Vite di C'era: L'invisibile nell'impercettibile
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Info su questo ebook
Antonio Romano nasce a Galatina (LE) nel 1983. Nell’aprile del 2007 si laurea in Educazione Socio-Ambientale presso l’Università del Salento. Nel dicembre del 2011 si laurea in Infermieristica presso l’Università degli Studi di Siena. Attualmente lavora come infermiere presso l’Ospedale di Casarano in Endocrinologia e Diabetologia. Nel marzo del 2019 gli viene diagnosticato il Diabete di Tipo 1.
Illustrazioni di Maria Concetta Olimpio (pdf/ebook e libro)
Fotografia in copertina dell’autore
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Anteprima del libro
Vite di C'era - Antonio Romano
Table of Contents
Antonio Romano - Vite di C’era
Vite di C’era
Premessa
Introduzione
Capitolo 1 - Fermare il tempo
Capitolo 2 - Il viaggio della sposa
Capitolo 3 - La follia della normalità
Capitolo 4 - L’uomo dalle tre vite
Capitolo 5 - Decifrare l’indecifrabile
Capitolo 6 - L’attore regista
Approfondimento
Credits.
Profilo biografico
Antonio Romano - Vite di C’era
L’invisibile nell’impercettibile
Musicaos Editore
Novembre 2020 | Narrativa, 26
Musicaos Editore, 2020
Via Arc. Roberto Napoli, 82 | 73040 Neviano (Le)
tel. 0836618232 | info@musicaos.it | www.musicaos.org
Persone, fatti, vicende narrate in questo libro sono frutto di incontri e esperienze dell’autore, i nomi sono stati cambiati per preservare la privacy.
Progetto grafico | Bookground
In copertina fotografia dell’autore.
Isbn Ebook 9781280202031
Isbn Libro 9788894966954
Vite di C’era
Premessa
Questo libro si propone di dare voce a chi voce non ha. Persone umili e semplici. Storie come tante altre, ricche di forza e sacrifici. Esistenze in cui ognuno di noi si riconosce identificando qualcuno che ha incontrato, conosciuto, amato, vissuto.
Testimonianze di chi senza chiedere nulla in cambio regala poesia.
Queste pagine sono dedicate...
... a noi che nel nostro piccolo abbiamo vissuto un’esistenza straordinaria,
... a noi che saremo ricordati solo da figli e nipoti,
... a noi che siamo troppo insignificanti per finire su un libro di storia.
Una nonna, un oncologico, una madre, un paziente psichiatrico, un contadino, un operaio, un insegnante, un infermiere, un pensionato,...
... persone che vivono e hanno vissuto la loro vita come tante altre,
... eroi che scrivono incessantemente ogni giorno e regalano al tempo la loro realtà.
Introduzione
"Il valore delle cose non sta nel tempo in cui esse
durano ma nell’intensità con cui vengono vissute.
Per questo esistono momenti indimenticabili,
cose inspiegabili e persone incomparabili."
Fernando Pessoa
Nepente inizia questo percorso da studente d’infermieristica. Si ritrova quasi per sbaglio con il paziente Luigi.
Dopo l’incontro incomincia a riflettere su quanto sia stato fortunato ad averlo incontrato.
Luigi per la società era da tempo un invisibile. Non fosse stato per quel casuale siparietto non sarebbe mai più stato in grado di esprimersi o di raccontarsi.
Captare e ricercare i minimi particolari. Imprigionare momenti di vita vissuta in semplici frasi. Fotografare ambienti e momenti trascorsi. Amalgamarsi nel contesto culturale. Immedesimarsi. Narrare altre storie come quella di Luigi dando loro una forma e un significato. Dare voce a chi non è in grado di urlare. Ascoltare chi, al termine della sua invisibilità, non rimarrà. Mantenere un ricordo di qualcuno... di chi è nessuno. Sensibilizzare il lettore su un cambiamento che appartiene a tutti. Individuare le dinamiche che si innescano quando un evento improvviso o graduale, ad esempio una patologia cronica, ti mette in condizione di rielaborare la quotidianità e i tuoi vissuti.
Questo il fine nei confronti del lettore.
Questa la base di partenza facente leva su dinamiche proprie del Nursing Narrativo.
"Vite di C’era ha un significato ben preciso. Il tempo al passato indica la fiamma riflessa da ognuno di noi, ogni istante in continua evoluzione. Essa diviene passato nell’attimo in cui è vissuta. La cera invece è ciò che rimane dopo lo sciogliersi della candela.
Da qui la decisione ragionata di ripartire, i soggetti integrati nella quotidianità, in due fasce evolutive: Impercettibili e Invisibili.
Forma, strategie e lessico denotano una ricerca accurata nel filtrare immagini e crude sensazioni. Rendere più vaporoso e digeribile l’impatto con la schietta realtà, questo è uno degli obiettivi.
La suddivisione in due schiere è ponderata e si attiene all’operato nella nostra società, con l’intento di rappresentare il contesto in cui viviamo e che assorbe tutti gli individui, indistintamente.
Come ogni storia che si rispetti anche questa, seppure casualmente, prepara un colpo di scena.
Improvvisamente, durante la stesura, Nepente si troverà incastonato nella sua stessa trama. Vittima inconsapevole.
Nella seconda parte della storia, infatti, vivrà anch’egli la beffa che ridimensionerà la sua vita. Da riflessivo scrittore diventerà protagonista di sé stesso. Intento nel raccogliere espressioni e pensieri si ritrova rocambolescamente a raccontarsi. È anch’egli oppresso dal funesto tempo che inavvertitamente lo trascina con sé. La rabbia per una forte scossa verrà sfogata in parole di sconforto. Si è avvicinato bruscamente all’invisibilità ma ha ancora le giuste energie per non precipitare. Sa che è impossibile tamponare il tempo. Per quanto un arbusto possa oscillare non riuscirà mai ad impedire la visione della vetta retrostante.
Chiamato in causa si cimenta in una telecronaca di una partita di cui è parte integrante. È ancora tra i titolari, ma non sa per quanto tempo ci rimarrà. Anche lui, come tutti, sarà costretto a fare spazio a nuove risorse. Forze fresche. Nuovi Impercettibili da sempre impegnati a vivere la vita freneticamente. Controllori dell’invisibilità che, da una posizione di rilievo, dirigono e ricevono osservazione. Costruttori laboriosi e costanti di un nuovo futuro, destinato ad invecchiare.
Tempi, luoghi e personaggi corrispondono a realtà. I nomi sono inventati, le storie raccontate sono vere, il loro contenuto è modellato in modo da essere scorrevole e facilmente fruibile.
L’autore suggerisce di cercare e ascoltare ► i brani proposti nella storia, a un volume non troppo alto, tale da favorire la lettura e la riflessione per tutta la durata del brano ■ che in alcune parti della storia deve essere ascoltato ►► due volte.
Capitolo 1 - Fermare il tempo
"Che belli che sono certi sorrisi alle stazioni,
certi sorrisi che ne aspettano altri... e gli occhi che cercano dentro i finestrini e si illuminano quando
trovano quelli che cercavano, che belli i treni quando parlano di ritorni e dimenticano che sanno dire addio."
Karen Lojelo
Ore 05:30.
Siena.
Botteganova.
Silenzio. Di rado lo sfrecciare di un’automobile irrompe di soprassalto nel dipinto collinare prospettato all’orizzonte. Stanca e infreddolita la luna, dolcemente, tramonta impallidendo. Un’altra notte si avvia a conclusione. La penombra arretra timidamente facendo spazio al risveglio di un introverso sole estivo. Da un panificio ai piedi della strada si effonde un profumo inebriante e succulento. Le case gialle e arancio con i loro tetti spioventi costeggiano e corteggiano il manto stradale. Poco distante un bivio prosegue lontano dagli occhi invitando Nepente ad immaginare. Dalla distesa erbosa, di fronte alla cucina, si solleva ondeggiando una magica e sfocata nebbiolina che offre un assaggio del copione di quella che sarà la nuova e inedita commedia quotidiana.
Il gorgoglio della moka si sposa con l’aroma del caffè. Manca poco e Nepente imboccherà per un’altra volta il pendente sentiero che lo condurrà nella grande officina.
Ore 06:15.
Lentamente tutto si ripopola. L’uomo dell’edicola sotto casa ha già tirato la corda al suo carillon e armeggia laboriosamente riordinando giornali appena consegnati. Intanto, come tante allodole, altre giostrine iniziano a suonare in punta di piedi. Il traffico è appena sgocciolante, presto diverrà fluente e burrascoso. Qualche isolato buongiorno da parte dei clienti consuetudinari che, tra posti a quattro frecce, zigzagano impazientemente fino al bar poco più giù. I bus già spompati, riempiti di poche identità sconosciute, cominciano a circolare spinti da un fumo grigiastro che non lascia intendere nulla di buono. Il fremito della natura, ora sempre più debole, prova a competere con il crescente e avvolgente frastuono antropico.
Ore 6:30.
Un cigolante e arrugginito cancelletto grigiastro circonda il ciclomotore ancora poltrente di Nepente. Anche questa mattina l’uomo si vedrà intento ad effettuare la solita rapida asciugatura al telaio del suo due ruote che come sempre approfitta della notte per riabbigliarsi e rinfrescarsi di un docile schermo di microscopiche lacrime di rugiada.
Il tempo di sistemare il rimaneggiato casco blu, la visiera resa opaca dai graffi, ed eccolo in partenza.
La strada è in salita. Ai bordi stemperano poche impavide foglie aghiformi che, incoraggiate dalla pendenza e richiamate dal materno abbraccio della fortuna, subendo importanti pressioni, tentano una solitaria traversata senza ritorno. Inquieti, frusciano i rami dei cipressi rispondendo al lesto segnale del vento. Pochi metri dopo un semaforo invecchiato dirige il traffico. Sulla sinistra un percorso indica una vecchia chiesa del 1490, dedicata a San Bernardino, dalla quale viene offerto uno splendido scorcio della città. A destra si distendono, sui colli pittoreschi, decori di viti e squadrature rappezzate delimitanti rigidi campi. La fragile staccionata in legno di pino ai bordi dei sentieri esibisce il sovrastante alternarsi tra russet e seppia.
Mantenendo una velocità media di quaranta chilometri orari, e proseguendo dritto per altri due minuti, si giunge nei pressi di una zona chiamata Scacciapensieri che si congiunge con un viale alberato in cui Nepente porterà a conclusione il suo tragitto.
Ore 6:45.
Policlinico S.M. delle Scotte.
Eccoci. La grande fabbrica della rottamazione e del ricambio lo attende. Imperioso e smisurato si eleva verso il cielo un ammasso cementificato.
Le mura di un colore grigio malinconico si erigono alte e spesse. Incalcolabili, ampie e ripetitive le sue finestre. Più volte al signor Nepente è accaduto di soffermarsi su di esso. In passato capitava spesso che alla sua vista si immobilizzasse mirando un offuscato e tacito punto fisso per impegnativi e interminabili minuti.
Preso dalle innumerevoli dinamiche quotidiane, erano passati dei mesi dall’ultima volta che gli era accaduto.
Oggi però il pensiero fa fatica ad essere contenuto. La porticina di recinzione del suo dinamismo mentale è stata lasciata distrattamente aperta dalla sentinella sbadata. Il cavallo impazza e scalcia liberamente: – Cos’è l’Azienda Ospedaliera? Non è forse un contenitore?... – si dice – ... Tutti i giorni, sadicamente e instancabilmente, amalgama nuove emozioni e sensazioni. Realtà nuove, inedite, vengono smosse continuamente: gioie, paure, silenzi, urla, pianti, sospiri, speranze, rassegnazioni. Tutto scorre inosservato nonostante i protagonisti siano sempre diversi. Qui il tempo diventa pesante e il filo del pendolo sembra perdere accelerazione come fosse intenzionato a darla vinta alla gravità. Essere vissuti al suo interno, per lunghi lassi di tempo, toglie tutte le forze e lascia spazio alla rassegnazione e all’immobilità. Basterebbe così poco ad ogni commediante, attuando impercettibili gesti, per ridare un minimo di carica e speranza all’annoiato e passivo pubblico. Scalfire sottili venature in grado di… –
– Oh citto. Si move!!!?! Non abbiamo mica tutta la giornata qui! – ... una voce spazientita, seguita da un colpo di clacson, riporta drasticamente Nepente sulla terra. Sfrecciando parcheggia il motore e frettolosamente si reca negli spogliatoi al -3. Le luci dei neon all’impatto sono abbaglianti e per un istante è costretto a chiudere gli occhi per stabilizzare l’immediato restringimento della pupilla. L’odore è forte, soffocato e angusto. Un denso calore lo travolge. L’armadietto numero 42 è abbastanza internato pertanto il ricambio dell’aria risulta essere difficoltoso. Intanto più individui si appropinquano ad effettuare le sue stesse azioni mentre altri, esattamente all’opposto, depositano gli indumenti e stanchi, dopo la notte compiuta, si trascinano all’esterno in cerca del richiamo solare.
Ore 07:00.
Piano 3.
Primo Lotto.
Fisiopatologia respiratoria.
Il cigolio di un macchinoso ascensore che si chiude. Due persone confabulano con voce rauca del più e del meno cercando vanamente di abbassare i toni per non disturbare.
Divisa bianca con fascetta celeste sul taschino anteriore ad indicare lo status di studente, laccio emostatico, forbicetta, libretto da tirocinio, due penne, Nanda. Controllato tutto l’equipaggiamento Nepente è pronto a compilare il codice d’ingresso che lo introdurrà al di là di una lapidare porta color verde acqua.
Intanto un distinto uomo sui settanta dai pochi capelli bianchi russa scomodamente, seduto su una rigida sedia verdina dai piedi color argento, col capo poggiato su una parete di marmo. Uno stralcio di camicia a righe bianche e celesti gli fuoriesce dai pantaloni e una leggera giacchettina di cotone copre le sue gracili gambe. Sconnesso, agitato, scosso, abbattuto. Avrà sicuramente avuto un momento di tregua dopo una notte assistenziale insonne. Una flebile fase rem gli concede un tormentato asilo. Tra le mani un consumato e stropicciato fazzoletto di tessuto bianco.
Ore 07:01.
– Mai una volta che riesca ad entrare prima delle sette! – ... pronuncia ad alta voce.
La corsia, appena entrato, non si fa attendere nel dargli puntualmente il routinario benvenuto. Il corridoio è lungo e granitico. Annoiato nell’assistere alla stessa pellicola ogni giorno. Privo di