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L'inadeguata
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E-book85 pagine1 ora

L'inadeguata

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Info su questo ebook

"L' INADEGUATA è un romanzo in cui molte vite s'incrociano in un' Italia che a prevalenza agricola diverrà industriale. Un ritratto delle relazioni intergenerazionali, dei cambiamenti che avvennero , trattati temi delicati, insieme a momenti di omaggio alla natura, con un linguaggio semplice, ma al contempo profondo. Dai fallimenti spesso nasce l'atto creativo, medicamento di gioia della vita.
LinguaItaliano
Data di uscita7 apr 2015
ISBN9786050369137
L'inadeguata

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    Anteprima del libro

    L'inadeguata - Patrizia Ligabò

    scritto.

    PRIMO CAPITOLO

    Le tavolette di cioccolato fondente puro di una nota marca svizzera, aperte a lato, erano sul comodino destro. Si poteva intravedere la stagnola sgretolata. Un po’ più in là un posacenere accompagnava a braccetto una lampada ad olio.

    Riuscivo a vedere sopra il letto, dato che la mia testa superava di poco la coperta. Un letto ad una piazza e mezzo in noce, solido ed imponente.

    Ma il mio sguardo era sempre attratto da molteplici libri impilati l’uno sull’altro sopra il comò. Ed uno specchio opaco ne rifletteva i titoli e le copertine ormai usurate dallo scorrere degli anni.

    Le pagine erano ingiallite, anzi avevano assunto una tonalità ocra. Avevano conservato una parte bianca, ma i lati ormai si erano modificati di giallo. La crema Nivea viso dentro un contenitore blu notte. La mia ingenuità di bambina raccomandava a nonno Gino di farne buon uso. Convinta che l’effetto della crema potesse avere un effetto retroattivo sulle sue rughe, che il sole dei campi aveva sicuramente contribuito a definire.

    Il cappello Borsalino usurato, e sempre pantaloni blu e stivali di forma rigorosamente sporchi.

    Nonno Gino aveva sempre sa fare: l’orto, la stalla, campi, i conigli e le galline.

    Ma il momento che tutti noi del villaggio attendevamo con maggiore ansia era il passaggio del casaro. Questo gigante arrivava intorno alle ore 18 con un furgoncino che a malapena tratteneva la sua stazza così opulenta. Il suo viso enorme bianco e roseo e l’attaccatura dei capelli bassissima costituivano le sue principali caratteristiche. Lui versava il latte delle mucche del nonno e non solo in un contenitore d’acciaio.

    Poi aiutandosi con la bilancia ne determinava il prezzo ed annotava su di un quaderno una cifra. Un’operazione allora per me incomprensibile in parte.

    Caricava dunque i contenitori sul camioncino e risalendo sul furgone salutava prontamente sorridendo a tutti. Nel contempo avviava il motore. Questa operazione detta la pesa del latte, non aveva un tempo prestabilito e poteva durare pochissimo così come moltissimo.

    Le mucche non erano programmabili , né prevedibili. Il nonno era schivo alle conversazioni, soprattutto con le bambine.

    Allora non capivo l’imbarazzo di quest’uomo e non capivo nemmeno cosa ci trovasse di tanto interessante in tutti quei libri.

    Lui che aveva potuto provare tutto nel mondo della natura. Io il mio approccio ai libri lo feci con Topolino, ero realmente incuriosita da tutto ciò che contenevano.

    Così un giorno gli parlai.

    Ero molto mattutina ed i miei genitori , i quali volevano godersi le ferie avendo lavorato tutto l’anno, mi diedero la regola che al risveglio li avrei aspettati in cucina o fuori all’ aperto.

    Stabilimmo un patto. Io avrei avuto tutte le edizioni di Topolino che avrei voluto, che avrei trovato di fianco alla vecchia poltrona verde giù in cucina, per altro bucata ed usurata dal tempo.

    Così quando una mattina vidi aprirsi la porta della camera del nonno, il quale di recava nella stalla; dopo averlo salutato gli dissi:Che cosa ci trovi in tutti questi libri nonno?.

    Egli mi guardò sorpreso, poi dopo qualche secondo di silenzio che a me parvero interminabili scoppiò in una fragorosa risata. Mi rispose incamminandosi verso il bagno che era sul balcone. I libri fanno volare via con il pensiero, dato che per governare la terra devo rimanere qui.Lo aspettai come sempre in cucina, ed appena lo vidi ricomparire vestito, lo seguii nella stalla.

    Mentre egli mungeva ed il secchio si riempiva di latte, io osservavo le mammelle delle vacche e la magia che faceva sii che il latte sgorgasse da qui piccoli fori rosei. Dormivano ancora tutti, o quasi.

    La frazione dove la casa dei miei bisnonni e poi dei nonni sorge è Case Zobbi, derivante dal cognome più comune diffuso Zobbi, nella frazione di Villa Minozzo in provincia di Reggio Emilia sull’appennino tosco-emiliano. Mio bisnonno Ruggero partì per New York dove rimase per 3 anni.

    Nuova york, così la chiamavano i suoi compaesani.

    Questo dopo il Canada in cui rimase come taglialegna. Ritornò a casa dalla sua amata moglie, mia bisnonna Francesca dopo cinque anni.

    Con i soldi messi da parte potè comprare la casa, un altro edificio adiacente che fu adibito a fienile e le terre. Tali terre erano sovrastate da boschi, e ciò significava legna per l’inverno, significava semina, colture, cibo.

    Tornato con il mio prozio Attilio ancora in fasce si mise subito all’opera per fare fruttare la sua azienda agricola. Ad Attilio seguirono mio zio Medardo, e per ultimo Gino mio nonno. Mentre mio bisnonno Ruggero ere bello come un Dio , con due occhi blu cobalto, mia bisnonna Francesca era una donna con un viso normale, ma alta , con lunghi e meravigliosi capelli ed un sorriso che illuminava le giornate.

    Mio zio Medardo partì per l’Argentina dove rimase, e dove tutt’ora il cugino di mia madre Rodolfo risiede con la sua progenia, mio zio Attilio invece si trasferì a Milano in coincidenza con il boom economico , nel momento della fioritura della città.

    Erano gli anni sessanta e Milano era bellissima.

    A Gino rimasto solo, non rimase che proseguire con l’attività agricola. Quando andava ai fieni, arrivava con il carretto schioppettante, ciò era causato da una marmitta ormai sfasata, e noi bambini salivamo in gruppo. Contenti cantavamo come alpini alticci. Giunti al campo appena ci veniva permesso di scendere osservavamo le balle di fieno dorate. Il fieno pungeva le gambe.

    Ma il vero pericolo era la biscia e la possibilità che ci mordesse. Quando giungeva il tramonto sapevamo che era l’ora di tornare, eravamo così felici, di una felicità semplice.

    Nella mia ingenuità di fanciulla ignoravo allora le brutture del mondo adulto, e gioivo a pieno della stagione estiva. Ma le cose non sarebbero rimaste così per molti anni. Finite le scuole si andava in campagna per i mesi estivi, mentre in città il caldo colpiva i lavoratori e coloro che erano costretti a restare in tale luogo. E non mi resi conto allora dell’enorme fortuna nel poter ammirare da vicino i miracoli della natura, la flora e la fauna che ne facevano parte.

    Poter accarezzare animali come: cavalli, conigli, asini , poter ammirare, fiori e memorizzare fragranze

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