In viaggio con l'Arcangelo
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Grazia Francescato
Laureata in lingue e letterature straniere all’Università Bocconi di Milano, politica, giornalista e ambientalista, ha collaborato alle più importanti riviste del settore, quali Airone, Natura oggi, Oasis. È stata corrispondente all’estero per l’Ansa, conduttrice del programma Geo su RAI Tre e inviata speciale in Africa e in America latina per la trasmissione Il viaggiatore, sulla stessa rete. Impegnata nel movimento ambientalista è stata consigliere regionale e presidente del WWF Italia. Membro del consiglio del WWF internazionale è stata presidente dei Verdi dal 1999 al 2001.
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Anteprima del libro
In viaggio con l'Arcangelo - Grazia Francescato
COPERTINA
in_viaggio_arcangelo.pngIn viaggio con l’Arcangelo
image.pngGrazia Francescato
Prefazione di Guido Ceronetti
logo.pngCopyright
In viaggio con l’Arcangelo
di Grazia Francescato
Prefazione di Guido Ceronetti
ISBN 978-88-272-2380-2
Prima edizione digitale 2013
© Copyright 2013 by Edizioni Mediterranee
Via Flaminia, 109 - 00196 Roma
www.edizionimediterranee.net
Versione digitale realizzata da Volume Edizioni srl - Roma
droppedImage.pngPrefazione
image-1.pngCara Grazia,
ti serviranno, queste mie righe di apertura al tuo libro, per i tuoi rapporti col genere umano, o con le superiori entità angeliche? Potrei orientarle meglio, sapendolo. L’essenziale è però che, in qualche modo, non ti siano inutili. Ma io sono più ascoltato tra gli angeli che tra gli uomini e conto molto su una loro buona accoglienza, quella che quaggiù viene prosaicamente detta premio alla carriera
. Un mio biglietto inviato a loro non sarà sprecato. Del resto, già ti sono piuttosto favorevoli, perché apprezzano molto chi non abbia la presunzione di essere despota di se stesso, chi cerca aiuto nel mondo invisibile, chi scruta l’orizzonte turato dagli schemi brutali della Morte di Dio in cerca di una breccia, per poter pregare e sognare ancora.
In verità, io ho cercato Dio e trascurato gli angeli, che in figura e uffici di custodi oggi sono rientrati nelle voghe del tempo, grazie specialmente alle restaurazioni e al mercato pervasivo della New Age. La solitudine e la depressione infuriano, quando non è l’ora dello psicofarmaco s’inghiotte un angelo. Dal tuo racconto di testimonianza appare chiaro, invece, che fu l’angelo (specificato come Michele, detto il Grande Principe nel libro di Daniele) a cercare te lungo le tue rotte angeliche tra i disastri e le meraviglie superstiti – orfane di custodi – del pianeta inquinato, agonizzante sotto il peso del male umano. Da lui cercata, tu hai avuto la sensibilità di rispondere alla chiamata, di non lasciarla cadere: catapultata nella fossa dei leoni della torva e deprimente politica italiana, l’angelo ha provveduto a sostenerti meglio di qualunque conta di voti e, anche dopo il tuo soggiorno tra gli indelebili miasmi romani, resterà con te...
Una condizione perché ti sia fedele, l’unica direi: che fedele a te stessa, ai tuoi ideali rimanga tu. Non offendere l’angelo
raccomanda Borges in una sua tarda poesia (in La cifra, 1982). L’angelo, non importa abbia un nome... Neppure quello di Rilke, nella Via Lattea delle Elegie Duinesi, ha un nome... Ma è significativo che, da un’epoca di nichilismo cieco, di rinnegamento dell’infinità del Non-sperimentabile, si alzi nel primo verso della prima Elegia, un bisogno lirico di risposta angelica:
Chi, se io grido, mi udrà dalle schiere degli angeli?
. Ti dicevo di averli trascurati, forse non è del tutto così... Dimenticavo che a un certo punto, nel mio lavoro di animatore di marionette, meditando sul verso della quarta Elegia, che accosta la Marionetta e l’Angelo, scoprii che senza l’angelo a tenerne i fili la marionetta resta, vani i nostri sforzi, inanimata.
Le vere mani, la vera voce, vengono ex alto, non dall’alto del castelletto soltanto.
Taxiarchis: tu ami chiamarlo così, il tuo. È il nome che ne hai udito la prima volta, quando già ti stava chiamando, in una piccola isola greca dove ha un santuario. Taxiarchis come familiare designazione di Michele – nel cristianesimo san Michele Arcangelo, uno dei quattro supremi dell’angeologia ebraica. In greco antico Tassiarco è il comandante militare, corrispondente (piuttosto all’incirca) a un moderno generale di brigata. Il nome neogreco sottolinea il ruolo tradizionale di Michele, comandante di brigate che compiono alla spiccia missioni energiche di salvataggio (tipo Entebbe, dove Michele, il custode di Israele, ebbe certamente una parte decisiva). Ma non mi domandare perché questo potentissimo Comandante tante volte non si muova affatto, e lasci che il male prevalga, come Rokossovskij quando a Varsavia il ghetto insorto agonizzava.
Ogni angelo, dice più d’una volta Rilke, è tremendo (schrecklich) e un grande poeta non sbaglia mai l’aggettivo.
Ogni angelo, vorrei dire io, è ambiguo. L’errore è di considerare gli angeli angelici. Immaginarli come vaghe meduse trasparenti, agnellini mai usciti dall’infanzia, esseri pieni di candore destinati a essere raggirati dalla furbizia e dalla brutalità umane, scacciati come l’angelo della Visita meravigliosa (adorabilmente stupido) di Wells.
Meglio pensarli (e che siano) tremendi, Grazia, e tu dal più tremendo sei stata scelta.
Ti sia dunque accanto sempre: da te non sarà ferito.
Ti sia accanto nel tuo disperatissimo combattimento per salvare qualcosa che ancora abbia sapore di vita in un mondo che si sta ferocemente garrottando con le proprie mani. Ti sia accanto (e concertate insieme colpi duri, mai compromessi) in questa arresa Italia che brucia gli alberi e abbandona alle ecomafie e alle trivelle dei petrolieri i suoli, le città ai fiumi e alle tenebre, gli animali ai torturatori e, a te sorridente, contro empi, malvagi, transgenizzatori, fautori del disastro abbia ipergrinta il grande Taxiarchis che in tunica di lino bianca guida i tuoi viaggi, e la cui spada ti guarda.
Guido Ceronetti
Introduzione alla seconda edizione
image-2.pngSono passati quasi undici anni dalla prima edizione del libro che avete tra le mani. Non undici anni qualsiasi, ma la prima decade di un nuovo secolo, di un nuovo millennio. Un passaggio epocale.
Ho scritto In viaggio con l’Arcangelo nel 1999, in un momento molto particolare, alle soglie di una svolta radicale nella mia vita.
Avevo preso una tregua dalla mia militanza ambientalista – lasciando la carica di presidente del WWF-Italia, assunta nel 1992 – soprattutto per stare vicino a mia madre, che viveva allora i suoi ultimi giorni.
Ricordo di avere scritto il libro – che sintetizza un percorso di dieci anni, dal 1989 (quand’ero inviata di Airone, una rivista ambientalista all’epoca molto nota) fino appunto al 1999 – in uno stato di profonda, a tratti quasi ipnotica, concentrazione.
Una sorta di discesa agli inferi (se per inferi intendiamo gli strati più segreti e oscuri del nostro essere) che si rivelò per paradosso, in una sorta di sorprendente rovesciamento (come i mondi sottosopra dei quadri di Chagall), un’ardua salita verso l’alto (non scomodo le sfere paradisiache, perché la Vox Loica, che nel libro è ironica e spesso arcigna custode delle ragioni della Ragione
mi bacchetterebbe all’istante).
Finita la scrittura, nel giugno 1999, mi guardai intorno per cercare un editore. Ma il mese seguente, del tutto inaspettato, deflagrò il cambiamento: mi venne offerta la presidenza dei Verdi, entrai in politica. Nel giro di pochi giorni mi ritrovai seduta tra i leader dell’Ulivo, a quel tempo al governo.
Non mi pareva il caso, visto il mio nuovo ruolo pubblico, di pubblicare un libro sfacciatamente privato, che avrebbe rivelato il mio più intimo paesaggio interiore.
Temevo, inoltre, gli inevitabili frizzi e lazzi che quel tipo di confessione spirituale avrebbe suscitato nel mondo politico (e in quello dei media che gli fa da corollario). Mondi non tanto laici – il che andrebbe benissimo – ma perlopiù così cinicamente secolarizzati da considerare la spiritualità
(quella davvero vissuta, per quella proclamata c’era e c’è conclamato spazio) una stravaganza da beghine o un tocco di colore
.
Misi quindi nel cassetto il dattiloscritto (sì, dattiloscritto, artigianalmente pestato sui tasti della mia beneamata Olivetti Lettera 32, che ancora conservo come un cimelio) intenzionata a non farlo uscire per tutta la durata della mia esperienza politica.
Ma il mio destino aveva deciso altrimenti.
Nel libro, come state per leggere, racconto un viaggio che si snoda dalle foreste dell’Amazzonia all’isola greca di Simi, dalle Azzorre alla remota finis terrae della Patagonia cilena. Itinerario che si intreccia con un percorso interiore ritmato da uno stillicidio di coincidenze, sincronie, destini incrociati, costantemente segnati da una presenza: quella dell’Arcangelo Michele (o del suo archetipo, se preferite).
Poiché sono sempre stata – e mi ritengo tuttora – sostanzialmente laica, ho dato un ruolo da protagonista alla voce della Ragione
. La mia Vox Loica, come l’ho denominata, è il richiamo alla necessità del rigore razionale, dell’ironia e dell’autoironia per evitare la deriva nelle lande fascinose ma infide dell’Inconscio o del Mistero.
Non mi aspettavo, però, che le coincidenze e i segni griffati Michele
sarebbero continuati, ancora più fitti, anche dopo la scrittura del libro, letteralmente costringendomi, dopo più di un anno di resistenza, a vincere le mie perplessità e a pubblicare In viaggio con l’Arcangelo (che uscì dunque nella prima edizione a fine novembre del 2000).
Ci vorrebbero centinaia di pagine per dar conto di tutti gli incontri non casuali, delle sorprendenti sincronie, delle quasi assillanti rispondenze che mi fecero gettare alle ortiche la mia decisione di non pubblicare il libro. Ne citerò solo qualcuno, a titolo di esempio.
La prima riguarda la trascrizione del testo: alle prese con le bizze del mio PC, che all’epoca non riuscivo a padroneggiare (sono arcaica, il mio rapporto con la tecnologia è di utilizzo forzoso, permeato da una mai rimediata diffidenza) chiesi alla mia fidata ex segretaria, Monica Muti, di riscrivermi il dattiloscritto sul suo computer. Per una serie di contrattempi Monica fu costretta ad interrompere il lavoro a metà.
Cercai quindi un’altra persona a cui affidare il compito; trovai per caso una richiesta di lavoro nella bacheca del tabaccaio vicino a casa mia, rintracciai la firmataria, si chiamava Giuliana S. e si mise subito all’opera.
Il giorno dopo, mi telefonò.
Scusi se la disturbo
; sentivo nella sua voce l’esitazione di chi teme di sbilanciarsi. Ho cominciato a ricopiare il dattiloscritto… e… non posso crederci, sono stupefatta...
.
Che succede?
domandai incuriosita.
Succede che nella prima pagina che Lei mi ha dato da ribattere si parla di una certa Corallina che è riuscita a liberarsi dalla droga mediante la meditazione sul fior di loto...
.
Sì, e allora?
incalzai.
Allora... È successo anche a me. Qualche anno fa ho superato una grave anoressia grazie alla lettura di alcuni testi buddhisti e alla meditazione sul fior di loto...
.
Convenimmo che era una singolare coincidenza: su 260 pagine dattiloscritte, le era toccato di cominciare proprio dalla vicenda di Corallina.
Non basta: con tutte le persone che fanno questo lavoro in una grande città come Roma, lei ha affidato il compito proprio a me… e senza neppure conoscermi...
aggiunse sbigottita.
Ovviamente mi chiese di leggere la prima parte del libro, che non le avevo dato, per saperne di più. Stimolata dalla lettura, raddoppiò lo zelo, consegnandomi il lavoro a tambur battente.
Mi raccomando
ingiunse, faccia presto, lo pubblichi subito!
.
Niente paura
la rassicurai, per la fine dell’anno sarà in libreria
. Intendevo ovviamente la fine del 1999. Non sapevo, allora, che la mia entrata in politica avrebbe rallentato di un intero anno la pubblicazione.
Anche la prefazione di Guido Ceronetti – forse il più profondo ed inesorabile tra gli scrittori italiani – è frutto di un incontro segnato
da arcangeliche ali.
Al termine di una lunga intervista che mi fece per il quotidiano La Stampa dopo la mia elezione a presidente dei Verdi, ci ritrovammo a parlare si spiritualità, di angeli, di dimensioni sottili.
Gli confidai il mio disagio: il mio ruolo pubblico mi costringeva a tenere segreta la mia ricerca spirituale, che però riemergeva ostinatamente, come un fiume carsico. Era una diversità cui mi era impossibile rinunciare ma che, nel contempo, non volevo e non potevo rendere palese per i motivi che ho già spiegato.
Tieni un piede nell’invisibile e un altro nella materia: camminerai benissimo
mi confortò Ceronetti mentre si avvolgeva, con un tocco di civetteria teatrale, nella ruota di in un nero tabarro
. Quanto al libro, perché non dovresti pubblicarlo? Tu trova il coraggio e l’editore, ti prometto che io scriverò la prefazione
.
Promessa che avrebbe puntualmente mantenuta: la sua prefazione, che tra breve leggerete, è sfolgorante e tremenda, come l’Angelo che lo scrittore evoca.
Nonostante l’incoraggiamento di Ceronetti, le mie titubanze mi tennero sulla corda ancora per parecchi mesi. Ma la raffica delle sincronie e dei segni si fece così densa da sgretolare via via il muro della mia resistenza.
Il culmine venne aggiunto nel giugno del 2000, quando un noto giornalista e direttore di rete RAI, Gabriele La Porta, a conoscenza del dattiloscritto nel cassetto grazie ad alcune coincidenze micheliane
che già ci avevano legato, venne a casa mia per un’intervista con la sua troupe.
Ne approfittò per chiedermi del libro. Dissi che non volevo pubblicarlo, non ancora.
Fallo leggere almeno a me
mi incitò, e tieni conto che il mio editore, Alessandro Bacci, proprietario della casa editrice Idea Libri sarebbe pronto a farlo uscire...
.
Mentre io continuavo a schermirmi, la troupe collocava nel mio studio un ombrello’ per le luci necessarie all’intervista. D’improvviso il collegamento tra i fili saltò. Il cameraman se ne uscì con un’imprecazione...
Accidenti, sono bruciati i fili... Mi tocca sostituire la lampadina".
In quel preciso istante, vinta dalle insistenze di Gabriele, gli stavo allungando, con un sospiro di rassegnazione, il dattiloscritto di In viaggio con l’Arcangelo.
E in quel preciso istante, le luci si riaccesero.
I tecnici della troupe