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Yahweh dio della guerra: Da “Signore degli eserciti” a Dio - Le origini del mito biblico
Yahweh dio della guerra: Da “Signore degli eserciti” a Dio - Le origini del mito biblico
Yahweh dio della guerra: Da “Signore degli eserciti” a Dio - Le origini del mito biblico
E-book357 pagine4 ore

Yahweh dio della guerra: Da “Signore degli eserciti” a Dio - Le origini del mito biblico

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Info su questo ebook

Cosa racconta l’Antico Testamento riguardo al Dio Unico?

Perché è chiamato “Signore degli eserciti”?

Yahweh, il dio dell’Antico Testamento, è figlio dei costumi tribali e patriarcali dell’epoca per cui razzie, saccheggi e massacri sono gli unici strumenti di sopravvivenza e conquista.

E, come le divinità assire e babilonesi, egli è un Dio guerriero, forte e brutale, mosso da spirito di vendetta soprattutto contro i suoi nemici e contro chi lo tradisce.

Possibile che la Bibbia racconti questo?

La Bibbia non è forse il libro che, secondo la Chiesa, è stato ispirato dallo Spirito Santo e che permette di giungere alla salvezza eterna?

Ciò che pensiamo di conoscere riguardo al messaggio salvifico della Bibbia è il frutto di elaborazioni teologiche successive. La realtà dei fatti è molto più terrena..

“Il volto reale di Yahweh non è quello di un dio amorevole ma di un guerriero sanguinario…”

Con questo libro scoprirai:
  • Mosè, Giosuè, Davide e Salomone erano generali assassini di Yahweh
  • Perché la Chiesa ha emanato una direttiva secondo la quale il nome di Dio YHWH non deve essere né usato né pronunciato?
  • Le vicende complete di Yahweh, Abramo e Isacco che giocano a Risiko con il mondo
  • … e molto altro ancora.
Un libro di Stefania Tosi
LinguaItaliano
Data di uscita28 feb 2022
ISBN9788833802763
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    Anteprima del libro

    Yahweh dio della guerra - Stefania Tosi

    Ringraziamenti

    Come sempre ringrazio la mia famiglia che anche in questo frangente mi ha sopportato (è il caso di dirlo...) nella stesura del presente saggio, che è stato completamente riscritto.

    Ci tengo molto a ringraziare la mia casa editrice, Uno Editori, che ha creduto nel progetto e voluto iniziare insieme un nuovo percorso di ricerca e crescita. Certe sincronicità, se colte, aggiungono un tassello all’infinito mosaico della crescita personale e della consapevolezza.

    Grazie ai lettori che vorranno accordare ancora una volta a Yahweh – Dio della guerra l’interesse e l’apprezzamento riscontrati con la precedente edizione.

    Ankh, Udja, Seneb a tutti!

    Introduzione

    Il più giovane dei figli di Iesse si chiamava Davide. Era di bell’aspetto, forte e dai capelli fulvi. Dopo essere stato scelto e consacrato dal sacerdote Samuele, Davide divenne re di Israele.

    Tutti amavano Davide, figlio di Iesse, l’unto del Signore. Era il più grande dei re, il più santo dei sovrani e il suo regno era grande, forte e temuto. Un giorno il re si appoggiò al muro di guardia del suo grande palazzo e con lo sguardo abbracciò il cielo terso, i campi rigogliosi di messi, i fiumi pieni di pesci e la sua città-fortezza. Poteva sentire al suo fianco la presenza di Dio, il Signore degli eserciti, e, se chiudeva gli occhi, lo immaginava annuire soddisfatto, mentre stringeva la spada fiammeggiante con cui lo aveva aiutato a sconfiggere i nemici di Israele.

    «Sì», disse Davide con sincero orgoglio. «Il mio regno è grande e invincibile».

    Un attimo. È andata davvero così? La storia che ci viene raccontata è documentata? Il mito del re prescelto, da cui sarebbe disceso il Messia, è vero oppure la narrazione encomiastica ha preso il sopravvento sul dato archeologico?

    Partiamo da qui, dal mito di re Davide, personaggio chiave delle tre grandi religioni monoteistiche, per iniziare la nostra riflessione sui racconti dell’Antico Testamento, letti e analizzati in italiano utilizzando la Bibbia cei nelle versioni 1974 e 2008.

    Perché usare la Bibbia in italiano e non in ebraico? Non sarebbe stato più rispettoso nei confronti del testo?

    Certamente la lettura nella lingua madre, senza alcuna forma di interpolazione linguista, sarebbe più genuina, tuttavia, il mio lavoro non è di natura esegetica (per questo ci sono eminenti studiosi ben più preparati di me), ma di osservazione storico-critica sulle discrepanze che esistono in ambito cristiano-cattolico tra quello che viene raccontato e quello che in realtà è scritto e sulle motivazioni alla base di alcune scelte interpretative. Per questo ho usato la Bibbia ufficiale della Chiesa cattolica, quella appunto della Conferenza Episcopale Italiana comunemente utilizzata nelle liturgie. È importante tenere a mente che riguardo alla Bibbia sussistono almeno due grandi distorsioni storico-interpretative:

    La prima è a opera dei redattori biblici post-esilio che hanno usato il testo per costruire sia la memoria e sia l’identità del Popolo eletto.

    La seconda dipende dalla Chiesa, cattolica, protestante e ortodossa, che si serve del Libro sacro come fondamento della sua stessa esistenza e, quindi, della sua influenza sulla vita dei credenti e non. Infatti, a prescindere dalle convinzioni personali di ciascuno, è fuori di dubbio che la Bibbia sia il testo che più di qualunque altro abbia condizionato l’Occidente dal punto di vista economico, politico e sociale.

    La Bibbia non è da ammirare a distanza, né da temere o da considerare troppo sacra o inutile per essere letta. Tutt’altro. La Bibbia è da leggere e rileggere poiché è il libro che ha cambiato (e cambia tuttora) la storia dell’Umanità. Per questo va conosciuta in ogni sua parte, anche quelle che generalmente vengono omesse o reinterpretate. Ecco, l’aspetto della reinterpretazione del testo è fondamentale, infatti molte affermazioni, episodi, racconti e nomi biblici sono stati aggiustati dalle autorità religiose per far coincidere ciò che si vuole raccontare con ciò che è riportato.

    La Bibbia è un testo che presenta inesattezze storiche, errori di traduzione, contraddizioni e invenzioni. E la Chiesa lo sa bene, infatti sottolinea che la finalità della Bibbia non è storica ma salvifica, poiché l’aspetto misterico e fideistico delle Scritture non risiede nel contenuto letterale ma nel messaggio celato oltre la parola. Per la Chiesa il testo sacro, quindi, dice sempre il vero non perché narra fatti realmente accaduti, ma perché è ispirato dallo Spirito Santo e tutto ciò che è scritto ha lo scopo di condurci alla salvezza¹. Salvezza di cui unica depositaria è, guarda caso, proprio la Chiesa.

    Oltre alle alterazioni linguistico-concettuali, vi sono gli inevitabili errori di trascrittura, di lessico e di grammatica commessi dai copisti nel corso dei secoli. Un esempio? La famosa mela² del giardino dell’Eden che non è mai esistita. Oppure, è molto curioso che Mosè, presunto autore del Pentateuco, abbia raccontato la sua stessa morte... Si potrebbe continuare a lungo, ma non è questo il tema del saggio.

    Quisquiglie riguardo cui la Chiesa commenta rimarcando il valore spirituale del Libro che difatti: è autentica bussola morale di ogni credente, contiene tutte le riposte che da sempre assillano l’Umanità e può rivelare il senso ultimo della vita umana. Quelle che abbiamo innanzi agli occhi sono Parole sacre, dettate da Dio agli uomini per il bene degli uomini.

    Ma se è vero ciò che la dottrina afferma, se sono questi i preziosi doni contenuti nelle pagine del libro più famoso della Storia, se la Bibbia è il libro di Dio, allora perché si discute tanto sul suo significato e valore?

    Perché non è come la dottrina sostiene. Il presente saggio, come altri, mette in evidenza proprio la discrepanza tra intenti e contenuto che porta, inevitabilmente, a rimodellare i confini del concetto di dio biblico e di mito biblico. Infatti, secondo quanto sostenuto dalla Chiesa, il Libro sacro non può semplicemente narrare di razziatori o mercenari in cerca di terre da saccheggiare, né il dio protagonista dell’Antico Testamento può essere soltanto l’espressione dei bisogni delle tribù che lo hanno elevato a propria divinità guida, giusto?

    Invece Dio ha un nome ed è Yahweh; ha una missione: far espandere le tribù di Israele che lo adorano nella terra di Canaan a danno delle popolazioni che vi risiedono; Yahweh non è buono, non è onnisciente, non è pacifico. Il suo epiteto più rappresentativo di fatto è Signore degli eserciti (o meglio di bande di seminomadi razziatori) che analizzeremo. Yahweh non predica salvezza celeste, ma obbedienza e dedizione, ricompensate con una vita terrena soddisfacente, con molti figli, molte mogli e molto gregge a esclusivo beneficio delle tribù di Israele, non dell’Umanità intera. Inoltre, molti personaggi del mito biblico come Mosè, Giosuè e Davide, divenuti modelli di riferimento spirituale per la loro bontà d’animo e saggezza, hanno commesso stermini e atroci massacri, a danno anche di popolazioni inermi.

    Ciò che faremo con la lettura di Yahweh – Dio della guerra è far parlare il testo senza secondi fini e ricordare sempre che i libri della Bibbia sono stati scritti da uomini in un contesto storico e con fini politico-religiosi. Questi ultimi elementi sono imprescindibili.

    Il passato riserva grandi sorprese e a volte ciò che crediamo vero, in realtà non lo è.

    Torniamo per un istante al Regno di Israele esistito 1000 anni prima di Cristo. Ciò che sappiamo ha avuto come fonte principale il racconto biblico, sulla cui traccia si sono compiuti numerosi scavi archeologici: l’obiettivo era riportare alla luce il grandioso passato di Gerusalemme, del grande Tempio, della magnificenza dei suoi edifici... Ma la Bibbia non è stata scritta mentre accadevano i fatti o a breve distanza di tempo, sono invece trascorsi secoli prima della redazione e lo sguardo retrospettivo ha modificato la memoria, il senso e il significato degli eventi.

    Le ricerche archeologiche hanno rivelato che il grande regno di Davide non è mai esistito.

    «Davide era un capo banda che raccoglieva attorno a sé membri del suo clan e sbandati [...] e il suo regno era una modesta formazione politica sotto l’egemonia dei Filistei», scrive Mario Liverani. Anche «della Gerusalemme del suo tempo non abbiamo resti archeologici indicativi»³.

    Non si mette in dubbio l’esistenza storica di Davide, poiché diversi reperti sembrano documentarla⁴, né quella del regno di Giuda, ma la presenza di una grande monarchia unita come descritta nella Bibbia; essa è infatti ancora da dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio. L’archeologia ci dice che nel X secolo a.C., cioè al tempo di Davide, non esisteva alcun grande regno e persino il popolo ebraico, con le sue caratteristiche precipue, doveva ancora formarsi.

    La discrepanza tra narrazione biblica e fatto storico si spiega con una semplice affermazione: la Bibbia non è un libro storico, non è un annale, né una cronaca. È stata redatta con altri scopi, primo fra tutti costituire il senso storico di un popolo sconfitto, deportato prima dagli Assiri e poi dai Babilonesi tra l’VIII e l’VI secolo a.C. Già negli anni Ottanta del secolo scorso la scelta di un approccio metodologico di tipo scientifico, che ha posto i racconti biblici al vaglio delle prove archeologiche, ha scosso le abitudini storiografiche consolidatesi nei decenni precedenti. L’approccio usato con Davide e il suo glorioso regno si può applicare con il mito dell’Eden, i Patriarchi, i Profeti e così via. Al testo dell’archeologo tedesco Werner Keller del 1955 io aggiungerei un essenziale punto di domanda: «La Bibbia aveva ragione?».

    Verifichiamolo con la fonte più importante: la Bibbia.

    Buona lettura.

    Gli attributi di Yahweh

    Pacifico

    • «Nel giorno dell’ira del Signore non vi fu né superstite né fuggiasco» (Lam 2, 22).

    • «Tu, Signore, Dio degli eserciti, Dio d’Israele, alzati a punire tutte le genti; non avere pietà dei perfidi traditori» (Sal 59, 6).

    • «Io stesso combatterò contro di voi con mano distesa e con braccio potente, con ira, con furore, con grande indignazione. Colpirò gli abitanti di questa città, uomini e bestie, e moriranno di un’orrenda peste. Parola del Signore» (Gr 21, 5-7).

    • «Alza la tua mano [Yahweh] sulle nazioni straniere, perché vedano la tua potenza» (Sir 36, 2).

    • «Yahweh prenderà piacere a farvi perire e a distruggervi» (Dt 28, 63).

    • «Yahweh colpì gli abitanti di Bet-Semes, perché avevano guardato dentro l’arca, ne uccise settanta» (1 Sam 6, 19).


    1 Dei Verbum 11.

    2 L’equivoco della mela nacque con la traduzione latina del testo, poiché il termine malum indica sia il male che la mela. Ma da qui si generò tutta una serie di testi e rappresentazioni artistiche in cui frutto e il melo coincidevano, e come tale è entrato nell’immaginario collettivo.

    3 M. Liverani, Oltre la Bibbia. Storia antica di Israele, Laterza, 2003 Bari, p. 104.

    4 La storicità di Davide è sostenuta da una stele della vittoria aramea rinvenuta a Tel Dan

    nel 1993, datata intorno all’850 a.C., in cui si legge casa di Davide, e dalla stele di Mesha, la quale presenta un’iscrizione in caratteri fenici che cita il Regno del Nord, un riferimento frammentario alla casa di Davide.

    1.

    Yahweh

    Come immaginiamo Dio?

    Anziano, saggio, pacato, gentile e con a cuore solo una cosa: la Salvezza dell’Umanità. Vive nell’Empireo, attorniato da angeli canterini e santi adoranti, pensa a noi e soffre per i nostri peccati. Dio ci ama, sentiamo ripetere spesso nei sermoni. Ci ama talmente tanto che ci lascia liberi di compiere il male, poiché solo così possiamo compiere il nostro cammino di redenzione. Ebbene, questo è il dio immaginato e propagandato dalla dottrina cattolica, ma non è Yahweh.

    Il dio protagonista dei racconti dell’Antico Testamento è un’altra cosa, non è un’entità spirituale, anzi ha un carattere violento, irascibile e vendicativo. Brama una terra occupata da altre popolazioni (Moabiti, Edomiti, Amaleciti, ecc.) e decide di ingaggiare una lotta spietata per conquistarla. Il suo epiteto più ricorrente non è buono o generoso, ma Sebaot o Signore degli eserciti. Riguardo a tale epiteto la Chiesa spiega che si tratta di «un’immagine marziale applicata a Dio per celebrare la trascendenza e la signoria cosmica»⁵; un gioco di parole per accordare la consolidata idea di Dio con la natura di Yahweh, amato dal popolo eletto in virtù della sua forza nell’annientare i nemici di Israele.

    A prova di ciò vi è il contesto storico: Canaan, la terra promessa da Dio al popolo di Israele dopo la fuga dall’Egitto, era da tempo occupata da popolazioni organizzate in fiorenti città-stato; nel Deuteronomio Yahweh parla chiaro, la Terra Promessa, sebbene data in eredità a Giacobbe, va conquistata. Ed è proprio questa l’essenza ultima del titolo Yahweh – Dio della guerra, poiché il nucleo delle vicende dell’Antico Testamento è principalmente bellico. Le popolazioni stanziate nella Terra Promessa devono essere sterminate e ridotte in schiavitù; non si può venire a patti con i nemici, né concedere la grazia. La cultura idolatra dei Cananei, che adorano El, Ba’al, Dagon, Mot, Anat, va annientata e per questo Yahweh ordina che siano demoliti gli altari, spezzati i cippi, dati alle fiamme gli idoli e uccisi gli idolatri. Oltre a ciò, anche il popolo va annientato.

    Così dispone Yahweh:

    «Nelle città di questi popoli che il Signore, il tuo Dio, ti dà come eredità, non conserverai in vita nulla che respiri»⁶.

    Oppure:

    «[...] colpirai a fil di spada tutti i maschi, ma le donne, i bambini, il bestiame e quanto sarà nella città, tutto il suo bottino, li prenderai come tua preda»⁷.

    È bene tenere a mente una cosa: Yahweh è il riflesso della mentalità delle tribù di Israele, fatte da «beduini razziatori, che si spostavano continuamente verso la costa, in cerca di territori su cui potersi fermare e in aspra lotta con le genti che già in precedenza si erano fissate sugli stessi luoghi, per esercitarvi l’agricoltura e forme più evolute di allevamento del bestiame»⁸. La barbarie consumata rispecchia il contesto violento in cui si svilupparono alcuni degli imperi più potenti della storia: i Sumeri (2550 circa a.C.), gli Accadi (235-215 a.C.); i Gutei e gli Amorriti; gli Assiri e i Babilonesi, gli Ittiti, gli Egizi. Un’area, per così dire, calda in cui le tribù d’Israele, per sopravvivere e affermarsi, potevano contare solo sulla loro capacità bellica. Per questo adoravano Yahweh, un dio guerriero che prometteva terra e ricchezza.

    Attorno ai fuochi, nel freddo della notte, i racconti epici di come Yahweh avesse creato il mondo, plasmato l’uomo e la donna, spartito le nazioni e promesso una terra di latte e miele al suo popolo, scaldavano i cuori degli uomini; e mentre affilavano le armi, non dubitavano che Dio sarebbe stato scudo e spada di Israele⁹ e ogni guerra sarebbe stata vittoriosa.

    È sempre esistita la guerra?

    La risposta potrà sorprendere, ma è no. Ciò non significa che non ci fossero violenza, soprusi o ingiustizie. Studi recenti hanno evidenziato che il sistema guerra, fatto di sterminio e devastazione e proseguito sino ai giorni nostri, si è sviluppato in maniera differenziata nelle varie regioni del mondo in un arco cronologico che va dal 8000 a.C., con le prime tracce certe di conflitti rinvenute nell’Iraq del nord, al 3000 a.C.¹⁰.

    Yahweh incarna l’indole del popolo che lo adora e che lo antropomorfizza: si siede sotto le querce di Mamre e mangia un pasto caldo, sul Sinai banchetta insieme a settantatré anziani di Israele; soprattutto è vendicativo, geloso e brutale. A tratti anche infantile, poiché insofferente innanzi alla potenza degli altri grandi dèi. Yahweh, il Dio onnisciente e onnipotente, si offende per le attenzioni riconosciute ai rivali, «nasconde il suo volto»¹¹ come farebbe un bambino imbronciato e poi promette una pioggia di castighi:

    «Accumulerò sopra di loro i malanni; le mie frecce esaurirò contro di loro. Saranno estenuati dalla fame, divorati dalla febbre e da peste dolorosa. Il dente delle belve manderò contro di loro, con il veleno dei rettili che strisciano nella polvere. Di fuori la spada li priverà dei figli, dentro le case li ucciderà lo spavento. Periranno insieme il giovane e la vergine, il lattante e l’uomo canuto»¹².

    E gli Israeliti si lamentano:

    «Tu ci nutri con pane di lacrime,

    ci fai bere lacrime in abbondanza»¹³.

    Il livore contenuto in queste parole non appartiene, secondo il mio pensiero, a un Essere Superiore e metafisico, ma all’animo umano, per natura spesso avido e meschino.

    Come mai Yahweh aveva tanta concorrenza? Gli Israeliti erano politeisti?

    In effetti nelle tribù di Israele erano ancora vive tradizioni politeistiche in cui si adoravano divinità antiche, quali El, Dagon, Astarte o Baal e proprio quest’ultimo, come spiegheremo più avanti, riscosse un particolare successo; ciò aiuta a comprendere perché l’affermazione del monoteismo di Yahweh sia stato difficoltoso. E per questo molti passi biblici riportano i continui lamenti di Yahweh verso il suo popolo, che lo tradisce, che adora altre divinità a cui offre libagioni e incensi.

    Così ammonisce Yahweh gli Israeliti: «Tu non devi prostrarti ad altro dio, perché il Signore si chiama Geloso»¹⁴ e poi minaccia di sterminarli¹⁵. Paradossalmente ciò che più di tutto aiutò il successo di Yahweh come unico Dio fu la sua sconfitta. Infatti, dopo che i regni di Israele e Giuda furono travolti dagli Assiri e dai Babilonesi, avvenne il processo di ripensamento della storia di Israele: cosa era successo? Perché Israele era stato sconfitto, umiliato e deportato? Perché Yahweh non era intervenuto? Come evitare che ciò si ripetesse?

    I redattori biblici, molto probabilmente a partire dal VI sec. a.C., ripresero la massa di racconti tramandati oralmente e trascritti in modo casuale, per riorganizzarla secondo motivi politici e teologici, e non con lo scopo di fornire una fonte storiografica. Il nome di Yahweh doveva legare la storia di Israele ed emergere come l’Unico Dio.

    E così iniziano le incongruenze che caratterizzano tutto il testo biblico, che non è un documento unitario ma un insieme di più fonti, cicli narrativi e leggende alla cui base vi sono importanti contaminazioni culturali dei popoli circostanti. È il caso del Libro della Genesi, che tanto deve ai miti delle origini di tradizione mesopotamica e in parte anche egizia. Così, ad esempio, la figura di Noè e il tragico evento del diluvio universale derivano da affini miti sumeri, accadici e babilonesi in cui l’eroe si chiamava ziusudra, Atraḫasis o Utanapištim.

    Il culto di Yahweh non è antico come si crede, ma risale all’età del ferro e non era esclusivista, pertanto condivideva gli altari con altre divinità siro-palestinesi; come detto, fu solo dopo l’esilio babilonese che egli divenne il dio unico degli Israeliti. Le sue origini restano oscure e, se per lungo tempo gli studi hanno sostenuto la sua appartenenza al pantheon cananeo, oggi si ritiene più probabile che Yahweh derivi da un culto nato fuori da Israele, forse nella regione di Madian¹⁶. Probabilmente il sincretismo operato dalle tribù di Israele, stratificato nel tempo, ha miscelato tanti e vari elementi divini: nel dio degli Israeliti sono infatti confluite ad esempio caratteristiche di El e di Baal di cui è stato assorbito soprattutto l’aspetto bellico:

    «nella Storia fenicia, scritta nel VI secolo a.C. da Sanchuniathon El viene descritto come un dio guerriero capace di imporsi in modo assoluto su tutte le altre divinità. Invece nei numerosi testi cultuali e rituali composti intorno al XIII secolo a.C. e provenienti dalla città siriana di Ugarit, il dio El, pur mantenendo ancora epiteti quali creatore delle creature, re e padre, sembra svolgere piuttosto un ruolo di secondo piano, mentre la figura del dio guerriero per eccellenza viene incarnata da Baal»¹⁷.

    La religione dei Cananei risulta pertanto fondamentale nel processo di formazione cultuale degli Israeliti i quali, anche se già avevano abbozzato il loro dio Yahweh, ne arricchirono il profilo caratteriale e simbolico, attingendo a divinità più antiche e diffuse nel territorio in cui si erano stanziati.

    I testi di Ugarit rappresentano la fonte meglio documentata della religione cananea, sviluppatasi nel II millennio a.C., la quale menziona una lista canonica di dèi in cui troviamo El (associato al toro, benigno, numinoso e saggio) e Baal (il potere divino immanente al mondo che mette in movimento le imprese o i fenomeni¹⁸) a cui si aggiungono Dagon, Athirat (Asherah), Anat e altri. Non è un caso che molti dèi di Ugarit siano citati nell’Antico Testamento. Proprio la presenza di Baal vi è ampiamente documentata e i riferimenti al dio sono 58 volte al singolare e 19 volte al plurale. Come riportato dagli antichi testi di Ugarit, Baal, il Signore, era un epiteto che identificava una grande divinità cosmica; pertanto, le epifanie descritte nella Bibbia sarebbero manifestazioni locali e diversificate della divinità. E, infatti, il testo biblico riporta il nome Baal connesso a diversi luoghi. Ad esempio: Baal-Gad¹⁹, Baal-Ermon²⁰, Baalà-Giuda²¹, Baal-Perasim²², Baal-Tamar²³, Baal-Peor²⁴, Baal-Sefon²⁵, ecc. Tali divinità trovano conferma anche in fonti extra bibliche come Baal-Sefon, dio del monte omonimo in Siria, spesso citato nel testi ugaritici²⁶.

    Non vi è dubbio che il culto di Baal fosse molto diffuso e praticato, oltre che dai Cananei anche dagli Israeliti. Quando si legge l’Antico Testamento diventa chiaro che Baal rappresentasse la minaccia più grande e duratura allo sviluppo esclusivo del culto di Yahweh. Il fatto è che quando gli Israeliti si stabilirono tra i Cananei entrarono in contatto con i culti locali tra cui spiccava quello per Baal, ritenuto fondamentale in quanto egli donava floridezza e fertilità al territorio con la pioggia da lui mandata. Senza la sua amorevole cura, la terra sarebbe inaridita e morta, e con essa ogni città e villaggio. Ciò aiuta a comprendere il favore incontrato da Baal anche presso gli Israeliti che dovevano vivere dei frutti della terra di Canaan.

    Sin dall’ingresso in Canaan fino alla caduta della monarchia, vi furono da parte del popolo d’Israele atti di devozione dei confronti del culto di Baal. Di ciò sono una prova la costruzione di altari in suo onore e anche i molti nomi teofori come Ierub-Baal²⁷, IsBaal, figlio di Saul²⁸, Merib-Baal, figlio di Gionata²⁹, Baal-Cana, figlio di Acbor³⁰. Poi vi sono le menzioni del nome Baal al di fuori della Bibbia e riferiti a singoli individui, come rivenuto su alcuni ostraca del IX secolo a.C. in Samaria³¹. Successivamente qualcosa cambiò. L’idolatria verso Baal e gli altri dèi andava estirpata con ogni mezzo ed è ciò che fecero Elia ed Eliseo di cui diremo poco più avanti.

    Rammentiamo che molte pratiche e idee religiose dei Cananei sono state adottate dagli Israeliti e ciò disturbava i sacerdoti di

    Yahweh. La presenza di altre divinità non era mai stata negata, come conferma il primo comandamento che recita «Non avrai altro dio», invitando pertanto gli Israeliti a mettere da parte gli antichi culti politeisti per abbracciare quello esclusivista di Yahweh. Il ricco pantheon politeista dei Cananei tra il II millennio e il I millennio a.C. è stato condiviso dagli Israeliti. Nell’antica Tel Hazor, la capitale di Canaan, è stato ritrovato un luogo di culto in cui si onoravano molte divinità, tra cui El, la sua consorte Athirat/Asherah, Sin e altri.

    Yahweh aveva una paredra?

    Ciò non è risolto. Pare però che, come diffuso in vari culti del Vicino Oriente antico, anche Yahweh avesse

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