Incenso: magie e rituali
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Elena Bortolini
Nata a Kabul, vive a Roma. Scrittrice, traduttrice, insegnante di scrittura creativa, studiosa di antropologia culturale e fitochimica, ha pubblicato sotto pseudonimo molti libri horror e noir. Per Hermes Edizioni ha scritto tra l’altro Il peperoncino e Curarsi con l’aglio.
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Anteprima del libro
Incenso - Elena Bortolini
COPERTINA
incenso.pngIncenso
image.pngMagie e rituali
Elena Bortolini
droppedImage.pngHERMES EDIZIONI - ROMA
droppedImage-1.pngCopyright
Incenso - Magie e rituali
di Elena Bortolini
ISBN 978-88-7938-337-0
I edizione digitale
© Copyright 2013 by Hermes Edizioni
Via Flaminia, 109 - 00196 Roma
www.edizionimediterranee.net
Versione digitale realizzata da Volume Edizioni srl - Roma
Il est des parfums frais comme des chairs d’enfants,
Doux comme les hautbois, verts comme les prairies,
Et d’autres, corrompus, riches et triomphants,
Ayant l’expansion des choses infinies,
Comme l’ambre, le musc, le benjoin et l’encens,
Qui chantent les transports de l’esprit et des sens.
Charles Baudelaire, Correspondances¹
Una traccia millenaria
image-1.pngIl fascino sottile del fumo d’incenso, simbolo di purezza e di leggerezza, che s’innalza verso l’alto, ondeggia, segue le correnti, profumando l’aria con il suo cuore ardente, affascina l’uomo da secoli.
Fin dall’inizio della sua storia, la sostanza resinosa che compone l’incenso occidentale tradizionale, detto anche franchincenso
o semplicemente olibano – considerato il capostipite di tutti gli incensi –, era considerata più preziosa dell’oro. Infatti, questa particolare resina aromatica è stata molto apprezzata nei paesi del bacino del Mediterraneo e in Medio Oriente (la prima traccia sull’uso dell’incenso è un’iscrizione su una tomba egizia del XVII secolo a.C.) ma anche nei paesi orientali come l’India, la Cina e il Giappone. Proprio in Giappone, l’incenso è protagonista di una vera e propria arte, il Koh-do, e sono stati i giapponesi a introdurre la forma a cono, presentandola al World’s Fair di Chicago nell’Ottocento.
E se l’incenso è citato nella letteratura vedica di 4000 anni fa, pare sia stato portato in Cina da un monaco nel 200 a.C. e che già durante la dinastia Tang (618-607) fosse diventato di uso comune.
La resina dell’incenso olibano è ricavata ancor oggi, come nell’antichità, da vari tipi di Boswellia (Burseracee), un albero-arbusto particolarmente diffuso nello Yemen, nell’Oman e nel Sudan, di difficile coltivazione poiché ha esigenze particolari: non sopporta la pioggia e cresce in climi molto secchi, ricchi di calcare, spesso in falesia dove si aggrappa alle rocce, e probabilmente a questo è dovuto il prezzo altissimo della materia prima, oggi ma ancor più nei tempi antichi.
La leggenda vuole che questo albero sia uno dei più antichi nella storia della Terra e non a caso la sua resina faceva parte dei doni portati a Gesù dai Magi in occasione della sua nascita, insieme alla mirra (che è un altro componente tradizionale dei vari incensi da bruciare, anche oggi) e all’oro². La presenza dell’incenso olibano tra i doni portati dai re a Gesù bambino è anche simbolicamente un passaggio di testimone dal Vecchio al Nuovo Testamento.
Delle lacrime d’incenso
³ si nutriva la Fenice, ed è proprio da quest’albero che ha preso i rami, insieme a mirto, incenso, sandalo, legno di cedro, cannella, mirra e altre piante, per costruirsi il nido⁴, che poi si incendierà dando così inizio a un nuovo ciclo vitale del leggendario volatile.
Secondo Ovidio, il primo albero di incenso era nato da Leucotea, sedotta con l’inganno da Apollo e punita dal padre Orcamo, re degli Achemenidi, che la seppellì viva per aver perso la verginità. Apollo, dopo aver cercato inutilmente di liberarla, l’aveva trasformata in un albero di incenso.
L’uso dell’incenso è citato anche da Virgilio nell’Eneide e da Erodoto che ne parla riguardo al suo utilizzo tra gli Assiri e i Babilonesi.
La zona in cui crescono gli alberi di Boswellia con la resina giudicata di qualità più alta è quella di Dhofar; qui si pensa che l’albero sia un dono di dio, quindi non è coltivato ma cresce spontaneamente. Purtroppo alcuni recenti studi indicano che la popolazione di Boswellia sta diminuendo a un ritmo allarmante. La raccolta della resina è possibile quando la pianta ha più di tre anni. La stagione della resina dura pochi mesi, circa da gennaio a maggio: si praticano delle incisioni di circa tre centimetri di lunghezza nella corteccia dell’albero con uno strumento chiamato manqaf (detto anche mengaff o minquaf), poi viene rimossa una parte della corteccia, rivelando la parte interna di colore rosso. La resina cola fuori e il liquido che scorre sulla corteccia viene raccolto dopo tre settimane.
I vari tipi di resine vengono classificati diversamente in funzione del colore e della consistenza, del periodo in cui sono raccolti, della dimensione, del profumo.
Ai tempi degli antichi Romani, il preziosissimo incenso era fonte di enormi commerci, ed era trasportato da carovane composte da migliaia di cammelli che risalivano la famosa Frankincense trail – la via dell’incenso – iscritta dall’Unesco tra i luoghi definiti Patrimonio dell’Umanità, insieme all’oasi di Shisr, ai porti di Khor Rori e al-Balid, al wadi Dawka: l’incenso olibano veniva trasportato dalle carovane di cammelli fino a Gaza, o via mare fino all’India, Roma, Grecia e Cina; di questi commerci si trovano tracce fin dal 1000 a.C. Il percorso principale anticamente partiva dal porto di Dhufar fino al porto di Qana, poi passava dall’Arabia Saudita, via terra, per il trasporto per Atene e Roma: solo per la Grecia, Roma e il Mediterraneo nel II secolo d.C. si registra una vendita annuale di più di 3000 tonnellate e, ancor prima, Plinio il Vecchio riferisce che Nerone aveva bruciato l’intera produzione annuale di incenso al funerale della moglie Poppea in segno di lutto (questo dopo averne causato lui la morte, avendo dato alla moglie incinta un calcio al ventre).
Una tappa della via dell’incenso era Petra, con la sua casa del tesoro
interamente intagliata nella roccia; superate le porte, ci sono enormi locali che si è ipotizzato fossero proprio depositi per le resine, la mirra, gli oli essenziali.
C’è da dire che la Boswellia non è l’unica pianta da cui viene ricavato l’incenso: nel resto del mondo, e nel corso della storia, per fabbricare l’incenso sono stati usati molti e diversi materiali, a seconda della disponibilità sul posto, o a seconda dei movimenti di popolazioni che hanno portato nuove usanze nei paesi di destinazione.
droppedImage-2.pngAlbero di Boswellia
Nella stessa parte del mondo era molto apprezzata la mirra (Commyphora myrra), pianta che cresce nella penisola arabica, in Africa e in India, conosciuta dai Fenici e da loro trasmessa ai Greci, fin dall’antichità usata come balsamo.
La leggenda vuole che Mirra fosse una bellissima donna, figlia del re di Cipro, e che, innamorata del padre per un sortilegio, lo avesse ubriacato per fare sesso con lui. Per sfuggire alle ire del padre imbestialito quando lui aveva scoperto di essere stato costretto dalla figlia a una relazione incestuosa, Mirra aveva pregato gli dei di aiutarla e questi l’avevano trasformata nel profumato arbusto che diede alla luce Adone. La mirra è un