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Anna oltre il muro
Anna oltre il muro
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E-book103 pagine1 ora

Anna oltre il muro

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La storia di Anna, a metà tra biografia e romanzo, riporta alla luce la figura di una cugina mai conosciuta dall’autrice perché morta troppo presto e in circostanze per certi versi misteriose, che nel piccolo centro ogliastrino, in Sardegna, danno luogo a un racconto popolare appena sussurrato, ma puntualmente tramandato. Rimosso dai propri familiari, il suo ricordo riaffiora nella memoria di chi la conobbe e consente all’autrice di far pace con il proprio passato e le sue ombre, riappropriandosi di un pezzo di vita e di amore che sanno pesare sull’anima.
 
Maria Rita Contu è nata a Tertenia, un paese dell’Ogliastra, nel 1957. Dopo aver frequentato il Liceo scientifico di Jerzu, il paese più facilmente raggiungibile per distanza, ha proseguito gli studi presso l’Università di Cagliari, nella facoltà di Lettere moderne. Ha conseguito la laurea nel 1982 e nello stesso anno ha cominciato a insegnare nella provincia di Nuoro; nel 1984 ha superato il concorso per l’insegnamento nella scuola secondaria di I grado con l’assegnazione della cattedra di materie letterarie. È in pensione dal 2019. Ha svolto diversi incarichi per la scuola e frequentato corsi di aggiornamento sulle problematiche legate all’apprendimento.
LinguaItaliano
Data di uscita16 ago 2022
ISBN9788830670082
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    Anteprima del libro

    Anna oltre il muro - Maria Rita Contu

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Cara Anna, come stai?

    So che non ha senso rivolgerti questa domanda, non posso conoscere la tua condizione attuale, ma per un insieme di circostanze, che sarebbe troppo lungo descriverti, ti ho incontrata veramente solo adesso, in un momento in cui il passato riemerge con aspetti nuovi, scoprendo che tu della mia vita hai fatto parte, senza che prima potessi rendermene conto.

    Eppure ti ho vista tante volte, ma in una foto che ti ritrae da ragazza.

    Due trecce scure incorniciano un viso dall’ovale perfetto, gli occhi e la bocca sorridono rivelando una dolcezza e una grazia senza ombre. Sei un tenero fiore che sboccia ignaro della propria bellezza. Un semplice abito liso mostra la povertà di quegli anni, non lontani dall’immane tragedia della guerra appena conclusa.

    Quella foto io l’ho sempre avuta sotto gli occhi. Era l’unica che mia madre tenesse nella sua camera. Nessuno dei suoi quattro figli ha conteso o diviso quello spazio con te.

    Una cornice importante avrebbe rivelato a occhi più attenti il suo singolare valore, eppure né io, e forse neanche i miei fratelli, avemmo mai la minima curiosità per quella bella ragazza, nostra cugina, della quale sapevamo essere morta in giovane età.

    Tracce di una vita nascosta

    Qualche settimana fa, mentre riordinavo un angolo della mansarda dove sono alloggiate scatole e borse con tanti oggetti del passato, ne ho aperta una di cui ignoravo il contenuto e ho scoperto che conservava il manoscritto di nostra madre sulle sue memorie. Il tutto era riposto con grande cura: sul quaderno dalla copertina rigida a fiori viola e due scatole di latta. Le ho prese con l’intenzione di ispezionarne l’interno, ma qualcosa di insolito ha attirato la mia attenzione: poggiata sul quaderno c’era una vecchia pagella scolastica.

    Non poteva essere di noi figli, sapevo che si trovavano tutte assieme da un’altra parte, non era di mia madre, non poteva essersi conservata così a lungo. Ho letto l’intestazione e con stupore ho visto il tuo nome, era tua la pagella, Anna! Proprio tua! Quella della quinta elementare.

    Mentre l’aprivo, stupita di trovarla lì fra le sue cose, riconoscevo l’abitudine di conservare con ordine tutto ciò che riteneva meritevole di essere ricordato, e forse ritrovato, e così nel vedere la tua pagella ho percepito di lei qualcosa di nuovo, di insolito, un gesto di profonda tenerezza che certamente si sarebbe palesato solo dopo la sua scomparsa, rivelando il vincolo profondo con te, mai espresso in vita, ma tale da indurla a conservare in cima ai suoi ricordi più cari il tuo.

    Improvvisamente ho capito che per noi non sei stata una semplice cugina, ma una vera sorella maggiore, e che lei ti ha amata profondamente e silenziosamente, nel riserbo più assoluto.

    Dal momento della tua scomparsa ti ha tenuta in vita per tutto il resto dei suoi anni nella parte

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