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Acapos: Il Metodo
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E-book142 pagine1 ora

Acapos: Il Metodo

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Punto, a capo. Non è mai troppo tardi nella vita, figuriamoci nel marketing digitale della tua attività. Stefano Egidi lo sa benissimo. Soprannominato “Acapos”, nonostante la giovane età ha vissuto molte vite nel mondo del marketing e in ognuna di queste ha raccolto i frutti del suo lavoro e delle sue idee: dai siti internet tradizionali alle pagine social tra le più influenti d’Italia, Stefano Egidi è partito dalle difficoltà della borgata romana per diventare poi punto di riferimento nel suo settore.

Nel suo primo libro, Stefano descrive nel dettaglio, ma con semplicità, i problemi che i liberi professionisti e gli imprenditori hanno con il marketing di oggi. Ma non si limita a questo: offre anche soluzioni.

Per farlo, accompagna il lettore attraverso i principali falsi miti del digital marketing: la tragedia delle soluzioni che “funzionano sempre”, la fissazione con il numero dei follower piuttosto che con i fatturati veri e propri, la schiera di fantomatici guru che promettono di impostare una campagna di comunicazione efficace per poi lasciarla andare senza un minimo di controllo.

Non solo: così come i falsi miti, anche le paure sul marketing vanno combattute. Dall’investire in termini di fiducia e di budget fino al dover accettare la contemporaneità del mercato di oggi (fino a un certo punto).

Dopo aver raccontato le tappe salienti della sua vita nel marketing, “Acapos” raccoglie quattro casi studio presi direttamente dalla sua carriera: il fenomeno social del Torrino Calcio, l’evoluzione di un celebre cocktail bar della capitale, la gestione e l’esplosione in termini di clienti e fatturati di un importante centro medico e infine il caso Luca Help, barman diventato personaggio social.

Certo, non dopo tutti i punti si deve andare a capo. Ma andare a capo, molto spesso, fa guadagnare molti punti.
LinguaItaliano
EditoreBookness
Data di uscita13 lug 2023
ISBN9791254892770
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    Anteprima del libro

    Acapos - Stefano Egidi

    Introduzione

    La speranza non è una strategia

    (Christopher Voss)

    A metà del secolo scorso è stato scritto un libro che ha influenzato il pensiero di milioni di persone: 1984, di George Orwell. Nel romanzo i due protagonisti, Winston e Julia, sono tra i milioni di persone soggiogate da un regime che controlla ogni aspetto della vita sociale della popolazione e che controlla tutti attraverso teleschermi che funzionano come occhi per un Grande Fratello (è stato scritto prima del 1950, questo ti fa rendere l’idea della potenza dell’immaginazione dell’autore). In questa storia, l’atto più rivoluzionario che due persone possono fare è amarsi. L’amore di Winston e Julia è la loro azione più ribelle verso un mondo che detta le sue regole e non accetta alternative.

    Anche se sembra assurdo, questa storia ha un collegamento molto stretto con il digital marketing. In questo settore, in effetti, allo stesso modo c’è solo un unico atto che può spodestare falsi miti e falsi guru che da anni (quasi decenni) inquinano il mio mestiere: l’atto più coraggioso e funzionale è fare le cose per bene. Fare le cose con metodo, rifiutare i dogmi, studiare e rivolgersi alle persone che effettivamente possono ascoltare le esigenze di un cliente e portare a casa i risultati.

    È questo il mio atto di ribellione: la volontà di lavorare meglio di tutti gli altri dando al cliente il 100%. E, onestamente, lavorare meglio di certi personaggi a volte è fin troppo semplice.

    Eticamente però esistono tanti colleghi molto bravi che stimo e che nel settore hanno anche giocato un ruolo di ispirazione importante per il mio percorso.

    Siamo stati immersi purtroppo in un mondo bombardato da corsi, video, libri, siti e quant’altro prodotti da professionisti che si auto celebrano portando statistiche varie e inconcludenti. È come se tutto d’un tratto ci fossimo collettivamente dimenticati che c’è solo un metro di giudizio che divide le persone incompetenti da quelle serie: i risultati.

    Semplice. Perentorio. Quasi crudele, ma unica fonte per un mondo pienamente meritocratico: i risultati mettono tutti sullo stesso piano e fa risaltare coloro che meritano i tuoi soldi, il tuo tempo, le tue intenzioni. Perché, come forse già sai, quando ci si affida a certi personaggi si rischia tanto. Troppo. C’è in gioco la tua attività, il tuo futuro, il tuo benessere e quello di chi ti sta attorno.

    Ma come mi muovo io per evitare tutto questo?

    E come posso riuscire a farlo?       

    Innanzitutto, come già accennato, io punto ai risultati. Non sono uno di quelli che ti mostrano il numero di follower impressionante della pagina ufficiale della tua attività senza portarti un aumento di fatturato. Io non applico mai una visione standardizzata: ho idee che in parte rimangono le stesse e in parte ancora maggiore si rinnovano, mi adatto sempre e comunque alle caratteristiche uniche di ogni singola azienda e di ogni imprenditore. Come mi fa notare (per adesso sempre in senso positivo!) chi utilizza i miei servizi, io prendo talmente tanto a cuore le sorti di un’azienda che la faccio diventare mia. È questo approccio che mi ha garantito, in pochi anni, di poter scalare e arrivare a quello che sono oggi.

    E per me che vengo da un mondo completamente diverso, concreto, pratico, mi è sempre sembrato assurdo giudicare il lavoro di una persona sotto qualsiasi lente che non sia quella dei risultati. È un punto fondamentale per me e per il mio lavoro: i finti guru che affollano le inserzioni di tutto l’oceano del web si perdono molte volte in cavilli, in numeri inutili, in aspetti che non porteranno il cibo sulla tua tavola, né tantomeno miglioreranno i tuoi fatturati. Invece a me importa solo il rendimento. Se il mio lavoro ti ha portato un aumento dei guadagni, ottimo. Se l’interesse intorno al tuo brand aumenta, ma non aumentano i fatturati, allora non avrò fatto un buon lavoro. Per ora non è mai capitato, ma sarei il primo ad ammetterlo e a non approfittarmi.

    Il marketing digitale offre oggi opportunità uniche e sarebbe un peccato non sfruttarle solo per preconcetti sbagliati oppure per esperienze negative avute in passato. Io capisco benissimo la diffidenza che si può provare dopo aver incontrato persone inaffidabili che promettevano le stelle e poi si sono intascati il malloppone, facendo sparire dalla tua vista sia loro stessi che le stelle.

    Però non si può fermare tutto solo per dubbi irragionevoli. Non si può pretendere di guidare una Ferrari senza mettere la benzina. Non si può pretendere di vivere smettendo di mangiare soltanto perché il cibo rappresenta un costo. Il marketing digitale ti da la possibilità di raggiungere un pubblico locale e globale in modo capillare, il tutto misurando le tue operazioni così da poter correggere in corsa eventuali problemi (se trovi qualcuno che lo sa fare, bene).

    Non è un caso se le aziende di tutto il mondo stanno investendo sempre di più nel marketing digitale e stanno raccogliendo risultati significativi in termini di crescita delle vendite e del mercato. Non è un caso se le aziende che più investono in marketing digitale sono quelle che, in teoria, non ne avrebbero bisogno.

    Davvero multinazionali come McDonald’s

    hanno bisogno di marketing?

    Sì. Loro lo sanno e per questo motivo continuano a primeggiare in giro per il mondo da più di mezzo secolo: nuove generazioni di consumatori vengono continuamente attirate dalle mosse di marketing (ormai in gran parte digitale) del brand, grazie alle applicazioni, ai social, ai nuovi servizi, ai programmi di fidelizzazioni, alla possibilità di personalizzare l’esperienza, alle offerte mirate, alla scelta giusta delle parole e delle immagini utilizzate, eccetera eccetera.

    Quindi se perfino le aziende più famose di tutto il globo terraqueo, dalla Coca-Cola alla Apple, investono miliardi di dollari in digital marketing ogni anno, perché non dovresti provare a investirci un po’ anche tu? Io stesso, prima di fare questo lavoro e applicare il mio stesso metodo su di me, non ero uno di quelli che aveva avuto la fortuna di aver visto la luce con il marketing. Ero un po’ scettico anche io, lo ammetto. Ma ho appena visto la differenza epocale che c’è tra un periodo in cui non investivo in marketing e un periodo in cui invece puntavo molto su tutto ciò che era marketing e pubblicità… mi sono convertito.

    Parafrasando un film che ha segnato gli anni Novanta: Il digital marketing fatto bene c’è. Ora c’ho le prove.

    Come sono diventato ACAPOS

    Vi sono due cose durevoli che possiamo sperare di lasciare in eredità ai nostri figli: le radici e le ali

    (Proverbio cinese)

    Mi chiamo Stefano Egidi e il mio modo di essere stabile vive nel cambiamento. O almeno è così che mi vede chi mi conosce, una persona resiliente. Penso, d’altronde, che difficilmente si riesce a raccontare se stessi davvero a fondo. È molto più facile appoggiarsi ai ritratti che, nel tempo, arrivano dalle persone che ti sono più vicine. Di riflesso, attraverso loro, provo a raccontare un po’ di me.

    Classe 1992 e da quasi metà della mia vita vengo soprannominato Acapos. …andare a capo e la S finale è l’iniziale del mio nome Stefano.

    Sì. Deriva, in sostanza, da un cambio radicale sulla mia vita.

    Sono nato infatti in una borgata molto complicata  nel quartiere Dragona di Roma. La leggende dice che il quartiere sia il punto dove sarebbe avvenuto lo sbarco di Enea. Anche lui, nel suo viaggio, è in effetti un personaggio tormentato da divinità e spiriti malevoli, ha dovuto cambiare più volte direzione e pensiero per raggiungere la meta tanto agognata.

    Il mio cambio di direzione avvenne a 17-18 anni. Non avevo nessuna colpa alle mie spalle, ma tra problemi familiari e una situazione difficile nel quartiere, decisi che dovevo iniziare a costruire una nuova identità, lontana da quello che conoscevo, senza però rinnegare chi ero e le mie origini che mi hanno insegnato tre principi che non dimentico e che proietto nel mio nuovo mondo ogni giorno:

    RISPETTO, RESILIENZA, DETERMINAZIONE.

    In quei quartieri difficilmente la vita ti offriva un’opportunità concreta, quindi dovevi andare a prendertela, aprire le mani e sperare che, una volta chiuse, ti rimaneva qualcosa non era la scelta migliore.

    All’inizio, perciò, decisi di andare via sperimentando il fantastico mondo dell’animazione turistica. Vestire i panni dell’animatore mi ha permesso di aumentare l’autostima e di acquisire una serie di skill fondamentali per la mia vita. Un breve periodo ma intenso vissuto nel lontano 2009. Subito dopo ho iniziato a fare il dj.

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