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Smart Selling: Usare il digitale per aumentare i risultati di vendita
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E-book329 pagine4 ore

Smart Selling: Usare il digitale per aumentare i risultati di vendita

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Info su questo ebook

In collaborazione con CHORALIA, un saggio – che è anche una guida pratica – sulla trasformazione delle attività di vendita nell’era digitale.

Smart Selling non significa semplicemente trasporre in digitale un comportamento tradizionale. Significa rivedere del tutto l’approccio. E questo libro fornisce le linee guida e illustra i comportamenti specifici necessari per adattarsi ai cambiamenti del mercato. Negli ultimi anni, a seguito della digitalizzazione dell’informazione e dell’importanza che hanno assunto nella vita di ognuno di noi internet in generale e i social media in particolare, tutte le funzioni aziendali hanno subito una profonda trasformazione. Tutte... tranne l’area delle vendite, come è emerso con particolare chiarezza nel corso di quest’ultimo anno, a partire dal lockdown seguito al dilagare dell’epidemia di COVID-19. Ma la pandemia non ha fatto altro che portare allo scoperto e consolidare un trend già in atto da tempo: la vecchia concezione dell’arte di vendere, slegata dall’evoluzione dell’innovazione tecnologica, ha ormai i minuti contati, e ai venditori è richiesto con sempre maggiore urgenza di integrare il proprio approccio con la tecnologia per essere più efficaci lungo tutto il funnel di acquisizione dei clienti. Lavorare sul proprio Personal Brand per acquisire maggiore visibilità sul mercato, gestire al meglio il proprio network di clienti e contatti per massimizzare il grado di familiarità e il rapporto con ciascuno di loro, garantire esperienze digitali di vendita che facciano leva sui moderni strumenti digitali – da Zoom a Webinar, da Facebook Live Sales a WhatsApp – sono solo alcune delle competenze necessarie. Smart Selling: usare il digitale per aumentare i risultati di vendita, nato dall’esperienza ventennale di Choralia, società leader nella consulenza e formazione sulle vendite, illustra in modo chiaro ed esaustivo le mille possibilità che la tecnologia offre a chiunque voglia migliorare le proprie performance, proponendo anche approfondimenti specifici sulle tecnologie a disposizione e fornendo numerosi spunti pratici per massimizzarne l’utilizzo.
LinguaItaliano
Data di uscita1 apr 2021
ISBN9788830524347
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    Anteprima del libro

    Smart Selling - Federico Vigorelli Porro

    successivo.

    1

    INTRODUZIONE AFFRONTARE IL CAMBIAMENTO

    Iniziare un libro è un onere importante, per gli autori. La domanda da porsi dovrebbe sempre essere la seguente: C’è davvero bisogno di un libro su questo argomento?

    Lo Smart Selling. C’è bisogno di parlarne per iscritto, in un testo edito da una casa editrice – e una prestigiosa come HarperCollins, per di più?

    La risposta è che esistono almeno quattro ragioni concrete che ci hanno portato a scrivere questo libro. Innanzitutto: le vendite, intese come comportamenti da parte dei commerciali, hanno tardato a digitalizzarsi, contrariamente all’avanzamento del digitale nel marketing ed e-commerce.

    In secondo luogo, i lockdown e le zone rosse del 2020 e 2021 hanno messo in chiara evidenza la necessità di ripensare all’approccio alla clientela, per poter gestire la vendita anche non in presenza.

    In terzo luogo, finora le pratiche di vendita digitale sono state sperimentate singolarmente, ma mai sistematizzate.

    Infine, ma in realtà potremmo quasi dire che questo punto è alla base dell’intero percorso di sviluppo dello Smart Selling, i comportamenti dei clienti sono cambiati, già prima del Covid-19.

    La digitalizzazione delle vendite

    Se guardiamo com’erano le aziende venti – ma anche solo dieci – anni fa, potremmo non riconoscerle sotto molti aspetti. Tecnologia e innovazione hanno apportato profondi cambiamenti.

    Se chiedessimo a una persona che si occupa di marketing quanto è cambiato il suo ruolo dal 2000 a oggi, ci direbbe che le differenze sono notevoli.

    Basta pensare all’esempio lampante di Salesforce, che nel 2000 era una startup perlopiù sconosciuta, che si proponeva di innovare – a costi più bassi – ciò che veniva prevalentemente svolto dai costosi e complessi moduli CRM (Customer Relationship Management) di SAP – azienda leader nel campo dei software gestionali per le aziende – e di altri applicativi. Prima di allora, nella stragrande maggioranza dei casi, questo era demandato alla memoria dei venditori, a faldoni archiviati in ufficio o, nel più digitale dei casi, a fogli Excel.

    Oppure pensa a Google, che stava cercando investimenti e proprio quell’anno è stata scelta come motore di ricerca del sito di Yahoo.¹ Il motto Google this non era stato ancora coniato e la maggior parte delle aziende considerava la pubblicità online (nata nel 1994)² uno scherzo, una chip a basso costo ma anche a rendimento zero. Facebook era ancora di là da venire, figuriamoci Instagram, lo strapotere dei Google Ads o l’Influencer Marketing!

    Per un professionista del marketing, negli ultimi anni la disciplina si è rivoluzionata diverse volte e si potrebbe quasi dire che sia irriconoscibile. La vecchia equazione marketing = pubblicità oggi è quanto mai obsoleta e la disciplina ha assunto connotati strategici che una volta erano impensabili.

    L’Information Technology Manager (IT) ha subito trasformazioni ancora più profonde: da fornitore interno di scarsa rilevanza,³ ha acquisito un potere enorme e, con esso, quote di stato patrimoniale e budget (e grandi responsabilità, perché queste derivano sempre da grandi poteri).⁴ All’inizio di questo processo di trasformazione, interi palazzi sono stati dedicati ai sistemi informativi, con centinaia di programmatori dedicati a sviluppare software più o meno caserecci,⁵ perfettamente tagliati sulle necessità di ciascuna azienda, e sono nati grandi Data Center di proprietà che hanno permesso il funzionamento di questi sistemi consentendone il contatto con il mercato. Poi, progressivamente, i programmatori sono stati soppiantati dal Software as a Service, i sistemisti dai Data Center in Cloud, e l’IT si è dovuto riconvertire a un ruolo strategico, non più strettamente operativo.

    Ricerca e sviluppo, Risorse Umane, Operations: tantissimi ruoli centrali nella vita di un’azienda sono cambiati drasticamente negli ultimi vent’anni.

    Il cambiamento ha coinvolto quasi tutti, tranne le Vendite. Potrebbe confermarcelo un venditore esperto, con quindici o vent’anni di carriera alle spalle, magari sempre nello stesso settore. Forse quel venditore esperto sei proprio tu, abituato alla vendita dei vecchi tempi. Oppure sei un direttore commerciale o Sales Manager, e in trincea ci sei stato qualche anno fa.

    Non mettiamo in dubbio che quel professionista che opera nelle Vendite ci dirà che sono cambiate tante, forse troppe cose, che il cambiamento è all’ordine del giorno. Ci dirà che cambiano costantemente le esigenze dei clienti; che cambia il settore, e che se prima era sufficiente vendere un prodotto, adesso bisogna proporre un servizio e porsi come consulenti; sosterrà che ora ci sono più strumenti, più procedure, più burocrazia… oppure meno opportunità; che i clienti, bombardati di offerte, oggi sono più preparati, talvolta cinici. Quel professionista delle Vendite dirà anche che con il Covid-19 si è trovato ad affrontare problemi inediti.

    Ma se dovessimo chiedergli se è cambiata la struttura della vendita, la risposta, quasi sempre, sarà no.

    «Massì, alla fine vendere è sempre la stessa storia» dirà, parola più, parola meno. «Il cliente si deve fidare di te, devi saper capire di cosa ha bisogno, gli fai la proposta e gliela metti giù nel modo giusto, magari con un buon prezzo, ed è fatta.»

    O ancora: «Ho seguito anche dei corsi mirati, sono sempre utili… c’è sempre da imparare… Ma poi, alla fine, il lavoro quello è».

    Anche nella vendita B2B,⁶ in fondo, il nocciolo della questione non cambia: esistono maggiori strumenti che consentono di prepararsi su un’azienda ma poi, dalla stretta di mano in avanti, i comportamenti di vendita sono gli stessi: un disco inciso nel vinile di mille visite dai clienti più disparati.

    Forse qualcuno potrebbe storcere il naso leggendo questa semplificazione, citare modelli di vendita innovativi, come il Power Base Selling o il Challenger, che evolvono i solidi classici come lo SPIN.⁷ Modelli fantastici, che spostano il focus della vendita da una fase all’altra e che esaltano aspetti diversi dell’approccio al cliente.

    Ma se guardiamo all’impatto che l’innovazione tecnologica ha avuto sulle vendite, dobbiamo accorgerci del fatto che non ha cambiato profondamente il modo di vendere. Certo, in molte aziende ha creato un nuovo canale distributivo, l’e-commerce, che è diventato concorrente, a volte addirittura ha sostituito la forza commerciale. Sono state create Customer Experience stellari, incredibilmente innovative e data-driven, ma questo lo si è spesso fatto rimuovendo il commerciale dall’equazione.

    lampadina

    Vendere è quell’atto di comunicazione asimmetrica⁸ che inizia con una stretta di mano, la presentazione personale e dell’azienda, le domande, l’illustrazione del prodotto, la definizione della proposta e la sua negoziazione, e poi l’eccitante momento della firma del contratto.

    Potremmo anche raccogliere l’obiezione che esiste il teleselling (o, come un po’ impropriamente lo si chiama, telemarketing). Ma sono mestieri differenti; certo, con lo stesso scopo, vendere un prodotto, ma è difficile considerare il teleselling come evoluzione innovativa del mestiere del venditore. Ne è una semplificazione, che mira all’efficientamento e a trovare un bilancio più o meno equilibrato fra efficienza (tanta) ed efficacia (molta meno).

    Innovazione e vendita sembrano non andare di pari passo. Ogni volta che una rete di vendita vede un nuovo software, iniziano mesi o anni di resistenza, contro il CRM che è inutile, il configuratore che non funziona, contro le procedure che sono tutta burocrazia, contro la sede che non capisce che tutta questa tecnologia toglie tempo per vendere. Vendere, infatti, è implicitamente considerata un’attività di comunicazione pura, pienamente, solamente ed esclusivamente umana, perché per un venditore la tecnologia può essere un supporto, ma non è mai il veicolo tramite il quale si esplica l’attività di vendita stessa.

    Una cosa deve essere chiara: questa concezione della vendita, slegata dall’evoluzione galoppante dell’innovazione tecnologica, ha gli anni (o i mesi?) contati.

    La necessità: la crisi Covid-19

    Questo libro nasce da una serie di esperienze di vendita e di consulenza svolte nel corso degli anni, che sono state però codificate durante l’epidemia di Covid-19 del 2020: il Coronavirus ha messo in grave crisi la struttura economica italiana, costringendo migliaia di aziende a adottare misure di Smart Working di emergenza.

    In questo clima economico estremamente complesso, molte reti commerciali hanno vissuto un drastico momento di calo dell’attività (da tanti descritta con un semplice non c’è nulla da fare), fisiologico, prima per prudenza, poi per obbligo di legge.

    Anche una volta sollevate le restrizioni ai viaggi, la normale prassi negli incontri con i clienti ha faticato a ritornare in vigore, per una naturale cautela, dovuta a diverse cause, differenti a seconda del settore.

    Il B2C

    Nel B2C a domicilio – come la consulenza finanziaria o assicurativa – si è assistito a un forte rallentamento delle visite, sia in lockdown sia durante le successive fasi 2 e 3 e la conseguente risalita dei casi nell’autunno 2020. A inizio pandemia, in un periodo in cui ogni estraneo poteva essere un potenziale veicolo di contagio, accogliere in casa un consulente, magari per un primo incontro conoscitivo, anche con mascherina, guanti in nitrile e un bagno nell’Amuchina, è diventato problematico. Quando poi, con l’estate, c’è stato un graduale ritorno alla normalità, la situazione non si è comunque riassestata facilmente: figli a casa, coniuge in Smart Working, conference call continue: la consulenza è stata costretta a spostarsi online o, molto più spesso, sulla linea telefonica.

    Quella che era nata come una reazione a un evento eccezionale è diventata un’abitudine.

    Nel retail, poi, fra lockdown e chiusure dei centri commerciali, l’afflusso fisico ai punti vendita si è dapprima azzerato per due mesi e in seguito è risalito molto lentamente. L’affacciarsi all’e-commerce di due milioni di nuovi consumatori, che mai prima avevano comprato online, ha causato un drastico spostamento online dei comportamenti di acquisto dei clienti, là dove pochi illuminati retailer erano in grado di prenderli, pochissimi dei quali tramite un’interazione digitale umana.

    Dati del Politecnico di Milano¹⁰ confermano questo trend dirompente, con una crescita di volumi nel 2020 proiettata al +26 per cento rispetto al 2019, dato in linea agli anni precedenti reso però eccezionale dalla generale contrazione della spesa.

    Il B2B

    Nel B2B, il passaggio verso processi di acquisto digitalizzati era già in corso da anni. McKinsey & Company¹¹ evidenzia come, comparando i processi di acquisto B2B, fra il 2016 e il 2019 ci sia stata un’importante crescita nella preferenza per mezzi digitali. Già prima dell’arrivo del Coronavirus, i decisori avevano cambiato il loro modo di approcciare il processo di acquisto, iniziando a preferire sempre più modalità self-service. Il decisore moderno, essendo già preparato sulla materia e sulle caratteristiche dell’offerta, vuole arrivare a ingaggiare direttamente il potenziale fornitore; e vuole ingaggiarlo tramite canali digitali.

    Andy Hoar di Forrester, nel 2017, riportava un dato ancor più tetro: il 68 per cento dei buyer da lui intervistati preferiva fare affari con un sistema digitale automatizzato anziché con un essere umano.¹²

    Impatto del self service nel B2B

    Dunque, e-commerce vs venditore, 6-2 6-1 6-0, Game, Set and Match? Non necessariamente.

    Covid-19 non ha fatto che accentuare questo trend già in atto, riducendo le interazioni dal vivo a causa del lockdown e del successivo periodo di esteso lavoro da remoto. Non solo: lo Smart Working, una volta reso strutturale, rende sempre più improbabile svolgere estese riunioni dal vivo, per ragioni organizzative ancor prima che sanitarie. Facciamo un esempio: se tre stakeholder¹³ che fanno Smart Working tre volte alla settimana, magari non negli stessi giorni, devono trovare un’ora per incontrare un fornitore, quali sono le probabilità che questo capiti in un momento in cui sono tutti e tre in ufficio? Basse, se non proprio nulle.

    Sempre McKinsey fornisce due insight importanti: in Italia, ad aprile 2020, la preferenza per il digitale rispetto a interazioni vis-à-vis con i commerciali ha assunto una proporzione di 2:1. Cioè su tre buyer, due preferiscono interagire in remoto, uno preferisce lavorare dal vivo.

    Parimenti, con l’acquisizione di maggiore familiarità nei confronti dello strumento, è cresciuta non solo la percezione di efficacia, ma anche la consapevolezza che questo non è un cambiamento transitorio.

    Ciò ha portato quasi tutte le organizzazioni B2B ad attrezzarsi con processi digitali, spesso incontrando però un certo scetticismo da parte dei singoli commerciali. Questi ultimi talvolta si sono mostrati poco convinti dell’utilità di parlare attraverso una webcam e in alcuni casi sono stati decisamente contrari, convinti che l’utilizzo di questi strumenti faccia venir meno il fattore empatia.

    Eppure, conclude McKinsey, il numero di buyer B2B che ha affermato di preferire fornitori in grado di dare un’eccellente esperienza d’acquisto digitale è raddoppiato nel solo corso del mese di aprile 2020.¹⁴

    Questo cosa significa per te, che operi come commerciale?

    lampadina

    Il campo da gioco è stato ridisegnato. Dare al cliente un’esperienza d’acquisto eccezionale non è più un optional: significa adattarsi a un’esigenza forte e in costante crescita nel mercato. Farlo meglio degli altri significa presidiare una fonte di vantaggio competitivo.

    Il Detailing e l’informazione medico-scientifica

    Una storia a sé ha toccato il campo dell’informazione medico-scientifica, che un po’ impropriamente assoceremo alla vendita, nella sua componente di interazione individuale fra azienda e stakeholder rilevanti.

    L’indagine ChannelDynamics™ svolta da IQVIA, società leader nell’elaborazione, analisi e sviluppo dei dati healthcare, ha individuato già nel 2017 un aumento dell’80 per cento di iniziative di informazione medico-scientifica in digitale e un incremento del 60 per cento degli investimenti in digitale da parte delle aziende farmaceutiche, con una forte penetrazione di strumenti digitali, come i tablet, a disposizione degli informatori scientifici del farmaco (ISF) nell’interazione face to face. Eppure, a fronte di ciò, si è registrata una quota d’uso di questi strumenti solo dell’8 per cento, nonostante una percezione di efficacia pari o superiore al cartaceo. Insomma: su 100 tablet in mano agli informatori, 92 rimanevano nelle loro valigette.

    Poi è arrivato Covid-19.

    Contattare un medico in digitale si è reso necessario, ma complesso, per limiti infrastrutturali (molti ospedali non sono attrezzati con Wi-Fi, le pareti spesse di alcune strutture impediscono un chiaro segnale 4G, i portatili con webcam non sono dotazione sanitaria standard) ma anche a causa di una scarsa attitudine digitale dei medici stessi e un’altrettanto scarsa convinzione degli ISF.

    Ciò nonostante, i canali digitali si sono rivelati fondamentali per mantenere un buon livello di continuità di relazione e di informazione medico-informatore. I webinar, che rappresentavano solo lo 0,1 per cento delle iniziative di informazione medico-scientifica,¹⁵ hanno rapidamente preso il posto delle conferenze e dei simposi, rendendo gli incontri magari meno d’impatto, ma permettendo una maggiore frequenza e costi più contenuti e risultando così più adatti all’obiettivo di mantenere un rapporto con una platea potenzialmente più ampia di medici.

    Il rischio che hanno corso – e corrono tuttora – molti informatori è quello di nascondersi dietro a una scusa: I medici non sono una popolazione altamente digitalizzata, perdendo in questo modo un importante treno. Eppure, un’indagine condotta ad aprile 2020 dall’azienda biofarmaceutica UCB ha rilevato come il 100 per cento dei medici contattati in videocall dagli ISF dell’azienda fosse soddisfatto di questa modalità.¹⁶

    La sanità, seppur più lentamente di altri settori, è in corso di trasformazione digitale e così anche i medici che saranno i primari di domani, ai quali possiamo rivolgere già da subito la nostra informazione, anche tramite canali digitali.

    ricerca

    La transizione al digitale nel B2B

    Uno studio di McKinsey¹⁷ uscito poche settimane dopo l’inizio della pandemia ha evidenziato come, nel B2B, lo spostamento dalla vendita fisica a quella digitale sia avvenuto relativamente in fretta.

    In Italia, all’inizio di aprile, l’81 per cento delle aziende intervistate dalla società di consulenza aveva portato in remoto le vendite, del tutto o in parte – con un 14 per cento aggiuntivo che ha fatto lavorare la forza vendite in combinata con le piattaforme digitali.

    Allo stesso tempo, però, questo spostamento è stato fatto perlopiù a malincuore: quasi metà delle aziende intervistate riportavano il nuovo modello come meno efficace.

    Sorge spontanea una domanda: cos’hanno fatto le aziende per garantire l’efficacia di questo cambiamento? È stato ripensato il processo di vendita? È stata fatta formazione ai commerciali e ai Sales Manager?

    O si sono fatti account di Zoom e con un tutorial si è sperato di mantenere la stessa efficacia di prima, pur a fronte di una crisi senza precedenti?

    La risposta è stata molto spesso la seconda: le direzioni commerciali hanno pensato in prima battuta ad abilitare tecnologicamente i commerciali, lasciando poi all’ingegno commerciale di ciascun venditore di adottare comportamenti adeguati.

    Ma, come vedremo nel corso di questo libro, Smart Selling non significa fare Lift and shift della vendita di persona: non è semplicemente una trasposizione digitale di un comportamento tradizionale. Significa rivedere del tutto l’approccio.

    In parte, questo è confermato da un secondo dato: reinterpellate fra luglio e agosto,¹⁸ le aziende italiane che hanno dichiarato che il nuovo modello è meno efficace, sono solo il 31 per cento: un calo di 20 punti percentuali. Cresce solo del 5-6 per cento però il numero di aziende che lo ritengono più efficace. In altre parole: ci si è abituati, ma non si è ancora arrivati a percepire lo Smart Selling come un’opportunità e non solo come un adeguamento necessario.

    Questo testo vuole dare linee guida e comportamenti specifici necessari a farlo.

    L’adattamento per fare fronte al cambiamento del mercato

    Avendo un’esperienza combinata nello sviluppo dei comportamenti commerciali di oltre quarant’anni, ci è apparso chiaro fin da subito che la vendita ai tempi del Coronavirus doveva evolversi, adattarsi, in un momento in cui tutta l’attenzione mediatica era però, chiaramente, rivolta sullo Smart Working, il cugino nobile dei colleghi di sede, di cui si iniziò a parlare fin dai primi giorni di marzo 2020.

    Proprio come lo Smart Working, però, il nuovo paradigma di vendita aveva bisogno di rappresentare sia una reazione immediata a una situazione di crisi conclamata, sia un movimento che potesse spingere l’innovazione di una professione che, come si è detto, aveva un po’ tardato a farsi (s)travolgere dall’innovazione tecnologica.

    Insomma, come nel periodo del Coronavirus tutti hanno sperimentato il telelavoro, chiamandolo Smart Working, così le Vendite hanno provato a adattarsi a vendere da remoto.

    Noi di Choralia lo abbiamo chiamato fin da subito Smart Selling.

    Si sono sperimentate modalità di contatto commerciale da remoto, a volte efficaci, a volte un po’ improvvisate.

    Abbiamo visto informatori medico-scientifici che hanno proposto webinar di aggiornamento, non potendo accedere alle strutture sanitarie, consulenti finanziari costretti a mandare le proposte via e-mail ai clienti, venditori d’auto che hanno timidamente provato a portare avanti le trattative al telefono e proposto di consegnare il veicolo direttamente al cliente, tanto era crollato l’afflusso in salone. E poi qualche coraggioso che provava strumenti più evoluti: un po’ di videocall nel B2B, meno nel B2C.

    lampadina

    In seguito al lockdown, esattamente come per lo Smart Working, al di là della reazione all’emergenza, è nata una maggiore consapevolezza della necessità di innovare, tramite la tecnologia, l’atto comunicativo della vendita.

    Il rischio principale è che questa consapevolezza cali nel tempo e si torni a comportamenti consolidati, anziché riflettere su come rendere differenziante l’adozione delle modalità di Smart Selling.

    Il Coronavirus ha dato uno scossone a pratiche di vendita spesso cristallizzate nei decenni, ma non ha fatto che accelerare inevitabilmente il processo di cambiamento e di integrazione con le iniziative digitali di marketing.

    In un mondo che abbatte le barriere della comunicazione, che le Vendite si rifiutino di abbracciare questa trasformazione è anacronistico. In un mondo sempre connesso, che la vendita sia un atto limitato al tempo che intercorre fra due strette di mano è riduttivo.

    Ma soprattutto, in un ambiente in cui i clienti si abituano alla tecnologia e alle semplificazioni che comporta, è solo questione di tempo prima che qualche venditore più lungimirante di altri ne faccia buon uso e invece che vederla come una minaccia, ne colga l’opportunità di differenziazione competitiva.

    I venditori – o le reti di vendita – che adottano lo Smart Selling hanno l’occasione di differenziarsi su diversi piani competitivi.

    I cambiamenti del processo di acquisto

    Perché Amazon è diventata una delle aziende di maggior valore al mondo, superando il triliardo di dollari, partendo poco più di venticinque anni fa da un garage da cui un ex manager di uno hedge fund vendeva libri online?

    lampadina

    Nel tempo, Amazon è riuscita a ridefinire il concetto stesso di accesso al servizio, che è diventato semplice, senza attrito, automatizzato, always on, ma anche personalizzato. Che sia un suggerimento per la vendita fisica?

    Oggi Amazon è completamente diversa da ciò che era alla fondazione, ma la comodità d’accesso resta al centro del suo modello di business: basti pensare ad Alexa, l’assistente vocale centro delle strategie del colosso di Bezos, con cui Amazon si pone l’obiettivo di semplificare ulteriormente l’interazione fra il cliente e il suo ecosistema, che diventa sempre più ampio e complesso. Molti settori stanno subendo l’aggressione di Amazon e lo spostamento online di parti sempre più importanti del comportamento d’acquisto dei clienti, a maggior ragione perché con Alexa, un’assistente con cui parlare 24/7, con una personalità riconoscibile e un ventaglio di servizi sempre più ampio a sua disposizione, il cliente percepisce meno lo scollamento online/offline, perché usa lo strumento più umano che conosce: la voce. Alexa è sempre accesa e disponibile: in ogni momento, da casa, possiamo chiederle il prezzo di un prodotto o le sue specifiche.

    Anche se Amazon non sta ancora vendendo il tuo prodotto o servizio (e probabilmente prima o poi lo farà), sta comunque contribuendo a ridefinire le aspettative del cliente rispetto a come acquistare prodotti e servizi. Volente o nolente, è necessario imparare da Alexa come avvicinarsi al cliente, se non nella disponibilità ventiquattr’ore su ventiquattro, sette giorni su sette, almeno nella comodità di accesso. I clienti si recheranno sempre meno presso il tuo punto vendita o il tuo ufficio per informarsi su un prodotto o servizio, e lo faranno sempre di più dalla loro poltrona, magari conversando con un assistente virtuale.

    lampadina

    Cambia il modo di comprare delle persone e

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