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BREXIT
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E-book242 pagine2 ore

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L'accordo recentemente ratificato tra la Ue e il Regno Unito dà il via a un intenso lavoro di adeguamento per tutti coloro che sono interessati ai molteplici cambiamenti che la Brexit comporta, dal commercio in beni a quello in servizi, dai rapporti giuslavoristi alla mobilità delle persone, dagli investimenti ai temi legali e contrattuali. Questo volume vuole offrire tutte le indicazioni pratiche alle imprese e agli individui che intrattengono rapporti di vario tipo con il Regno Unito. Una guida indispensabile per conoscere i numerosi adempimenti, ma anche per costruire nuovi legami e rapporti, e cogliere così tutte le opportunità che la Brexit potrebbe offrire.

Dal capitale umano si genera il capitale sociale che è alla base della prosperità di un popolo, di un territorio, di un Paese. Con la Brexit, il popolo britannico ha scelto: ci saranno effetti importanti su chi verrà, resterà e su chi invece rientrerà in Italia. Questo libro spiega le nuove regole per cogliere al meglio le opportunità di un passaggio storico, l'importante è scegliere!
LinguaItaliano
Data di uscita11 feb 2021
ISBN9788863458213
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    Anteprima del libro

    BREXIT - Alessandro Umberto Belluzzo

    Prefazione dell’Ambasciatore d’Italia a Londra

    Alessandro Belluzzo ha realizzato un’interessante e soprattutto utile guida sulla Brexit. Egli ricopre nel Regno Unito anche la carica di Presidente della Camera di Commercio e Industria italiana, un pezzo importante del Sistema Italia coordinato dall’Ambasciata d’Italia a Londra, e ha fornito un valido sostegno nell’azione che la stessa Ambasciata ha svolto (e continua a svolgere) per informare i connazionali e le imprese italiane sulle molteplici conseguenze dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea.

    Brexit non è solo un evento di grande significato storico e un cambiamento profondo, non privo di una certa carica emotiva per tutti coloro che ne sono in qualche modo coinvolti. Brexit è innanzitutto un processo, avviato dall’esito del Referendum del 23 giugno 2016, proseguito con l’uscita del Regno Unito dalla Ue il 31 gennaio 2020 e, da ultimo, con la fine del periodo transitorio il 31 dicembre scorso, passaggio che segna la definitiva uscita di Londra dal Mercato unico e dall’unione doganale. Un processo che continuerà nei prossimi mesi, con ulteriori scadenze relative a singoli aspetti dell’interazione economico-sociale tra Uk e Ue, e negli anni a venire dal momento che molti effetti si produrranno nel tempo e i due sistemi potranno adattarsi alle nuove condizioni solo progressivamente.

    La conclusione dell’Accordo sugli scambi e la cooperazione tra l’Ue e il Regno Unito il 24 dicembre scorso ha scongiurato lo spettro di quel salto nel buio che avrebbe rappresentato il no deal, ma apre una stagione di intenso lavoro di adeguamento per tutti i portatori di interesse sui molteplici cambiamenti che la Brexit comporta, dal commercio in beni a quello in servizi, dai rapporti giuslavoristi alla mobilità delle persone, dagli investimenti ai temi legali e dei contratti.

    Questo volume è pertanto quanto mai opportuno nell’offrire delle indicazioni pratiche alle molte imprese e individui che intrattengono rapporti di vario tipo con il Regno Unito. Una guida per navigare i complessi meandri dei numerosi adempimenti, ma anche per costruire nuovi legami e rapporti, e cogliere così le non poche opportunità che il nuovo corso potrebbe offrire.

    Raffaele Trombetta

    Prefazione del Console Generale d’Italia a Londra

    Ci sono avvenimenti che rappresentano uno spartiacque nella storia e nelle vicende degli Stati. Tali avvenimenti sono facilmente riconoscibili in quanto da subito nella percezione collettiva di un popolo si comincia a ragionare di un prima e un dopo. Per il Regno Unito, non c’è avvenimento negli ultimi decenni che possa essere qualificato in maniera più calzante della Brexit. L’uscita del Regno Unito dall’Unione europea è un fatto epocale per questo Paese. Il dibattito avviato nell’ambito della società e dell’opinione pubblica britannica (invero, più dopo il Referendum del giugno del 2016 che prima) ha chiarito che tale passaggio non rappresenta una mera questione giuridica, bensì uno slittamento decisivo nel posizionamento del Paese nel mondo.

    I cittadini europei e le Rappresentanze diplomatiche e consolari degli Stati Membri dell’Unione non hanno potuto far altro che assistere a tale processo da spettatori, non senza il pathos che tutta la vicenda ha generato anche in funzione di una trama avvincente, fatta di colpi di scena, clamorosi sviluppi e suspense. Il finale, il raggiungimento del tanto sospirato accordo, era forse più scontato di quel che gli attori britannici volessero far credere, tuttavia ha comunque lasciato il resto del continente soddisfatto per aver evitato gli scenari più nefasti. Esaurita, quindi, l’intensa fase negoziale, ci si può concentrare a definire meglio cosa sia effettivamente la Brexit e quali conseguenze avrà nel lungo periodo per i nostri cittadini, le nostre imprese e le relazioni fra il Regno Unito e il resto del continente.

    Una prima conseguenza, evidente a tutti, è il ritorno a un sistema migratorio che vede i cittadini europei tornare giuridicamente stranieri. Chi era già residente nel Paese al 31 dicembre 2020 dovrà registrarsi entro il 30 giugno 2021 nell’ambito di un processo di censimento della popolazione europea nel Regno Unito. Chi intenderà trasferirsi dopo il 1° gennaio 2021 sarà sottoposto a un regime di visti. La libertà di movimento e stabilimento garantita dai Trattati europei che ormai condiziona in maniera determinante la nostra forma mentis di europei ha cessato di essere in vigore Oltremanica.

    Gli effetti di lungo periodo sulla nostra comunità non sono ancora noti, ovviamente. Tuttavia, in prima battuta non sembra che la Brexit abbia fermato gli arrivi dei nostri cittadini in questo Paese. Anzi. I cittadini iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) in Inghilterra e Galles sono più che raddoppiati nell’arco di sette anni. Dal 2016 alla fine del 2020 i flussi di cittadini italiani in ingresso hanno addirittura subìto una forte accelerazione. Nel 2020, per dare un’idea, le iscrizioni all’Aire completate dal Consolato Generale d’Italia a Londra sono state oltre 65mila, ben più dei 12.500 rimpatri, trasferimenti e cancellazioni registrati nello stesso arco temporale, il che ha portato a una crescita del numero di iscritti del 15% in un anno. Non sembra prepararsi un esodo dei nostri cittadini verso l’Italia, a causa della Brexit. Gran parte di chi si è trasferito, lo ha fatto con l’intenzione di restare. Brexit o non Brexit.

    Sarà quindi interessante, da un punto di vista sociale ed economico, misurare l’impatto che il nuovo sistema migratorio avrà sugli arrivi dal nostro Paese. In un’ottica ancora più di lungo periodo, è lecito attendersi una graduale mutazione genetica della nostra collettività, sostanzialmente una comunità di doppi cittadini. A partire dal 2016, il numero di cittadini italiani che ha richiesto la cittadinanza britannica è passato da poche centinaia a diverse migliaia ogni anno, in continua crescita (almeno fino al 2020, quando la pandemia ha rallentato i servizi pubblici britannici), così come le richieste di cittadinanza italiana provenienti da cittadini britannici processate dal Consolato Generale è più che triplicato rispetto al 2015, l’anno prima del Referendum. Cercando di guardare ancora più lontano, possiamo fare solo previsioni. L’evoluzione della nostra comunità nel Regno Unito difficilmente seguirà le esperienze di altri Paesi di cultura anglosassone tradizionalmente mèta dell’emigrazione italiana (Australia, Canada, Nuova Zelanda, Stati Uniti d’America), costituite in larga misura da italo-discendenti, ovvero persone che nell’arco delle generazioni hanno perso la cittadinanza italiana o semplicemente non sentono la necessità di acquisirla, avendo costruito una identità a cavallo fra Paese d’origine e Paese d’accoglienza su un piano esclusivamente culturale. Il Regno Unito è troppo vicino all’Italia affinché ciò avvenga. Inoltre, la mobilità internazionale di oggi è profondamente diversa da quella dei decenni (e secoli) passati. Chi attraversava l’Oceano in molti casi lo faceva senza voltarsi indietro, a volte per decenni. Chi attraversa oggi la Manica lo fa muovendosi spesso con pendolare frequenza fra i due Paesi.

    Nonostante tutto ciò, i nostri cittadini e le nostre istituzioni dovranno cominciare a rapportarsi a questo Paese in maniera radicalmente diversa. D’altra parte, questa non è più la nostra Casa comune europea. Ora siamo stranieri. Di nuovo.

    Marco Villani

    Prefazione di Simone Filippetti - Il Sole 24 Ore

    La sera del 31 gennaio 2020, chi si fosse trovato a passare per casa a Westminster, in pieno centro a Londra, avrebbe pensato di essere inciampato per caso nella macchina del tempo ed essere stato trasportato indietro ma solo di un mese. O che i compassati inglesi avessero deciso, sfogando il loro atavico snobismo, di festeggiare il Capodanno con 30 giorni di ritardo. Davanti alla Houses of Parliament, nei giardinetti che ospitano la statua di Winston Churchill (che qualche mese dopo sarebbe stata vandalizzata dal controverso movimento Blm) c’era un palco con luci, musica e baldoria: migliaia di persone fino a Whitehall e altrettante assiepate davanti all’ingresso di 10 Downing Street, una viuzza, chiusa da alti cancelli, che non rende giustizia alla sua rilevanza.

    Nessun errore temporale: il Capodanno anche nel Regno Unito era stato festeggiato il 31 dicembre. Quella folla, a metà tra la sagra di paese e la kermesse, era lì per festeggiare l’addio del Paese all’Unione europea. Erano i Brexiteers, razza aliena a Londra. Erano la pancia del Paese: venivano da Nottingham e da Stoke-on-Trent; da Ashford e da Chelmsford. Quel giorno il ri-eletto premier Boris Johnson, forte di un suffragio popolare senza precedenti nella storia del Paese, aveva ufficialmente comunicato a Bruxelles la decisione del Paese di uscire dall’Unione. Per la prima volta nella storia della Ue (e della Cee prima) uno Stato membro annuncia il suo addio: il famoso Articolo 50, messo nel Trattato dell’Unione più come atto legale dovuto che come clausola davvero realistica, veniva attivato.

    Sventolavano le Union Jack, la bandiera della Gran Bretagna, esplicito simbolo ideologico e politico: un popolo che rivendicava l’orgoglio per la propria nazione, e la propria sovranità; rispetto alla bandiera Blu con le stelle dell’Unione europea. C’erano anche persone con il cappello rosso con la scritta «Make America Great Again», l’ormai famigerato Maga. Esattamente un anno fa, ma sembra un secolo fa; e in effetti è così. Il 2020, anno orribile del pianeta, segnato dalla tragedia, umana ed economica del Covid, ha avuto come effetto un’accelerazione del tempo: sono passati molti anni in uno, proiettandoci nel futuro. Mentre l’epidemia metteva in ginocchio tutta l’Europa, Gran Bretagna compresa, il calendario, che rispetto al tempo non ha elasticità, è rimasto fermo con la sua scadenza. Il 31 dicembre 2020 il Regno Unito ha detto definitivamente addio alle Ue. Fino all’ultimo, lo spettro di una hard Brexit è aleggiato. Poi l’atteso accordo che ha fatto tirare un sospiro di sollievo.

    L’Inghilterra sarebbe dovuta uscire nel 2019, ma polemiche, indecisioni politiche e una Paese diviso hanno ritardato il tutto. C’è voluto lo spavaldo Johnson, al grido di «Get The Brexit Done» (Facciamo davvero la Brexit) per togliere il Paese dalle secche. Dopo quattro anni di stallo, con il Paese bloccato, il Parlamento nella palude e tre governi bruciati, almeno Johnson ha il merito di aver tolto l’incertezza, che in politica e in economia è il peggiore degli scenari.

    «Nella Brexit non ci sono vincitori, ma solo sconfitti: ci perdono Ue e Uk» lamenta un alto diplomatico a Londra: al di là della propaganda, la Ue perde la più grossa piazza finanziaria d’Europa, che non può essere rimpiazzata da nessun’altra Borsa continentale; e Uk perde il Mercato unico, che a fatica sarà rimpiazzato da accordi con singoli Paesi. Davvero l’Unione europea è questo carceriere che distrugge le nazioni con le sue draconiane imposizioni? E davvero gli inglesi sono i riottosi pirati che sventolano la bandiera della libertà solo per trasformarsi in un immenso e opaco paradiso fiscale davanti alle coste della Francia? La verità sta come sempre nel mezzo: ma i sofismi.

    A Downing Street, l’abitazione-sede del Governo dei primi ministri, pare che la sera del 31 dicembre dell’anno del Covid Boris abbia annunciato al suo Cabinet (Consiglio dei ministri): «Lasciamo la Ue, ma ci rientreremo da Paese libero». Un proverbio inglese dice: «You can’t have the cake and eat it». La torta o la mangi o la conservi. Tutt’e due è impossibile. In Italia, si dice «Avere la botte piena e la moglie ubriaca». Chissà se al Regno Unito riuscirà il miracolo, dimostrare che esiste vita al di fuori della Ue; o se tutto si rivelerà l’errore di un intero Paese che ha deciso di suicidarsi. Questo libro di Alessandro Belluzzo, viene in soccorso: è il Manuale delle Giovani Marmotte della Brexit, detto con la massima ammirazione possibile per il libro di consigli pratici che ha intrattenuto la nostra generazione. Non aspettatevi miracoli, però: anche per il competente e rigoroso Belluzzo, non c’è soluzione al dilemma tra torta e fetta. Ma, dopo la lettura, ciascuno potrà almeno scegliere, con coscienza e con cognizione, se optare per mantenere il dessert intero o se invece mangiarsi la sua parte.

    Simone Filippetti

    Premessa

    Viviamo tempi esaltanti. Lo so, sembra difficile dirlo in momenti come questi, caratterizzati dall’incertezza e dal rischio geopolitico con cui tutti siamo chiamati a confrontarci. Eppure, pur con tutti i limiti possibili, è

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