Come crescere in maniera serena e intelligente un ragazzo ribelle
Di Alix Leduc
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Info su questo ebook
È facile crescere un maschio se sai come farlo!
Crescere un figlio maschio significa confrontarsi, nella società attuale, con una serie di problemi di cui i genitori rischiano di non essere sempre consapevoli, ancora prima della nascita del bambino. Questo libro mette a confronto l’esperienza dei genitori e il parere degli esperti e presenta, in ordine alfabetico, vari aspetti della crescita e dell’educazione dei bambini, riportando di volta in volta esperienze di genitori, consigli di mamme, blogger e giornaliste esperte del settore, oltre a pareri di psichiatri, psicologi, psicoterapeuti, logopedisti e educatori. Ciascuna delle questioni più “spinose” che possono emergere nella vita con un figlio maschio viene presentata sotto forma di scheda e spiegata in modo chiaro, facile alla consultazione. Ogni argomento è trattato in modo onesto, senza tabù e con risposte chiare. Obiettivo: crescere un figlio sereno senza preconcetti.
«Attraverso testimonianze di genitori, psicologi e pediatri, questo libro rivela la toccante, buffa e concreta realtà dietro i luoghi comuni sull’avere figli maschi.»
«Tutti i segreti per assicurare ai figli un’infanzia felice (e un bel sollievo per i genitori).»
«Ecco il libro ideale per tutte le madri di figli maschi! Sarà la vostra guida, con le risposte a tutte le domande.»
mamma di tre figli maschi, ha scritto molti libri e articoli sul tema del parenting. È una giornalista free lance e scrive spesso per «Marie Claire».
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Anteprima del libro
Come crescere in maniera serena e intelligente un ragazzo ribelle - Alix Leduc
460
Titolo originale: Élever un garçon: mission possible!
© 2017 Leduc.s Éditions
Traduzione dal francese di Sofia Buccaro
Prima edizione ebook: settembre 2018
© 2018 Newton Compton editori s.r.l., Roma
ISBN 978-88-227-2513-4
www.newtoncompton.com
Realizzazione a cura di Librofficina
Alix Leduc
Come crescere in maniera serena e intelligente un ragazzo ribelle
Indice
Prefazione di
Introduzione
Come crescere in maniera serena e intelligente un ragazzo ribelle
Bibliografia
Ai miei tre figli maschi, che mi fanno crescere
e mi stupiscono ogni giorno di più…
Prefazione di Nicole Prieur
Crescere tre figli maschi è stata per me un’autentica gioia, un’avventura meravigliosa! Oltre alla felicità di veder sbocciare le loro personalità, quest’esperienza mi ha aiutata a trovare dentro di me l’energia necessaria e la creatività indispensabile a poterli seguire nei giochi, nelle loro invenzioni spesso sbalorditive. Grazie a loro ho imparato a capire meglio gli «uomini», le loro peculiarità, ho capito meglio il ruolo – spesso scomodo – che detengono nella società odierna, ho accettato maggiormente quello del loro padre e probabilmente ho anche imparato a rappacificarmi con il mio.
Ciò che intendo dire è che tirare su un maschio ci aiuta a crescere come madri, e forse, soprattutto, come donne. Tocca aspetti profondi della nostra identità, del nostro ruolo all’interno della famiglia, della coppia e della società.
Ovviamente ci sono state notti in bianco, inquietudini, litigi, e senz’altro una caterva di sbagli. I genitori «psicologi» non sono esenti da errori! Ciononostante, a posteriori, ora che i miei figli sono adulti, noto con grande sollievo che se la cavano benino. Se si riesce a guardare «al di là del proprio naso» e ci si libera di alcuni problemi della vita quotidiana, se si smette di preoccuparsi dell’angina che ha uno, del brutto voto che ha preso l’altro, della baruffa in corso tra loro, finalmente si vedono le cose con un po’ di distacco. Una distanza che dovremmo prendere più spesso, per preoccuparci meno e fidarci di più di noi stessi. In troppi casi i genitori che vengono per un consulto dubitano di se stessi, quando in fondo gli esperti sono loro e sono perfettamente in grado di trovare le soluzioni da soli, dal momento che si pongono le domande giuste. Ed è proprio a questo che vi servirà il libro che avete tra le mani!
La cosa che ho apprezzato di più nell’avventura coi miei tre figli maschi, e che continuo a godermi, sono le loro differenze. Sebbene siano stati cresciuti dagli stessi genitori e abbiano frequentato le stesse scuole, hanno caratteri diversissimi, e ai miei occhi è questa la ricchezza dei fratelli. Permettere ai propri figli di realizzarsi nella loro unicità è a mio avviso una delle responsabilità imprescindibili di un genitore, una delle sfide fondamentali dell’educazione.
Spesso mi chiedo se ho tirato su i miei figli come avrei cresciuto delle femmine. Probabilmente sì, o almeno ci ho provato. Ma non è semplice affrancarsi da secoli di condizionamenti che non solo affibbiano a uomini e a donne ruoli e compiti ben distinti nella nostra cultura e società, ma plasmano e alimentano identità specifiche riguardo all’ideale maschile e a quello femminile. Io e il mio compagno abbiamo fatto il possibile per evitare di cadere nella trappola delle gabbie ideologiche. I nostri figli hanno avuto sia macchinine sia bambole, hanno ricevuto cucine come pistole giocattolo – inevitabile! – hanno costruito case sugli alberi quanto giocato a mamma e papà.
Risultato: ora che sono adulti adorano cucinare – benissimo, peraltro, ognuno con il suo stile e i suoi piatti forti – stirano senza problemi, attaccano bottoni (meglio di me!), ma se la cavano anche con il bricolage. Quelli che a loro volta hanno figli se ne occupano a meraviglia e si trovano a proprio agio sia con i mutamenti della figura genitoriale sia nel ruolo del «nuovo padre».
Per una donna è diverso avere solo figli maschi, solo figlie femmine o di entrambi i sessi? Ovviamente maschi e femmine pongono la madre di fronte a esperienze diverse: è più probabile che il rapporto madrefiglia sia speculare, il che comporta complicità o conflitti maggiori, perché non è sempre facile rivedersi in una copia di se stessi; al contrario, il rapporto madre-figlio tendenzialmente è basato sulla reciproca scoperta, che stimola curiosità e forse una certa propensione a calibrare meglio le distanze.
Ma, al di là di questo, ogni figlio rappresenta per i genitori qualcosa di diverso, ognuno arriva in un momento diverso della loro crescita individuale, ognuno rievoca diverse esperienze vissute durante l’infanzia… È esattamente ciò che rende impossibile crescere i figli allo stesso modo, maschi o femmine che siano. Ed è proprio questa la natura entusiasmante del rapporto tra figli e genitori!
Non si tratta tanto di allevarli come maschi o femmine, quanto di crescerli aiutandoli a realizzarsi nella loro unicità. Essere se stessi significa avere il coraggio di esprimere la propria singolarità affrancandosi dalle gabbie sessiste, da quelle della propria storia familiare e da qualsiasi gabbia che causi sofferenza e allontani un individuo dalla propria natura profonda.
Personalmente ho cresciuto i miei figli nell’ottica di renderli consapevoli della loro umanità, affinché amino e rispettino la vita, affinché siano in grado di apprezzare la bellezza e orientarsi al bene: questioni che vanno ben oltre la mera questione maschio o femmina.
Un bambino è in primis un essere umano e a noi genitori spetta trasformarlo in una persona libera e responsabile, con un’etica solida e aperta agli altri e al mondo. In una società in continua trasformazione come la nostra, queste nozioni filosofiche ci verranno in aiuto e noi vi faremo sempre più ricorso.
È in quest’ottica che è stato scritto il libro di Alix Leduc, un’ottica di apertura mentale arricchita da riflessioni stimolate da incontri con genitori e specialisti dell’infanzia. Dalla prima all’ultima pagina, l’autrice condivide con noi il suo entusiasmo, il suo impegno verso un’educazione etica e positiva.
Buona lettura,
Nicole Prieur
Psicologa e madre di tre maschi
www.parolesdepsy.com
Autrice di Piccoli regolamenti di conti in famiglia, San Paolo Edizioni (2010), Nos enfants, ces petits philosophes, Albin Michel (2013), Grandir avec ses enfants, L’Atelier des parents (2014)
Introduzione
«Buona fortuna! Non la invidio per niente…»
Alla ripresa delle lezioni lascio la scuola con in testa questa maledetta frase pronunciata dalla mamma di un compagno di classe del mio figlio maggiore. Una donna che non conosco, all’apparenza simpatica e di ampie vedute. Sono sicura che non volesse offendermi, che si trattasse quasi di solidarietà o di comprensione. «Io ne ho due e qui mi fermo, non voglio rischiare di averne un altro, mica sono masochista!».
Non sapendo cosa rispondere, mi sono limitata a sorridere. Ho ripensato alla marea di volte in cui durante la prima gravidanza mi è stato chiesto il sesso del nascituro e alla mia risposta «Maschio» mi sono sentita dire: «Sbrigati a fare una bimba! È molto meglio per una mamma!»; oppure «Oh, no! Che disdetta!», o «Ti manterrai in forma! In bocca al lupo…» mentre aspettavo il secondo figlio. Quindi, con l’arrivo del terzo maschio, per fortuna ero già attrezzata (ma lo si è mai per davvero?!) per affrontare i «Ma è proprio sicuro che non sia femmina?», «Per il quarto, cambia marito e trovatene uno capace di fare una bambina…». Una menzione speciale va alla cassiera del supermercato che, impietosita dal mio destino, ha bofonchiato, ma comunque a voce abbastanza alta da farsi sentire da tutta la fila alle mie spalle: «Tre maschi? La natura si è proprio accanita!».
Ora che il mio terzogenito ha otto mesi la musica non è cambiata: la gente si dispiace per me. Perché? Perché non ho avuto una bambina? Perché a casa sono circondata da maschi? A essere sincera, i vari «Una madre è molto più appagata con una femmina!» iniziano a pesarmi… Come se al giorno d’oggi, in Francia, avere un figlio maschio fosse un ripiego.
Constatazione curiosa, tra parentesi, in un Paese che non fa che interrogarsi sulla nozione di gender e mettere in discussione le differenze tra maschi e femmine.
Cosa si nasconde dietro queste reazioni? È diverso crescere un maschio? È più difficile? Dà meno gioia?
Attualmente, in Francia, i maschi non godono di un’ottima reputazione. A scuola passano per veri scaldabanchi: sin dall’asilo le maestre riscontrano ritardi nel linguaggio, mancanza di disciplina (liti e via dicendo), maggiori difficoltà a concentrarsi. Ricordo ancora con quanto fastidio, durante un colloquio al primo anno d’asilo di uno dei miei figli, la maestra ha sospirato: «Con tutti i maschi che ho in classe è un inferno! Non stanno fermi un secondo e non riescono neanche a tenere in mano la penna!». All’epoca io e il mio compagno avevamo già due figli e con garbo le abbiamo mostrato tutta la nostra comprensione.
Ho sentito il bisogno di scrivere questo libro per reazione, forse anche per spirito di contraddizione. Di certo non per