Passaggio di Testimone
Di Ross 2.0
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Anteprima del libro
Passaggio di Testimone - Ross 2.0
Premessa
Verona, 21 dicembre 2023
Ciao Ross, buon compleanno.
Io sono il tuo passato e tu sei il mio futuro, tu sei oggi la somma delle mie esperienze, del mio vissuto, forte quanto mi hanno reso le prove della vita, saggia quante le lezioni che ho imparato, felice per tutta la gioia e l’amore che ho provato. Le scelte che ho fatto ogni giorno ti hanno forgiato.
Sta per iniziare per noi una nuova fase della vita, voglio quindi tirare le fila, fare chiarezza sul nostro vissuto e lasciarti una solida base, sincera e leale, da cui tu possa partire, una sorta di mappa.
Ho deciso di scriverti perché le parole sono lo specchio del pensiero e indagare il preciso significato delle parole equivale a mettere chiarezza nelle proprie idee. Ho anche raccolto e disseminato qua e là frasi e citazioni di grandi personaggi che sono state per me fonte di riflessione e di grande ispirazione. Brevi enunciati, (Sutra in sanscrito), in cui è rinchiusa un'antica saggezza, che arrivano all’anima come tatuaggi.
Questo è il frutto del mio lavoro di introspezione, dell’analisi delle mie esperienze e dell’osservazione dei processi della mia coscienza. Un percorso che ho iniziato per conoscermi e per darti l’opportunità di osservare il passato per meglio comprendere il presente e orientare il futuro, per facilitarti il percorso di evolvere diventando la versione migliore di te stessa, consolidando sempre più il tuo equilibrio interiore (*).
Certo non devi vivere osservando il passato ma è importante che tu possa trarne tutte quelle indicazioni che ti aiuteranno a progettare il futuro, a rendere la tua vita straordinaria, vissuta intensamente, con gioia, armonia e saggezza.
Vivere una vita straordinaria è un’abilità, non un dono, perché il dono è la vita stessa. L’arte di vivere è la cosa più rara al mondo, vivere significa evolvere, la maggior parte della gente esiste solamente.
Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro.
(Papa Giovanni Paolo II)
(*) Con equilibrio interiore intendo l’equilibrio tra corpo-mente-anima.
PARTE PRIMA
Tutta la vita
Il passato (1963 - 2023)
"Prendi tempo per raccogliere il passato in modo che sarai in grado di imparare dalla tua esperienza e investirla nel futuro."
(Jim Rohn)
Ho voluto ripercorrere brevemente tutta la mia vita fino a qui per trovare nuove rivelazioni su me stessa, per indagare in chiave analitica quello che sono stata, e per meglio assumermi la responsabilità di ciò che sono.
Infanzia
Vanno più in profondità gli insegnamenti che sono impressi in tenera età.
(Lucio Anneo Seneca)
Sono stata una bambina molto desiderata dalla mia giovanissima mamma di soli vent’anni e sono nata durante il periodo di Natale del 1963, l’anno successivo al matrimonio dei miei genitori.
In quel periodo abitavamo a Verona, in un condominio costruito dal nonno materno e abitato da quasi tutti i nostri parenti, in una zona tranquilla poco fuori le mura.
Di quel tempo naturalmente non ho ricordi, ma molte fotografie che testimoniano come fossi amata e coccolata, ero la prima nipotina di nonni e zii.
Dopo soli due anni, sempre a Natale, arrivò il trasferimento a Bolzano per mio padre, che faceva il capotreno per le ferrovie dello stato.
Lui si trasferì ed in breve trovò un piccolo appartamento in affitto per ricongiungersi con la sua famiglia.
Erano tempi bui, caratterizzati dalla fase più cruenta del terrorismo sudtirolese, frequenti attentati di matrice neonazista avevano l’obiettivo di contrastare nella maniera più cruenta qualunque ipotesi di accordo tra lo stato italiano e la minoranza etnica.
Ogni bomba che saltava, anche quelle che non generavano vittime, creava una situazione di allarme e di preoccupazione fortissima. Alcune furono poste nei tralicci della ferrovia ed una anche nell’asilo che io frequentavo.
Papà lavorava nel personale viaggiante, anche per molte ore consecutive, e la mamma, a casa da sola, ogni giorno sperando che lui rientrasse a casa sano e salvo, si prendeva cura di me, cercando di convivere, a poco più di vent’anni, con l’ostilità dei negozianti nei riguardi dei cittadini italiani, che parlavano loro solamente in tedesco, ed il costo della vita nella città più cara d’Italia per una famiglia monoreddito lontana dal sostegno morale e materiale dei parenti.
Per mamma iniziavano i primi sintomi di quella che si sarebbe rivelata negli anni successivi una grave malattia, che ben presto l’avrebbe costretta sulla sedia a rotelle, la Sclerosi Multipla. Io naturalmente ne ero all’oscuro.
Pochissimi sono i miei ricordi di quel periodo, che l’amore e l’infinita dolcezza della mamma non mi hanno mai fatto percepire come pericoloso. Ricordo anzi bellissimi pavoni nei giardini nel tragitto casa-asilo, piacevoli gite, naturalmente a piedi, nei boschi vicini, dove raccoglievamo enormi funghi e frutti di bosco.
Purtroppo per me la nostra casa era in centro, vicino al grattacielo, e l’unico balcone guardava nel cortile interno dove si trovava una carrozzeria. Mentre la mamma si occupava delle faccende di casa, io non avevo uno spazio e nemmeno altri bambini con cui giocare. Giocavo da sola stimolando la mia creatività.
I soli ricordi negativi, ma molto nebulosi di quel periodo, sono legati all’asilo che frequentavo, gestito da suore cattive che parlavano una lingua che non conoscevo e minacciavano i bambini che non volevano dormire, di essere tenuti al buio e legati ai lettini. Nonostante questo, io desideravo comunque andare all’asilo, perché era lì che trovavo altri bambini con cui giocare.
I miei genitori si fecero degli amici tra i colleghi di mio padre di cui condividevano la sorte, che io chiamavo zii, ancora oggi lo faccio. È stata un’amicizia tale che il forte legame si è mantenuto per tutto il resto della loro vita.
La nostra permanenza a Bolzano si protrasse per tre anni, dal 1965 al 1968, il BAS, Comitato per la liberazione del Sudtirolo, fu attivo in Alto Adige fino al 1969. Sui miei documenti, da allora, appare la scritta: immigrato da Bolzano.
Con il senno di poi, attribuisco a quegli anni il mio disagio del buio, ma, ignara dei veri disagi, non mi sarebbe dispiaciuto frequentare lì anche le scuole elementari, imparando così la lingua tedesca con il minimo sforzo.
La mia famiglia fece ritorno alla nostra casa di Verona, e si ricongiunse felicemente con tutti i parenti, a cui nel frattempo si erano aggiunti due cuginetti.
La fase della mia vita durante il quinquennio della scuola elementare è un insieme di ricordi bellissimi. La maestra Borgo, che ancora a quei tempi era una sola per tutte le materie e per i cinque anni, era una figura materna, trattava i bambini come fossero suoi figli, insegnava, motivava e consolava, a seconda delle esigenze del momento.
L’apprendimento di per sé mi risultava facile e, meraviglia delle meraviglie, mentre i primi uomini posero piede sulla Luna, nel 1969, io imparai a leggere.
La mia famiglia non possedeva ancora né la macchina né la TV ed io, da quel momento, lessi tantissimo, rappresentava per me una finestra sul mondo, lo trovavo molto stimolante, una specie di fabbrica dei sogni.
Mi sentivo amata da genitori e parenti, coccolata dalla maestra ed ammirata dagli altri bambini, i quali mi trattavano con ammirazione e spesso mi prendevano ad esempio e si facevano aiutare da me per i compiti. Grazie ai miei risultati scolastici, alla mia espansività, (e forse alla mia struttura fisica), fui nominata capoclasse, cosa che mi riempiva di orgoglio.
Credo possa essere stata questa l’origine della mia, ancora attuale, propensione ad essere la guida del gruppo, la persona di riferimento, colei che supporta, risolve i problemi e trova sempre nuove idee ed iniziative.
La scuola distava circa un km da casa, ed io ben presto iniziai a fare il tragitto da sola, mi responsabilizzava e mi dava una sensazione di autonomia, anche se ancora non capivo completamente che si trattava di una necessità dovuta alla malattia della mamma che si acuiva sempre più, e che lei, suo malgrado, non mi poteva accompagnare.
Nel pomeriggio compiti ed i primi aiuti nelle faccende domestiche, poi a giocare al grest della parrocchia vicina. Papà lavorava ancora molte ore, con orari diversi ogni giorno, senza fine settimana e feste comandate, così spesso la sera io e la mamma attraversavamo il pianerottolo per cenare con i nonni materni, dove l'alimentazione era prettamente a base di glutine, affettati, grassi animali in quantità e dolci di ogni genere. Loro possedevano anche la tv, ma le trasmissioni che seguivano, dibattiti politici ed incontri di boxe, erano poco interessanti per me, che preferivo i miei libri.
Al sabato sera però, felice e fiera, con il mio bagaglio in spalla, mi trasferivo ed andavo a passare la notte dalla mia fragile e povera nonnina (economicamente) Argenide, la mamma del papà, che abitava in due piccoli locali in una stradina laterale.
Per lei ero una gioia, anche se impegnativa. Mi preparava la mia cena preferita, polpette e purè, giocava con me e mi raccontava storie, anche per tutta la notte, nel suo grande e alto lettone, mentre il nonno, che praticamente non avevo mai incontrato, lavorava come portiere di notte.
Il momento più bello dell’anno erano per me le vacanze estive, che, per quanto brevi ed in bassa stagione, trascorrevamo al mare nella ex Jugoslavia. Le meraviglie sottomarine, che potevo scoprire grazie ai miei interminabili bagni con maschera e pinne, non finivano mai di stupirmi e darmi emozioni. In acqua mi sentivo libera e felice.
E’ certamente iniziato allora il mio sconfinato amore per il mare.
Adolescenza
Che stagione l'adolescenza. Senti di poter esser tutto e ancora non sei nulla e proprio questa è la ragione della tua onnipotenza mentale.
(Eugenio Scalfari)
Giunta in età di scuole medie, i confini del mio mondo si ampliarono, grazie al gruppo di coetanei, alla TV in bianco e nero, che finalmente anche la mia famiglia possedeva, e soprattutto allo sport. Ebbi la fortuna di poter frequentare un circolo sportivo poco distante da casa, dove potevo nuotare, giocare a tennis e a ping pong. Spensieratamente e senza fatica riuscivo a coniugare lo studio, i rapporti con gli amici ed il tempo libero, anche se rimaneva la necessità di dare una consistente mano in famiglia. A quel tempo le faccende domestiche toccavano prevalentemente a me, cucinavo, rassettavo e stiravo le divise di papà, perché mamma era oramai su una sedia a rotelle. Ma non per questo aveva perso il suo dolcissimo sorriso, il suo immenso amore e la sua capacità di non farmi mai pesare niente.
Mio padre era una figura autoritaria, un uomo tutto d’un pezzo, ligio al dovere e alle regole, sempre puntuale e dai modi bruschi e sbrigativi, con me non era mai stato particolarmente affettuoso, si aspettava che non mettessi in discussione la sua autorità e pretendeva incondizionata obbedienza e rispetto, insomma era lui a decidere degli affari di famiglia e le sue regole erano da considerare alla stregua di ordini, non c'era altra scelta che adeguarsi. Ma, ad onor del vero, ha anche dedicato la sua vita alla mamma ed alle sue esigenze.
Dalla mia prospettiva la mia era una famiglia normalissima, non mi mancava niente e non avevo alcunché di cui lamentarmi. Con il senno di poi, vivere in quel contesto familiare, si è rivelato per me una scuola, che ha forgiato i miei valori e mi ha fornito gli strumenti per gestire una mia vita futura.
Alle scuole superiori scelsi di frequentare l’Istituto Tecnico per Periti Aziendali e Corrispondenti in Lingue Estere, per il solo motivo di proseguire gli studi assieme alla mia amica del momento. La scuola mi piaceva e studiare non mi pesava, per l'intero quinquennio fui sia rappresentante di classe che di istituto riuscendo a bilanciare le aspettative dei compagni e quelle dei professori.
Gli anni 70 erano tempi di movimenti studenteschi, contestazioni ed autogestioni. Tutti i compagni