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Il libro segreto di papa Ratzinger
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E-book148 pagine1 ora

Il libro segreto di papa Ratzinger

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Info su questo ebook

L'uomo che ha rinunciato al papato

Il Corvo, lo IOR, gli scandali sessuali. Chi c'è dietro le dimissioni più eclatanti della storia?

Cosa si nasconde dietro la rinuncia al trono di Pietro

11 febbraio 2013. La notizia bomba è battuta dall’ANSA alle 11:49, ma in pochi minuti fa il giro del mondo. Benedetto XVI lascia il pontificato. Un annuncio senza precedenti: dalle ore 20 del 28 febbraio non sarà più il capo della Chiesa cattolica. Termina dopo otto anni un pontificato iniziato il 19 aprile 2005, quando il conclave lo elesse. Il papa dichiara di lasciare il suo ufficio per il bene della Chiesa, per la propria incapacità di amministrare nel modo migliore il ministero a lui affidato. Ma come si deve interpretare questo gesto? Cosa ha portato Benedetto XVI a una scelta tanto grave, non solo per la cristianità ma per il mondo intero? Le condizioni di salute più precarie, il dissidio interno alla Curia tra cardinali riformisti e conservatori: queste sembrano alcune delle ragioni più plausibili. Ma anche lo scandalo dello IOR e la bufera per le dichiarazioni del “Corvo” hanno logorato il santo padre. Conosceremo mai le reali e profonde ragioni del “gran rifiuto”? Simone Venturini ricostruisce la figura del giovane teologo Ratzinger e gli anni del suo pontificato, cerca nell’operato e nelle parole del papa la chiave per leggere il suo gesto e il messaggio che, con un atto tanto dirompente, ha voluto trasmettere ai fedeli e al clero. Un insegnamento di rinnovamento che non potrà essere facilmente ignorato dal conclave di imminente apertura.

Travolto dagli scandali dello IOR, dall'arresto del “Corvo” e dai dissidi interni alla curia di Roma
La verità sulle dimissioni più eclatanti della storia

Hanno scritto di I grandi misteri irrisolti della Chiesa:

«Un mondo che spesso nemmeno i cattolici conoscono fino in fondo, e che qualcuno fra loro cerca persino di occultare.»
la Repubblica

«Un libro che affronta e chiarisce molti punti controversi partendo dalla Bibbia ma anche da riti, discorsi di pontefici, luoghi di culto e racconti di apparizioni.»
La Gazzetta del Mezzogiorno


Simone Venturini
nato a Fano nel 1966, biblista che lavora in Vaticano, è docente di Esegesi del Pentateuco alla Pontificia Università della Santa Croce di Roma. Dopo aver conseguito il dottorato presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma, è stato Direttore della Biblioteca della Pontificia Università Lateranense e docente di Teologia biblica nella stessa università. Autore di articoli e saggi sulla Bibbia (tra gli altri, I libri di Dio: la Bibbia; Il Vangelo del bambino interiore), ha curato e tradotto dall’inglese e dal francese diverse opere di carattere religioso. Il libro segreto di Gesù, pubblicato dalla Newton Compton, ha ottenuto un grande successo, arrivando in pochi mesi alla nona ristampa. Sempre per la Newton Compton è uscito I grandi misteri irrisolti della Chiesa.
LinguaItaliano
Data di uscita16 dic 2013
ISBN9788854153929
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    Scritto in maniera fluida e leggera, tanto da finirlo in un battito di ciglio. Pone domande a cui solo il tempo darà risposta.
    Da leggere e rileggere.

Anteprima del libro

Il libro segreto di papa Ratzinger - Simone Venturini

I precedenti storici

1

Il ruolo del papa

stabilito da Gesù

Prima di iniziare quest’indagine centrata sul gesto storico compiuto da Benedetto XVI, voglio riportare il quadro di riferimento fondamentale in cui inserire quello che è accaduto ottocento anni fa, ciò che sta accadendo e ciò che potrebbe accadere. Si tratta della profezia fondamentale di Gesù su Pietro e sui suoi successori.

Poi Gesù, giunto nei dintorni di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «Chi dice la gente che sia il Figlio dell’uomo?». Essi risposero: «Alcuni dicono Giovanni il battista; altri, Elia; altri, Geremia o uno dei profeti». Ed egli disse loro: «E voi, chi dite che io sia?». Simon Pietro rispose: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Gesù, replicando, disse: «Tu sei beato, Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli. E anch’io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte degli inferi non la potranno vincere». (Matteo 16,13-20)

Shimon bar Iona, questo è il nome aramaico dell’apostolo, fratello di Andrea e figlio di Giovanni, che si mise al seguito di Gesù e a cui fu affidato un incarico assai particolare e diverso da quello affidati agli altri undici apostoli. In virtù di tale incarico, il suo nome sarà cambiato con un altro, che ne rappresenterà la funzione. Da quel momento in poi sarà chiamato Kefà, ossia pietra, roccia. La Bibbia è piena di casi simili. Il più celebre è certamente quello di Adamo, che viene chiamato in due modi. Come rappresentante di tutta l’umanità, creata da Dio, viene chiamato ha’adam (cfr. Genesi 1,26-27), un nome che appunto indica l’intero genere umano. Ma egli sembra essere anche un uomo concreto, poiché viene chiamato anche Adam, che ha moglie, figli e figlie (cfr. Genesi 5,1 e sgg.).

Simone figlio di Giovanni viene così investito del ruolo di roccia, in latino petra, da cui poi discende il nome Pietro. Una funzione che, da allora in poi, viene trasmessa a coloro che nel corso dei secoli eserciteranno tale ruolo. Quale? Quello di indicare Gesù come il mediatore tra il cielo e la terra ed essere il garante di questa misteriosa comunicazione. Gesù, perciò, non fonda la sua Chiesa sulla persona di Simone, che tradirà clamorosamente il suo maestro (cfr. Matteo 26,34-35 e 26,69-75). Non dunque sul peccatore e fragile Simon Pietro, ma su ciò che lui rappresenta.

Solo se Simon Pietro svolge questa funzione, le porte degli inferi non potranno mai prevalere, perché il canale di comunicazione tra il cielo e la terra impedirà alle forze del caos di avere la meglio.

Tuttavia, Gesù fa anche un’altra tremenda profezia, poco prima di morire, nell’orto degli ulivi.

Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per scuotervi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli. (Luca 22,31-32)

Anche questa profezia di Gesù non si riferisce solo a Simon Pietro, ma guarda in avanti, verso il futuro. L’opera dell’avversario – in ebraico Satàn – è quella di scuotere i chicchi di grano e dividerli l’uno dall’altro. L’immagine è assai eloquente e si riferisce agli apostoli – di cui i vescovi sono successori – che Satana vuole dividere, esercitando così la sua opera più qualificante la sua attività, quella da cui gli deriva il nome più sinistro e vero: diavolo.

Gesù include anche Simone in questa profezia, tuttavia gli promette che pregherà per lui, affinché lui stesso possa poi confermare la fede dei suoi fratelli, ossia degli altri apostoli e di tutti i seguaci di Gesù. E la fede, secondo la Lettera agli Ebrei è prova delle cose che non si vedono (cfr. Ebrei 11,1). Pietro e i suoi successori – i papi – saranno perciò coloro che impediranno alla Chiesa e al mondo di non precipitare nelle tenebre del caos, dove non è più possibile scorgere nulla della presenza di Dio.

Ecco perché il papa è chiamato soprattutto Sommo pontefice.

Questa designazione, che i papi medievali trassero dal repertorio terminologico e simbolico dell’antica Roma, indica il ruolo chiave di Pietro, quello di ponte tra la terra e il cielo, tra il visibile e l’invisibile. Pontefice e garante dell’unità tra tutti i credenti in Gesù. Il potere che Gesù affida a Pietro è perciò essenzialmente spirituale e niente affatto temporale.

2

Celestino V,

il papa del gran rifiuto

Il ruolo fondamentalmente spirituale di Pietro fu molto ben in vista nei primi tre secoli di vita della Chiesa, ma a partire dal 313, quando Costantino si convertì e concesse alla Chiesa di Roma larghi e imponenti privilegi, iniziò progressivamente a oscurarsi. Da allora, le chiavi consegnate da Gesù a Pietro diventarono due: accanto a quella spirituale comparve quella temporale che concedeva al papa il diritto di influenzare e predominare anche sui sovrani dell’Europa medievale⁴.

Nei secoli XII e XIII questa situazione diventò particolarmente evidente e imbarazzante. Il papa era ormai uno dei sovrani europei, potente e ricco, grazie al saltuario appoggio dei regnanti del tempo, che tutelavano i suoi diritti e privilegi.

Nell’ultima metà del XIII secolo⁵, le forti ingerenze politiche sulla Chiesa diminuirono enormemente il prestigio del papato senza che il collegio cardinalizio avesse un’adeguata percezione della gravità del momento. I cardinali erano infatti diabolicamente divisi tra loro a causa delle famiglie nobili e degli interessi occulti che essi rappresentavano. Questa pericolosa instabilità fu la causa di un succedersi, nel giro di vent’anni, di ben otto pontefici, l’ultimo dei quali fu Niccolò IV (1288-1292). La situazione era ormai insostenibile, prova ne fu il conclave seguente che si protrasse per ben due anni. Proprio allora, furono riprese e attualizzate antiche profezie giunte da oriente. Sono gli Oracoli attribuiti all’imperatore bizantino Leone VI il Saggio (886-912).

Si tratta di profezie scritte originariamente in greco, poi tradotte in latino da chi iniziò a farle circolare anche in Italia. La versione latina dei testi originali scritti in greco risalirebbe all’incirca al 1292⁶, anno della morte di Niccolò IV. Queste profezie, che furono per secoli continuamente riadattate, racchiudono però qualcosa che ci permette di andare oltre i condizionamenti storici e di cogliere qualcosa del mistero profondo riferito alla Chiesa e al papato. Esse, infatti, sono corredate di raffigurazioni simboliche che rappresentano il ruolo dei papi che si sarebbero succeduti dal 1292 in avanti.

Chi, dopo la morte di Niccolò IV, decise di attualizzare le profezie attribuite a Leone VI alla lotta intestina tra i cardinali per l’elezione del nuovo papa, agì probabilmente perché fu ispirato. Inconsapevolmente, quell’uomo comprese che qualcosa di grosso stava per accadere nella storia, una novità inaudita.

Quell’uomo, verso il 1292, riferì una misteriosa raffigurazione – che in origine si trovava negli oracoli di Leone – a un altrettanto misterioso personaggio che sarebbe succeduto al corrotto Niccolò IV e avrebbe impresso una svolta storica al papato.

Nella figura – oggi conservata in uno splendido manoscritto della Biblioteca Riccardiana a Firenze – si vede un monaco che stringe nella mano destra una falce, mentre nell’altra tiene una rosa. Un angelo compare alle sue spalle⁷. Sono così ancora una volta i simboli che ci permettono di superare la contingenza storica del manoscritto per scrutare il mistero che passa attraverso quell’immagine.

La falce ricorre diverse volte nella Bibbia e significa la distinzione, che avverrà alla fine del mondo, tra buoni e cattivi (Gioele 4,12-13; Marco 4,28-29; Apocalisse 14,15-16). La rosa – simbolo assente nella Bibbia – secondo la tradizione indica invece due cose che sembrano assai diverse tra loro. Se da un lato rappresenta qualcosa di etereo e delicato, dall’altro simboleggia anche la tristezza dovuta alla presenza delle spine, che sarebbero comparse dopo il peccato originale. Il monaco tiene in mano solo il fiore e non lo stelo, indicando così che inizia un nuovo periodo più santo e immacolato del precedente. Infine, l’angelo che compare alle sue spalle, rappresenta l’assistenza divina e necessaria a un papa che avrebbe riformato la Chiesa.

Insomma, questa immagine annuncia profeticamente che – dopo Niccolò IV – la storia della Chiesa e il papato avrebbe intrapreso un nuovo corso, decisamente segnato dalla prevalenza di uomini (cardinali) buoni e virtuosi. L’uomo che riferì questa immagine degli oracoli di Leone alla successione dei papi, annunciava l’arrivo di un «papa angelico» che avrebbe cambiato tutto, che avrebbe perciò coinciso con una nuova irruzione di Dio nella storia.

Fu così che durante la riunione del conclave del 5 luglio 1294 il cardinale Latino Malabranca fece il nome di un eremita di Morrone – in provincia dell’Aquila – su cui convennero tutti i restanti cardinali. Si chiamava Pietro e all’inizio fu un benedettino, ma più tardi, da eremita, aveva fondato una congregazione di eremiti. Un anno prima della sua elezione, ormai ultra ottuagenario, Pietro aveva ceduto il governo della sua congregazione.

Il 5 luglio del 1294, data in cui fu proclamato papa, Pietro assunse il nome di Celestino V e, al suo arrivo all’Aquila il 29 agosto del 1294, compì una serie di gesti altamente simbolici. Entrò in città sulla groppa di un asino e si circondò di dodici cardinali. Insomma, Celestino sembrava essere veramente quell’uomo raffigurato nell’anonima profezia.

In realtà, alle spalle del novello successore di Pietro, non c’era solo l’angelo della simbolica raffigurazione, ma anche l’ombra di un potente re di questo mondo che pensava all’eremita di Morrone già da diverso tempo.

Il re di Sicilia, Carlo II d’Angiò (1254-1309), infatti, non solo esercitò un’influenza determinante sul conclave, ma anche sull’intero pontificato di Celestino V. Lo persuase a spostarsi da Roma e a risiedere a Napoli e nell’evangelico collegio cardinalizio composto da dodici cardinali il re impose molti suoi amici. Solo due cardinali furono scelti direttamente da Celestino V, due eremiti della sua congregazione.

Anche i posti nella curia che più contavano furono occupati da amici di Carlo II, mentre Celestino elargì ricchi privilegi alla congregazione

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