"Che bello essere tua..."
Di Catia Donati
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Anteprima del libro
"Che bello essere tua..." - Catia Donati
PREMESSA
Catia Donati non esiste.
Perché non mi rivelo? Perché tutto quello che ho scritto è maledettamente vero, dalle cose più frivole a quelle più scabrose. Ma soprattutto perché non sono stata capace di schermare le mie passioni, il coinvolgimento emotivo, le lacrime di gioia e di disperazione. E se è vero, come è vero, che in pochi mi hanno vista piangere, potrete comprendere che io non sia pronta a camminare nuda per le vie della mia città.
Quindi perché non lasciare questi racconti in un cassetto?
Perché sono profondamente convinta che i romanzi più belli, più coinvolgenti, più appassionati, sono dentro le nostre case, nei solchi delle nostre rughe.
Inoltre mi riconosco il merito di aver saputo gestire le difficoltà con coraggio e ottimismo. Mi sono detta magari, condividere questi pochi brandelli di vita, potrà essere di aiuto a qualcuno che si trova a dover superare qualche momento di sconforto
.
Una mattina mi sono svegliata con un’immagine stranamente nitida e precisa del sogno più recente. Una lunga ordinata fila di persone che camminavano con passo lento verso l’orizzonte fino a scomparire. Ognuno di loro aveva una scatola in mano. Conteneva il loro vissuto, la loro storia. Null’altro potevano portare con se’.
E’ stato così che ho avvertito la presenza della mia scatola, ne ho riconosciuta l’importanza. Ho cominciato ad ascoltarla, con attenzione e rispetto. Il confronto con lei mi ha consentito di rileggere in chiave critica alcune mie pagine di vita, riscritte di getto, senza un ordine ne' cronologico ne' di importanza, facendo emergere emozioni e rabbia repressa, amore e dolore, leggerezza e profondità, coerenza e contraddizioni.
Una scatola discreta, che non pretende di mettere ordine nella mia vita disordinata, che non pretende di insegnare e non mi dice cosa fare.
E’ sua la voce narrante dei miei racconti.
Una voce sincera, benevola, senza giudizio e senza pregiudizio.
(l’autrice, quella vera, che non si rivela)
LA SCATOLA
Eccomi qua, sono la scatola che ti è stata regalata al tuo primo vagito.
Tua madre, quando aveva capito di essere di nuovo incinta, stava per cedere alla tentazione di bruciarmi, eri la quinta, non so se mi spiego... e non era per niente scontato che non saresti stata un altro maschio, il quinto in 5 anni. La vogliamo biasimare? Certo che no, ma è un fatto che io non sia stata preparata con tutte le attenzioni i suoni e i colori, come normalmente si fa. Ero posata a terra in un angolo del corridoio, invisibile ai tuoi fratelli per fortuna, ma comunque sballottata a destra e a manca, a volte spostata un po' di lato, a volte sollevata e pericolosamente appoggiata in bilico sopra una pila di libri. Che quelli nella tua casa non mancavano mai…
Ricordo distintamente lo sguardo di tuo padre, piccoli occhi neri, leggermente infossati in un volto magro, difficilmente rilassato, che saettavano al ritmo nervoso del contrarsi delle mascelle, senza perdere mai di vista quei quattro scalmanati, sudati, rotolanti, incontenibili ragazzini che erano i suoi primi quattro figli maschi. Che fosse una giornata di pioggia o il lasso di tempo che intercorreva tra il calar del sole e Carosello, sapeva che gli toccava il turno di guardia in casa.
A lui, che era terrorizzato dagli spigoli.
E sapeva che non si sarebbe potuto esimere nemmeno con la febbre a 40.
Nei rari momenti di calma apparente, pur sempre vigile, mi dava un colpetto qua, uno la, per sistemarmi alla meglio, mi guardava con aria supplichevole e mi colorava di rosa.
Tua madre, se non fosse crollata per la stanchezza, mi avrebbe dato attenzione più tardi. Per ora doveva pensare a cosa mettere a tavola, a preparare l'acqua nella vasca, a sistemare i panni per il giorno dopo.
Ma era talmente ottimista, che mai pensò di non potercela fare.
Sempre più magra, ma sempre più bella, e sempre più preoccupata di ingoiare i suoi sorrisi, che tuo padre era geloso anche dell'aria che respirava.
Io in quei mesi ero solo una scatola vuota, non sapevo di cosa mi avresti riempita, non conoscevo il tuo profumo, ne’ la tua voce.
Ma ero certa che non ti sarebbe mai mancato lo spazio necessario, come se il mio fondo fosse infinitamente fondo.
Eppure, mio malgrado, non potevo non sentirmi permeare di un ingombrante filo di angoscia.
Certo, la situazione in