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Ventenne casalinga disperata
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E-book139 pagine1 ora

Ventenne casalinga disperata

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Info su questo ebook

Ormai da un anno Giorgia si è addossata tutti gli impegni familiari in quanto, dopo la morte del padre, sua madre, molto provata dalla disgrazia, deve anche lavorare a tempo pieno per mantenere la famiglia. Questa incombenza però è molto frustante per la ragazza in quanto le impedisce di proseguire nei suoi progetti universitari. Inoltre i rimproveri della madre la fanno sentire poco apprezzata così si rifugia nell’amicizia di Amalia, anziana vicina che conosce fin da piccola e che la incoraggia sempre. Nelle pagine del diario che decide di scrivere per tenere traccia della sua infelicità, incontriamo Laila, una bella egiziana, moglie di un nipote di Amalia, apprendiamo del ritorno a Venezia dell’amica Angela, del soggiorno presso la famiglia di Nina, un’amica della madre, e seguiamo gli eventi più o meno tragici che accadono nel mondo.
Finalmente, la routine di Giorgia si interrompe quando durante una gita sull’isola lagunare di S. Erasmo conosce Daniel, un fotografo di origine ebrea… ma sarà la decisione di intraprendere il Cammino di Santiago a svoltare definitivamente la sua vita.
Un romanzo spigliato, una sorta di lettera aperta al lettore, qui alla sua terza edizione, ampliata. L’autrice dipinge con garbo, senza esprimere alcun giudizio morale, la situazione in cui molte ragazze più o meno giovani si trovano quando devono sacrificare la propria vita a favore dell’equilibrio familiare.
LinguaItaliano
Data di uscita20 dic 2019
ISBN9788832925517
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    Anteprima del libro

    Ventenne casalinga disperata - Elena Torta Silvestri

    Steiner

    Prima parte

    Venezia

    1

    Un fiume di persone allegre e vocianti percorreva Strada Nova. Tra loro, molti erano addobbati con costumi carnevaleschi. Alcuni bambini, mascherati come i loro personaggi tv preferiti, correvano allegri, richiamandosi l’un l’altro. Un gruppo di fatine sugli otto-nove anni attirava lo sguardo: vestite tutte di rosa, camminavano impettite tenendosi per mano, consce della loro bellezza. Dietro di loro alcune mamme e Giorgia, sorella di Asia, la bambina più piccola. Ormai era Giorgia che si prendeva cura di Asia, da quando, dopo la morte del marito, la loro mamma lavorava a tempo pieno nel negozio di articoli per bambini di suo cugino Luca. Era sempre lei che, ormai da un anno, accompagnava la piccola a scuola, l’andava a riprendere, la portava a lezione di ballo e a tutte le varie attività scolastiche e non. Lei voleva che la mamma non avesse altri impegni, oltre al lavoro, perché, dal momento della disgrazia, non si era ancora ripresa del tutto.

    Per quel sabato di carnevale, a Venezia erano accorse persone da tutto il mondo. Si sentivano da ogni parte richiami, canti e grida allegre. Alcuni ragazzi gettavano sui passanti coriandoli con urla sguaiate.

    Giorgia osservò ammirata una coppia con costumi settecenteschi ornati di ricami e pizzi, veramente splendidi; sul capo parrucche incipriate e sul viso maschere ricoperte di brillantini multicolori. Nel passare davanti a un negozio, si fermò a specchiarsi nella vetrina. Si vedeva proprio carina, quel giorno, con un po’ di rossetto chiaro, i riccioli bruni che scappavano dal berrettone frigio e la lunga mantella rossa, che aveva rispolverato dal vecchio guardaroba di mamma. Anche i suoi grandi occhi neri, che riscuotevano l’ammirazione di tutte le persone che incontrava, risaltavano di più con il kajal. Era alta e snella e non passava facilmente inosservata. In campo Santissimi Apostoli, passò vicino a un gruppetto di ragazzini che guardavano ammirati un corpulento moschettiere vestito con un perfetto costume d’epoca. Baffi arricciati, riccioli biondi, cappello piumato, panciotto con giustacuore, mantello lungo, stivali, spada al fianco. I ragazzini facevano molte domande, ma il personaggio era molto impacciato nel rispondere in quanto chiaramente di nazionalità francese. Giorgia allora si prestò a fare da traduttrice e così spiegò ai ragazzi quanto le veniva detto: Il costume è la copia di quello originale di D’Artagnan, conservato in un museo. Tra l’altro è noto che il personaggio di D’Artagnan, in quanto realmente esistito, ispirò a Dumas il suo libro, mentre non è certo che gli altri tre moschettieri fossero personaggi reali.

    Dopo aver scambiato qualche frase di circostanza e fatto i complimenti per il bellissimo costume, Giorgia e Asia ripresero il cammino verso la loro meta di campo San Polo, dove era stato organizzato il Carnevale dei Bambini e per strada incontrarono molte altre maschere fantasiose. In qualche campo si vedevano artisti di strada che eseguivano le loro giocolerie. Vicino al ponte di Rialto delle statue viventi, ricoperte tutte d’oro, fissavano il vuoto, determinati nella loro immobilità.

    Più avanti raggiunsero le altre amichette davanti a un banchetto di dolciumi e si fermarono a mangiare frittole e galani. Giorgia si mise a chiacchierare con la mamma della piccola Sonia, complimentandosi per il bel costume della bambina: È stata proprio brava a farlo da sola, con tutti quei merletti!

    Ho imparato da mia mamma che, poveretta, con mio padre che si ubriacava ogni sera e perdeva i lavori uno dopo l’altro, riusciva egualmente a mandarmi a scuola sempre a posto, rimaneggiando i vestiti, rivoltando e riducendo per me le sue vecchie giacche! Cara mamma! Come mi manchi!

    Giorgia finse di non vedere il luccichio apparso sugli occhi della signora Bortolan e con disinvoltura la prese per un braccio: Adesso è meglio che procediamo. Le bambine sono impazienti!

    Arrivate in campo San Polo si trovarono immerse in una grande confusione. Una vivace musichetta arrivava da un tendone sotto il quale alcuni animatori intrattenevano il pubblico con giochi e magie, tuttavia l’attenzione delle bambine fu subito attirata da una piccola giostra di cavallini che girava velocemente. Appena la piattaforma si fermò, a gran voce chiesero di salire. Nel frattempo Giorgia si mise a chiacchierare con una signora, vicina di casa, che era lì con suo figlio. Così si distrasse un po’ e non si accorse quando la giostra si era fermata. La piccola Asia, nello scendere dopo i vorticosi giri, inciampò nell’ampia gonna del costume, cadde lunga distesa, sbatté la fronte per terra e si mise a piangere a dirotto. La sorella la portò nella farmacia vicina e la bambina fu accolta nel retrobottega, medicata e consolata con parole gentili da un giovane farmacista.

    Giorgia al primo momento si era un po’ agitata, ma poi aveva capito che non c’era nulla di grave, soltanto un’ecchimosi e un taglietto sulla fronte.

    Il giovane si rivolse a Giorgia: Abitate lontano?

    Noi abitiamo a Cannaregio, ma adesso andrò con la piccola fino al negozio di mia madre.

    È qua vicino?

    Ha presente il negozio di articoli per bambini vicino al campo dei Frari?

    Bene, è abbastanza vicino, tenga a ogni modo la bambina in riposo, per questa sera.

    Asia, però, ancora frastornata si mise a piagnucolare: Giorgia, ho tanto mal di testa, voglio andar subito a casa...

    Allora le due sorelle presero il vaporino a San Tomà e scesero a S. Marcuola, da dove giunsero a casa in cinque minuti.

    Sabato, 5 marzo 2011

    Eccomi ancora ad addolorarmi e a piangere per l’incomprensione di mia madre. Mi sento così sola da quando Angela ha dovuto seguire i suoi a Milano. Era la mia unica amica ormai: le altre compagne di scuola, dopo la maturità, hanno preso strade diverse. Con alcune di loro ho rapporti superficiali, quando per caso c’incontriamo per strada: Ciao, come va, come ti trovi con l’Università, come procede col moroso…

    Mi sono rinchiusa in me stessa e non sono andata a ricercare nuove amicizie. Con la mamma non posso certo aprirmi; lei è sempre seria, confinata nei suoi problemi e nel suo dolore.

    Inoltre il computer che avevo e con il quale potevo restare in contatto col mondo se l’è portato in negozio la mamma, così ora mi trovo del tutto isolata. Mi ha promesso che appena possibile me ne prenderà uno, ma per il momento ci sono spese più urgenti da fare.

    Mi sono messa a scrivere, ma per chi, per cosa?

    In questo quaderno voglio raccogliere i miei pensieri, sperando che fra qualche anno, quando li rileggerò, sarò più serena e potrò sorridere della mia infelicità. Per fortuna adesso ho questa stanza tutta per me perché Asia, quando a dicembre si è ammalata, è voluta andare a dormire con la mamma e da allora è restata là.

    Il fatto è che oggi mia sorella, scendendo da una giostra, è inciampata e, cadendo per terra, s’è fatta un taglietto sulla fronte. L’ho portata subito in farmacia, dove l’hanno medicata e non mi pareva nulla di grave. Se penso a quello che combinavo io alla sua età! Va bene che allora ero scatenata e un giorno sì e uno no arrivavo a casa con le ginocchia sbucciate, mentre lei è molto più tranquilla. Non si può proprio fare nessun confronto.

    Certo che la mamma per lei stravede e si allarma per qualsiasi cosa fuori dal normale: quando stasera è ritornata a casa, vedendole la fronte incerottata, è successo il finimondo. Si è messa subito a strillare, prima ancora di chiedere com’era successo. Mi ha rimproverato di non fare attenzione a mia sorella, di avere la testa fra le nuvole, addirittura di essere inaffidabile. Se sapesse invece quanto mi sforzo per essere sempre presente ai miei compiti e quanto amore provo per lei e per Asia! Solo che non riesco a esprimerlo perché mi sento bloccata da un sentimento d’inadeguatezza. In certi momenti mi sembra di guardarmi da fuori e mi vedo insulsa e sciocca.

    E pensare che quando oggi Asia e io siamo tornate a casa, la signora Amalia, che stava scendendo dal suo appartamento al terzo piano, ci ha fermato e ha subito voluto sapere cos’era successo, partecipando al mio dispiacere! A volte mi pare di ricevere da parte sua più attenzione e conforto che non da mia madre. È sulla sessantina, senza figli, e ha sempre dimostrato per me una vera predilezione. Anch’io le sono molto affezionata. Quante volte, quando ero più piccola, salivo a casa sua per farmi raccontare delle storie della sua infanzia, e trovavo sempre gli zaletti che, lei sapeva, mi piacevano molto. È stata sempre lei a insegnarmi come farli, con la farina di mais, uova, uvetta e scorzette di limone. Voglio anzi annotarmi la ricetta perché col tempo potrei dimenticarla, e invece, se nella vita avrò delle figlie, mi piacerebbe trasmettergliela. Al giorno d’oggi tutte le vecchie tradizioni pian piano vengono dimenticate: da parte mia voglio almeno conservare qualcosa e comincerò da questo tipico dolce veneziano. Forse un giorno, magari in America o in Australia o chissà dove, una bella famigliola potrà far merenda in un pomeriggio festivo con dei biscotti che ricordano Venezia.

    Biscotti Zaletti

    Ingredienti: 250 gr. farina di mais, 250 gr. farina bianca,150 gr. zucchero, 150 gr. burro, 3 uova, 150 gr. uvetta sultanina bio, un limone bio, vaniglia in polvere, zucchero a velo, un po’ di sale.

    Far rinvenire l’uvetta in acqua tiepida. Mescolare insieme le due farine. Montare i rossi d’uovo con lo zucchero. Unire i due preparati, il burro ammorbidito, il sale, l’uvetta ben strizzata, la scorza grattugiata del limone, un cucchiaino di vaniglia in polvere. Mescolare bene il tutto. Deve risultare un composto morbido e ben amalgamato. Dare la forma di biscotti romboidali, stenderli su una piastra ricoperta di carta da forno. Cuocere a temperatura di 180 gradi per venti minuti. Spolverarli poi con zucchero a velo.

    Sono ottimi e si mantengono a lungo. Io li conservo nella scatola di latta dei biscotti Lazzaroni che ci aveva regalato per Natale Gianna, la vecchia amica di mamma.

    Domenica, 6 marzo 2011

    Mamma e Asia nel pomeriggio sono andate al cinema a vedere I fantastici viaggi

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