essere sciocca, siamo andati nello spazio, abbiamo conoscenze matematiche molto…»

    «Non sto parlando di questo!» mi interrompe dandomi un colpo sulla testa. «Parlo della persona media. Ieri come oggi ci si alza alla mattina senza la pretesa di cambiare se stessi o il mondo, oggi le persone si svegliano rassegnate alla loro vita, come accadeva mille e duemila anni fa. Sempre un lavoratore si è lasciato manipolare e umiliare da virulenti potenti e oppressori, sempre ha creduto di avere libertà, regalandola invece di tenerla. No, la mosca nonostante tutte le enormi difficoltà date da esseri più grandi e più forti, ancora oggi sopravvive. Le nostre grandi difficoltà sono date solo da noi stessi negli ultimi diecimila anni… Sbaglio?»

    «No…» dico affranto. «Non sbagli, Stella.»

    «Certo che non sbaglio!» Mi spintona ridendo e facendomi perdere l’equilibrio.

    Da quel momento rimaniamo qualche istante in silenzio; prendo un piccolo blocchetto dalla tasca della giacca e scrivo al volo questo ultimo concetto. Non è male, effettivamente: potrei scrivere un articolo chiamato Come una mosca sa umiliarci. Sento però la panchina tremare, che diavolo succede? Mi volto. Non è la panchina a tremare ma è proprio Stella. Certo, vestita a quel modo è inevitabile…

    «Stella, diavolo, stai tremando di freddo?»

    «No, è un nuovo tipo di ballo.»

    La osservo non capendo cosa intenda. Che razza di ballo è un ballo dove si deve stare seduti…

    «Certo che tremo di freddo! Cosa credi, che balli seduta?»

    «Dannazione Stella, tieni il mio cappotto.» Glielo porgo.

    Le sta almeno due volte più grande. Va meglio: dopo qualche istante smette di tremare.

    «Perché non ti sei coperta meglio?»

    «Perché sapevo che me l’avresti dato per l’ostinazione che voi uomini avete nel volerci proteggere. Io ne approfitto!» E di nuovo a ridermi in faccia.

    Passano alcuni istanti in cui decido di accendermi un’altra sigaretta. Già so cosa mi ucciderà. Lei mi osserva attentamente come se sapesse cosa sto pensando, allunga una mano e mi accarezza i capelli corvini.

    «Da domani non ci vedremo più…» Mi dice a bassa voce. «Che tristezza, sei la giusta via di mezzo fra noi e le persone normali…»

    Osservo l’orologio; senza accorgermene il tempo sta fuggendo. Io le devo fare quella domanda, non vorrei avere il rimorso di non averla mai affrontata.

    «Stella, io… Posso farti una domanda? Ma rispondimi solo se vuoi.» le dico schiarendomi la voce.

    «Non mi deludere, Michele.» mi risponde come se già sapesse le mie prossime parole.

    «Volevo sapere perché… Non mi fraintendere, questo non vuol dire che ti voglia giudicare o ti reputi da meno. Solo che non capisco il ragionamento che ti ha portato a questa scelta, tutto qui.» Mi sento come un bambino che si deve giustificare con la mamma.

    «Ce ne hai messo di tempo per chiedermelo. Ma non mi temere, santo cielo, mica ti mangio, al limite non rispondo.»

    «Non rispondi?» dico facendo un tiro di sigaretta.

    «Non ti conviene, potresti rimanerci male.»

    «Avanti Stella, te l’ho detto, non giudico nessuno, non sono qui per questo, se vuoi nemmeno lo scrivo sull’articolo.»

    «Va bene, ragazzo.» Il suo sguardo si fa più smaliziato. «Io venni Risvegliata da un uomo. Un uomo che decise di stuprarmi. Oggi ho 22 anni, questo successe tre anni fa. Mi portò a casa sua tenendomi chiusa in una stanza per qualche giorno, piansi finché ne avevo in corpo. Mi raccontò vite di poeti ubriaconi ai bordi delle strade, mi spiegò che una vita riuscita non lo capisci da una casa, un’auto o una moglie. Mi lesse alcuni passi della Cabala ebraica, mi aiutò senza volerlo a ricrearmi un pensiero mio. Perché questa gentilezza? Era un Risvegliato, ecco perché. Infine un giorno che pioveva mi portò al mare, io ancora non avevo mai parlato ma avrei tanto voluto chiedergli il perché avesse scelto un giorno tanto tempestoso. Mi tenni la domanda perché temevo la risposta. Arrivammo sugli scogli e il mare urlava come avrei voluto fare io. La pioggia era battente e con essa il vento ci frustava e io non mi sono mai sentita così completa come a osservare quello spettacolo che aveva del divino in sé.»

    La osservo qualche istante, i suoi occhi azzurri diventano lucidi e non sono sicuro che siano lacrime di tristezza.

    «Nella testa avevo così tanti pensieri e così tanto dolore che il non averli scaricati fece sì

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