Questioni del leninismo
Di Iosif Stalin
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Anteprima del libro
Questioni del leninismo - Iosif Stalin
LE FIONDE
E-BOOK
Questione del leninismo
A cura di Cristiano Armati
© 2014 Red Star Press
La riproduzione, la diffusione, la pubblicazione su diversi formati e l’esecuzione di quest’opera, purché a scopi non commerciali e a condizione che venga indicata la fonte e il contesto originario e che si riproduca la stessa licenza, è liberamente consentita e vivamente incoraggiata.
Prima edizione nei «Libretti Rossi»: ottobre 2014
Prima edizione in e-book: dicembre 2014
Design Dario Morgante
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Via Tancredi Cartella, 63 – 00159 Roma
www.facebook.com/libriredstar
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Iosif Vissarionovič Džugašvili
Questioni del leninismo
A cura di Cristiano Armati
RED STAR PRESS
QUESTIONI DEL LENINISMO
Apparso nel gennaio del 1926, Questioni del leninismo completano il precedente I principi del leninismo (1924) e «commentano» i risultati del XIV congresso del Partito bolscevico a partire dalla sconfitta della «nuova opposizione» di Zinov’ev e Kamenev. Con questo titolo, nel 1952, le Edizioni Rinascita pubblicarono una selezione di opere di Stalin tradotte da Palmiro Togliatti.
I. Definizione del leninismo
All’organizzazione di Leningrado del P.C.(b)
dell’URSS dedico queste pagine.
J. Stalin
L’opuscolo Principi del leninismo contiene la nota definizione del leninismo che ha ottenuto, pare, diritto di cittadinanza. Eccola: «Il leninismo è il marxismo dell’epoca dell’imperialismo e della rivoluzione proletaria. Più esattamente il leninismo è la teoria e la tattica della rivoluzione proletaria in generale, la teoria e la tattica della dittatura del proletariato in particolare».
È giusta questa definizione?
Penso che sia giusta. È giusta, in primo luogo, perché indica giustamente le radici storiche del leninismo, caratterizzandolo come il marxismo dell’epoca dell’imperialismo, all’opposto di certi critici di Lenin, i quali pensano a torto che il leninismo sia nato dopo la guerra imperialista. È giusta, in secondo luogo, perché mette giustamente in rilievo il carattere internazionale del leninismo, all’opposto della socialdemocrazia, che ritiene il leninismo applicabile soltanto alla situazione nazionale russa. È giusta, in terzo luogo, perché mette giustamente in rilievo il legame organico del leninismo con la dottrina di Marx, caratterizzandolo come il marxismo dell’epoca dell’imperialismo, contrariamente a certi critici del leninismo che non lo considerano come un ulteriore sviluppo del marxismo, ma soltanto come una restaurazione del marxismo e una applicazione di esso alla realtà russa.
Tutto ciò parrebbe non aver bisogno di commenti speciali. Tuttavia vediamo che nel nostro partito vi è della gente che ritiene necessario definire il leninismo in modo alquanto diverso. Per esempio Zinov’ev¹ pensa che: «Il leninismo è il marxismo dell’epoca delle guerre imperialiste e della rivoluzione mondiale, direttamente incominciata in un paese dove predominano i contadini» (Il corsivo è di Zinov’ev. J. St.).
Che cosa possono significare le parole sottolineate da Zinov’ev? Che cosa significa introdurre nella definizione del leninismo l’arretratezza della Russia, il suo carattere contadino?
Significa fare del leninismo non più una dottrina proletaria internazionale, ma un prodotto delle specifiche condizioni russe.
Significa fare il gioco di Bauer² e di Kautsky³, i quali negano che il leninismo convenga ad altri paesi, capitalisticamente più sviluppati.
È indiscutibile che la questione contadina ha per la Russia la massima importanza, che il nostro paese è un paese rurale. Ma quale importanza può avere questo fatto per caratterizzare i principi del leninismo? Si è forse il leninismo formato soltanto sul suolo della Russia e per la Russia, e non sul terreno dell’imperialismo, non per i paesi imperialisti in generale? Forse che le opere di Lenin, come: L’imperialismo, Stato e rivoluzione, La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky, L’estremismo malattia infantile del comunismo, ecc. hanno importanza soltanto per la Russia e non per tutti i paesi imperialisti in generale? Non è forse il leninismo la generalizzazione dell’esperienza del movimento rivoluzionario di tutti i paesi? I principi della teoria e della pratica del leninismo non sono forse validi, non sono obbligatori per i partiti proletari di tutti i paesi? Aveva forse torto Lenin di dire che «il bolscevismo è un modello di tattica valido per tutti»? (Il corsivo è mio. J. St.). Aveva forse torto Lenin di parlare dell’«importanza internazionale... (il corsivo è mio. J. St.) del potere sovietico e dei principi della teoria e della tattica del bolscevismo»? (L’estremismo..., op. cit.). Non sono forse giuste, per esempio, le seguenti parole di Lenin: «In Russia la dittatura del proletariato inevitabilmente deve distinguersi dai paesi avanzati per certe particolarità, in conseguenza del carattere molto arretrato e piccolo-borghese del nostro paese. Ma le forze essenziali e le forme fondamentali dell’economia sociale sono in Russia le stesse che in qualsiasi altro paese capitalistico, cosicché queste particolarità possono riferirsi soltanto a ciò che non è l’essenziale» (Il corsivo è mio. J. St.; Economia e politica nell’epoca della dittatura del proletariato, 1919).
Ma se tutto questo è vero, non ne deriva che la definizione del leninismo data da Zinov’ev non può essere accettata come giusta?
Come conciliare con l’internazionalismo questa definizione angustamente nazionale del leninismo?
1 Grigorij Evseevič Zinov’ev nacque nell’attuale città ucraina di Kirovograd il 23 settembre del 1883. Diciassettenne, partecipa agli scioperi del 1900 entrando presto a far parte del Partito Operaio Socialdemocratico Russo e, nel corso degli eventi del 1905 (La rivoluzione del 1905, evento fondamentale lungo il percorso che condurrà alla caduta degli zar e alla costituzione dell’Unione Sovietica, rappresentò il culmine delle forti tensioni sociali del periodo, acuite dalla politica autoritaria di Nicola II, dai disastrosi esiti della guerra con il Giappone, dalle carestie che flagellavano le campagne e dai fermenti covati in seno al movimento operaio e studentesco. A innescare gli eventi rivoluzionari, il licenziamento di quattro operai delle Officine Putilov di San Pietroburgo, tutti aderenti all’Assemblea degli operai russi di fabbrica e di officina, un’organizzazione sindacale promossa dal pope Georgij Gapon, autorizzata e persino finanziata dal governo, intenzionato con simili iniziative a contenere la diffusione delle idee socialiste tra gli operai), è tra i più attivi agitatori sindacali di San Pietroburgo. Nel 1907 entra a far parte del Comitato Centrale del partito, secondo solo a Lenin per numero di voti ricevuti nel corso del V Congresso, tenuto a Londra. Sarà al fianco di Lenin anche nell’aprile del 1917, compagno di viaggio sul famoso «treno piombato» proveniente dalla Svizzera e, successivamente, con lui in Finlandia, quando la repressione seguita ai fatti di luglio (quando i soldati di Pietrogrado, il 3 luglio del 1917, insorsero insieme agli operai, sposando apertamente la posizione dei comunisti russi e chiedendo, quindi, la fine del governo provvisorio e il trasferimento dei poteri ai Soviet. Malgrado l’impreparazione, i bolscevichi cavalcarono il tentativo insurrezionale subendo una feroce repressione e, soffocata la rivolta, la messa al bando. Lenin stesso, in quell’occasione, fu costretto a espatriare per rifugiarsi ad Helsinki) costrinse molti eminenti bolscevichi alla fuga. Con Lev Borisovič Kamenev (1883-1936), è tra gli oppositori della scelta insurrezionale che si concluderà con la vittoriosa rivoluzione d’ottobre, fatto per il quale sarà perdonato dal partito e quindi riammesso alle cariche più importanti, divendo con Stalin e lo stesso Kamenev membro del triumvirato che reggerà le sorti dell’Unione Sovietica fino al 1925. Da quel momento in poi, Zinov’ev sarà impegnato a tessere le fila dell’opposizione alleandosi prima con la fazione trockijsta, quindi con Bucharin, nel tentativo di sviluppare quella piattaforma antistanlinista destinata a essere sconfitta a più riprese. Espulso da partito in diverse occasioni, Zinov’ev è costretto all’esilio nel