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Facciamoli mangiare questi bambini: Il progetto Good Food
Facciamoli mangiare questi bambini: Il progetto Good Food
Facciamoli mangiare questi bambini: Il progetto Good Food
E-book126 pagine1 ora

Facciamoli mangiare questi bambini: Il progetto Good Food

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Info su questo ebook

“L’idea, in principio quasi inconcepibile, era rapidamente diventata estrema e poi, con altrettanta facilità, eccola divenuta accettabile. Agendo sapientemente sul linguaggio e sul marketing culturale era stato possibile viaggiare ad andatura spedita. Ma Goodenough non si illudeva. Sapeva bene che ora era in corso il passaggio più delicato: da accettabile a ragionevole. Un passo che a sua volta avrebbe fatto da piedistallo al colpo finale: rendere il concetto talmente ovvio da impedire che potesse incontrare resistenze e imprimergli il sigillo della legalizzazione”.
In questo racconto noir si immagina, con un sorriso sarcastico, come un’idea raccapricciante possa diventare plausibile e perfino auspicabile. Un apologo ambientato in un futuro indeterminato. Ma che riguarda la nostra realtà.
Aldo Maria Valli, giornalista, è titolare del popolare blog “Duc in altum”. Per Chorabooks ha curato il libro di monsignor Carlo Maria Viganò “Nell’ora della prova” ed ha pubblicato i volumi “Non abbandonarci alla tentazione”, “Claustrofobia”, “Le due chiese”, “Uno sguardo nella notte. Ripensando Benedetto XVI”, “L’altro Vaticano II”, “La trave e la pagliuzza”, “Ai tempi di Gesù non c’era il registratore”, “Non ponti ma scale” (con don Francesco Ricossa). Con Aurelio Porfiri ha scritto la trilogia composta da “Sradicati”, “Crepuscolo” e “Decadenza”. 
LinguaItaliano
EditoreChorabooks
Data di uscita16 mar 2023
ISBN9791222081717
Facciamoli mangiare questi bambini: Il progetto Good Food

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    Anteprima del libro

    Facciamoli mangiare questi bambini - Aldo Maria Valli

    Presentazione

    Cannibali e finestre di Overton

    Prendete un oscuro professore di antropologia di un’oscura università. Aggiungete un oscuro progetto voluto da un oscuro Maestro. Metteteci un’oscura tenuta agricola, un’oscura artista e altri oscuri personaggi. Che pietanza ne verrà fuori? Certamente qualcosa di molto oscuro. Ma in che senso? Beh, se lo chef fosse uno Stevenson, potremmo avere un romanzo gotico alla «Dr. Jekyll e Mr. Hyde». Se fosse una Mary Shelley, ecco un horror alla «Frankestein». Se fosse un Huxley, avreste una distopia alla «Brave New World». Invece da un apprendista cuoco come il sottoscritto ne salta fuori un fumetto che, strizzando l’occhio un po’ a P. G. Wodhouse («Jeeves», «Il castello di Blandings») e un po’ a David Lodge («Il professore va al congresso», «È crollato il British Museum») mette in pentola generose dosi di satira, ci spruzza sopra l’aceto del sarcasmo, ci butta dentro una manciata di umorismo nero, qualche goccia di irrisione e… Ecco servito «Good Food!».

    Lo ripeto: è un fumetto. Una specie di barzelletta. Per passare qualche ora in compagnia e ridere (amaramente) insieme. Nessuna pretesa, da nessun punto di vista. Il che non toglie che anche le barzellette, a volte, possano contenere piccole verità.

    Il Good Food, il buon cibo in questione, è qualcosa di innominabile. Eppure, nel mondo immaginato nel fumetto, in un futuro non troppo lontano, è sufficiente l’iniziativa di un manipolo di squinternati perché un comportamento inizialmente inconcepibile diventi semplicemente estremo e poi, nell’ordine, accettabile, ragionevole e perfino raccomandabile.

    Se la successione vi dice qualcosa, avete colto nel segno. Trattasi della cosiddetta finestra di Overton, il meccanismo che deve il nome al suo teorizzatore, Joseph P. Overton, e che vediamo spesso applicato.

    Per capire in che consiste, possiamo immaginare di trovarci in una stanza con un’unica finestra entro la quale è contenuto lo spettro delle idee socialmente accettabili. Tutto ciò che si trova all’interno della cornice costituita dalla finestra è ammissibile; ciò che si trova al di fuori della cornice è intollerabile. Ma la finestra ha una particolarità: anziché essere fissa, si sposta lungo una rotaia e può quindi scorrere, da destra verso sinistra o viceversa. Dunque ecco che i valori, le idee e i comportamenti che in un dato momento si trovano fuori dalla cornice possono, in un altro momento, essere invece al suo interno. Ciò che prima era inaccettabile, può così diventare accettabile. Tutto dipende da dove si trova la finestra. Ovvero, tutto dipende da chi la muove e da come la fa scorrere.

    In genere l’esempio è quello fornito dagli Stati Uniti degli anni del proibizionismo, quando per un certo periodo fu considerato ragionevole introdurre il divieto di vendere alcolici. Poi però la finestra si spostò, ed ecco che lo stesso divieto da ragionevole divenne assurdo, tanto che oggi è considerato inammissibile.

    Ora, finché si parla di consumo di alcolici si è in un campo ancora piuttosto soft, ma se provassimo con qualcosa di ben più hard?

    L’idea mi è venuta leggendo «Coraggio! Manuale di guerriglia culturale», nel quale François Bousquet, a dimostrazione del fatto che qualunque idea o comportamento può essere sottoposto alla finestra di Overton, propone l’esempio del cannibalismo. Sissignori, ho detto cannibalismo.

    Bousquet, che a sua volta precisa di aver preso ispirazione da un blogger, dà istruzioni piuttosto sintetiche ma chiare (oltre che drammaticamente esilaranti). Si incominci con l’organizzare un bel convegno sul cannibalismo, con la partecipazione di etnologi famosi. Si scelga una location attraente. Nel programma del congresso si citi un caso esotico. Si faccia in modo che il congresso abbia risonanza e successo. Si manovri in modo tale che gli atti del congresso siano pubblicati da un ateneo prestigioso e il tema, uscito dai soli circoli specialistici, entri nel dibattito pubblico. Si arruolino a tal fine artisti, divi del cinema, influencer e altri personaggi famosi che dichiarino quanto è bello e utile praticare il cannibalismo. Ci si accerti che a tali personaggi si opponga un noto reazionario, uno di quei conservatori impresentabili, bacchettone e pure sovranista. Si sfrutti la disputa per dimostrare che essere contro il cannibalismo è da insensati tradizionalisti. Ci si applichi al lavoro di attenuazione lessicale (abbandonata la parola cannibalismo, si adotti, per esempio, antropofilia). Si manovri perché una drag queen alla Conchita Wurst o una band pro LGBTQI vincano l’Eurofestival della canzone e nell’occasione dichiarino di essere anche a favore dell’antropofilia. Si renda noto che George Clooney, il Dalai Lama e Lady Gaga sono antropofili. Si parli del cannibalismo sexy, pop, trendy. Il cursore ormai si è spostato notevolmente, la finestra di Overton ha viaggiato ed ecco che da un giorno all’altro i più famosi conduttori televisivi si proclamano antropofili, il legislatore depenalizza il cannibalismo e la Walt Disney acquista i diritti della serie «Hannibal» per trarne una versione da destinare ai bambini, con protagonista un giovanissimo criminale antropofago. Vittoria!

    Più o meno, «Good Food!» racconta di come un’idea inconcepibile e raccapricciante possa diventare, attraverso opportuni passaggi, un diritto-dovere, riconosciuto e tutelato in quanto nuova frontiera del comportamento più ecosostenibile. Con un particolare, e cioè che nel mio fumetto mi sono spinto ben oltre la semplice antropofagia.

    Direte: esagerazioni assurde. Lascio a ciascuno la valutazione. Comunque, l’ho detto subito: il mio è un fumetto, una barzelletta. E nei fumetti i personaggi mica si attengono alle regole della fisica sperimentale. No, loro si allungano, si accorciano, si spiaccicano ma si rialzano, cadono e rimbalzano, possono cambiare forma e colore, infischiandosene del buon senso. E io ho fatto lo stesso.

    Comunque. Neanche il tempo di terminare il mio racconto ed ecco che, compulsando il web, scopro che è tutto un fiorire di libri, film e serie tv sul cannibalismo. Non solo. Ecco che in California vengono presentati progetti di legge per estendere l’accesso all’aborto e addirittura di consentire l’uccisione di bambini nati vivi dopo tentativi di aborto falliti. La finestra di Overton è in movimento e il vecchio detto secondo cui la realtà supera la fantasia rischia di trovare conferma molto più velocemente di quanto possiamo immaginare.

    Chiudo con un’annotazione che dovrebbe essere superflua, ma non si sa mai. Non state a cecare sulla cartina la località di Brainy, la contea del North Nowhereshire, né Benbecula nelle Isole Blatand o il Monte Kinabalu o la tenuta di Arivunculoola eccetera. E non compulsate il web alla ricerca di un etnologo e antropologo di nome Goodenough o di un certo Tristan Boring che insegna Joie de vivre o di un’eccentrica artista che si chiama Abaigeal O’Sullivan. Il tutto appartiene unicamente a questo fumetto, un po’ ingenuo e un po’ grottesco. Prendere o lasciare. Se prenderete, e vi farete quattro (amare) risate con me, ne sarò felice. Se lascerete, vi capirò.

    Dunque, ecco a voi «Good Food!» E, come direbbe qualcuno, buon pranzo!

    Personaggi, in ordine di apparizione

    Percival Goodenough, professore di Etnologia e Antropologia culturale nel Dipartimento di Ricerche sociali correlate e Studi specifici, Università di Brainy (North Nowhereshire); consulente dell’Istituto per la programmazione e l’innovazione metaformica di Benbecula (Isole Blatland)

    Archie Losing, assistente del professor Goodenough

    Tristan Boring, docente di Joie de vivre, corso sperimentale della facoltà di Sociologia dell’Università di Brainy

    Priscilla Nice, docente di Etnologia all’Università di Brainy. Studiosa dei Khakhua del Monte Kinabalu

    Pastore Martin Faithless, vicario di Brainy

    Boogey, amico immaginario del professor Goodenough

    Cameron Foolish, docente di Etnologia criminale e comparata, Università di Brainy

    Maestro

    Charles Darwin, giornalista del «Brainy Morning Tribune»

    Väinö Hämäläinen, etnologo finlandese

    Glenda Lane, giornalista, titolare della rubrica «Lunch is served. Bur let it be organic» della Bbc (Big Broadcasting Corporation)

    Gerda Lundberg, anziana ambientalista

    Anacleto Turnaround, docente di Linguistica, Università di Brainy

    Clare Ferryman, nota influencer

    Bona Fide, rapper, marito di Clare Ferryman

    Papa

    Tomatoes, soprannome dei fedeli della Nuova Religione Unificata

    Guardiani della Misericordia, corpo di pronto intervento a guardia del sito in cui sorge Big Tomato, tempio dei Tomatoes

    Omelettes, oppositori dei Tomatoes

    Grace Faithless, moglie del pastore Faithless

    Abaigeal O’Sullivan, artista situazionista, titolare di una galleria d’arte alternativa

    Timmy, Tommy e Jimmy, maiali di Abaigeal O’Sullivan

    Gordy Roomsay, chef stellato

    Alastair Greasy, inviato del Maestro

    Moonies, abitanti della Luna

    Oliver, un Moony

    Sir Edmund Constantine Phipps, conte di Calvay e duca di Campay

    Ádám Nagy, docente di

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