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Vigilando Redimere: Frammenti di storie vissute tra le mura del Reclusorio Militare di Gaeta
Vigilando Redimere: Frammenti di storie vissute tra le mura del Reclusorio Militare di Gaeta
Vigilando Redimere: Frammenti di storie vissute tra le mura del Reclusorio Militare di Gaeta
E-book132 pagine1 ora

Vigilando Redimere: Frammenti di storie vissute tra le mura del Reclusorio Militare di Gaeta

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Info su questo ebook

Molti anni sono passati dal luglio del 1973, momento in cui varcai, con una certa inquietudine, la soglia che mi introduceva nei meandri misteriosi del castello Angioino, allora sede del temuto Reclusorio Militare. A distanza di tanto tempo ho ritenuto opportuno il dover condividere con tutti voi, a futura memoria, questo mio periodo di vita, attraverso questi “frammenti“. Sette anni e nove mesi trascorsi in questo luogo di privazione racchiusi in poche pagine; giorni simili e mai uguali.
LinguaItaliano
Data di uscita3 feb 2022
ISBN9788833469485
Vigilando Redimere: Frammenti di storie vissute tra le mura del Reclusorio Militare di Gaeta

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    Anteprima del libro

    Vigilando Redimere - Francesco Saverio De Chirico

    vigilando_fronte.jpg

    Vigilando Redimere

    Frammenti di storie vissute tra le mura del Reclusorio Militare di Gaeta

    di Francesco Saverio De Chirico

    Le foto da p. 107 a p. 123 sono di Jason R. Forbus

    Direttore di Redazione: Jason R. Forbus

    ISBN 9788833469485

    Pubblicato da Ali Ribelli Edizioni, Gaeta 2022©

    Saggistica – Storia e cultura

    www.aliribelli.com – redazione@aliribelli.com

    È severamente vietato riprodurre, in parte o nella sua interezza, il testo riportato in questo libro senza l’espressa autorizzazione dell’Editore.

    Francesco Saverio De Chirico

    Vigilando Redimere

    Frammenti di storie vissute tra le mura del Reclusorio Militare di Gaeta

    AliRibelli

    La Storia è di tutti,

    la Verità è di chi l’ha vissuta.

    Introduzione

    Ho conosciuto Francesco Saverio De Chirico sugli spalti del Castello Angioino di Gaeta. Ero lì per girare un documentario sulla città e avevo subito individuato, in quel signore distinto, dallo sguardo ceruleo e limpido, una delle voci che avrebbero fatto al caso mio per raccontare quel luogo. Non mi sbagliavo.

    Con schiettezza bonaria e musicalità pugliese nella voce, a me molto familiare per affinità biografiche, Francesco Saverio, primo maresciallo a riposo, mi offrì una testimonianza ricca ed empatica sul Reclusorio di Gaeta, suo luogo di lavoro per lunghi decenni.

    De Chirico: il suo cognome, curiosamente, rievoca la pittura metafisica. Mi sembrava perfetto per quel castello adibito a carcere. Luogo di triste detenzione dall’epoca borbonica, oggi appare deserto, abbandonato a se stesso, ancora sferzato dalla tramontana. Eppure espressivo, perturbante: proprio come un’allucinazione metafisica del pittore di Volos. Un luogo in cui il primo maresciallo ha passato giorni difficili, faticosi. «La vita militare è un ozio senza riposo, dove il difficile è reso impossibile dall’inutile» è la scritta rivelatrice, di autore anonimo, che Francesco si è tatuata dentro, come una verità appresa a proprie spese, da custodire. Un segno tangibile di quanto i muri del castello parlino. Avendo perso il loro stato di materia inorganica, inerte, per trasformare il Castello Angioino in una strana Fortezza Bastiani marittima, corrosa dalla salsedine, popolata dai fantasmi più o meno percepibili dei tanti prigionieri avvicendatisi negli anni. Qui, per decenni, Francesco ha scrutato l’orizzonte. Nell’attesa, forse, di veder arrivare i Tartari, come nel romanzo buzzatiano. Oppure la flotta pontificia, comandata da Marcantonio Colonna, che ritorna vittoriosa dopo la cruenta battaglia di Lepanto. Ma questi sono solo miei svolazzi romanzeschi: in realtà Francesco, in questo bel racconto di vita che vi accingete a leggere, regala al lettore un’asciuttezza profonda e sincera, venata qua e là di humour quasi britannico, che impreziosisce un diario esistenziale pieno di umanità. E di quieto stoicismo, che gli ha permesso di attraversare le difficoltà, con forza dignitosa. Trapela, tra le righe, la forza di un uomo nato negli anni Cinquanta, figlio di un’Italia operosa e concreta. Ritrovatosi, ventenne, per fato e congiunture politiche, economiche ed esistenziali a guadagnarsi la vita in queste celle borboniche, da romanzo gotico. «Vigilando redimere»: è l’imperativo categorico, scritto a chiare lettere sui muri del castello. Un monito a cui Francesco ha tenuto fede senza mai diventare aguzzino, badando contemporaneamente a non farsi schiacciare dagli eventi e dalle furbizie del prossimo. Riuscendo sempre a non lasciarsi traviare dalla brutalità del contesto, tra quelle pietre gelide, in quel reticolo di regole spesso insensate. Non ha mai perso la sua umanità e la sua tenerezza da padre di famiglia di stampo antico, come certi eroi silenziosi, che rimangono nelle zone d’ombra dei romanzi epici. Eppure sono parte delle masse che muovono i grandi eventi. Favorendo gli andamenti ondivaghi di quella Storia monumentale che ha finito per passargli a fianco, nei primi anni Settanta, incarnata dalle presenze inquietanti dei due criminali nazisti Kappler e Reder. Reclusi anche loro a Gaeta, tra tanti obiettori di coscienza, renitenti alla leva, e diversi delinquenti comuni, di piccolo e medio taglio. Il maresciallo di Molfetta ha riservato anche a loro la sua etica discreta. Non spettava a lui condannarli né perdonarli. Gli offrì professionalmente il rispetto che si deve ad ogni essere umano e li osservò a lungo, cogliendo la glacialità dello sguardo di Kappler, rimasta inalterata nei decenni e il cialtronismo feroce di Reder.

    Ci torna ancora, Francesco, nel castello Angioino, che non vuol veder morire nell’incuria e nell’oblio, antichi vizi italiani. È la memoria, che ci rende umani, e il primo maresciallo ne è un nobile depositario.

    Giuseppe Sansonna

    Regista Rai

    Sommario

    Premessa

    All’inizio…

    Arrivo a Gaeta

    Destinazione: Reclusorio Militare

    I servizi del personale (graduati di leva)

    La crisi del 1973. Rimanere?

    Una nuova vita

    Accasermamento, fase 1

    Giuramento

    Accasermamento, fase 2

    I servizi del Personale di Governo (Ufficiali e Sottufficiali)

    I miei servizi

    Il Minuto Mantenimento

    Altri servizi

    Addetto ai colloqui

    Docce

    Curvée varie

    Celle di isolamento

    Tentate evasioni

    Fantasmi e paure

    Herbert Kappler e Walter Reder

    Altre sedi, altri incarichi

    Un po’ di storia

    Il castello

    Il Reclusorio

    I comandanti

    Il castello come appare oggi

    Conclusione

    Note autobiografiche

    Riconoscimenti

    Inserto fotografico

    Premessa

    Il titolo di questo libro, a cui ho pensato e ripensato in questi ultimi anni, altro non è che il motto utilizzato dal Comando degli Stabilimenti Militari di Pena (SMP). Un motto che appare in basso nel logo dello stemma araldico (crest) e che ancor oggi campeggia sbiadito, quasi illeggibile, sull’arcata della scalinata che porta agli uffici Comando del Reclusorio.

    La necessità di liberare i miei ricordi, sepolti da anni di negligenza mentale o forse di rimozione forzata di qualcosa di sgradevole dalla mia mente, è improvvisamente ritornata a seguito di una prima visita, fatta anni fa al Castello Angioino, a cui ne sono seguite altre che hanno riacceso in me tanti ricordi e la voglia di rivalutare e testimoniare il mio passato di servizio in questo posto tristemente famoso. Camminare in quel luogo ormai abbandonato da anni, degradato, spogliato e stravolto nella sua essenzialità, ha risvegliato in me la voglia di testimoniare la vita e la verità di quell’ambiente affinché non si perda del tutto la memoria di un passato che, oserei dire, fa parte della storia di Gaeta.

    Questo concentrato di esperienze vissute all’interno del Reclusorio Militare, prima come militare di leva poi come sottufficiale, vuole delineare, con una certa precisione, momenti di vita trascorsi dietro le sbarre ma dall’altra parte. Non aspettatevi un racconto cronologico degli eventi, difatti non ho mai pensato di scrivere un diario, ma stralci di vita trascorsa di un luogo impensabile per giovani ventenni, siano stati essi detenuti o personale di governo. In questo libro il calendario conta molto poco perché il tempo trascorso nel Reclusorio è stato relativo, diverso, evanescente rispetto al tempo vissuto fuori.

    Una sorta di nostalgia (intesa come ricordo) di quel periodo trascorso in servizio presso il Reclusorio mi ha indotto a metter mano alla penna per tirare giù

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