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Ricordi
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E-book143 pagine2 ore

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Info su questo ebook

Che cos’è la nostra vita se non un insieme di ricordi? Questo non lo definirei un libro ma una raccolta di ricordi. È il proprio vissuto che ognuno di noi custodisce gelosamente nella memoria. Ho avuto una vita intensa, ma non mi dispiace, poiché vivere vuol dire accumulare esperienze che ovviamente non possono appartenere solo alla sfera della felicità, ma, ho costatato in prima persona, che sono proprio le più dure e dolorose che ci insegnato qual 'cosa di positivo e ci fanno crescere. Ogni singolo ricordo descritto in queste pagine, è reale e ancora vivo dentro di me. È stato bello rivivere e accompagnare Giovanna bambina, ovvero me stessa, negli anni della sua crescita. In questo momento della vita mi sono sentita pronta a condividere con gli altri i miei ricordi, sicura che chi vorrà leggerli, potrà attingere da essi, la forza e il coraggio di vivere. Non arrendersi mai alle avversità ma lottare tenacemente per tendere alla felicità, poiché esiste l’imponderabile che per me che sono credente, viene dall'Alto.

LinguaItaliano
Data di uscita14 lug 2023
ISBN9798215776100
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    Anteprima del libro

    Ricordi - Giovanna Tricarico

    Ricordi di Giovanna Tricarico

    Pubblicato da Giovanni Ricco

    ~~~~

    © Copyright 2023 Giovanni Ricco

    John154326@gmail.com

    Tutti dipinti in questo libro sono di Giovanna Tricarico

    Indice

    PREFAZIONE

    INFANZIA: NONNA MARIA

    IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA

    LE MIE BAMBOLE

    ZIA ANNINA

    LA DOMENICA MATTINA

    LE SCARPE ALLA MINA

    IL PARTITO DELLA DEMOCRAZIA. CRISTIANA.

    GITA IN LUCANIA

    L 'ATTENDENTE DI MIO PADRE

    IL LATTE

    FARE DA CANDELA

    IL GAZZETTINO

    LE LADRUNCOLE

    AMORE DI SORELLA

    BIRICCHINATA IN COLLEGIO

    IL NATALE

    LA TOMBOLATA DI PAPÀ

    IL COLLEGIO

    LA BIBLIOTECA

    LA FESTA DEL COLLEGIO

    ALTRUISMO ----- EGOISMO

    L 'E P I P A F F I O

    LA SCOPERTA DI UN MONDO NUOVO

    I CONVITTORI

    L' ADOLESCENZA

    IL MIO PRIMO BALLO ---- IL PRIMO PRETENDENTE

    IL PRIMO AMORE

    LA MATERNITÀ DI MATTEO

    MATTEO

    GIOVANNI

    LA VEDOVANZA

    LA PECORELLA SMARRITA

    IL LAVORO

    IL CENTRO DI RIABILITAZIONE

    LA LAUREA DI GIOVANNI

    MIO NIPOTE ENRICO

    LA PERDITA DI UN FIGLIO

    MIO NIPOTE LINO

    MIA NIPOTE EMILIA

    RICOMINCIARE: LA CASA IN VIA EPIFANIA

    DANIELE: IL MIO SECONDO MARITO

    LA LAUREA DI GIOVANNI

    STEFANO: IL MIO TERZO MARITO

    L ' INFARTO

    IL TRASFERIMENTO IN EMILIA ROMAGNA

    RICORDI

    PREFAZIONE

    Ora che sono una donna settantenne e ho percorso gran parte del mio cammino, ho voluto guardarmi indietro per capire come e quando sia iniziata la mia vita, o meglio quando ho preso coscienza e consapevolezza di me stessa. Farò un viaggio a ritroso nel tempo per scavare nella memoria i ricordi più remoti e importanti della mia vita.

    INFANZIA: NONNA MARIA

    I miei primissimi ricordi sono solo dei flash. Vedo me stessa, una bambina seduta su di un vasino in una grande cucina bianca; alzo lo sguardo e accanto a me c'è una donna anziana, vestita di scuro, con delle gonne enormi, il suo sguardo è malinconico. Quella donna era mia nonna paterna, Maria che in quel periodo viveva con noi. Indossava il costume tradizionale del suo paesino lucano da dove proveniva, era detto il vestito da pacchiana. Essendo lei morta nel 55 io avrò avuto all'incirca 3 anni.

    IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA

    Altro flash; vedo me stessa in un grande cortile con tanti bambini, è un luogo a me estraneo e provo un senso di smarrimento. Mio padre mi tiene per mano, mi ha accompagnata lui, evento raro. Distaccato e severo quale è, non si è accorto del mio disagio né io oso lamentarmi e tanto meno fargli domande. Sono tanto agitata e impaurita che rimetto tutta la colazione, papà mi fulmina con uno sguardo di rimprovero. Quello, fu il mio primo giorno di scuola.

    LE MIE BAMBOLE

    Le mie care bambole, erano cinque tutte femmine, avrei tanto desiderato che almeno una di loro fosse maschio. 4 le avevo ereditate dalle mie sorelle maggiori, ma la più bella, che avevo chiamato Gabriella, bionda con gli occhi celesti, era un dono della befana per me. Le mie bambole rappresentavano il mio mondo, erano le mie fedeli compagne di gioco. Benché' avessi due sorelle maggiori, giocavo sempre da sola, non ricordo mai che una di loro si fosse unita ai miei giochi. Mariella, la grande aveva sette anni più di me e

    Grazia, solo 4, ma probabilmente si sentivano grandi rispetto a me e mi dispiace ricordare che nella nostra fanciullezza abbiamo condiviso ben poco. Il mio gioco preferito era quello della mamma. La mattina, le mie sorelle erano a scuola e io avevo Il soggiorno di casa tutto per me. Quella stanza era il palcoscenico dei miei giochi, con la fantasia la trasformavo in ciò che desideravo, la cucina dove preparavo il pranzo, il parco dove portavo a passeggiare le mie bambine, il mercato per fare la spesa, facevo tutto quello che vedevo fare a mia madre, inconsciamente mi preparavo al compito più bello del mondo, quello della mamma!

    ZIA ANNINA

    Questo ricordo, risale a quando avrò avuto all'incirca cinque anni e per la prima volta i miei genitori si allontanarono da casa, affidando mia sorella Grazia e me a zia Annina, la zia di mia madre che in famiglia fungeva da nonna. Papà e mamma partirono per le Marche, accompagnavano la maggiore delle mie sorelle, Mariella che per la prima volta andava in collegio. Avevo intuito che mia sorella non ne fosse entusiasta, anzi mi era apparsa piuttosto contrariata da questa scelta probabilmente da lei non condivisa, ma la sua espressione perennemente crucciata e scontenta, rendeva difficile capirne gli stati d'animo. Non parlava quasi mai, e meno male perché si rivolgeva a me solo per rimproverarmi e darmi ordini rivalendosi dell'autorità di sorella maggiore. Non condivideva più la nostra cameretta non so se per sua scelta o meno e si era trasferita in sala da pranzo dove dormiva sul divano in pelle verde. Si rintanava in quella stanza per tutto il giorno, chiudendosi a chiave perché non voleva essere disturbata. Anche nostra madre, ogni qualvolta doveva entrare in sala doveva chiederle il permesso. Mariella usciva dalla camera solo per andare in bagno o per sedersi a tavola, facendo attenzione a richiudere la porta dietro di sé, come nascondesse un tesoro. Zio Franco, marito di zia Teresa, unica sorella di mia madre, nonostante fosse molto legato a noi nipoti, le aveva messo il soprannome "peramara". Intendendo fosse amara nei comportamenti e nel carattere come una pera non ancora matura. In seguito alla partenza dei miei genitori, Grazia ed io, ci trasferimmo per qualche giorno a casa di zia Annina. Quando la mattina, svegliate, ci alzammo dal suo lettone, alto come un catafalco e ci recammo in cucina, fummo stupite di trovare la tavola riccamente imbandita per la colazione, poiché conoscevamo bene quanto lei fosse parca e diciamolo pure, tirchia. Ma io fui ancor più stupita di vedere zia Annina in lacrime, non era mai successo prima. Quando era giovane in famiglia, l'avevano soprannominata la marescialla e aveva mantenuto negli anni un fare autoritario e duro per cui vederla in lacrime era per me stupefacente. Mentre mia sorella a tavola si abbuffava, facendo onore alla colazione, io preoccupata le chiesi cosa le fosse successo. Lei mi spiegò che era addolorata per la partenza di Mariella, che le sarebbe molto mancata poiché era nata in quella casa, nel suo letto e lei l'aveva amata dal primo momento come fosse la figlia che non aveva mai avuto. Quelle parole mi paralizzarono, provocando in me, la prima cocente delusione della mia, se pur breve, vita. Avevo sempre pensato, non so perché, di essere la sua nipotina preferita e quella dichiarazione, mi turbò. Ricordo perfettamente la reazione che ebbi, mi chiusi in me stessa, ero confusa poiché provavo sentimenti e sensazioni, mai provate prima. Non ero gelosa di mia sorella, quello era per me un sentimento ancora sconosciuto, ma ero profondamente delusa da mia zia Annina. A differenza di mia sorella Grazia, non toccai nulla della colazione da lei preparata. Mi rifiutai di mangiare non solo perché ero scossa, ma soprattutto perché volevo punire mia zia, la quale, del tutto ignara del mio stato d'animo, fu dispiaciuta che non avessi apprezzato ciò che aveva preparato e, suppongo, doppiamente dispiaciuta per ciò che aveva speso.

    LA DOMENICA MATTINA

    Un altro ricordo legato all'infanzia risale a quando, la domenica mattina, con mia sorella Grazia, ci recavamo in chiesa per assistere alla messa delle 10, la cosiddetta messa del fanciullo. Dal sabato sera preparavamo le nostre borsette riponendovi dentro l'occorrente per il giorno dopo; il libricino delle preghiere con la copertina in madreperla, che ho ancora, una scatolina che conteneva la coroncina del rosario, il velo bianco da mettere sul capo, i guantini di pizzo e un fazzolettino di mussola ricamato. La domenica mattina, prima di uscire di casa, ero sempre io che chiedevo a mia madre un soldino da donare come offerta durante la s. messa e lei immancabilmente mi diceva di prenderlo dalla bomboniera posta sul comò della sua camera, dove abitualmente metteva gli spiccioli. Nella mia fantasia quella bomboniera era un piccolo forziere che conteneva un tesoretto, infatti c'erano molte 5 lire, qualche 10 lire e rare volte, eccezionalmente, anche le dorate e più piccole, come dimensioni, 20 lire. Confesso che qualche volta, in verità più di qualche volta, non ho resistito e invece della consueta 5 lire che mi era concessa, ho prelevato dalla bomboniera la 10 lire e raramente anche la 20 lire. Che ne facevo? Li davo a mia sorella che essendo più grande li gestiva, mettendone una parte nel cestino delle

    offerte e con il resto ci compravamo il gelato. Andavamo al bar Gallo, la gelateria più elegante del quartiere e potevamo scegliere i coni con addirittura 2 gusti diversi, se però possedevamo la 20 lire, altrimenti dovevamo accontentarci della grattata, ovvero ghiaccio tritato con sopra lo sciroppo, presa dal chiosco Aurora sito all'angolo della strada. I maneggi li facevo io poiché l'iniziativa partiva da me, mia sorella Grazia era più tranquilla, accettava le mie malefatte e mi copriva mantenendo il silenzio assoluto. Non sono mai stata pizzicata, o forse, ripensandoci, la mia cara mamma, sempre indulgente con noi, se anche se ne fosse accorta, avrebbe fatto finta di niente. La domenica quindi, dopo aver ascoltato la s. messa in latino, come era d'uso negli anni 60 e come al solito non averci capito niente e di conseguenza essermi annoiata, ci concedevamo una passeggia prima di tornare a casa. Tappa d'obbligo e da noi preferita era il bar Gallo o come ripiego il chiosco Aurora, raramente era un cono al doppio gusto, più spesso era la grattata, comunque, cono o grattata che fosse, Grazia ed io eravamo felici in entrambe i casi.

    LE SCARPE ALLA MINA

    Era il periodo pasquale ed era consuetudine di mia madre comprarci le scarpe nuove. Le mie sorelle più grandi quell'anno, le avevano scelte in vernice nera e per la prima volta era stato loro concesso fossero con i tacchetti. La moda del momento prevedeva fossero tacchi bassi e larghi e si chiamavano le scarpe alla Mina, ispirandosi alla cantante italiana di successo in quegli anni. A me invece, erano state imposte le solite scarpette bianche con il cinturino alla caviglia e il bottoncino laterale che si pulivano con il bianchetto, un modello proprio da bambina,

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