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Dieci cose da sapere sull'economia italiana
Dieci cose da sapere sull'economia italiana
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E-book245 pagine3 ore

Dieci cose da sapere sull'economia italiana

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Info su questo ebook

Quale futuro dobbiamo aspettarci dal governo gialloverde per il nostro Paese?

Quale futuro dobbiamo veramente aspettarci per il nostro Paese? Capire come funziona l’economia è fondamentale se vogliamo comprendere i meccanismi che regolano i rapporti tra noi e lo Stato e prendere le giuste decisioni per la nostra famiglia e per il nostro futuro. Dieci + 2 cose da sapere sull’economia italiana di Alan Friedman, arricchito di due nuovi incisivi capitoli sull’operato del governo legastellato, è un libro scritto con un linguaggio comprensibile, lontano da quello degli addetti ai lavori, indispensabile per tutti coloro che non vogliono essere più strumentalizzati dagli imbonitori della politica. Numeri, cifre e statistiche reali e nuove previsioni per rispondere con la verità dei fatti a chi promette facili soluzioni, per controbattere ai politici che lanciano proclami e mentono su questioni importantissime: perché l’Italia non cresce più? Perché non crea più posti di lavoro? Perché gli italiani sono i più tassati d’Europa? Di quale politico italiano ci si può fidare di più? Ma il cambiamento che ci aspetta porterà benefici nelle tasche degli italiani?

Il libro di saggistica più venduto dell’anno si arricchisce di due nuovi incisivi capitoli sull’operato del governo gialloverde 

Pochi mesi dopo l’insediamento del governo Lega-M5S, un primo, graffiante resoconto sulle misure previste dalla Legge di Bilancio, sulla battaglia con l’Europa e su cosa ci aspetta nel prossimo futuro, dalla voce più autorevole e dissacrante della politica e dell’economia italiana e internazionale. I numeri della manovra stanno in piedi? Perché il debito ci rende vulnerabili? C’è il rischio di una nuova crisi finanziaria?

1. Il debito pubblico è una vera bomba a orologeria?
2. Perché l’Italia non cresce di più?
3. Perché l’Italia non crea più posti di lavoro?
4. Qual è la verità sul sistema bancario italiano?
5. Ma è vero che gli italiani sono i più tassati d’Europa?
6. Avrò mai una pensione?
7. Come funzionano i mercatifinanziari? E chi li manovra? Consigli per i risparmiatori.
8. L’Europa ci aiuta o ci danneggia? E l’euro ci fa bene o male?
9. Che voti diamo ai politici?
10. Cosa ci riserva il futuro?
11. La banda del buco.
12. La certezza dell’incertezza.
Alan Friedman
è un giornalista esperto di economia e politica, conduttore televisivo e scrittore statunitense. All’inizio della carriera fu un giovanissimo collaboratore dell’amministrazione del presidente Jimmy Carter, poi è stato per lunghi anni corrispondente del «Financial Times», in seguito inviato dell’«International Herald Tribune» e editorialista del «Wall Street Journal». È conduttore e produttore di programmi televisivi in Gran Bretagna, Stati Uniti e Italia, dove ha lavorato per testate come RAI, Sky Tg24 e La7. Celebri i suoi scoop giornalistici e i numerosi riconoscimenti (è stato insignito per quattro volte del British Press Award, e del Premio Pannunzio nel 2014). Con la Newton Compton ha pubblicato Questa non è l’America, che ha raggiunto il primo posto assoluto della classifica  dei libri più venduti e ha vinto il Premio Roma per la Saggistica 2017. Dieci cose da sapere sull’economia italiana è il libro di saggistica più venduto del 2018.
LinguaItaliano
Data di uscita12 nov 2018
ISBN9788822726971
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    Anteprima del libro

    Dieci cose da sapere sull'economia italiana - Alan Friedman

    622

    Edizione ebook aggiornata: novembre 2018

    © 2018 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    Il sondaggio del capitolo 9 è a cura di Alan Friedman e Nando Pagnoncelli

    Pubblicato su concessione dell’

    IPSOS

    e della Fondazione Campus di Lucca

    ISBN 978-88-227-2697-1

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Librofficina

    Alan Friedman

    Dieci cose da sapere sull’economia italiana

    Indice

    Nota dell’autore

    DIECI COSE DA SAPERE SULL’ECONOMIA ITALIANA

    1. Incubo italiano

    2. Perché l’Italia non cresce di più?

    3. Perché l’Italia non crea più posti di lavoro?

    4. Le sanguisughe. Perché le banche non aiutano di più le imprese?

    5. Ma è vero che gli italiani sono i più tartassati d’Europa?

    6. Ma io avrò mai una pensione?

    7. Come funzionano i mercati?

    8. Ma questa Europa ci aiuta o ci danneggia?

    9. La pagella dei politici

    10. Ritorno al Futuro

    11. La Banda del Buco

    12. La certezza dell’incertezza

    Nota metodologica

    Ringraziamenti

    Per Gabriella

    Nota dell’autore

    L’idea di scrivere questo libro è nata durante i miei viaggi in giro per l’Italia. Nel 2014 ho pubblicato Ammazziamo il Gattopardo, un’inchiesta in cui ho provato a raccontare che cosa fosse successo al Belpaese, le ragioni del declino economico e politico, e a offrire una ricetta per uscire dalla crisi. Era un momento di svolta, o almeno sembrava: un giovane energico di Firenze, Matteo Renzi, prometteva di modernizzare finalmente l’Italia, prima con la rottamazione della vecchia classe politica e poi con una serie di riforme del mercato del lavoro, della pubblica amministrazione, del sistema fiscale, e infine della struttura delle istituzioni, del Senato, della legge elettorale, del rapporto tra il governo centrale e le Regioni. Mentre andavo in giro per l’Italia parlando di tutto questo, la gente continuava però a chiedermi dell’economia. Volevano sapere se l’Italia ce l’avrebbe fatta, mi chiedevano di spiegargli come fossimo messi, davvero.

    È successo di nuovo quando sono andato a presentare Berlusconi si racconta a Friedman: My Way, la biografia di Silvio Berlusconi, in decine di raduni in giro per tutta l’Italia, e poi più di recente in occasione della pubblicazione di Questa non è l’America, il libro sugli Stati Uniti e sulla presidenza di Donald Trump. Dovunque sia andato negli ultimi anni, non c’è stata occasione in cui non mi sia ritrovato a parlare dell’economia italiana. Nel corso di oltre trenta presentazioni, da Torino a Bari, da Bassano del Grappa a Santa Maria di Leuca, da Bologna a Pordenone, il pubblico voleva sapere di Berlusconi o dell’America di Trump, certo, ma quasi sempre le conversazioni tornavano poi sull’economia, la finanza, i soldi.

    Parlare con la gente comune in giro per tutto il Paese è stato il modo migliore per comprendere le vere preoccupazioni e le speranze degli italiani. Consiglierei ad alcuni politici, che pretendono di essere grandi leader, di conversare con i cittadini un po’ più spesso. Li aiuterebbe senz’altro a capire le loro reali esigenze e le effettive priorità. Tristemente, invece, quel che più importa ad almeno la metà della classe politica di Roma è restare a Montecitorio o a Palazzo Madama quanto basta da beccarsi il vitalizio, e lottare per poltrone e appalti per i loro amichetti. Intendiamoci: la Casta è viva e vegeta, adesso più che mai.

    Durante questi giri mi sono accorto che i cittadini sono affamati di informazioni chiare e obiettive sull’economia, spiegazioni, consigli, ricette attuabili, e non ne possono più di frasi vuote nel sibillino linguaggio della politica né della raffica di proposte e promesse demagogiche da parte di tutti i partiti. Le domande che mi rivolgono sono tantissime: dai posti di lavoro alle pensioni, dalla moneta unica al destino dell’Europa; mi chiedono cosa penso delle banche, delle tasse, delle questioni di economia spicciola che toccano la vita di ognuno di loro.

    Vogliono sapere se con un aumento del

    PIL

    dell’1,5 per cento annuo l’Italia crescerà abbastanza da creare nuova occupazione, come e se il Paese sarà in grado di sostenere un periodo di crescita prolungato, equità sociale e lavoro per tutti. E mentre vado in giro, e parlo con persone che faticano ad arrivare alla fine del mese e aspirano a un futuro migliore per i propri figli, ascolto, rifletto e cerco di rispondere in modo onesto, schietto, e chiaro.

    Ed è così che ho sentito la necessità di scrivere queste pagine, un tentativo di spiegare in modo semplice i meccanismi alla base dell’economia italiana e raccontare la verità senza inganni o scappatoie dando risposte ai cittadini comuni, ai piccoli risparmiatori, alle famiglie costrette a farcela con un reddito mensile che, anno dopo anno, sembra valere sempre meno.

    Ho voluto scrivere questo libro per tutti gli italiani che non vogliono più essere strumentalizzati dalle grandiose promesse dei politici, che vogliono sapere come stanno davvero le cose sull’

    IMU

    , sugli 80 euro, sulle pensioni, sul lavoro, sulle banche. Per rispondere con la verità a chi promette facili soluzioni a problemi complicati. Il reddito di cittadinanza potrebbe funzionare? I voucher sono buoni o cattivi? Il salvataggio delle banche: chi lo paga?

    Eccoci qua. Questo libro è scritto per chi vuole capire l’economia ma non vuole studiarla. Qui ho voluto mettere giù le dieci cose da sapere, prima che sia troppo tardi.

    Buona lettura!

    Alan Friedman

    Dieci cose da sapere sull’economia italiana

    1

    Incubo italiano

    ITALIA SOTTO ATTACCO!

    Schizza lo spread, crollano i titoli. Milano -10%. Italia di nuovo nel mirino degli speculatori. Il governo invita alla calma

    di Danilo Gentile

    Roma (17 marzo 2020) – È esplosa la bomba del debito. Si stima che solo nella giornata di ieri siano stati offerti in vendita sui mercati finanziari oltre 9 miliardi di titoli di Stato italiani da parte di tre tra i maggiori hedge fund e banche in Europa, in quella che sembra un’azione coordinata.

    «Gli avvoltoi tornano a volteggiare sopra l’Italia. Stanno aggredendo il Paese con operazioni spregiudicate nei mercati finanziari», spiega il capoeconomista di J.P. Morgan a Milano. «Gli speculatori stanno prendendo di mira il bersaglio più facile, il nostro debito pubblico, le obbligazioni del Tesoro e tutti gli italiani che le possiedono».

    Una dichiarazione di guerra a tutti gli effetti: l’onda di speculazioni al ribasso si abbatte come uno tsunami sulla zona euro. C’è chi grida al complotto, ma stavolta la crisi appare unicamente legata al nostro debito. La situazione è precipitata dopo l’aumento dei tassi d’interesse di mezzo punto percentuale deciso dalla

    BCE

    la settimana scorsa. Il Tesoro ha calcolato che questa mossa farà aumentare di altri 12 miliardi all’anno il costo degli interessi che l’Italia paga sul suo debito pubblico che ammonta a 2300 miliardi di euro. Se consideriamo che l’anno scorso i tassi d’interesse sono già aumentati di mezzo punto la nuova stretta farà sì che il costo annuo degli interessi sul debito pubblico arriverà a ben 24 miliardi in totale.

    Nonostante la ripresa in corso, gli operatori si dicono preoccupati dalla fatica che il Paese sta facendo per finanziare gli interessi sul debito.

    «Con un governo che stenta da quasi due anni a portare avanti le riforme, e che non ha fatto né privatizzazioni né altre mosse per ridurre il debito, i mercati finanziari non ci credono più», commenta l’analista di J.P. Morgan, «e quindi hanno deciso di sfidare l’Italia».

    La

    CONSOB

    ha ordinato la chiusura del mercato borsistico a Milano ieri mattina, quando il principale indice di Piazza Affari, il

    FTSE MIB

    , che rappresenta l’80 per cento della capitalizzazione del mercato azionario italiano, è crollato del 10 per cento.

    L’ondata speculativa arriva a meno di sei mesi dalla fine del mandato di Mario Draghi alla Banca centrale europea e quasi un anno dopo la fine del Quantitative Easing, quando la

    BCE

    ha chiuso i rubinetti, smettendo di comprare titoli di Stato italiani. Il programma della

    BCE

    svolgeva la funzione di un cuscinetto, un ammortizzatore che assorbiva la domanda di

    BTP

    i quali, grazie al flusso di denaro che Draghi immetteva nel sistema, costavano poco.

    «A gennaio 2015 Draghi ha iniziato a stampare moneta, immettendo tremila miliardi di euro nel sistema finanziario, ma a maggio del 2019 il programma è stato interrotto», ricorda il capo economista di J.P. Morgan. «Ora i tassi d’interesse sono saliti e i mercati temono che l’Italia non sarà più in grado di pagare gli interessi».

    Beppe Grillo, leader del Movimento 5 Stelle, ha lanciato l’idea di una moratoria sul debito italiano. «Non paghiamo questi bastardi», ha scritto sul suo blog.

    Ma da Bruxelles, il presidente della Commissione europea ha ricordato a Grillo che circa il 65 per cento del debito italiano «è posseduto da istituzioni e banche italiane». Il presidente ha poi fatto sapere che domani (oggi per chi legge, N.d.R.) sarà a Roma per un colloquio con il primo ministro.

    «Siamo pronti a dare una mano, entro i limiti degli accordi comuni», ha spiegato ai giornalisti prima di salire sull’aereo per Fiumicino. Un suo collaboratore ha smentito che esistano piani per un pacchetto di salvataggio: «Non potremmo davvero permettercelo, ci sarebbe bisogno di duemila miliardi. Non è possibile».

    Da Washington, un portavoce della presidente del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, si è limitato a rispondere alle domande pressanti della stampa con un laconico «No comment». «Stiamo osservando gli sviluppi a Roma», ha aggiunto. Ma fonti vicine all’

    FMI

    parlano di un’ansia diffusa, resa ancora più grave dalla preoccupazione per un’imminente escalation della crisi: né il Fondo né la

    BCE

    hanno risorse a sufficienza nel caso in cui si rendesse necessario un salvataggio dell’Italia.

    Intanto da Palazzo Chigi provano a minimizzare. Il primo ministro richiama all’unità il governo e in tarda serata ha dichiarato: «Non è il momento delle scaramucce e delle recriminazioni, non possiamo permettere che le questioni futili prendano il sopravvento. Questo è un attacco al Paese».

    Il presidente di Confindustria ha puntato il dito con veemenza: «Per quasi due anni abbiamo chiesto al governo di impegnarsi a completare le riforme di cui abbiamo bisogno per rimettere in piedi la nostra economia e mostrare ai mercati finanziari che l’Italia ha veramente intenzione di affrontare con energia la questione del debito. Invece la politica non ha fatto nulla, limitandosi a sperare che una crescita dell’1,5 per cento fosse in grado di risolvere tutti i problemi. Per anni abbiamo chiesto uno sforzo sul debito pubblico, e ora tutti i nostri timori sono diventati realtà».

    Fonti interne a Palazzo Chigi fanno sapere che il primo ministro sta per annunciare un nuovo pacchetto di misure «Contro la crisi del debito pubblico», e che verrà chiesto al Parlamento di ratificarle entro le 72 ore successive.

    Tutto questo è pura fantasia. Almeno per il momento. L’articolo che avete letto è fittizio, immaginario, e descrive uno scenario che potrebbe realizzarsi in un prossimo futuro. Ma la possibilità che accada un evento del genere non è così remota. Anche con la ripresa in corso, la maggior parte degli economisti riconosce come concreto questo rischio perché nonostante le promesse dei politici il debito pubblico rimane tuttora una vera bomba a orologeria per l’Italia. Una bomba che potrebbe esplodere nell’arco di poco tempo se non riusciremo a rafforzare la nostra crescita e mettere in ordine i conti di casa.

    In parole povere, il debito è una pesante palla al piede dell’economia italiana. Ci rallenta, ci blocca, ci fa pagare più soldi per i prestiti e per i mutui, e se ignoriamo il problema o pensiamo di poter fare finta di niente, rischiamo grosso. Ma che cosa rischiamo?

    Una parte del problema è legata al fatto che dopo l’ottobre del 2019 non ci sarà più Mario Draghi al timone della Banca centrale europea, a Francoforte. Draghi merita di essere celebrato come un eroe nazionale perché ha salvato il Paese durante gli anni della crisi, stampando moneta e comprando titoli italiani. Draghi ha salvato l’Italia in questi ultimi anni di instabilità politica e tentativi di riforme, e lo ha fatto con una politica generosa che ha visto l’immissione del più grande flusso di denaro nella storia moderna, migliaia di miliardi di euro.

    Draghi ha stampato moneta e ha comprato titoli italiani sul mercato attraverso la Banca d’Italia: circa 8-10 miliardi di obbligazioni al mese dall’inizio del 2015, per un valore di circa 100 miliardi all’anno, aiutando il Paese a tenere bassi i tassi d’interesse e quindi il costo per finanziare il debito.

    Riassumendo questo concetto come se fosse una chiacchierata al bar, potremmo chiederci: Che cosa faremo quando non ci sarà più Draghi e il costo del denaro comincerà ad alzarsi? Come faremo a pagare questo maledetto debito?.

    Questo maledetto debito! Che cos’è il debito? Da dove viene? E che cosa rischiamo davvero? E poi, e soprattutto: c’è un modo per liberarci del problema? C’è un modo per evitare il peggio? Come possiamo scongiurare questo scenario da incubo e arrivare ad avere un Paese tranquillo, che cresce bene, nel quale si creino nuovi posti di lavoro e ci si senta meno poveri?

    Che cos’è il debito?

    Probabilmente ogni giorno leggiamo di questi temi sui giornali o ne sentiamo parlare nei notiziari senza capire davvero questo gergo della finanza, senza comprendere bene quali sono i veri rischi nella vita di ognuno di noi. Leggiamo che il debito è talmente grande che ognuno dei 60 milioni di italiani porta sulle proprie spalle un peso, una responsabilità di circa 37 mila euro, fin dalla nascita! Leggiamo che il debito ormai rappresenta oltre il 130 per cento del nostro prodotto interno lordo (chiamato

    PIL

    ), cioè una cifra ben al di sopra del nostro guadagno nazionale annuo. In altre parole, il debito è molto più grande dell’ammontare totale del nostro reddito annuo come Paese. Cosa rappresenterebbe un debito del genere per una famiglia?

    Immaginiamo una famiglia italiana media, la famiglia Giorgetti, che vive a Livorno e guadagna 24 mila euro l’anno netti, 2 mila euro al mese puliti. I coniugi Giorgetti lavorano entrambi e hanno due figli adolescenti. Per far fronte alle spese ordinarie e straordinarie, come la macchina, la casa e i figli, sono costretti a contrarre prestiti e mutui fino a raggiungere un totale del 133 per cento del loro guadagno reale, ovvero circa 32 mila euro. Tra le rate del mutuo, quelle del finanziamento e l’assicurazione della macchina, i Giorgetti spendono già 1200 euro al mese, che vanno sottratti a quei 2 mila euro netti che guadagnano. Come fanno, dunque, ad arrivare alla fine del mese? Come possono ridurre il loro debito? Potrebbero riuscire a trovare nuove fonti di reddito, guadagnando così di più, facendo crescere il loro netto mensile e ripagando il debito nell’arco di dieci anni: una cosa plausibile ma che rappresenterebbe, comunque, una palla al piede per tanto tempo. Oppure potrebbero vendere i gioielli di famiglia se ne hanno. Immaginiamo che il signor Giorgetti vada dal direttore della filiale della sua banca e gli dica: «Lo so che guadagno 24 mila euro e ho un debito di 32 mila, ma ho intenzione di vendere una collana di mia moglie e recuperare così 2 mila euro». La banca gli direbbe: «Bene!». E gli concederebbe un po’ di tempo. Potrebbe anche proporgli un’ipoteca sulla casa, la prima o la seconda. Se i Giorgetti, invece, non avessero gioielli di famiglia o altri beni da vendere, sarebbero allora costretti a ridurre le spese, a spendere di meno. Ma non sempre è possibile tagliare i costi senza finire seriamente in difficoltà. Che fare, allora? La situazione della famiglia Giorgetti riproduce in scala quella dell’Italia, infatti anche il nostro Paese non ce la può fare a restituire il proprio debito se non riesce a convincere le banche e i mercati che farà di tutto per restituire quanto dovuto: una montagna da 2300 miliardi di euro. Anche l’Italia può vendere i gioielli di famiglia, cioè privatizzare, ovvero cedere a banche e fondi stranieri azioni e fette dell’

    ENI

    o dell’

    ENEL

    , o disfarsi di qualche proprietà immobiliare non utilizzata e usare poi i soldi raccolti per sanare i conti pubblici e coprire qualche buco. L’Italia, come la famiglia Giorgetti, può vendere i suoi beni per raccogliere capitale e ridurre il debito, ma questo non basta per risolvere il problema. Dovrebbe anche far crescere i suoi guadagni abbastanza da creare un tesoretto di riserva, che funga da ammortizzatore in caso di aumento dei tassi d’interesse.

    Che cosa succede alla nostra famiglia di Livorno quando deve pagare tassi d’interesse più alti sulle rate del mutuo o per il prestito in banca? È possibile per una famiglia arrivare a una specie di crac, quando il costo del debito accumulato diventa impossibile da sostenere? Certo. E bisogna porsi la stessa

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