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Madame Coco
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E-book154 pagine2 ore

Madame Coco

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Info su questo ebook

Condivido con voi un viaggio sì personale, ma collettivo. Ignari di cosa ci riservi la vita, è dunque un percorso di scoperta cui ognuno si rapporta.
Non esiste un manuale di instruzioni sul come riuscire nella vita, e talvota esperienze e insegnamenti condivisi possono risultare preziosi.
Alla fine tutto per me ha avuto senso. E benché pure il viaggio non sia finito, ringrazio di essere approdata alla consapevolezza che tutto quanto che ancora a venire, avrà senso necessariamente.
Questo dona serenità, e lo leggo come riuscita nel mio dizionario.
Sharing is caring.
LinguaItaliano
Data di uscita31 mag 2023
ISBN9791220141963
Madame Coco

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    Anteprima del libro

    Madame Coco - Gabriella Silvestri

    piatto.jpg

    Gabriella Silvestri

    Madame Coco

    © 2023 Europa Edizioni s.r.l. | Roma

    www.europaedizioni.it - info@europaedizioni.it

    ISBN 979-12-201-2131-6

    I edizione ottobre 2023

    Madame Coco

    Grazie alla mia famiglia, il dono più grande mai ricevuto:

    la mia forza, la mia certezza, la mia essenza.

    Grazie alla stella polare che inspira ed illumina il mio viaggio dai tempi della scuola: una professoressa di vita e testimonianza

    di amore privo di paura, Rita.

    Grazie a me, al mio coraggio di essere vulnerabile

    senza compromessi. Grazie alla vita, nutrimento per la mia anima, sorgente inesauribile di attimi infiniti di felicità.

    i.

    Da osservatrice esterna di me stessa, l’elemento comune del mio percorso a saltare agli occhi è la creatività. I miei comportamenti, le mie scelte ed i miei ragionamenti non sono mai stati prevedibili, né si conformavano alla media. Ho fatto sempre esperienza di un’assurda dicotomia di elementi opposti che coesistevano in me, da che io ricordi.

    Un classico esempio era la mia propensione per il mondo umanistico e l’attrazione per quello scientifico quando ero una ragazzina davanti alla scelta di un indirizzo da prendere. Una scelta che nel mio caso si è rivelata propedeutica ad un vero cambiamento di vita, più di quanto potessi capire allora. Ero portata e dedita allo studio delle materie umanistiche, anche grazie alla mia tendenza a riflettere ed interiorizzare tutto. Non mi sentivo particolarmente scientifica e schematica, anzi ero molto legata alle mie emozioni. Ma al momento di prendere la scelta di un percorso di studi, come tutti i ragazzini, non avevo le idee completamente chiare. Perciò la decisione fu presa insieme ai miei genitori, che mi indirizzarono verso il liceo scientifico, con l’intenzione di darmi una preparazione più ampia possibile. A quell’età è difficile avere certezze, soprattutto per quello che riguarda studio e carriera, e ovviamente non puoi far altro che affidarti al punto di vista dei tuoi genitori.

    Durante la mia crescita mio padre era stato una figura di riferimento. Lo avevo sempre idealizzato, vivendolo come un eroe. Lui è medico ed il mio desiderio di compiacerlo e ottenere la sua approvazione è certamente stata una componente importante a dare fascino ai miei occhi, al mondo scientifico.

    Quindi feci il mio percorso liceale sempre con ottimi risultati, arrivando al termine non solo con più anni, ma anche più indecisione sul futuro. Non mi sentivo abbastanza fredda e dura dal punto di vista emotivo per poter essere un medico. Avevo, e ho tuttora, una incapacità di rimanere distaccata dalle sofferenze altrui, quindi scegliere di lavorare in un ambiente di sofferenza era impossibile per me.

    Così scelsi Biologia, rimanendo in ambito scientifico e creandomi la possibilità di approfondire il mondo naturale verso cui provavo sempre più interesse.

    Senza alcun dubbio, le scelte che prendiamo nella nostra vita e il modo in cui reagiamo alle diverse situazioni sono molto legati alla famiglia in cui siamo cresciuti e a ciò che in maniera più scientifica si definisce ambiente. Oltre alla componente genetica, che rappresenta la carta di lettura della nostra storia clinica, c’ è la componente ambientale che rappresenta tutto ciò che ci circonda. Il nostro comportamento è il risultato finale dell’interazione tra il patrimonio genetico che ereditiamo dai genitori e le influenze ambientali (la famiglia, la scuola, il lavoro ecc.). Come sostiene Strelau (1983), la personalità è il risultato delle condizioni storiche e sociali, così come dell’apprendimento e della socializzazione.

    Io mi sono sempre ritenuta fortunata rispetto ad altri, e più passa il tempo più ne sono consapevole. Io e mio fratello abbiamo dei genitori che ci hanno sempre voluto bene e che si sono sempre preoccupati tantissimo per noi. Dire che si sono annullati per noi non si discosta molto da una scelta di vita, implicitamente fatta dai miei. Ci sono sempre stati, forse addirittura troppo. Sono quei genitori che si caricano di tutto il peso del mondo sulle loro spalle, per poter alleggerire le nostre. Così non hanno mai considerato la loro vita al di fuori di tutti gli sforzi, sacrifici e compiti che non fossero volti al miglioramento della nostra.

    Nonostante sia stata cresciuta amorevolmente, ho anche ricevuto un’ educazione cattolica molto rigida, che mi ha incanalata in quell’ambiente. Anche Napoli, la città in cui sono nata, mi iniziava a stare stretta, per non parlare dei paesi vesuviani limitrofi dove ero cresciuta. Realtà piccole talvolta sono requisiti di mentalità ristrette. La mia vita ruotava intorno alle attività in chiesa: dapprima come scout, poi nell’associazione cattolica. Questa era la vita sociale, densa di visite e riunioni di famiglia. Ed in effetti, noi siamo quattro, ma mia madre è la settima con due fratelli e quattro sorelle, quindi lascio immaginare la folla di parenti. Mia madre ha avuto un’educazione molto rigida, a tratti militare, con evidenti manifestazioni di questo aspetto in lei. Un’influenza ambientale che si è dovuta confrontare con gli equilibri delicati caratteristici della nostra vita di oggi.

    Porto dentro il dolore di quella telefonata di mia madre quando ero già a Londra in cui mi comunicavano che mio cugino non stava per niente bene. Il cugino con il quale avevo sempre avuto un legame speciale, perché ci accomunava una sensibilità al di sopra della media che spesso ci causava a vedere, sentire e subire una realtà parallela a tutti gli altri, meno suscettibili alla percezione del mondo.

    Arrivata a Napoli, scoprii che la situazione era terribilmente più drastica di quanto mi fosse stato detto. Mio cugino, a soli trentatré anni, giaceva in fin di vita in un letto di ospedale dopo aver tentato il suicidio buttandosi dal balcone del sesto piano. Non ci si stupisce più ormai che i geni rimangano incompresi, senza nessuno che riesca a navigare i meandri di questi intelletti eletti seppure destinati a sofferenze e disagi maggiori rispetto ad altri.

    Mi piace ricordarlo per la sua anima sensibile e pura, incapace di costruire corazze verso un mondo infimo. Disarmato nei confronti dell’odio, degli egoismi individuali ed interessi personali; impreparato dinanzi a persone vuote, svuotate dei valori di cui il cuore si nutre.

    Nella nostra famiglia i rapporti erano molto stretti, io sono cresciuta insieme ai miei cugini. In particolare avevo un bellissimo rapporto con mia cugina, la figlia della seconda sorella di mia madre. Io e lei avevamo la stessa età e fin da subito abbiamo seguito lo stesso percorso scolastico. Eravamo cugine ma soprattutto eravamo amiche, nonostante avessimo dei caratteri quasi opposti, in quanto io ero più estroversa e lei più timida.

    Sua madre però aveva una personalità direi imponente, che non lasciava spazio a chi stava intorno. Quando eravamo ancora bambine lei decise che sarebbe stato meglio separarci, vedendo la mia esuberanza come una minaccia per la figlia. Così ci fecero cambiare classi, prendendo una decisione così drastica senza tener minimamente conto della nostra amicizia ancor prima della parentela. A posteriori, leggo questo evento come il segno tangibile di una tale mancanza di giudizio ed equilibrio, nella mancanza di rispetto verso vite umane con il diritto di crescere e sbocciare.

    L’epilogo di questo intervento esterno nelle nostre vite di adolescenti fu una rottura che non fu più possibile riparare, anche dopo anni. Il nostro rapporto era così monitorato che ogni cosa che facevo appariva un problema o un danno a spese di mia cugina, non ricevendo l’approvazione delle alte sfere. Mi facevano sentire sempre sbagliata e dentro di me mi infuriavo, perché il problema da cui era partito tutto non era stato creato da noi. Avevo sia mia zia che mia madre che si alleavano a farmi sentire inadeguata e diversa da mia cugina, che aveva la reputazione di quella buona, calma, indifesa e bisognosa di aiuto. Gli anni a venire furono spettatori anche di tentativi disperati di ricongiungerci, probabilmente dettati da sensi di colpa. Non avvenne mai, e mia zia purtroppo fu succube di un male fisico che le ha provocato tanta sofferenza portandosela via all’improvviso. Per me il corpo è un campanello di allarme del nostro mondo interiore. L’anima si ammala, ma non lo vediamo. Lo avvertiamo. Il corpo esprime la sofferenza della nostra anima.

    L’educazione di mia madre ha certamente avuto un grande impatto su di lei, così come lo ha avuto su di me. Lei viene dalla linea di pensiero secondo cui i figli fioriscono ad immagine e somiglianza dei genitori, riflettendo la loro idea idealizzata di figli. D’altronde è inevitabile fare sogni, progetti, previsioni e ipotesi con assoluta innocenza durante i nove mesi durante i quali ci si sente crescere una nuova vita dentro? Pur non avendo figli, mi metto nei panni di una madre, e sono sicura che mi scoprirei a fare lo stesso.

    La differenza la fa il dopo, riuscendo a non proiettare quel progetto di vita già scritto, sul proprio figlio; in un gioco perverso di sguardi, commenti, comportamenti ricorrenti che esercitano un’influenza invisibilmente incombente. Come il burattinaio che fa muovere e parlare la marionetta attraverso fili sottili. Ci si sente quasi sotto dei riflettori costanti, che ti seguono nel percorso, nelle scelte, negli errori, non potendo matematicamente uguagliare l’equazione complessa di aspettative, idee, desideri costruiti per te senza di te. Un esempio? L’importanza data all’apparenza che ci ha sempre divise; una differenza che negli anni ha portato a scontri continui, in qualsiasi aspetto che riguardasse la mia crescita: il modo di vestire, di comportarsi, di parlare, di camminare, di respirare oserei dire.

    In questo caso si tratta di imporre il proprio modo di essere, e si supera quel confine che cade sotto la definizione di educazione, al di là del quale si finisce per violare i fondamenti di una persona, e cioè quegli aspetti di me che sono me.

    Questo atteggiamento non fece che scatenare in me la ribellione verso una violazione alla mia libertà di essere.

    La mia natura mi portava ad affermare le mie differenze e le mie unicità. Più la mia libertà veniva limitata, più agivo per riprendermela.

    Il giorno che tornai a casa con un secondo buco all’orecchio, si scatenò un putiferio. Sapevo che ci sarebbe stata una reazione forte, probabilmente era esattamente quello che cercavo. Ma allo stesso tempo ero terrorizzata dalla reazione di mia madre, che quando mi vide sbiancò: per lei ero danneggiata a vita! Fu una tragedia, lei non mi parlò per una settimana. Ricordo che sulla strada di casa all’uscita da scuola chiamai la mia madrina in lacrime. La scena è vivida in me come se fosse ieri: io ferma ad un telefono a gettoni, che chiedevo aiuto perché pensavo che mia madre non mi avrebbe più parlato.

    Ora sono passati tanti anni da quell’episodio. A quel secondo buco all’orecchio ne sono seguiti un’altra decina, poi piercing alla lingua, al naso, all’ombelico e una serie di tatuaggi. Solo dopo l’ho capito però, che questa mia reazione era allo stesso tempo un messaggio e un’esigenza di affermare la mia personalità al di là delle parole. Nel corso degli anni il percorso fatto con i miei genitori è stato una crescita, nel tentativo di avvicinarsi a me e al mio mondo, manomettendo il loro modo di pensare, la loro cultura e il loro modo di essere.

    Sebbene questi toni possano apparentemente suonare accusatori, dichiarano invece il grande rispetto che nutro verso di loro. Mi hanno seguito in questo viaggio, senza mai lasciarmi sola né farmi sentire abbandonata, percorrendo anche quei sentieri dolorosi e difficili che tante volte ho percorso nella mia vita.

    Mi hanno porto la mano, e sono cresciuti

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