Amir e la conquista dei due anelli
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Info su questo ebook
Invece si tratta di una storia che prende spunto dalla realtà. Una storia che ha in sè un forte messaggio di integrazione e ci insegna a credere sempre in noi stessi e nelle nostre capacità.
Amir all'età di dieci anni, per un tragico incidente, subisce delle mutilazioni. Amava il calcio. Sognava di diventare Ronaldo, "il fenomeno", e indossare come lui la maglia numero dieci.
Ormai grande, Amir ancora non ha accettato la sua disabilità, ma appare rassegnato e senza voglia di vivere. Quando viene trasferito nella struttura ospedaliera Fondazione di Roma, si ritrova nella stanza con Angelo caratterista a Cinecittà, e Alberto docente di dialettologia. È l'incontro tra culture e umori diversi. La simpatia dei due e il loro immenso sapere riusciranno a scuotere il ragazzo. Amir migliorerà il suo italiano e scoprirà il dialetto romanesco e i suoi poeti.
Ma l'incontro con la giovane dottoressa Francesca, per Amir risulterà ancora più determinante. Sarà lei a convincerlo ad andare a giocare con la squadra di basket della Fondazione. Prima di presentarsi davanti all'allenatore e ai suoi campioni, Amir avrà un particolare maestro, che gli insegnerà tutti i segreti della pallacanestro.
Rincorrere sul parquet una palla a spicchi, ingabbiata tra due anelli, avendo accanto tante stelle che illuminano il suo cammino, per Amir significa la rinascita. Si riaccende in lui il fuoco della vita. La passione, la tenacia, l'amore e forse chissà, l'energia positiva di un magico acero rosso, saranno determinanti per poter realizzare il sogno della sua vita.
Quando tutto sembra prendere i contorni di una bella favola a lieto fine, accade l'imponderabile. Ma qualsiasi cosa succeda, questi meravigliosi campioni voleranno per sempre tra i due anelli del parquet.
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Anteprima del libro
Amir e la conquista dei due anelli - Riccardo Faiella
Capitolo 1 – Risveglio
Sulla parete sopra la porta c’è una piccola luce: un led rosso. É l’unica fonte luminosa della stanza e libera gli occhi prigionieri del buio. Sulla parete opposta, frontale alla porta, c’è l’unica doppia finestra. La tapparella è completamente giù. Sulle altre due pareti ci sono due letti, uno di fronte all’altro. Nel letto di sinistra c’è Alberto. In quello sulla destra c’è Angelo. I due stanno ancora dormendo. La leggera coperta e il lenzuolo dei loro rispettivi giacigli, coprono i due fino al collo, lasciando scoperte le loro teste.
Il buio domina anche nella camera da letto dell’appartamento di Francesca. Sta a pancia in giù, con la testa girata a destra, appoggiata sul cuscino, e i lunghi capelli castano scuro sciolti sulla sinistra. Il suono della sveglia rompe il silenzio e il sonno della bella e giovane donna. La mano esce pigra da sotto le lenzuola e si posa sul pomello dell’allarme, tacitandolo. La grande cipolla della doccia consente ai getti di acqua tiepida di baciare il suo corpo nudo. I rivoli d’acqua, con avida sapienza, accarezzano la sua pelle vellutata. La disegnano seguendo le morbide curve, senza perdersi in pericolosi testacoda. Un leggero trucco davanti allo specchio, a lei non ne serve molto, ed è pronta per uscire e iniziare un’altra giornata lavorativa.
Il corridoio al secondo piano ha ancora accesa la luce notturna, quando viene calpestato da un paio di zoccoli sanitari di colore azzurro. I passi svelti e leggeri sono quelli dell’infermiera che ha appena iniziato il suo turno di lavoro e si appresta a entrare prima del solito, nella stanza 210. Si avvicina veloce e sicura alla finestra e tira su la tapparella. Il chiarore del mattino irrompe facendo un sol boccone del buio. Un fascio di luce colpisce il viso di Alberto, il quale, con gli occhi semichiusi, esclama:
- Ah! Proprio adesso. Stavo facendo un bel sogno
- Su ragazzi - esorta l’infermiera con voce forte e chiara - Sveglia! - Anche Angelo dà segni di risveglio.
Alberto, stirandosi nel letto, prosegue la descrizione del suo sogno: - Ero a Stoccolma.
- E che ci faceva a Stoccolma? - chiede curiosa l’infermiera.
- Che ci poteva fare uno come me a Stoccolma? Mi stavano consegnando il Premio Nobel per la letteratura.
- Ma non è presto? - domanda Angelo, riferendosi all’orario.
- Che presto! - ribatte Alberto, un po’ risentito - L’età per il Nobel ce l’ho.
L’infermiera risponde ad Angelo:
- Questa mattina arriva un ospite, un ragazzo marocchino. Dobbiamo preparare il terzo letto.
In quel momento arriva Aladino, un inserviente tutto fare. Apre completamente la porta per far passare il letto destinato al nuovo ospite. Dopo aver sistemato il letto sulla sinistra, di fianco a quello di Alberto, prende nel corridoio il comodino e il tavolino serviletto e li sistema rispettivamente a sinistra e ai piedi del nuovo giaciglio.
L’infermiera lo ringrazia.
Il gigante buono, così lo chiamano, fa un cenno e va via. Aladino, alto più di due metri, non può rispondere. È muto.
- Un ragazzo? E per venire qui com’è conciato? - domanda Alberto all’infermiera.
- Sta in carrozzina, come voi.
Angelo e Alberto si guardano.
- Starà peggio di noi due - sussurra Alberto.
- Mi raccomando! - supplica l’infermiera con le mani giunte
- Accoglietelo bene!
- Certamente! - risponde Angelo - Ci mancava il terzo per fare il Trio Lescano -
- Si! - esclama Alberto - Maramao perché sei morto...
In quel momento si sentono dei rumori e un leggero vociare fuori la porta.
- Siamo arrivati. Ecco la stanza.
È la voce di Ingrid, la caposala. Entra e saluta:
- Buongiorno! - e dà l’atteso annuncio - È arrivato il nostro Amir.
E poi, rivolgendo il suo sguardo fuori la porta:
- Prego!
Il portantino varca l’uscio della stanza spingendo dentro Amir, in carrozzina.
Alberto e Angelo danno una veloce e discreta occhiata al ragazzo marocchino, senza soffermare lo sguardo sulla sua disabilità.
Dopo aver sistemato il ragazzo vicino al suo letto, il portantino prende il borsone fuori la porta e lo deposita sul letto di Amir. Poi saluta e va via.
La caposala si avvicina al nuovo ospite e gli dice:
- Amir, questa sarà la tua nuova stanza. Starai insieme a questi due signori. Avrete modo e tempo di presentarvi - poi fa un passo verso la parete a sinistra della porta e indicando
- Questo è il tuo armadietto, dove potrai mettere tutta la tua roba. Dall’altra parte del letto c’è il comodino. Ci vediamo tra poco per la visita.
Caposala e infermiera guadagnano l’uscita. Amir sta a testa china, in silenzio. Gli altri due si guardano, senza parlare. Poi Alberto si dirige con la carrozzina verso il suo armadietto.
Il giardino d’ingresso della Fondazione è accogliente. Ci sono diversi viottoli che portano a piccole piazzole di diversa grandezza, dove sono sistemate una o due panchine di marmo, ognuna a tre posti. Tutto intorno curati prati inglesi con sopra splendidi e giovani ulivi e un unico acero rosso, esposto in una posizione più riparata. Siamo alla fine della primavera, le foglie dell’acero sono di un verde vivo. In una di queste piazzole ci sono tre ragazzi in carrozzina che stanno conversando tra loro. Tutti e tre hanno un fisico atletico. Il primo di loro, franco algerino, ha dei muscoli possenti; sembra un culturista. Il secondo, italiano dell’alta Italia, pur stando in carrozzina, si intuisce che è molto alto, sicuramente vicino ai due metri. Il terzo, mulatto, tra i tre è il più basso.
Il muscoloso e l’alto, sono in attesa di salire in reparto per una seduta di fisioterapia. Il basso lavora come impiegato nella direzione amministrativa della Fondazione stessa. Tra poco inizierà il suo lavoro. In quel momento vedono la slanciata ed elegante figura della dottoressa Francesca. I capelli castano scuro sono raccolti in uno chignon basso e spettinato. Tipica bellezza mediterranea, gli occhi azzurri e la carnagione bianca rivelano le antiche origini. Un seme normanno sparso agli inizi dell’XI secolo d.C., nella sua Palermo, ha fatto sbocciare un fiore di rara bellezza dopo quasi altri mille anni. Appena ventiquattrenne, la dottoressa è già affermata nella struttura della Fondazione. Il muscoloso si gira verso di lei e la guarda con ammirazione. L’alto e il basso fanno la stessa cosa. Sono tutti innamorati di Francesca. La giovane vede i tre e li saluta da lontano.
Il muscoloso, alzando la mano sinistra:
- Dottoressa! Sabato viene alla partita? -
- Certo! Come potrei mancare? - risponde Francesca che poi saluta nuovamente.
I tre rispondono al saluto. L’alto e il basso si girano, mentre il muscoloso continua a posare il suo sguardo sulla giovane dottoressa che si allontana.
Nella stanza medici del reparto di lunga degenza al secondo piano, il primario dottor Alessandro, la caposala Ingrid e Carmela, un avvenente infermiera, stanno per iniziare, prima del solito, il giro mattutino per la visita degenti.
Il dottor Alessandro si rivolge a Ingrid: - É già arrivato il ragazzo marocchino? -
E lei risponde: - Si! L’abbiamo portato poco fa nella stanza di Angelo e Alberto.
- Perfetto.
In quel momento arriva la dottoressa Francesca:
- Buongiorno!
Il primo a rispondere al saluto è il primario:
- Buongiorno, Francesca! Sei arrivata in tempo. Oggi abbiamo anticipato il giro delle visite. Andiamo subito a trovare un nuovo ospite.
- É un ragazzo di origine marocchina - aggiunge la caposala - Ha un’importante disabilità che ancora non ha accettato -
- Ha bisogno di una scossa - continua il dottor Alessandro
- Per questo l’abbiamo messo insieme a quei due simpatici burloni di Alberto e Angelo.
- Mi preparo subito - risponde Francesca.
- Fai pure - la rassicura il primario - Dobbiamo aspettare anche Amedeo.
Il dottor Alessandro, Francesca, Ingrid, Carmela e Amedeo, il fisioterapista, entrano nella stanza di Angelo e Alberto. Da questa mattina la stanza 210 è anche la stanza di Amir.
- Buongiorno, ragazzi! - esordisce il primario con un sorriso a trentadue denti.
Angelo sta nel suo letto, immerso nella lettura di un libro. Amir è in carrozzina vicino al suo armadietto, impegnato a sistemare la sua roba.
Anche Alberto sta rovistando nel proprio armadietto, strapieno di libri. Dà le spalle alla porta. Non vede la comitiva e risponde ironico: - Ragazzi, una volta…
Poi si gira con la carrozzina e vede che c’è anche la bella dottoressa Francesca. Sul suo viso appare un’espressione di piacevole sorpresa e si dirige verso di lei, recitando una poesia:
- "Co’l primo raggio del mattino d’aprile/ nella mia stanza irruppe Primavera - (indicando Francesca) - / dea giovinetta e a piene man profuse/ dal pieno grembo/ rose d’ogni color, su’l letto mio/ rose dischiuse al bacio de l’aurora/ rose stillanti ancor notturna brina/ rose su rose"
Arrivato vicino a Francesca, Alberto fa il baciamano alla dottoressa. Francesca, lusingata, lo guarda sorridendo.
- Questa mattina Alberto ci ha accolti con i versi del poeta - dice il primario con un tono un po’ infastidito.
- Il poeta in questione - si pavoneggia Alberto - è Luigi Pirandello. Quando compose questi versi, il Premio Nobel di Girgenti pensava sicuramente a lei, dottoressa Francesca
Francesca, accennando un sorriso:
- Non sono così grande. Non ero ancora nata.
- I poeti riescono a vedere la luce delle stelle prima che arrivi a illuminare il mondo.
- Oh! - risponde Francesca - Lei è sempre troppo galante, signor Alberto. Grazie!
Il dottor Alessandro, interrompendo l’idillio:
- Vi abbiamo mandato un ospite. Avete già fatto conoscenza?
- Non abbiamo avuto tempo - risponde Angelo, posando il libro sul suo comodino - Stamattina tutto di corsa: la sveglia, la visita. Speriamo che arrivi prima anche il pranzo.
Lo staff medico si avvicina ad Amir. La dottoressa Francesca guarda negli occhi il giovane marocchino. Ha già valutato la sua disabilità. Il dottor Alessandro si incarica delle presentazioni:
- Ciao Amir. Sono il dottor Alessandro. Questa è la dottoressa Francesca; Ingrid, la nostra caposala; Carmela, la nostra infermiera, e Amedeo, il tuo fisioterapista. Benvenuto nella nostra struttura.
Un attimo di silenzio glaciale. Amir, dopo aver dato un veloce sguardo a tutta la comitiva, risponde appena con un timido accenno. Il primario si gira e guarda un po’ imbarazzato Francesca e gli altri; poi prosegue:
- Abbiamo deciso di metterti qui, perché avrai due formidabili compagni di stanza: Alberto - dice indicandolo - docente universitario di dialettologia, e quel signore con i baffi e la folta barba bianca è Angelo. Lui lavora nel cinema, a Cinecittà, come attore caratterista.
Amir guarda in modo sfuggente i suoi compagni di stanza.