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Fine di un Dittatore-End of a Dictator: Uno dei momenti centrali e cruciali del XX secolo, e della storia recente dell'umanità.
Fine di un Dittatore-End of a Dictator: Uno dei momenti centrali e cruciali del XX secolo, e della storia recente dell'umanità.
Fine di un Dittatore-End of a Dictator: Uno dei momenti centrali e cruciali del XX secolo, e della storia recente dell'umanità.
E-book230 pagine3 ore

Fine di un Dittatore-End of a Dictator: Uno dei momenti centrali e cruciali del XX secolo, e della storia recente dell'umanità.

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Questo saggio è innanzitutto un lavoro di ricerca storica, senza remore, timori, e reticenze, su di un personaggio tra i più importanti della Grande Storia.
Ma non è solo e semplicemente la cronaca della morte di Stalin e delle vicende che la precedettero e la seguirono, è al contempo la descrizione di uno snodo cruciale, ed un segnalibro fondamentale, della storia del XX secolo.
Stalin, assieme a pochi altri, costituisce una di quelle personalità che non solo hanno fortemente influenzato la Storia, ma che l'hanno costruita, sconvolgendo con le loro azioni l'esistenza di centinaia di milioni di esseri umani in tutto il globo terracqueo.
A capo di uno di quei regimi e stati che furono i protagonisti della catastrofe peggiore di tutta la storia dell'umanità, da questo immane sconvolgimento Stalin ne uscì vincitore, portando così l'Unione Sovietica ad assurgere a super potenza planetaria in concorrenza con quella americana.
La sua morte non poteva che incidere in tutta la nostra storia recente, e ancora oggi è d'obbligo conoscere le circostanze della sua fine, del periodo che la precedette, e provare ad analizzarne, seppur in modo sintetico quanto esauriente, tutte le conseguenze. 
This essay entitled "The End of a Dictator" is first and foremost a work of historical research, without hesitation, fear or reticence, on one of the most important figures of the Great History.
But it is not only and simply the chronicle of Stalin's death and of the events that preceded and followed it, it is at the same time the description of a crucial junction, and a fundamental bookmark, of the history of the 20th century.
Stalin, along with a few others, is one of those personalities who have not only strongly influenced history, but have constructed it, disrupting the existence of hundreds of millions of human beings across the globe with their actions.
At the head of one of those regimes and states that were the protagonists of the worst catastrophe in the entire history of mankind, Stalin emerged victorious from this enormous upheaval, leading the Soviet Union to rise to planetary superpower status in competition with the United States.
His death was bound to have an impact on the whole of our recent history, and even today it is still imperative to know the circumstances of his end, of the period that preceded it, and to try to analyse, albeit in a concise and comprehensive manner, all the consequences. 

 
LinguaItaliano
Data di uscita20 gen 2021
ISBN9791220255974
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    Fine di un Dittatore-End of a Dictator - Roberto Maffi

    Version.

    Prefazione

    FINE DI UN DITTATORE. Uno dei momenti centrali e cruciali del XX secolo, e della storia recente dell'umanità.

    Questo saggio dal titolo Fine di un Dittatore. Uno dei momenti centrali e cruciali del XX secolo, e della storia recente dell'umanità, è innanzitutto un lavoro di ricerca storica, senza remore, timori, e reticenze, su di un personaggio tra i più importanti della Grande Storia.

    Ma non è solo e semplicemente la cronaca della morte di Stalin e delle vicende che la precedettero e la seguirono, è al contempo la descrizione di uno snodo cruciale, ed un segnalibro fondamentale, della storia del XX secolo.

    Stalin, assieme a pochi altri, costituisce una di quelle personalità che non solo hanno fortemente influenzato la Storia, ma che l'hanno costruita, sconvolgendo con le loro azioni l'esistenza di centinaia di milioni di esseri umani in tutto il globo terracqueo.

    A capo di uno di quei regimi e stati che furono i protagonisti della catastrofe peggiore di tutta la storia dell'umanità, da questo immane sconvolgimento Stalin ne uscì vincitore, portando così l'Unione Sovietica ad assurgere a super potenza planetaria in concorrenza con quella americana.

    La sua morte non poteva che incidere in tutta la nostra storia recente, e ancora oggi è d'obbligo conoscere le circostanze della sua fine, del periodo che la precedette, e provare ad analizzarne, seppur in modo sintetico quanto esauriente, tutte le conseguenze.

    Roberto Maffi

    INTRODUZIONE

    Nel marzo del 1963 un'ombra nella notte, una persona sconosciuta e mai identificata, lasciò su di una tomba un mazzo di fiori, forse mimose, di quelle che si potevano comprare per pochi rubli al chiosco di un fioraio. In tutta l'Unione Sovietica fu questo l'unico gesto a ricordo del decennale della morte di Stalin, padrone assoluto dell'Unione Sovietica e di chi vi abitava fino alla sua morte, il vincitore della più grande guerra combattuta sul pianeta Terra dall'inizio dell'esistenza del genere umano, e uno dei più grandi dittatori della storia dell'umanità stessa. La tomba era infatti quella dove giaceva la salma di Iosif Vissarionovic Dzugasvili detto Stalin, ed è tuttora situata nella Necropoli presso le mura del Cremlino nella Piazza Rossa di Mosca. La salma venne qui spostata nelle primissime ore del 31 ottobre del 1961 dall'antistante Mausoleo di Lenin, dov'era stata, fino a quel momento, al fianco di quella di Lenin.

    Il XIX Congresso del partito comunista del 1952 e i problemi della successione

    2a- Il XIX Congresso del partito comunista del 1952 e i problemi della successione

    Denso di significati, rispetto alla figura di Stalin, rimane il modo in cui Chruščëv (da qui in poi Kruscev), futuro Segretario Generale del PCUS, Partito Comunista dell'Unione Sovietica, si rivolgeva pubblicamente alla persona del suo Vozd (capo) Iosif Stalin, prima della morte di questi. Eccovi di seguito l'intervento di Kruscev al XIX Congresso del PCUS, tenutosi a Mosca nell'ottobre del 1952.

    I Problemi economici del socialismo nell’URSS del compagno Stalin rappresentano un nuovo, inestimabile contributo alla teoria del marxismo-leninismo. Il compagno Stalin, sviluppando in modo creativo la scienza marxista-leninista, ha elaborato per il partito e per il popolo sovietico la teoria del carattere delle leggi economiche del capitalismo contemporaneo e del socialismo, la teoria delle condizioni che consentono di attuare il passaggio dal socialismo al comunismo. I capi del Partito, Lenin e Stalin, hanno sempre avuto cura di conservare la purezza delle file del partito. I nemici del partito, i traditori trotzkisti-bukariniani, hanno cercato più volte di portare la divisione nelle file del partito e di indebolirne l’unità. Il nostro partito, sotto la guida di Stalin, ha fatto fallire tutti i tentativi dei nemici del leninismo di infrangere l’unità delle file del partito, Evviva il saggio capo del partito e del popolo, l’animatore e l’organizzatore di tutte le nostre vittorie, il compagno Stalin!

    In seguito Kruscev divenne, da Segretario Generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, l'autore del famoso Rapporto segreto al XX e successivo Congresso del PCUS nel 1956, in cui si denunciavano il culto della personalità di Stalin, e i crimini da lui commessi durante la sua quasi trentennale gestione del potere.

    Ufficialmente Stalin non pensò ad un successore prima della sua morte, così come era successo per la morte di Lenin, ma mentre la successione a Lenin del 1924 aveva avuto connotati solamente politici, questa successione del 1953 ebbe invece tutte le caratteristiche di lotta per il potere e per la sopravvivenza personale e fisica di chi vi partecipò in prima persona.

    Stalin aveva dunque accettato a malincuore la convocazione del XIX congresso per il 5 di ottobre del 1952, sapendo che quello poteva e doveva essere il congresso convocato per decidere della successione alla sua persona, il cui fisico era oramai debilitato dagli anni e dalle malattie.

    Anche il solo presentarsi alla tribuna del congresso per Stalin avrebbe costituito un problema, in quanto la sua vecchiaia incipiente, e i suoi problemi di salute, sarebbero stati evidenti di fronte al mondo intero. Appositamente non venne presentato un ordine del giorno, e nemmeno lui dovette (o meglio, non volle) presentare una relazione generale, in quanto non era più in grado di sostenere una maratona oratoria. La relazione generale venne perciò affidata a Malenkov, Secondo Segretario del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, mentre gli altri dirigenti del partito e dello stato sovietico chiamati alla tribuna congressuale avrebbero discusso di altri argomenti, che potremmo definire come di importanza relativa. Malenkov, in particolare, nel suo discorso fece riferimento alle inefficienze dell'apparato del partito e dello stato, inefficienze dovute a nepotismi e alla presenza di cricche nei gangli istituzionali e di potere, alla mancanza di formazione adeguata, e al disprezzo del merito nella scelta di quadri e dirigenti. La relazione finì con appelli all'autocritica e ad una maggior democrazia interna. S'intende che argomenti e relazioni portati al congresso erano già stati fatti oggetto di controllo e supervisione da parte di Stalin. Nulla fu lasciato al caso.

    In quel congresso venne anche cambiato il nome al partito da PCU(b)(Partito Comunista dell'Unione bolscevico) a PCUS (Partito Comunista dell'Unione Sovietica), a simboleggiare che questa Unione (quella di Stalin) era una creatura nuova e diversa, anche se conseguente, rispetto a quella di Lenin, e venne perciò creato un Presidium allargato al posto del Politbjuro, il tutto senza discussioni preliminari. Apparve oltremodo chiara l'intenzione di Stalin di rifondare, o almeno di rimaneggiare, gli organi dirigenti dello stato sovietico, promuovendovi persone a lui fedeli che avrebbero dovuto tenere in vita il culto della sua persona dopo la sua morte, e soprattutto la sua creatura, lo stato sovietico stalinista. Quel congresso doveva mostrare l'unità del gruppo dirigente del partito, come di consueto, ed indicare la posizione di ogni membro del futuro Presidium in ordine alla successione a Stalin. In quell'occasione il potente capo della polizia politica Berija (in realtà Berija in quel periodo era ufficialmente vice primo ministro e Maresciallo dell'Urss) venne retrocesso in quell'ordine di successione, ed alcuni suoi amici e collaboratori esclusi dal comitato centrale, segnale inequivocabile di ciò che poteva succedere loro in seguito (cadere in disgrazia, nel regime sovietico, notoriamente non significava solo un semplice fermo alla carriera, o il decadere dalla posizione raggiunta ad una di minore importanza, o almeno ciò era abbastanza raro).

    Quando in quel congresso parlò Stalin, fu all'inizio solo per illustrare, come da programma, i problemi economico-politici del socialismo ( e le facili e rapide soluzioni da lui prospettate), ovviamente senza dare nessuna risposta in merito alle contraddizioni socio-economiche già presenti e chiare nell'Unione Sovietica. Idem sulla dinamicità del mondo capitalistico in confronto all'ingessatura del mondo comunista, un mondo capitalistico che invece traeva slancio produttivo-tecnico, e nuove idee sociali, dal confronto continuo con i paesi socialisti.

    In seguito, da quella tribuna Stalin si propose in un secco affondo nei confronti di Molotov ( allora Primo Vicepresidente del Consiglio dei Ministri dell'URSS) e Mikojan (Vice Presidente del Consiglio dei Ministri), due dei successori di Stalin più papabili fino a quel momento. Molti dei congressisti ne rimasero colpiti, ma il significato era che si voleva scalzare dal secondo gradino più alto del partito una figura storica come Molotov, e contemporaneamente togliere anche Mikojan dalla linea di successione in quanto ritenuto semplicemente non all'altezza. Lo stesso malcelato disprezzo che Stalin adoperò in quell'occasione nei confronti di Molotov e Mikojan, fu usato nello stesso discorso anche nei confronti di Vorosilov, Maresciallo dell'Unione Sovietica e membro del Presidium. L'attacco a Molotov era pieno di rancore anche per il caso della moglie Polina, al confino in Kazakistan per il caso del complotto ebraico pro Israele (che vedremo in seguito). L'altro membro del Presidium, Kaganovic, di origini ebree, era quindi escluso anch'egli per motivi similari dalla nomina al posto di comando più elevato. Kruscev non venne nemmeno preso in considerazione, un chiaro esempio di sottovalutazione della personalità (come risulterà chiaro più avanti) di un uomo che, pur essendo di umili origini contadine, era l'unico del gruppo dirigente ad avere uno stretto rapporto con la realtà sovietica (forse proprio a causa delle origini), e di cui quindi ne conosceva a fondo limiti e virtù.

    Malenkov era quindi apparentemente l'erede designato, ma Stalin in realtà lo considerava solo come un buon impiegato ed un valido esecutore, ma senza grandi capacità di iniziativa autonome. Verso la fine del congresso, Stalin mise anche alla prova la fedeltà personale dello stesso Malenkov, chiedendo all'assemblea da questi presieduta di essere rimosso dalla carica di Segretario Generale, e fu quello il motivo per cui mancò poco che a Malenkov non venisse un malore, mentre procedeva alla votazione sulla richiesta di Stalin. Votazione che per fortuna di Malenkov divenne subito un appello a ritirare la proposta da parte dei delegati, e Malenkov si salvò.

    Stalin chiuse quel congresso con una sua ultima grande apparizione da attore consumato, incitando dalla tribuna tutti i paesi del mondo capitalistico a seguire quegli esponenti delle sinistre dei loro paesi nell'esaltazione delle libertà democratiche, e nella indipendenza dall'imperialismo americano. Un grande colpo di teatro a cui la stampa internazionale fece una grande eco, e di cui si parlò nei giorni successivi in tutto il mondo. Stalin, in quel modo, fece anche capire chi ancora comandasse, e chi era il geniale diamante grezzo del partito e dello stato in mezzo a dei grigi esecutori.

    Comunque dopo il XIX congresso quasi tutto tornò allo stato precedente nell'entourage di Stalin, comprese le consuete cene serali nella sua dacia di Kuntsevo (allora quasi fuori Mosca), che erano il momento ed il luogo, anche se informali, veramente indicativi dei rapporti di forza in seno allo stato maggiore dell'Unione Sovietica. Infatti gli invitati erano solitamente quattro, Malenkov, Berija, Kruscev, e Bulganin (ministro delle Forze armate).

    Ciò che non poteva tornare allo stato precedente era l'intera Unione Sovietica, duramente provata dalle immani distruzioni e dai massacri della Seconda Guerra Mondiale, dalla quale era comunque uscita sì come una delle due super potenze planetarie, ma però al contempo assolutamente bisognosa di un mastodontico sforzo di ricostruzione (in parte completato a passo di carica) e soprattutto di ammodernamento. Sforzo che in diversi campi andava ad infrangersi contro lo scoglio rappresentato da una burocrazia elefantiaca di privilegiati, al cui apice vi era lo scoglio più grande, e cioè Stalin, il cui pensiero era sempre diretto all'industria pesante e agli armamenti. In particolare al programma nucleare, e a quello missilistico che sarebbe poi evoluto in quello spaziale, e che avrebbe portato l'Unione Sovietica a mandare il primo uomo nello spazio.

    Al contempo la popolazione, in gran parte, era ancora oppressa dalla povertà, da un conseguente basso livello di consumi, dall'alcolismo, e reagiva a queste condizioni con la consueta indifferenza e con una scarsa dedizione al lavoro, malgrado i proclami ufficiali dicessero il contrario.

    I più importanti affari dello stato continuavano però ad essere trattati nelle cene serali presso la dacia di Stalin, nella quale passava sempre più tempo, spesso isolandosi da chiunque altro, familiari compresi. Essere poi invitati o non invitati a queste cene, poteva essere un segnale di qualcosa di funesto che pendeva sul capo degli invitati, o dei non invitati. Queste cene spesso degeneravano in bevute pantagrueliche, ed in ubriacature di tutti i presenti, delle vere e proprie orge paesane condite da vini pregiati e cibi prelibati fatti arrivare apposta per i commensali, mentre la gente normale nell'Unione aveva dei grossi problemi anche solo per sfamarsi.

    Cibi, bevande, e la stessa aria degli uffici e delle dacie dove Stalin passava il suo tempo, erano tutti sottoposti ad analisi molto attente. Come erano sottoposti a continue attenzioni di altro tipo tutti gli uomini di potere attorno al Gensek (Segretario Generale) Stalin. Uomini che fra loro si odiavano, ma che oramai sentivano di dover fare fronte comune a causa della paura che li attanagliava ogni giorno che passava. Appariva infatti oramai chiaro che Stalin stesse pensando a nuove purghe, e che queste avessero iniziato ad interessare amici e parenti anche degli uomini del Politbjuro (ora Presidium del Comitato Centrale).

    Per questo motivo pressante, tutti gli appartenenti alla cerchia di partito più elevata riuniti attorno a Stalin, iniziarono all'unisono ad agitarsi per il ritorno ad un minimo di collegialità nelle decisioni più importanti, e per costringere il Gensek ad indire un nuovo congresso del partito che non si teneva più dal 1939 (quello che era stato definito il congresso dei sopravvissuti alle Grandi Purghe). E così avvenne, come sopra ricordato.

    I problemi di successione a Stalin, o anche di sostituzione in caso di sua momentanea assenza dalle stanze dei bottoni, erano già molto forti prima della guerra, e lo diventarono ancora di più quando fu evidente che la Germania nazista stesse per attaccare l'Unione Sovietica nel 1941. Il modo in cui il potere sovietico era congegnato fu tra i problemi che impedirono una risposta immediata all'attacco. Era quella una struttura che non poteva funzionare senza il suo perno centrale, Stalin, che era sempre Capo del Governo e delle strutture fondamentali di un sistema a partito unico, e a terrore diffuso. Terrore che attanagliava chiunque dovesse prendere una qualunque decisione di una certa importanza, ed in qualunque momento della vita pubblica e privata.

    Ed era proprio come capo di governo che doveva essere vista e trattata la materia della successione. Ed un capo di governo sovietico doveva essere una persona istruita ed in grado di competere sui problemi tecnici e politici fondamentali con l'occidente. Kruscev invece era un semiletterato, mentre Malenkov, pur essendo ingegnere, non padroneggiava per nulla l'economia e la storia, e questi erano motivi più che sufficienti per escludere entrambi da una possibile successione a Stalin. In più il successore, secondo Stalin, doveva essere una persona che a lui doveva personalmente tutto, e che gli fosse interamente e fanaticamente devoto, possibilmente una vittima egli stesso della propaganda a cui si era dedicato tutto il partito per attribuire a Stalin facoltà particolari che in gran parte non aveva. Il successore doveva essere quindi anche e soprattutto il custode del culto della personalità di Stalin.

    Parallelamente insorse la questione della politica del nazionalismo grande russo perseguita da Stalin a partire dal 1943 fino alla fine della sua vita, come ricompensa della fedeltà a lui tributata dalla quasi totalità della popolazione della repubblica principale dell'unione, quella russa, durante la Grande Guerra Patriottica (la 2^ guerra mondiale), al contrario di alcune altre la cui popolazione venne perciò poi deportata per intero, o quasi. Suslov, l'erede non dichiarato di Stalin, in questo intervenne ampiamente, come anche nella sovietizzazione forzata della Lituania e delle altre due repubbliche baltiche durante e dopo la seconda guerra mondiale. Ricordo che Suslov fu anche, prima della morte di Stalin, il suo emissario segreto in Germania Est e in Ungheria, e fu direttamente coinvolto nella creazione del Cominform. Per tutti questi motivi Suslov, tenendosi però ben celato fra le seconde e terze file di possibili successori, iniziò a farsi strada nell'alta dirigenza sovietica.

    Problemi di salute di Stalin e avvio delle ultime purghe.

    2b-Problemi di salute di Stalin e avvio delle ultime purghe.

    Il catalogo dei problemi di salute del dittatore era dato fondamentalmente da: tonsilliti, febbri, ipertensione arteriosa, e problemi cardiaci, coniugati ad automedicazioni ed altri rimedi fai da te (con ovvi scarsi risultati), problemi dovuti anche alla pesante routine di vita e di lavoro (14/15 ore al giorno di lavoro, con poche ore di sonno), all'alto consumo di vodka e vino georgiano, e a cui si aggiungeva il vizio del fumo da parte del Gensek.

    Chiaramente la sua salute, giunto intorno ai 70 anni, non poteva attendere, così come non potevano attendere i suoi sospetti nei confronti dei medici che avevano in cura tutti gli alti dirigenti del Cremlino, lui compreso, e che quindi avevano in mano la concreta possibilità di escludere per via medica questo o quell'altro altissimo dirigente sovietico, o tutti quanti, dalle stanze del potere, se non proprio di assassinarli, o almeno di poter procurar loro una forte debilitazione o menomazione psico-fisica.

    I sospetti divennero certezze, per il sempre malfidato ex seminarista, quando il cardiologo Vinogradov, che lo aveva in cura da 15 anni, prima gli consigliò uno stile di vita più sobrio, poi di smettere di fumare. E infine gli chiese, tramite Berija, di cessare al più presto ogni attività lavorativa, in quanto a rischio di morte, come poi confermato dai fatti dei primi di marzo del 1953. Ma il paziente in questione non amava certo ricevere ordini; pur avendo paura della morte, rifiutava persino di assumere medicine, temendo di essere avvelenato. Smise comunque di fumare, ma ad un certo punto

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