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Tutto (o quasi) sulla Messa: La Liturgia eucaristica e i Riti di conclusione - Vol. 2
Tutto (o quasi) sulla Messa: La Liturgia eucaristica e i Riti di conclusione - Vol. 2
Tutto (o quasi) sulla Messa: La Liturgia eucaristica e i Riti di conclusione - Vol. 2
E-book256 pagine2 ore

Tutto (o quasi) sulla Messa: La Liturgia eucaristica e i Riti di conclusione - Vol. 2

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Info su questo ebook

Perché si canta durante l'offertorio? Cosa dice il celebrante sottovoce quando si inchina? Perché trasformare un sacrificio d'amore (in croce) in una tavolata? A queste e altre domande rispondono le pagine del libro, che si rivolge a catechisti, animatori, operatori parrocchiali ma anche a semplici fedeli desiderosi di comprendere meglio i tanti significati del rito eucaristico. Mettendo insieme preparazione teologica e passione liturgica, profondità e umorismo, l’autrice svela la ricchezza millenaria della Messa e favorisce, con piccoli ma preziosi suggerimenti concreti, una partecipazione più consapevole e attiva all’appuntamento domenicale.

Il rischio per tutti, preti e laici, riguardo alla Messa è l’assuefazione perché manca lo stupore di fronte a un dono tanto immeritato e sorprendente

LinguaItaliano
Data di uscita26 nov 2021
ISBN9788869298127
Tutto (o quasi) sulla Messa: La Liturgia eucaristica e i Riti di conclusione - Vol. 2
Autore

Elisabetta Casadei

È docente di Filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana (Roma) e all'ISSR «A. Marvelli» della Diocesi di Rimini, dove si occupa anche delle Cause di beatificazione tra cui, come postulatrice, quella di don Oreste Benzi. A Roma insegna anche all’Accademia Alfonsiana e collabora al Master di Consulenza Filosofica e Antropologia Esistenziale presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Vive con i suoi studenti l’esperienza dello Studium Evangelii Gaudium, comunità di studio, lavoro ed evangelizzazione, secondo le vie tracciate da papa Francesco. È consacrata nell’Ordo virginum della Chiesa di Roma.

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    Tutto (o quasi) sulla Messa - Elisabetta Casadei

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    Elisabetta Casadei

    Tutto (o quasi)

    sulla Messa

    La Liturgia eucaristica e i Riti di conclusione

    Vol. 2

    Effatà Editrice logo

    Avvertenza. La numerazione delle parti e dei capitoli prosegue quella del Vol. 1, essendo i due volumi concepiti come un’unica opera.

    Indice del volume 1

    I Riti iniziali e la Liturgia della Parola

    Prima Parte — LA PREPARAZIONE

    La Convocatio. Ma quando inizia la Messa?

    Il portone. Perché nelle chiese c’è una doppia porta?

    Le campane e il campanile. Il social network di Dio

    L’assemblea eucaristica. Perché devo pregare con chi non conosco o mi è antipatico?

    L’acquasantiera. Perché l’acqua quando entro in chiesa?

    La genuflessione. Perché piegare le ginocchia quando entro in chiesa?

    I colori liturgici. Perché il bianco, il verde, il rosso, il viola e non altri?

    Seconda Parte — I RITI INIZIALI

    L’Introito. Attenzione! Entra lo Sposo!

    Il canto d’ingresso. L’«Eccomi!» della Sposa

    Il saluto all’altare. Perché salutare un mobile prima delle persone?

    Il bacio liturgico. Perché il sacerdote bacia l’altare?

    La croce dell’altare. Il centro dell’attenzione non è il prete!

    La luce sull’altare. Perché accendere la luce di giorno?

    L’incensazione dell’altare. Perché i profumi d’Oriente nelle nostre Messe?

    La sede di presidenza. Il sedile del conducente

    Nel Nome del Padre e... Ovvero... perché stiamo a Messa?

    In piedi. Cristo non è rimasto nella tomba!

    Il saluto al popolo. «Il Signore sia con voi...». Perché non dirci «ciao»?

    L’atto penitenziale. Nessuno si assolve da solo

    L’Asperges. Un gesto dice più di tante parole...

    Confiteor. Perché chiedere perdono a tutti?

    Kyrie Eleison. L’amore viscerale di Dio

    Gloria in excelsis. Dio non gioca al tiro alla fune

    La Colletta. L’immersione della vita nella Messa

    L’abito dei fedeli. L’abito non fa il monaco, però fa il cristiano

    Le vesti sacre. Perché il prete non veste giacca e cravatta?

    Terza Parte — LA LITURGIA DELLA PAROLA

    La Liturgia della Parola. La prima mensa

    Il silenzio. Perché Dio sta zitto?

    Il lezionario (I). Il tabernacolo della Parola

    Il lezionario (II). Il navigatore GPS della Bibbia

    Seduti. Farsi discepoli ai piedi di Gesù e fare Corpo con Lui

    Proclamare. Perché non leggere per conto proprio sul foglietto o ascolare un CD?

    L’ambone. Non è un pulpito, né una tribuna, ma...

    I Lettura. L’apertura del Primo Testamento

    Salmo responsoriale. La Liturgia della Parola non è il monologo di Dio

    II Lettura. L’apertura del Secondo Testamento

    Alleluia! Perché rompere il silenzio meditativo?

    L’evangeliario. Perché tanto fumo per un libro?

    Il Vangelo. Perché è una buona notizia?

    L’omelia. Funziona quando fa venire il mal di pancia e non il mal di testa

    La cattedra. L‘altro luogo dell’omelia

    Il Credo (I). Come dire «Ti amo»

    Il Credo (II). Perché ripetere sempre la stessa formula?

    La Preghiera dei fedeli. Il frutto dell’ascolto e la responsabilità del mondo

    Sigle e abbreviazioni

    AT:Antico Testamento

    can./cann.: Canone/canoni

    cap./capp.: Capitolo/capitoli

    CCC:Catechismo della Chiesa Cattolica

    CDC:Codice di Diritto Canonico

    CEI: Conferenza Episcopale Italiana

    DS: Denzinger‐Schönmetzer, Enchiridion Symbolorum

    EM:Eucharisticum Mysterium. Istruzione della Congregazione dei Riti (1967)

    gr.: greco

    ICE:Istruzione sulla Comunione Eucaristica della Conferenza Episcopale Italiana (1989)

    ID:Inestimabile Donum. Istruzione della Congregazione per il Culto Divino (1980)

    lat.: latino

    LG:Lumen Gentium. Costituzione sulla Chiesa del Concilio Vaticano II (1964)

    LI:Liturgicae Instaurationes. Istruzione della Congregazione per il Culto divino (1970)

    MS:Musicam Sacram. Istruzione della Congregazione dei Riti (1967)

    NT:Nuovo Testamento

    OGMR:Ordo Generale Messale Romano (Ordinamento Generale del Messale Romano, III Edizione tipica 2000; tr. 2004)

    PNMR:Principi e Norme per l’uso del Messale Romano

    p. es.: per esempio

    RS:Redemptionis Sacramentum. Istruzione su alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia della Congregazione per il Culto e la Disciplina dei Sacramenti (2004)

    SC:Sacrosanctum Concilium. Costituzione sulla Liturgia del Concilio Vaticano II (1963)

    sec.: secolo

    v.: vedi

    vol. I: volume I di Tutto (o quasi) sulla Messa. I Riti iniziali e la Liturgia della Parola

    Quarta Parte

    LA PREPARAZIONE DEI DONI

    45

    La Liturgia Eucaristica

    La celebrazione della gratitudine

    Illustrazione di un anello

    L’anello della sposa. È forse l’immagine che meglio definisce la Messa: alleanza, patto di sangue tra Dio e l’uomo. Un anello a tre cerchi (Introito, Offertorio e Comunione) su cui sono incastonate due pietre preziosissime, d’unico sigillo: la Liturgia della Parola e la Liturgia Eucaristica. Il Signore dell’Anello è Dio (Padre, Figlio e Amore) e la Sposa è il suo popolo radunato: la Chiesa.

    Terminato il tempo del "fidanzamento, in cui Dio e l’uomo si sono parlati (Liturgia della Parola), con la Liturgia Eucaristica inizia quello del matrimonio, in cui lo Sposo e la Sposa si siedono al banchetto e consumano la loro unione sul talamo della croce, come suggerisce qualche Padre della Chiesa, ossia sull’altare (mensa e croce), comunicandosi" nel Corpo e nel Sangue di Cristo.

    È in questo senso che la Liturgia della Parola «prepara e conduce alla Liturgia Eucaristica» (LI 2b), formando con essa un tutt’uno (cfr. SC 56; OGMR 28), come due gemme, appunto, d’unico sigillo. Nessuno osi quindi separare «una parte dall’altra, celebrandole in tempi e luoghi diversi» (LI 2b).

    Con la Liturgia Eucaristica la Parola viva diventa Parola incarnata, perché ciò che Dio ha detto, fatto e promesso ora lo porta a compimento nel Figlio, grazie al quale l’uomo può entrare nella vita divina (dal battesimo) e vivere come figlio nel Figlio; in una parola, detta in ecclesialese: «Le meraviglie annunciate trovano il loro coronamento nel mistero pasquale» (EM 10).

    Che la Liturgia Eucaristica costituisca il vertice di quella della Parola è evidenziato anche dal fatto che essa dà il nome a tutta la celebrazione, chiamata appunto, tra i tanti altri nomi, Eucaristia. Con il suo inizio, la Messa acquista una sorta di accelerazione, che si evidenzia anche nel cambio del registro spaziale, dei libri liturgici e delle preghiere: dall’ambone, mensa della Parola, si passa all’altare, mensa del Corpo/Sangue di Cristo (v. vol. I, capp. 33 e 10) che, come primo Celebrante, invita ora la Sposa a lasciare la pianura, il lago o il monte da cui le ha finora parlato, per entrare nel Cenacolo e poi salire con Lui sul Golgota, dove porterà a compimento la sua missione (Mistero pasquale); dall’uso del Lezionario e dell’Evangeliario (v. vol. I, capp. 29, 30 e 38) si passa a quello del Messale; dalle preghiere e monizioni (Confesso, Kyrie, Gloria, Colletta, Preghiera dei fedeli: v. vol. I, capp. 21–24 e 44), si passa ora alla Grande Preghiera, quella Eucaristica, che non ammette monizioni, neppure da parte del celebrante (cfr. LI 3f).

    Ma qual è il suo significato? È davvero la parte della Messa che spetta solo al prete?

    La Liturgia Eucaristica (dal gr. eu=bene, chàris=grazia) prende il suo nome e significato da ciò che fece Gesù nell’ultima cena: prese il pane e il calice e rese grazie (eu‐charistein), come riportano unanimemente i vangeli sinottici e san Paolo (cfr. Mt 26,27; Mc 14,23; Lc 22,19; 1Cor 11,24). Da buon ebreo, Gesù, in quella cena di pasqua, si comportò come ogni altro capofamiglia, pronunciando la berakà, ossia la benedizione, la lode e la gratitudine a Dio per i suoi benefici (il cibo, la creazione, l’uscita dall’Egitto ecc.). Si deve sapere che durante questa cena (séder pesach) gli ebrei pronunciano la benedizione ben dieci volte e ogni preghiera ebraica, come ogni azione, inizia sempre con una berakà. Quella sera Gesù ringraziò il Padre per aver compiuto finalmente la Sua opera: aver donato il Figlio per sconfiggere il peccato e la morte, dando così «compimento ai sacrifici antichi» (Prefazio pasquale V).

    In ogni Messa, allora, noi ringraziamo il Padre facendo nostra la gratitudine di Gesù, pronunciata dal sacerdote, per cui questa liturgia può essere anche chiamata la Liturgia della gratitudine: «Rendiamo grazie al Signore nostro Dio» oppure «È veramente cosa buona e giusta, rendere grazie sempre a te, Padre...». Pertanto, sentirsi in credito per essere andati a Messa è tagliarsi fuori!

    La Liturgia Eucaristica possiede inoltre altri tre significati (cfr. SC 47; CCC 1362–1405).

    È celebrata anzi tutto come memoriale del sacrificio di Cristo: «Fate questo in memoria di me» (OGMR 72). Il memoriale ebraico (zikkaron; in lat. anamnesi) non è un mero ricordo, come possono essere i nostri compleanni o anniversari, ma l’attualizzazione nell’oggi di ciò che Dio ha compiuto nel passato. Nel celebrarlo, quindi, Cristo risorto, per la potenza dello Spirito Santo, irradia nell’oggi quanto fece sulla croce, in modo da renderlo contemporaneo a tutte le generazioni; in altre parole, quando siamo di fronte all’altare siamo contemporanei alla croce (come sotto di essa!). Tale sacrificio, però, si attualizza sull’altare in modo sacramentale, cioè incruento: «Il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell’Eucaristia sono un unico sacrificio [...]: diverso è solo il modo di offrirsi» (Concilio di Trento, DS 1743; cfr. CCC 1367). C’è davvero da piegare le ginocchia!

    Ma c’è di più. Questo sacrificio è anche sacrificio del Corpo di Cristo, la Chiesa, per cui anche ogni fedele offre, unito a Cristo, tutto se stesso al Padre, proprio come Maria ai piedi della croce. «Perciò la Chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede, ma che, comprendendolo bene, [...] [offrano] la vittima senza macchia, non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui, imparino ad offrire se stessi» (SC 48). E quando si dice Corpo, si dice anche tutti coloro che ci hanno preceduti, per cui nell’Eucaristia incontriamo i nostri cari defunti molto di più di quando andiamo al cimitero!

    La Liturgia Eucaristica è anche banchetto, mensa del Signore, per cui è anche festa, gioia, convivialità. Il sacrificio è infatti finalizzato alla comunione, all’unione intima con Cristo e tra di noi.

    Infine, essa è anche anticipazione del Cielo, di quel banchetto di nozze dell’Agnello a cui siamo indegnamente invitati nella Gerusalemme celeste (cfr. Ap 19,9). Celebrarla è quindi anche invocare la seconda venuta di Cristo: maranathà!

    E allora?

    Allora lascio la parola a una nostra carissima amica: «Se la gente conoscesse il valore dell’Eucaristia, l’accesso alle chiese dovrebbe essere regolato dalla forza pubblica»! (santa Teresa di Lisieux).

    46

    La preparazione dell’Altare

    Cosa metterci e cosa no!

    Illustrazione dell'altare

    Quando lavoravo come cameriera in albergo, mi insegnarono subito che nell’apparecchiare la tavola nulla doveva essere lasciato al caso: per la dignità dei commensali, il rispetto della cucina e la celebrazione del pasto, in cui l’uomo — si sa — non si nutre, ma mangia (J. A. Brillat‐Savarin), esprimendo in esso la sua dimensione affettiva, sociale e religiosa.

    Figuriamoci cosa deve essere preparare la Mensa del Signore!

    È proprio con un atto così umile, comune, addirittura domestico, che si apre la Liturgia Eucaristica: «All’inizio della Liturgia eucaristica si portano all’altare i doni, che diventeranno il Corpo e il Sangue di Cristo. Prima di tutto si prepara l’altare, o mensa del Signore, che è il centro di tutta la Liturgia eucaristica, ponendovi sopra il corporale, il purificatoio, il Messale e il calice, se non viene preparato alla credenza. Poi si portano le offerte [...]» (OGMR 73).

    È importante sapere cosa deve stare sull’altare e cosa no, perché esso è lo spazio in cui il sacrificio di Cristo si rende realmente a noi contemporaneo (memoriale), come abbiamo spiegato. Su di esso il Signore risorto compie, attraverso il sacerdote, ciò che fece quella sera del 13 di Nisan, il settimo mese del calendario ebraico: I) prese il pane e il calice; II) rese grazie; III) spezzò il pane e lo diede ai suoi discepoli, dicendo...

    Su questi tre atti e in corrispondenza di essi, la Chiesa fin dalle origini ha strutturato tutta la seconda parte della Messa:

    La Preparazione dei doni (dall’Offertorio fino alla Preghiera sulle offerte);

    La Preghiera eucaristica in cui rende grazie a Dio;

    La Frazione del pane e la Comunione dall’unico pane e dall’unico calice (Riti di Comunione: dal Padre Nostro all’Orazione dopo la Comunione) (cfr. OGMR 72).

    Elementi di geografia liturgica ci aiuteranno ad orientarci nei prossimi capitoli.

    Come si prepara allora l’altare?

    Anzi tutto è preparato con grande dignità e in modo solenne: tutti siedono (compreso il celebrante se ci sono altri ministri), perché i commensali sono re e regine, i figli di Dio acquistati dal sangue di Cristo; inoltre, non è apparecchiato da una persona qualsiasi, ma sempre da un ministro: il sacerdote, il diacono, l’accolito, oppure un ministro laico designato temporaneamente dal celebrante (cfr. OGMR 139.178.190).

    Esso vede anche una preparazione antecedente, che lo inaugura come mensa e come altare del sacrificio (cfr. OGMR 117): prima della Messa è coperto con una tovaglia bianca, «adatta alla struttura dell’altare per la forma, la misura e l’ornamento» (OGMR 304); nei Riti iniziali, inoltre, accoglie la croce e i candelabri (cfr. OGMR 307–308), come si è detto nel primo volume.

    È solo all’inizio della Liturgia Eucaristica che si devono porre sull’altare i vasi sacri (il calice solo se vuoto, la patena e, eventualmente, la pisside), i lini (corporale, purificatoio e palla) e i libri sacri (Messale), come precisa l’OGMR (306): vasi e lini «siano disposti sulla mensa solo dal momento della presentazione dei doni fino alla purificazione dei vasi». Non prima!

    Capitolo fiori (croce e delizia di ogni parrocchia!). Precisiamo anzi tutto che essi sono solo un ornamento e non un elemento essenziale, per cui «piuttosto che sopra la mensa dell’altare, si dispongano attorno ad esso» (OGMR 305). Nell’ornamento floreale si deve inoltre agire con moderazione e rispettare i tempi liturgici: in Avvento, per esempio, si eviti di anticipare la gioia e l’esultanza del Natale, mentre in Quaresima i fiori sono proibiti. Per feste

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