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La vita a volte fa vomitare
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La vita a volte fa vomitare
E-book187 pagine2 ore

La vita a volte fa vomitare

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Info su questo ebook

Purtroppo, i disturbi psicosomatici sono molto comuni oggi. Le persone affette e chi sta loro accanto spesso sperimentano una forte sensazione di impotenza di fronte al quadro clinico e al decorso di tali patologie. In questo libro l'autrice racconta la storia della sua malattia: con brutale onestà, le pagine del diario e il racconto rivelano al lettore la costellazione di pensieri e i tormenti quotidiani che hanno plasmato la sua vita durante i sette anni di lotta ai disturbi alimentari. Ma danno anche speranza per una vita piena: nonostante l'anoressia - in seguito bulimia, depressione e disturbo borderline - l'autrice è riuscita a rompere il circolo vizioso e ora vive una vita sana e felice con il marito e i suoi due figli. Nina Federlein: “Dietro ogni disturbo alimentare si nasconde una storia. Questa è la mia.”

LinguaItaliano
Data di uscita10 dic 2020
ISBN9781071572658
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    Anteprima del libro

    La vita a volte fa vomitare - Nina Federlein

    Introduzione

    Se qualcuno all’epoca mi avesse detto che tutto sarebbe andato bene e che avrei trovato il mio posto nel mondo, sono convinta che molte cose sarebbero state più semplici per me. Ma chi avrebbe potuto dirlo con certezza?

    Oggi sono felicemente sposata e la presenza di mio marito basta a confermarmi ogni giorno che tutto sta andando e andrà bene. Lo amo proprio per questo!

    I miei due meravigliosi figli sono la prova vivente che quella battaglia meritava di essere combattuta, perché la mia vita ha un senso e ogni nuovo giorno è un dono.

    Con queste pagine desidero incoraggiare coloro che vivono situazioni simili a lottare, perché guarire e vivere una vita meravigliosa è possibile.

    Dietro ogni disturbo alimentare si nasconde una storia.

    Questa è la mia.

    Parte prima. «A proposito, sono anoressica»

    Anch’io, come molti altri, ho cercato a lungo le cause della mia malattia; ma nella quotidiana ‘lotta per la sopravvivenza’ sapere ciò che ha fatto insorgere il mio disturbo non mi è stato di alcun aiuto. Ripercorrendo gli anni, un solo evento segna per me l’inizio del mio disordine alimentare.

    Quel giorno non c’erano lezioni di equitazione perché il maneggio era chiuso. Per me, comunque, non faceva alcuna differenza, visto che non potevo montare il mio pony Mausi: tre giorni prima aveva avuto una brutta colica e doveva riposare. Impaziente di tornare a cavalcarla, aspettavo che arrivasse il veterinario per visitarla nuovamente.

    Come ogni lunedì, il maneggio era silenzioso: non c’erano allievi e la maggior parte degli adulti nel pomeriggio era ancora al lavoro. C’eravamo soltanto io e lo stalliere.

    Siccome il veterinario non era ancora arrivato, decisi di portare fuori Mausi per lavarla e strigliarla – cosa che facevo sempre con molto piacere. Tra tutti, lei era la mia più intima confidente e in quei momenti le parlavo della scuola, dei compagni e dei ragazzi a cui ero interessata.

    Mentre mi occupavo di Mausi, Luisa – un’altra allieva – entrò nel maneggio. Quando raggiunse il tondino per lavorare alla corda col suo pony Cellini, finalmente il veterinario arrivò e allora portai Mausi nel corridoio dei box affinché potesse auscultarla. Dopo averla visitata, annuì con soddisfazione e disse: «Bene, ancora un paio di iniezioni di ricostituenti e potrà pian piano tornare a muoversi; da stasera puoi darle da mangiare. Domani, invece, puoi iniziare con calma a montarla».

    Mentre il veterinario le faceva la quinta e ultima iniezione, tenevo ferma Mausi in modo che restasse calma.

    Ciò che accadde dopo fu rapido e allo stesso tempo talmente lento da sembrare irreale: mentre il veterinario stava per andarsene, le zampe anteriori di Mausi si piegarono; lei tentò di risollevarsi, ma dopo qualche passo cedettero di nuovo. Non dimenticherò mai il rumore degli zoccoli che sbattevano sul pavimento del box mentre lei, scivolando e barcollando, continuava a lottare tra la vita e la morte. Sembrò durare in eterno; ma poi, a un certo punto, cessò: Mausi si accasciò a terra e non si rialzò mai più.

    Mi inginocchiai accanto a lei, appoggiai la sua testa sulle mie gambe e iniziai ad accarezzarla. Non capivo cosa stesse accadendo, ma quando un velo grigio le appannò gli occhi e smise di sbattere le palpebre e di ansimare, fu chiaro che non c’era più niente da fare e che nessuno poteva salvarla.

    Mausi giaceva morta tra le mie braccia. La mia più cara amica e confidente, la cosa più importante per me… se n’era andata.

    Non mi rendevo conto di ciò che era accaduto; telefonai a mio padre e riuscii a malapena a dirgli che il mio pony era morto.

    Qualcuno venne a prendermi; qualcun altro sistemò tutto e portò via Mausi.

    Ero sola e nessuno poteva capire cosa stessi provando.

    Quello non fu certo il primo momento difficile della mia giovane vita, ma tutto sommato la mia fu un’infanzia felice.

    Vivevamo in un complesso residenziale e io trascorrevo quasi tutta la giornata fuori con mio fratello, più grande di me di quattro anni. Noi due andavamo d’accordo, forse perché non ero la solita bambina: le Barbie non m’interessavano, ero irrequieta e preferivo andarmene in giro coi maschi. Fino alla terza media frequentai una scuola in cui si seguiva il metodo educativo Waldorf, e ciò significava niente televisione. Impiegavo il mio tempo libero facendo altre cose. A scuola me la cavavo bene e anche in seguito non ebbi mai problemi con lo studio perché apprendevo con facilità. Con gli insegnanti andavo d’accordo e mi consideravano un’allieva educata, diligente, allegra, sicura di sé, sincera e pronta a difendere i più deboli. Non ero affatto la bambina spaventata e insicura che diventai in seguito, e neppure la donna triste ed emotivamente instabile che sono oggi. Questi tratti della personalità emersero con la malattia e sono ancora oggi parte di me.

    Scoprii l’equitazione a dieci anni, e poiché entrambi i miei genitori lavoravano, era mia nonna a prendersi cura di me ogni giorno: mi accompagnava alle lezioni di violino, di equitazione e dai miei amici. I cavalli diventarono la mia passione e al maneggio mi sentivo al sicuro; sebbene non fosse sempre un’isola felice, perché tra tutte le ragazze che lo frequentavano spesso nascevano piccoli litigi. Amavo cavalcare e prendermi cura dei cavalli.

    A tredici anni i miei genitori mi regalarono Mausi, realizzando così il sogno di un pony tutto mio. Andavo già ogni giorno al maneggio, ma avere Mausi mi faceva sentire speciale.

    Purtroppo, a meno di due anni di distanza, morì e credo di poter dire che tutto ebbe inizio quel giorno.

    Fu come essere sradicati e posti di fronte a una situazione che non si è in grado di affrontare, peraltro in un momento in cui vivevo già il tumulto di emozioni tipico della pubertà. Forse quella perdita mi riportò alla mente la separazione dei miei genitori quando io avevo solo due anni. Mia madre si risposò presto con un uomo che si prese subito cura di noi e che considero il mio vero padre. Comunque, da quel giorno di ottobre il mio mondo non fu più lo stesso.

    11.12.1993

    Caro Diario,

    oggi torno a scriverti. Sto uno schifo. Da quando Mausi è morta non ho più alcun interesse e se decido di fare qualcosa, va sempre male.

    Per smettere di pensare, ho iniziato a bere e fumare. Le cose vanno da schifo anche al maneggio, tutti litigano tra loro e io non ho più un motivo per uscire di casa. Alla festa di Natale al maneggio, io e Luisa ci siamo ubriacate. Poi, all’improvviso, mi sono sentita profondamente triste e ho pianto disperatamente per Mausi.

    Due ragazzi ci hanno provato con noi, e ora uno di loro non lascia più in pace Luisa… Per me, invece, nessuno mostra interesse.

    A scuola Caro è davvero gentile, probabilmente ha già attraversato momenti difficili e sento che può capirmi. Purtroppo, sta per cambiare scuola!!! Sarò di nuovo da sola… Lo schema continua a ripetersi. Tra poco sarà Natale e io non sono dell’umore giusto, per cosa dovrei essere felice? Al momento riesco solo a piangere e a riversare la mia rabbia su tutto e tutti. Preferirei restarmene a letto. Quando sono fuori devo recitare la parte della ragazza forte, devo fingere che tutto vada bene, mentre invece non farei altro che piangere. Mia madre continua a dire che è la pubertà. Ahahah, non si accorge di nulla. Del resto, come potrebbe visto che non c’è mai? L’unica che mi capiva è morta e l’altra lascia la scuola!

    Anche il mio rendimento scolastico è peggiorato. Non ho insufficienze, ma i voti non sono più così alti. Al momento sembrano avercela tutti con me…

    Non m’importa, sono abituata a sorridere anche quando non ho nessun motivo per farlo, e recitare il ruolo della brava ragazza è più semplice…

    Ciao, a pesto!

    Non avendo molto altro da fare, continuai a frequentare il maneggio. Lì qualche volta potevo comunque montare i cavalli degli altri, anche se naturalmente non era la stessa cosa.

    In quel periodo iniziai a uscire spesso con Luisa; eravamo coetanee, ma lei era già sviluppata e di notevole bellezza.

    Aveva tutto ciò che desideravo: un cavallo tutto suo, genitori facoltosi interessati a lei e all’equitazione, che partecipavano ai tornei e le compravano tutto ciò che voleva – anche se il padre era un uomo davvero irritante.

    Luisa aveva tutte le qualità per piacere ai ragazzi, mentre io ero soltanto la sua accompagnatrice. Già a quell’età, per mettersi in risalto, le belle ragazze si facevano scortare dalle sfigate. Ma anche il brutto anatroccolo, silenzioso e insicuro, si serviva della sua bella amica per godere di qualche raggio di luce riflessa.

    All’epoca ero una ragazza insicura coi capelli scompigliati che non indossava scarpe o jeans all’ultima moda. Non ero particolarmente bella – non che fino a quel momento avesse avuto alcuna importanza – e per me i ragazzi erano esseri sconosciuti.

    Luisa m’insegnò tutto. Ricordo ancora il pomeriggio in cui tentò di farmi mettere con un ragazzo al quale non interessava affatto se fossi gentile, intelligente o simpatica: tutto ciò che voleva sapere era quante paia di calze Burlington e quanti Levis avessi nell’armadio!

    La pubertà fu per me una fase particolarmente difficile.

    Dopo aver perso il mio punto d’appoggio al maneggio, mi lanciai a capofitto in un mondo sconosciuto ed eccitante fatto di feste, ragazzi, fumo, alcol e innamoramenti. Avevo sedici anni ed era arrivato il momento di recuperare tutto ciò che mi ero persa.

    Rileggendo oggi le pagine del mio diario mi accorgo di quanto fossi ingenua.

    Sviluppai tardi ed ebbi il primo ciclo mestruale a sedici anni. Le lezioni di nuoto erano un momento particolarmente imbarazzante perché ero l’unica ragazza della scuola che poteva andarci OGNI settimana. Il mio lento risveglio nel mondo del fumo e dell’alcol sembra più brusco di quel che realmente fu. Ero cresciuta in un ambiente tranquillo, e anche se una sbronza nel fine settimana era una cosa del tutto innocua, per me era già troppo.

    Non avevo mai dato un bacio alla francese o tenuto per mano un ragazzo. Poi arrivò la sera di Capodanno.

    10.01.1994

    Caro Diario,

    ho molto da raccontarti. L’ultimo giorno dell’anno è stato perfetto. Luisa è venuta qui a casa e intorno all’una siamo andate alla festa organizzata a Heuchelhof. I miei genitori mi hanno dato il permesso senza fare storie!

    Abbiamo raggiunto il posto in taxi. C’era ancora una quindicina di persone e dopo appena dieci minuti eravamo già entrambe ubriache. Poi Luisa mi ha detto che Gernot voleva parlarmi. Allora sono andata con lui in bagno e lì ha iniziato a baciarmi, poi a toccarmi e alla fine mi ha chiesto se volessi farlo. Cosa? Avevo appena dato il mio primo bacio con la lingua e lui già voleva andare fino in fondo! Comunque, non ha notato la mia insicurezza e inesperienza.

    Gli ho detto di no e sono uscita dal bagno, ero troppo ubriaca per rendermi conto di quello che accadeva intorno a me. Nel corridoio ho pomiciato con Lars, poi di nuovo con Gernot, e per finire anche con Hahne… Evvai! Ho dato il mio primo vero bacio!!!

    Siamo tornate a casa alle sei e mezza.

    Al maneggio finalmente posso montare un nuovo cavallo. Meglio di niente.

    A presto!

    Quell’anno il mio corpo iniziò a trasformarsi e, proprio come nella fiaba, il brutto anatroccolo cominciò a diventare un bel cigno. Quando avevo Mausi ripetevo sempre di non voler crescere per continuare a montarla; ma avendola persa, non avevo più alcun motivo. Diventai più alta e presi anche qualche chilo, ma non fui mai davvero grassa. Il peso massimo che raggiunsi a diciassette anni fu 58 kg per 1,65 m di altezza.

    Al maneggio ebbi la possibilità di montare il nuovo cavallo dell’istruttore, il mio rendimento scolastico migliorò e a casa le giornate scorrevano tranquille. Tirai avanti, m’innamorai più e più volte, e collezionai le esperienze tipiche di quell’età. Raggiunsi la piena maturazione frequentando una nuova cricca che era solita ritrovarsi nella piazza del mercato. Alcune volte erano solo in cinque, altre – soprattutto nel fine settimana – si ritrovavano anche trenta persone. Quando ci trasferimmo in città le cose cambiarono perché potevo raggiungere facilmente ogni posto e in giro c’era sempre qualcosa da fare. Non ricordo come iniziai a frequentare quei ragazzi; probabilmente conobbi alcuni di loro grazie a Luisa o a un’altra compagna di scuola.

    22.11.1994

    Sto conoscendo tantissime persone! È iniziato tutto durante la pausa: mentre ero con Wiebke, ho fatto amicizia con Phips, Sendl, Joh, Glupshi e altri che erano lì. Quando è partito il corso di ballo ho conosciuto Ufuk. Lui trascorre sempre il pomeriggio nella piazza del mercato o se ne va in giro per la città con la sua cricca. Solitamente se ne stanno seduti davanti al McDonald’s e quando ci vado, trovo sempre qualcuno: Just, Schlumpf, Atnan, Omar, Lupus, Marco, Olli o altri.

    Ho l’impressione che ogni giorno si aggiungano nuove persone. Nel fine settimana ci ritroviamo lì e andiamo assieme a una delle tante feste. Dopo aver fatto una tappa alla stazione di servizio, ci spostiamo con l’autobus o con la macchina perché un paio di ragazzi hanno già la patente.

    Quando sono andata con Lisa al Letz Fetz, all’improvviso tutti hanno iniziato a essere molto gentili con me. L’anno scorso ero solo una sfigata e ora tutti mi salutano e si fermano a parlare. È fichissimo!

    Ora gli altri si accorgono di me e io non sono più soltanto l’accompagnatrice di Luisa! Sabato, dopo esser stata al Bäulke, sono andata all’Havanna con Oli, Mike e Luisa. Anche lì ho conosciuto tanta gente nuova e alla fine siamo venuti a casa da me, che ragazzacci!!!

    Ad ogni modo, mi sono divertita molto, ho conosciuto un po’ di gente e finalmente anch’io conto qualcosa!!!

    Caspita, un altro anno è quasi finito. Quello che è accaduto negli ultimi mesi è pazzesco… Forse dovrei incollare qualche foto su queste pagine per rendermi conto dei cambiamenti. E pensare che l’anno scorso non avevo ancora avuto alcuna esperienza con i ragazzi, non conoscevo nessuno ed ero totalmente diversa… Come ho detto prima, è incredibile. Sono curiosa di vedere cosa mi aspetta l’anno prossimo!!!

    Allora a presto…

    P.S. Ho detto ai miei che fumo. Papà l’ha presa bene, all’inizio è rimasto in silenzio, poi è andato a prendere un posacenere e mi ha offerto una sigaretta. Abbiamo fumato assieme in cucina. Visto che anche lui fuma, non può certo vietarlo a me. Ha detto così! Non è fico!!? Il mio papà è il migliore!

    06.01.1995

    Natale, Capodanno e il mio compleanno ormai sono passati…

    Devo assolutamente raccontarti una cosa: l’ho fatto, ho perso la verginità!!

    Evvai, finalmente! Ma anche questa volta sono capitata in una situazione di merda: non è stato bello e lui non è il mio ragazzo. Ma ormai ho imparato che la felicità e la sofferenza sono strettamente legate. In qualche modo ogni cosa bella è allo stesso tempo dolorosa. Consideriamo ad esempio la scuola: io me la cavo bene, prendo voti alti e ne sono felice, ma questo infastidisce i miei compagni e allora mi danno della secchiona e mi evitano. Oppure al maneggio: mi considerano una

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