La via del marketing per la trasformazione digitale
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Anteprima del libro
La via del marketing per la trasformazione digitale - Marco Cordioli
Marco Cordioli
La via del marketing
per la trasformazione digitale
Copyright© 2021 Edizioni del Faro
Gruppo Editoriale Tangram Srl
Via dei Casai, 6 – 38123 Trento
www.edizionidelfaro.it
info@edizionidelfaro.it
Prima edizione digitale: febbraio 2021
ISBN 978-88-5512-130-9 (Print)
ISBN 978-88-5512-822-3 (ePub)
ISBN 978-88-5512-823-0 (mobi)
Copertina di Mattia Arnaù
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Il libro
È solo marketing! Quante volte lo abbiamo pensato o sentito dire? Per alcuni marketing
è divenuto sinonimo di manipolazione, di vendita ottenuta attraverso esagerazione o interruzione. Per altri assume la forma riduttiva del media del momento. Per il marketing è tempo di assumersi le proprie responsabilità. Scrollarsi di dosso le etichette. Abbandonare gli alibi. Diventare funzione integrativa delle altre funzioni aziendali. Generare convergenze tra istanze della domanda di mercato, interessi del business e ultime tecnologie. Candidarsi alla gestione della trasformazione digitale dell’impresa. Perché marketing è molto di più di ciò a cui siamo abituati a pensare. È una disciplina che fa della conoscenza del cliente la propria ossessione. Della conversazione il frame di interazione. Del design delle esperienze lo strumento di crescita. In fin dei conti, non è solo marketing.
L’autore
Marco Cordioli è un professionista del marketing. Appassionato manager, da sempre digitale: da startup digital a multinazionali brick & mortar, passando da PMI e agenzie di comunicazione. Vive a Verona ma è sempre in viaggio. Questo è il suo primo libro.
A Matteo,
per tutto quello che mi
ha insegnato e mi insegnerà.
La via del marketing
per la trasformazione digitale
Questo libro è divenuto un atto esplicito solo poche settimane prima che la sua scrittura fosse conclusa. Nasce da moltissimi appunti personali sparsi, annotati durante molti anni di letture e lavoro sul campo. Da innumerevoli discussioni tra parti talvolta non concordi, ma sempre intellettualmente oneste. Dalla necessità di mettere in ordine i pensieri nella forma rettilinea di una frase
¹.
Si è trattato di un atto liberatorio e privato.
Un’idea coraggiosa, però, se resta privata perde nel tempo la sua audacia. La condivisione è così non solo una forma di altruismo ma un’esposizione necessaria.
Troverai elementi di buon senso mescolati con qualche azzardo.
Talvolta toccherò delle corde sensibili. Lo farò in modo netto e senza remore perché credo sia giusto non edulcorare il pensiero, rischiando di non contribuire come vorrei al confronto sullo stato del marketing contemporaneo.
Nel testo sono presenti alcuni preziosi contributi di sagge firme amiche. Prospettive che integrano e arricchiscono le tesi proposte e l’impostazione di fondo. Grazie ancora Miriam, Enrico, Stefano e, soprattutto, Mirco.
Mirco Pasqualini è stato un pensatore, un designer, un artista e un marketer visionario. Una brava persona scomparsa troppo presto. Addio Mirco e grazie ancora, di tutto.
Marco Cordioli
Prefazione
di Stefano Schiavo
La Bella Addormentata si è svegliata. Si è levata dal suo torpore e ha cominciato a darsi da fare. La Bella in questione è il marketing e questo è quello che ho pensato quando ho letto per la prima volta questo testo. Finalmente, mi son detto, una presa di responsabilità da parte di un’area aziendale spesso chiusa nella stanza privata di un castello non proprio incantato
. Una stanza piena di specchi in cui rimirarsi. Piena di oggetti magici e straordinari. Una Bella appisolata in una purezza immacolata che non la faceva dialogare con il resto del business.
Perché è inutile decantare una nuova era in cui le aziende riscoprono il valore per il cliente come traino per la propria attività se il protagonista indiscusso di questa relazione si nasconde. Infatti sul campo ci vanno i venditori. Alle complicazioni operative ci pensano l’assistenza clienti e i tecnici, alle complessità dei processi le operations e le risorse umane. Non parliamo poi del mondo dell’innovation management. Sempre in assenza della voce del marketer
, si assiste al proliferare di Design Thinking, Agile management, Lean Startup. Approcci orientati a entrare in un’empatia profonda con il mercato. Con l’obiettivo comune di scoprire gli unmet needs, i Jobs-To-Be-Done, i Pain & Gain di un cliente sempre troppo poco conosciuto.
Il marketing, rinchiuso nel suo silo, poteva vantarsi di un tasso di innovatività straordinario. Trainato da una rivoluzione digitale
che ha modificato la società prima ancora delle aziende, ha potuto dimostrare una reattività eccezionale. Dalla nascita del web ai più recenti trionfi di piattaforme sociali e network complessi, il marketing ha potuto muoversi quasi senza intralci da parte dell’azienda. Ma l’isolamento non è stato così virtuoso. Difficile calcolare i risultati della sua attività. Poco compresa dai manager di altre aree. Poco comprensibile nei risultati dai tecnici stessi. Le battute sul ROI del marketing si sprecavano. E intanto proliferavano le vanity metrics. Ogni tanto qualche vincolo dell’ICT, spesso limitato ad aspetti di privacy e dintorni, rompeva l’idillio autoreferenziale.
La tecnologia del marketing ogni giorno produce nuove mirabilie. La creatività lascia posto all’ingegneria. I tassi di conversione prendono il posto della progettazione di esperienze e relazioni. Una serie di ragionieri si impadroniscono, banalizzandola, di un’area da cui ci si poteva attendere un cambio di passo importante nell’intera impostazione dell’azienda. Il marketing si libera del design e diventa esecuzione sempre più stantia di mode di settore. Il social network à la page, l’automation AI-driven, chatbot e così via.
Che alternativa propone questo testo?
Il primo passo che fa il marketer che segue le tracce di questo testo è imparare a vedere
. Chi si occupa di marketing vive spesso di astrazioni e processi poco tangibili. E sempre più quando si immerge nelle metriche e nelle valutazioni quantitative. Questo non rende facile vedere
. Concretizzando processi astratti. Inseguendo il lead in quella che nel mondo Lean sarebbe una spaghetti chart
, il marketer si accorge di quanto arzigogolata e assurda risulti la via che porta un cliente a ottenere il valore che gli proponiamo. Le organizzazioni tendono a divenire progressivamente burocratiche e autoreferenziali, a costruire processi di vendita con l’ottica easy-to-sell. Dovremmo accompagnare il nostro cliente in quel viaggio nei meandri della nostra azienda che ogni volta è costretto a percorrere. Così potremmo comprendere quanto lontani siamo da quell’ottica easy-to-buy alla base del valore generato dal marketing.
Ma non basta. In questa adozione e trasposizione delle logiche snelle e agili dell’organizzazione dei processi aziendali, imparare a vedere il valore
è solo l’inizio. Il secondo step è creare un flusso di attività tirate dal cliente
. E quindi emerge immediatamente una tensione verso la riduzione dei silos funzionali. I silos funzionali non si sono però creati nelle aziende per motivi bizzarri. Sono il risultato di un pensiero votato alla specializzazione e all’efficienza. Se una persona fa lo stesso lavoro, molto specifico, in modo sistematico e ripetuto, sicuramente lo farà con un’efficienza difficilmente replicabile. Ma spesso sbaglierà. Farà cose che non tengono in considerazione quelle piccole incoerenze che rendono la standardizzazione nel tempo inefficace. Non ascoltando più il cliente, concentrandosi sul proprio lavoro, si faranno benissimo delle cose che non interessano a nessuno. Il marketing invece sa che i micro-momenti di interazione ci svelano continuamente necessità nuove. Che il mondo è esploso e che i concetti stessi di segmento di mercato, di personas, di customer journey sequenziale, servono solo ad allinearci un po’, ma sono un inganno di cui siamo consapevoli. Ogni individuo si approccia alla nostra offerta con le sue peculiari aspettative. Le rivela in canali sempre diversi e in contesti ogni volta cangianti. La standardizzazione su cui si è fondata l’efficienza delle organizzazioni diventa il nemico. Per abbattere muri però serve dimostrare che questa apparente inefficienza è compensata da un’efficacia che la bilancia. La tecnologia digitale è un modo per poter compensare con una nuova efficienza
, fatta di bit, l’apparente inadeguatezza della precedente efficienza
, fatta di risposte omologate, soluzioni banalizzate e assenza di dialogo. Ecco il motivo per cui solo oggi il marketing può pensare in modo snello e agile. Sta affrontando con strumenti rinnovati una sfida culturale che prima non poteva vincere. Può sperimentare, attivare sprint e test, ricevere feedback, imparare, disimparare e adeguare continuativamente il valore. Senza quel cannocchiale usato dagli olandesi nei loro viaggi per mare, Galileo non avrebbe scrutato così chiaramente le stelle. Gli strumenti dell’Inbound Marketing, la marketing automation, gli esperimenti del growth hacking consentono una efficienza senza standardizzazione
non possibile prima.
E qui emerge il terzo tassello del testo. Quello culturale e organizzativo. Il marketer sa che ogni cliente fa gioco a sé nella costruzione del suo peculiare processo di adozione della nostra soluzione. Non sembrava però possibile superare l’apparente insostenibilità di questa estrema customizzazione in aziende costruite per ripetere gesti sempre uguali con un approccio senza esitazioni o dubbi. La cultura stessa delle persone che lavorano in un’organizzazione che vuole costruire questo nuovo valore per il mercato cambia. L’idea che nell’eccezione e nei margini si nascondono nuove opportunità destabilizza. Il tasso di turnover del Media Lab di Negroponte al MIT era molto alto. Le persone si lamentavano per l’ambiguità e la instabilità del piano. Per l’assenza di un piano. Perché sono state formate a scuola per trovare risposte al problema e per adottare algoritmi adatti a ogni contesto conosciuto. Non funziona più così. Dobbiamo ricostruire la storia per ogni nuovo cliente. E indagare i margini. Gli ambiti più imprevedibili e imprevisti. Hackers, Hustlers e Hipsters si diceva una volta. Imparare dagli estremi che celano un cambiamento cui essere costantemente ricettivi. Non è per tutti.
L’idea di riduzione dei lotti per creare un processo continuativo e lineare, agile e snello è il quarto passo. Siamo al centro della rivoluzione Lean del secolo scorso. Il punto di maggior frizione con il Fordismo. I lotti sono determinati dall’accumulo di attività messe insieme per evitare un’eccessiva presenza di tempi di avvio
. Se devo cambiare lo stampo troppo frequentemente, la produttività della pressa crollerà. Se devo cambiare colore continuamente, la verniciatura sarà inefficiente. Allora accumulo lavoro facendo saltare l’ordine di arrivo delle richieste, allungando i tempi di risposta, peggiorando il livello di servizio. Ogni volta in cui attendiamo di accumulare lavoro prima di procedere con un’attività, stiamo producendo questi effetti. Gli stipendi pagati a fine mese creano un’onda anomala nei clienti dei ristoranti. Lo facciamo per ridurre i costi e le inefficienze. Ma determiniamo un cliente meno soddisfatto. I lotti nel marketing però non sono facili da individuare. Focalizzandosi sul concetto di soglia e interfaccia, le cose vengono più semplici. I lotti sono allora quelli delle campagne marketing che inquinano la domanda più che attivarla. Sono il piano di marketing stesso che interrompe un approccio relazionale e continuativo con clienti da comprendere e riscoprire quotidianamente. Pensate a quanti danni fanno le fiere annuali su cui ogni sforzo di innovazione si setta. Prodotti non ancora pronti sono accelerati per potersi giocare il confronto con il mercato. Prodotti già pronti sono tenuti in stand-by. Questi momenti unici che, come