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E-book322 pagine4 ore

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Info su questo ebook

Un Carabiniere, separato, vive la sua vita da single, immerso nei ricordi delle missioni passate. Improvvisamente un tragico evento lo sconvolge: la sua ex e sua figlia restano vittime di un rapimento in Africa. Non esita e torna ad immergersi nell'avventura, come quando era in missione, e va alla loro ricerca rispolverando tutta la sua esperienza e tutto il suo coraggio.
LinguaItaliano
Data di uscita22 giu 2015
ISBN9786051762951
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    Anteprima del libro

    Twister - Marcello Taccucci

    Carabiniere

    TWISTER

    Twister

    A carabiniere always on a mission

    NOTE DELL’AUTORE

    La storia narrata mi è stata ispirata da avvenimenti ed esperienze vissute da colleghi carabinieri che ho personalmente conosciuto.

    Comunque ogni riferimento a persone e luoghi è da considerarsi puramente casuale dato che l’ambientazione della storia e i nomi dei personaggi scelti sono di fantasia.

    Non sono di fantasia, purtroppo, i nomi dei colleghi morti in servizio, ai quali ho dedicato questo componimento.

    alla memoria di:

    M.llo Andrea Angelucci Foligno 11/06/1974

    Foligno 02/10/2009

    "Travolto dall’auto guidata da un bandito in fuga, durante un servizio predisposto per catturarlo. Riportò ferite mortali e morì poche ore dopo all’ospedale. Tutt’oggi siamo incapaci di accettare e capire perché sia accaduto. Sono sempre i migliori ad andarsene."

    App. Giovannelli Massimo Roma 20/02/1966

    cecchino Foligno 03/05/2009

    "Muore dopo pochi mesi di atroci sofferenze a causa di un tumore polmonare. Ha partecipato a varie missioni all’estero ed è forte il sospetto che l’uranio impoverito, delle bombe in Jugoslavia, possa esserne la causa. Fare amicizia con lui è stato semplice, dimenticarlo sarà impossibile"

    C.re Fabio Manganiello Ariano Irpino 28/07/1981

    Foligno 11/08/2009

    "Rimasto vittima di un incidente stradale mentre percorreva la statale 77 sulla sua amata moto. Morì sul colpo. La sua giovane vita ha lasciato un vuoto nel cuore dei colleghi di Foligno"

    I caduti di Nasiriyya, 12/11/2003

    "tragico evento terroristico, in territorio iracheno, dove hanno trovato la morte 28 Italiani tra militari e civili, 12 dei quali Carabinieri che partecipavano all’Operazione di pace denominata Antica Babilonia

    Premessa

    La storia di un Carabiniere dovrebbe essere, apparentemente, facile da raccontare se a scriverla è proprio uno che ha svolto servizio nell’ Arma. Per me non è stato così. Ho dovuto evitare di invadere la privacy di colleghi e relative famiglie. La cosa più difficile è stata quella di non farmi influenzare dalle esperienze personali, vissute in prima persona, che mi avrebbero potuto condizionare emotivamente. Ho dovuto inoltre lambire la sfera del segreto professionale lavorando di fantasia, inserendo fatti incontestabili dalla storia reale, senza invadere l’area personale di colleghi realmente conosciuti o segreti d’ufficio o meglio ancora tecniche di addestramento.

    La mia esperienza ultratrentennale è iniziata nel periodo in cui si avvertiva ancora la pressione della lotta alle Brigate Rosse e ad altri gruppi eversivi. Eravamo agli inizi degli anni 80 e i recenti fatti criminali, accaduti pochi anni prima, non davano motivo di svolgere un servizio tranquillo e sereno, tutt’altro. Ho vissuto esperienze professionali non di rilievo, nell’anonimato come per tutti i carabinieri, che comunque mi hanno dato molte soddisfazioni personali.

    Ricordo con piacere i miei primi anni, quando ancora la militarizzazione e le ferree regole gerarchiche imponevano orari di lavoro assurdi. Con l’arrivo degli anni novanta sono sopraggiunte riforme che hanno portato dei cambiamenti e contratti collettivi di lavoro che hanno migliorato lo stipendio, ridotto l’orario di lavoro e ammorbidito la ferrea rigidità gerarchica.

    A questo proposito possiamo fare alcuni esempi per chiarire il concetto. Se ricordate i film di Totò e De Sica vi potrete rendere conto che la figura del maresciallo nella Stazione dei carabinieri, di una volta, era una autorità. Era il comandante della stazione, il più anziano di servizio, il più esperto mentre i suoi militari erano tutti più giovani di lui. Fa eccezione per l’appuntato.

    Oggi invece coloro che appartengono alla categoria marescialli possono essere anche più giovani di altri loro subalterni, come ad esempio quelli che appartengono alla categoria dei brigadieri. Ricordate il maresciallo Rocca interpretata da Gigi Proietti. In quella serie televisiva troviamo il brigadiere Cacciapuoti che è più anziano di tutti, anche dei giovani marescialli, appena promossi. Nella serie I carabinieri o in quella di Don Matteo, allo stesso modo vi sono giovani marescialli più giovani dei brigadieri e poi anche brigadieri più giovani rispetto ai più esperti appuntati. In questo modo la scala gerarchica non è più proporzionale all’età anagrafica, come lo era prima.

    L’opinione pubblica è rimasta incuriosita da queste trasformazioni, dato rilevato dai successi televisivi, ma nello stesso tempo la gente comune è sembrata perdere un po’ di fiducia nell’Arma, non avendo più il riferimento dell’autorità che era il maresciallo. In effetti molti cittadini rimangono perplessi nel trovarsi di fronte giovani marescialli che li ricevono in caserma.

    Vorrei esprimere un’opinione positiva su questo rinnovamento, in modo che chi mi legge possa convincersene. È vero che i marescialli oggi sono più giovani ma fate attenzione, sono molto più preparati di un tempo. Ora devono superare concorsi molto severi, frequentare corsi triennali e con la promozione devono acquisire anche la minilaurea. Pertanto se davanti vi trovate un giovane maresciallo, non pensiate che sia uno sprovveduto. Avete di fronte un persona (uomo o donna) qualificata e professionalmente preparata. Forse sarà carente di esperienza, ma a mio parere questo conta poco rispetto alla capacità di muoversi tra i cavilli burocratici e tra i dettagli della legalità.

    Voglio concludere la mia premessa facendo riferimento all’internazionalizzazione dell’Arma dei Carabinieri. In questa mia storia ho voluto richiamare alcuni avvenimenti che hanno coinvolto i Carabinieri quando, negli anni novanta, sono iniziate le missioni, cosiddette di pace, a seguito di conflitti bellici che hanno rotto gli equilibri nel mediterraneo.

    L’Italia, per la sua posizione geografica, si è trovata al centro di questi meccanismi bellici volti a contrastare il terrorismo internazionale e si è unita a movimenti multinazionali, organizzati per riportare la pace in territori martoriati da instabilità politiche e guerre civili. Ha cooperato con le forze dell’ONU ed ha inviato le proprie forze militari nei Balcani e in medio oriente, tra cui Bosnia, Kosovo, Libano, Iraq, Afghanistan. In quest’ultimo, come in Palestina, persistono tutt’ora aree di instabilità o focolai terroristici da sradicare.

    Le missioni estere dei Carabinieri hanno permesso di far conoscere a tutto il mondo l’alta qualità della preparazione di alcuni nostri reparti e soprattutto l’umanità con cui sono state gestito le varie situazioni, ricevendo apprezzamenti ovunque.

    In questo mio componimento ho voluto creare una storia di fantasia su basi realistiche facendo leva sia sulle esperienze maturate in territori stranieri, da parte dei colleghi impiegati, sia mettendo in primo piano la piaga del banditismo e dell’estremismo islamico, che attanaglia alcune aree medio orientali. Mi sono servito del protagonista e dei sui colleghi più affiatati per dare risalto al tipico coraggio italico di quei Carabinieri.

    L’attentato di Nasiriyya merita una nota di rilevo particolare anche se non ho conosciuto personalmente nessuno di quei 12 caduti. Mi è sembrato giusto ricordarli insieme ai miei amici anche se in questa storia che ho scritto non ho voluto toccare quel triste evento.

    In alcuni punti del racconto si possono riscontrare elementi di verità, pur essendo fondamentalmente nato dalla mia fantasia. Tra i principali elementi veri c’è un collega, soprannominato Cecchino, che ho personalmente conosciuto e che mi ha trasmesso la sua esperienza, vissuta nelle missioni in Bosnia e Kossovo. La cosa che mia ha colpito di più è stato il modo in cui ci ha lasciati, quando è sopraggiunta la sua ultima ora. Gli altri due colleghi, che non sono inseriti nel racconto, li ho voluti ricordare perché sono venuti a mancare mentre svolgevamo servizio fianco a fianco. Con loro ho condiviso la vita di caserma per alcuni anni e mi sono rimasti nel cuore e nei pensieri le loro parole e i loro gesti. I gioiosi momenti vissuti insieme, a diretto contatto, non mi abbandoneranno mai. Sono parte di me.

    Non potrò mai dimenticare: la loro ferrea volontà, nello svolgere i compiti istituzionali; la loro professionalità e la disponibilità verso gli altri; l’immagine dei sorrisi e la gioia di vivere, espressa dai loro occhi; le simpatiche battute piene di spirito giovanile.

    E’ forte il ricordo dell’amicizia che ci legava e vorrei gridare la loro memoria con tutta l’energia che ho.

    L’orgoglio e la dignità, che hanno conservato gelosamente sotto la divisa, non possono essere calpestati dal tempo e l’estremo sacrificio per difendere la libertà non deve finire nel dimenticatoio.

    Questa storia è di fantasia ma con questo libro voglio, metaforicamente, lanciare il nostro grido di battaglia, tutti insieme, come allora, e per sempre: Hip hip…urrah, hip hip….urrah, hip hip….urrah urrah urrah.

    Dettaglio sulla composizione.

    Il lettore noterà che ho utilizzato due stili di scrittura diversima in alcune versioni non sono visibili. All’inizio di ogni parte ho evidenziato anche la prima parola e anteposto la lettera iniziale del protagonista che racconta. Questo per agevolare la lettura, dato che la storia è descritta in base a come la vedono i due principali protagonisti.

    Ho voluto esporre il racconto attraverso i loro occhi, i loro pensieri e le loro emozioni cioè immedesimandomi nei due principali personaggi, ovvero Marta e Angelo, alternativamente, attorno ai quali ruotano gli altri personaggi. La loro storia è unica ma avrà la doppia faccia di lettura a seconda del personaggio che la racconta.

    Mi auguro di non deludervi. Buona lettura.

    Capitolo 1

    Marta e la sua famiglia

    < in una domus appena fuori città, grande e lussuosa, che accoglie molti ospiti.

    Sul tetto c’è un’apertura rettangolare con sotto una vasca delle stesse dimensioni per la raccolta dell’acqua piovana: questa ci serve per lavarci e per fare dei bagni, quando ne abbiamo voglia.

    Ci sono poi le stanze da letto, da bagno e quelle riservate agli studi e agli ospiti.

    C’è anche un corridoio centrale che porta al giardino con statue, fontane ed il portico.

    La mia casa ha anche dei vetri alle finestre, che nelle case comuni non vengono utilizzati.

    Ci troviamo a Roma durante il periodo imperiale, in cui le guerre di conquista hanno aumentato la ricchezza e la potenza della città.

    Appartengo ad una famiglia patrizia di antiche origini ed ho dieci anni.

    Sono appena iniziate le vacanze che durano da luglio a ottobre>>

    La voce della bambina, tutta presa alla lettura del suo tema, si diffondeva dal salotto, dove era sola e dalla finestra penetrava la luce del tramonto. Mentre l’ascoltavo, dalla cucina accanto, continuavo ad armeggiare tra pentole, cibo e coltelli.

    <

    Però ogni nove giorni è festa.

    Durante questo corso di studio ho imparato a colorare, a contare con i sassolini, a calcolare le frazioni e a ricopiare le lettere su tavolette incerate.

    Il nostro maestro non è romano, ma è uno schiavo greco che a volte viene anche in casa per aiutarmi con gli studi.

    Oggi è una bella giornata di sole e indosso una stola con sopra un mantello di stoffa bianca.

    Ai polpacci tengo legati dei sandali grazie alle stringhe e ai polsi e al collo indosso dei gioielli, che la mia famiglia si può permettere.

    Ora con i miei genitori ci stiamo recando al Colosseo con la biga, trainata dai cavalli.

    Ci stiamo avvicinando al centro della città di Roma e intanto che i cavalli ci trasportano, osservo il paese.

    Tutti stanno lavorando duramente, soprattutto gli schiavi, che quasi mi fanno compassione per la tanta fatica, per guadagnare un morso di pane.

    Secondo me l’Imperatore Caio Giulio Cesare è un po’ ingiusto, però, peccato che io non sono nessuno per mettermi contro.

    Le case sono povere, né un giardino con le fontane come il mio e i vetri non ci sono.

    Bene, siamo arrivati al Colosseo dove si tiene uno spettacolo organizzato dall’Imperatore.

    Oggi nell’anfiteatro è in programma una lotta tra gladiatori.

    Mentre cerco un posto dove sedermi, passo davanti alla loggia cesarea dove c’è Cesare: lo saluto Salve, Cesare imperatore. Cesare ha sempre un’aria di nobiltà e di dominio>>.

    Mi soffermai per ascoltare attentamente, godendomi le parole di mia figlia osservando, attraverso i vetri delle finestra, la luce del sole che tramontava oltre gli alberi del giardino.

    <

    Cleopatra ora si trova a Roma avvolta nella sua veste azzurra e la forte matita nera, passata attorno agli occhi allungati, la fanno apparire veramente bellissima.

    Ora i gladiatori hanno cominciato il loro spettacolo tra le grida e gli applausi del pubblico.

    È ora di andare a casa per la cena.

    La cena è il pasto più lungo della giornata che dura circa tre ore. Nelle famiglie più ricche, come la mia, si cena in compagnia di altri amici.

    Ci si sdraia su un letto sopra un lenzuolo che lo ricopre, poi si mangia pane, formaggio, verdura, uova, carne, ecc.

    Con la mano sinistra si tiene il piatto, con la mano destra si mangia il cibo, triturato con le mani dagli schiavi.

    Bè la mia giornata è tutta qui e sono contenta di appartenere ad una famiglia patrizia che mi permette di avere tutto ciò di cui ho bisogno >>

    Si fece improvvisamente silenzio nel salotto. Pensai che avesse terminato di leggere il lungo tema, svolto quel pomeriggio, e stesse riprendendo fiato. Ripresi le faccende senza commentare ma dal salotto:<> gridò.

    Non mi ero persa neanche una parola quindi espressi il mio giudizio:<> e lei rispose:<>. Quindi mi decisi. Abbandonai la cucina e raggiunsi il salotto. Mi avvicinai e, come facevo spesso per incoraggiarla, le mostrai il mio miglior sorriso di approvazione:<>.

    Il suono del campanello invase la stanza, interrompendo la nostra conversazione. Dissi:<>. La bambina, muovendo la sua folta chioma di capelli chiari all’indietro, si sollevò agilmente dal divano:<>.

    Aperta la porta esclamò:<> disse quasi gridando.

    Sentendo la voce riconoscendolo, tornai in cucina senza attendere che comparisse. <> lo sentii dire con la sua voce roca:<> e lui rispose:<>.

    La bambina l’anticipò nella risposta, ansiosa di poter entrare anch’ella nella conversazione:<> e continuo <>.

    Mi asciugai le mani e uscii dalla cucina. L’anziano, con pochi capelli banchi, occhiali da vista, per compensare la miopia della vecchiaia, stava seduto sul divano con il bastone al fianco e accanto la piccola Diana gli si era accovacciata, con il suo esile corpicino, ansiosa di riabbracciarlo. Lui la carezzava:<>. Lei, con gli occhioni vispi, dapprima sorrise felice per le parole ascoltate e infine sbuffò, un po’ sconsolata:<>.

    Il suo volto vissuto non traspariva allegrezza, malgrado il sorriso riservato alla nipotina preferita per rendersi compiacente alla sua presenza.

    Intervenni e dissi:<> e lui fingendosi sorpreso:<>. Diana senza rispondere sfogliò il quaderno qualche pagina indietro e poi fece:<>.

    Me ne tornai alle mie faccende, lasciandoli soli e sentii Diana leggere il secondo tema.

    <<I miei piedi avevano appena sfiorato il soffice terreno sabbioso. Avevo paura, ma ero troppo emozionata, stavo per fare un incontro con un alieno>> .

    Il nonno rimase in silenzio ad ascoltarla. Sapeva che alla piccola mancava la figura paterna, dopo la mia separazione, e lui sensibile ai sentimenti della nipotina, le faceva visita ogni volta che poteva.

    <

    Affondai la mia mano nella fine sabbiolina rossa del pianeta Marte.

    Così mentre aspettavo il mio incontro con un alieno cominciai a ritrarre la conformazione fisica del pianeta rosso.

    Ero talmente concentrata sul disegno che niente poteva impedire di bloccarmi.

    Poi ad un tratto lo vidi, si era proprio Lui, l’alieno.

    Immediatamente mi alzai di scatto, cominciai ad ammirarlo e la sua figura entrò nei miei occhi profondi.

    Aveva un corpo morbido, di colore verde smeraldo con dei lunghi arti affusolati.

    Il suo viso era sferico, ma questa volta di un verde più intenso.

    I suoi lineamenti erano bene in risalto, il suo sguardo era curioso.

    Aveva gli occhi di color verde erba fresca e nel punto in cui doveva sorgere il naso, vi era una ventosina appiccicosa.

    Se l’avessi toccato mi sarei attaccata le lisce mani come una gomma da masticare.

    La sua bocca era grande e carnosa e aveva la forma di una fragola, non proprio rossa a puntini neri, ma alquanto opaca.

    Le sue orecchie non erano altro che due antennine fluorescenti che facevano capolino dai suoi radi capelli. Esse erano sottili e terminavano con una ventosa verdastra sensibile a captare suoni e rumori estranei >>

    Terminato la preparazione della cena, tornai nel salotto, silenziosamente, senza interrompere la lettura, seguendo con attenzione il racconto descritto nel tema e mi sedetti sul divano di fronte.

    <<Più che capelli io li avrei definiti peluria, visto che dei sottili capelli grigi gli salivano dal collo fino al capo, come un percorso fatto di fragranti pop-corn quando esplodono e da mais si trasformano in fiocchi saporiti.

    Mi accorsi che il suo corpo era completamente ricoperto di ventose sparse in tutte le direzioni per l’intero corpo viscido, utile per difendersi dagli sbalzi di temperatura.

    La sua pelle verdognola assomigliava ad una zuppa di fave sbucciate.

    Con la mia mano avrei voluto curiosare tra la sua massa di capelli sparati per stabilire un piccolo contatto. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dal suo particolare corpo flaccido.

    Le braccia erano lunghissime, quasi quanto il corpo stesso.

    Erano attorcigliate e contorte come il percorso dell’intestino tenue.

    Terminavano con delle mani maestose e ruvide che gli servivano per toccare la terra incandescente del pianeta.

    Avevo l’impressione che fossero screpolate e rugose, avrei voluto accarezzarle, ma quell’antipatica della paura mi stava bloccando, impedendomi di andarlo a toccare.

    Colonie di alieni si stavano dirigendo verso una grossa navicella spaziale per consumare l’unico pasto del giorno a base di pillole macrobiotiche> >

    Improvvisamente il mio cellulare squillò, rompendo l’atmosfera della stanza e mi alzai dal comodo divano, spostandomi per rispondere.

    Diana si interruppe qualche istante e seguì i miei movimenti fino a che non uscii, allontana domi nella stanza accanto.

    Sentii la voce di mio padre:<> incitandola a leggere ancora. Marta non si fece pregare. Avere l’attenzione del nonno tutta per se, averlo accanto, sentire il calore del suo corpo, le infondeva sicurezza e la faceva sentire importante. L’espressione del nonno le fece capire che aveva scritto un bel racconto, che gli piaceva. Quella per lei era una grande soddisfazione. Si immerse nuovamente nella storia che aveva scritto e continuò la lettura.

    Mi ritrovai nello studio e a bassa voce, per non disturbare, risposi al cellulare:<<... Ah, sei tu... che c’è... cosa è successo>>.

    .

    <, non è successo niente. Come stai? I bambini stanno bene?>> chiesi con tono pacato mentre mi trovavo in servizio, su una autoradio dei carabinieri, e, insieme al mio collega che era alla guida, perlustravamo una via della nostra piccola cittadina. La gazzella scorreva tra negozi, dalle vetrine illuminate, e il traffico serale, non molto intenso, malgrado fosse iniziata la stagione autunnale.

    <> dissi tutto d’un fiato, nel timore di non riuscire a farlo in altro modo. Avvertii un pausa silenziosa mentre alla radio "S ei quattro da centrale, avete ricevuto l’appunto di ricerca?...confermo centrale, ricevuto" .

    Gli risposi nervosamente dopo aver assorbito la notizia, mentre udivo il fruscio dell’autoradio:<>.

    Con serenità le ribadii:<>. La mia freddezza era conseguenza del distacco che si era instaurato tra noi. Dovevamo ancora pagare lo scotto della recente separazione e i contatti provocavano ancora reazioni emotive e a volte anche rabbiose.

    Tagliai corto:<> e contemporaneamente un fischio irruppe nell’abitacolo dell’auto, penetrando attraverso il cellulare:<>.

    <centrale sta chiamando>> risposi e il mio collega:<> disse osservandomi ancora con il cellulare in mano e, allungando la mano destra, staccò il microfono e se lo avvicinò alla bocca :<>.

    "Sei zero da centrale quattro?.... sei zero da centrale mi sentite? " e lui ribadisce:<>.

    Stringo i tempi:<>. Frettolosamente chiusi la conversazione e ascoltai la comunicazione via radio. "S ei quattro portatevi in via Garibaldi numero undici, per un codice sei. Ripeto codice sei.. ". <> rispose l’altro collega alla guida dell’autoradio.

    Ricevuto l’ordine, la gazzella con la saetta rosso fluorescente, sulla fiancata laterale, e con i lampeggianti accesi che emettevano luminescenza alternata, riesce agevolmente a farsi largo e avere via libera, tra le auto in colonna, verso la propria meta .

    Interrotta la comunicazione con il mio ex, chiusi il cellulare piuttosto nervosamente e tra me, sfogandomi a bassa voce <>. Mentre pronunciavo quelle parole il mio sguardo si soffermò davanti ad un quadro che raffigurava il mio ex in divisa da carabiniere, con in testa un basco amaranto molto appariscente. Quello era lo studio arredato con un vecchio mobile, un computer e una piccola libreria. In quel locale, accanto al salotto, vi era ancora quella foto a cui tenevo molto. Tutti quei ricordi. Non avevo avuto il coraggio di gettarli via. Erano parte della mia vita e di quella di mia figlia. Vedere la sua immagine mi ricordava i bei momenti e mi faceva soffrire perciò evitavo di entrarvi ma in quel momento non avevo riflettuto. Mi ero allontanata dal salotto per non disturbare la serenità di mia figlia..

    Cercai di ricompormi e mi asciugai le lacrime che mi stavano scendendo sulle gote. Forse la rabbia o forse il dispiacere per l’impossibilità di avere una conversazione serena o forse la notizia che se ne sarebbe andato di nuovo in missione. Tutti questi fattori mi turbarono e attesi di recuperare un aspetto accettabile prima di tornare a mostrarmi in salotto.

    Abbozzai un sorriso. La lettura non era ancora terminata e Diana aveva ormai ipnotizzato il nonno col suo racconto fantasioso.

    <<Camminava nella mia direzione sempre più velocemente, avevo un po’ paura, ma restai immobile in attesa. Che cosa aveva intenzione di fare? Non appena mi fu davanti, sorrise in cerca di amicizia e conoscenza. Ora ero felice perché avevo conosciuto un nuovo pianeta, ma soprattutto avevo ottenuto l’amicizia di uno strano essere alieno. Infatti gli tesi la mano e stringendola riuscii a sentire un po’ di calore. Anche gli alieni hanno un cuore!!! >>

    Terminata la lettura ricevette i complimenti dal nonno, che la abbraccio calorosamente dicendo:<< E’ bellissimo. Sei molto brava>>. Lei tutta orgogliosa e soddisfatta:<>.

    All’anziano non era sfuggito il mio cambiamento di umore, dopo la telefonata appena ricevuta, anche se mi ero sforzata di mantenere una espressione serena di fronte alla mia piccola. A questo punto l’uomo prese l’iniziativa, vedendomi distratta e con la mente altrove, mentre osservavo nel vuoto oltre i vetri della finestra, con mille pensieri che mi passavano per la mente. Allontanò Diana dicendo:<>. <>. Il nonno continuò:<>.

    La bambina tutta soddisfatta e felice si allontanò verso la sua cameretta. Rimasti soli:<>. Lui domandò ed io mi distolsi dai miei pensieri e lo osservai mostrando il mio turbamento:<> e lui <

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