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Il Collegamento che Divise Messina - Una Storia Poco Nota
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Il Collegamento che Divise Messina - Una Storia Poco Nota
E-book133 pagine1 ora

Il Collegamento che Divise Messina - Una Storia Poco Nota

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Info su questo ebook

"Una radiosa mattinata di inizio primavera del 1892 a Messina. La città pulsa di traffici e di vita semplice e un po' arrangiata. Un alto Ufficiale del Genio della Regia Marina, con un rotolo di pergamene sotto il braccio, si dirige a passo deciso verso il Municipio alla Palazzata, tra gli sguardi sorpresi della multiforme umanità che affolla il lungomare e le vivaci banchine del Porto a Falce. Un Prosindaco di fresca nomina è in ansiosa attesa nel suo studio, anche perché non nutre una gran fiducia nei suoi Consiglieri… In quella giornata è prevista una riunione molto importante per Messina, e non solo, dove si discuterà di un progetto di grande respiro e valenza epocale… Un Usciere comunale un po' invadente scatena un guaio, e poi fa di tutto per rimediare, in uno scatto d'orgoglio. Sono questi gli elementi principali di un racconto, che intende divertire e far riflettere, in parte ispirato da eventi storici e figure realmente esistite, in parte del tutto immaginario e popolato di personaggi "folkloristici" e grotteschi. Una vicenda breve ma intensa pervasa da un filo d'ironia, che accompagna un intento allegorico e irriverente assai particolare…"
LinguaItaliano
Data di uscita15 mar 2024
ISBN9791222725574
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    Anteprima del libro

    Il Collegamento che Divise Messina - Una Storia Poco Nota - Vincenzo Pisani

    Prefazione

    L’Autore racconta di un’importante riunione, patrocinata dal Ministero della Regia Marina, che si tiene verso inizio Aprile del 1892 presso una delle sale del Municipio di Messina, nella sua storica sede fronte porto nell’austero edificio parte del complesso monumentale noto come Palazzata, simbolo architettonico della Città ante terremoto del 1908.

    L’incontro - immaginato - ha l’obiettivo di presentare in anteprima, agli Amministratori ed Autorità locali, un progetto governativo nel campo dei trasporti, ritenuto - ed a ragione - di grande rilievo per lo sviluppo socio-economico della città, oltre che della vasta area dello Stretto (e non solo).

    Il lettore scoprirà da sé di cosa si tratta; qui non lo diciamo, per mantenere un po’ di suspense, pur se con un minimo di immaginazione la natura di tale progetto potrebbe già da subito essere intuita.

    Da questo spunto si dipana una vicenda semi-seria, breve ma intensa, narrata con le caratteristiche del racconto storico, in cui personaggi realmente esistiti si intrecciano con altri inventati, e il tema che funge da filo conduttore - reale - si fonde con vari dialoghi, situazioni e scene di pura immaginazione.

    Il protagonista della storia - positivo e vincente come si vedrà - si troverà ad essere suo malgrado l’allora Prosindaco di Messina (e precedentemente Regio Commissario prefettizio, nonché Sindaco successivamente a tale ultima nomina), l’Avvocato Paolo Spadaro; pertanto, un personaggio reale. Nel suo paziente lavoro di composizione di interessi politici e materiali diversi e spesso contrapposti, il Prosindaco ex Regio Commissario Avvocato Spadaro sarà aiutato, inaspettatamente, da un suo collaboratore di basso rango - immaginario - il quale tuttavia nell’arco della vicenda assurgerà a poco a poco a campione di logica e perspicacia, conquistando così alla fine, di diritto, un ruolo assai importante all’interno della narrazione.

    L’intero racconto si muove sul filo sottile dell’ironia e del sarcasmo, nonché a tratti del grottesco, ponendosi l’obiettivo principale - mai apertamente dichiarato, ma che il lettore non dovrebbe faticare troppo a comprendere ed enucleare - di collegare il passato della storia con un presente che risulta molto attuale, in una cornice particolarmente allusiva ed allegorica.

    Insomma, se da una parte la vicenda di cui si dice è stata anche ispirata dalla voglia (un po’ provocatoria...) di remotizzare un certo presente, il lettore potrà trovare ampi spunti per attualizzare a sua volta quel passato, pensando a quel medesimo presente...

    L’Autore in questo gioco strano e ammiccante di storie si è molto divertito, e spera quindi che il lettore possa ugualmente trovarlo piacevole.

    Eventualmente, nessuno se la prenda nel caso in cui non sia d’accordo con il senso della vicenda rappresentata ed il suo epilogo. La speranza, quanto meno, è che chi legge possa riflettere, ed alla fine fare uso a sua volta di un po’ di sana ironia nel pensare o nell’accostarsi a quella certa storia odierna, assai reale e così tanto estremizzata...

    L’Autore

    Gennaio 2024

    Nota: i lettori non siciliani possono consultare, se necessario per comprendere meglio le espressioni dialettali presenti nel testo, la tabella di corrispondenza Siciliano – Italiano in Appendice.

    Il prologo della storia...

    Quel Martedì 21 Luglio 1891 a Roma era una giornata di gran caldo. L’estate si avvicinava al suo apice, questo è chiaro, ma l’afa era notevole e decisamente fastidiosa. Per vincerla un po’, mete ideali sarebbero state il verde lussureggiante e i laghetti di Villa Borghese, o magari i sedili sotto le fronde dei pini sulla collina di Monte Mario.

    I poveri Deputati invece, chiamati quella mattina a presenziare alla prevista seduta della Camera, erano rassegnati a una gran sudata. I temi all’ordine del giorno, vari dei quali promossi dalla Commissione sui Trasporti, erano di sicuro interessanti; ma l’obbligo di abiti scuri, camicie bianche a collo alto, fiocchi o cravatte, non era certo una bella prospettiva.

    Già dalle prime ore della giornata, quindi intorno alle ore 10.00, Piazza di Monte Citorio aveva cominciato ad animarsi per l’arrivo di molti Parlamentari, del Personale di Servizio della Camera, delle Guardie di Pubblica Sicurezza e di cronisti della stampa, nonché di vari comuni cittadini. Tutti come ovvio assai accaldati, ma mossi da ragioni differenti: gli addetti ai lavori ovviamente chiamati (o meglio, come detto, costretti) al loro dovere d’ufficio; i curiosi, dal canto loro, motivati dalla morbosa curiosità di vedere da vicino qualche faccia nota di politico, e magari anche per provare a chiedere al volo qualche favore...

    Alcune Guardie in mezzo alla piazza provavano a inseguire persino l’ombra dell’Obelisco, mentre controllavano il movimento delle carrozzelle in arrivo, coi loro ansimanti cavalli, dalle quali in più occasioni erano già scesi inappuntabili Signori Deputati e qualche Senatore, elegantemente paludati. Ma né alle Guardie, né ai curiosi, erano sfuggite due carrozzelle in particolare, che a poca distanza temporale avevano condotto davanti all’ampio portone del palazzo disegnato dal Bernini due canuti e assai distinti Signori, che pur nella canicola indossavano, senza ancora apparente patimento, ampi vestiti neri e alti cappelli a cilindro anch’essi neri. I popolani schierati nei pressi del portone avevano subito acclamato da più parti: "E’ il Signor Ministro dei Lavori Pubblici!, Buongiorno Avvocato Branca!. E poco dopo: Ecco il Signor Ammiraglio Simone Pacoret de Saint-Bon!, Che gran Signore il Ministro della Regia Marina!".

    Entrambi i Signori Ministri erano entrati nel Palazzo di Montecitorio a passo svelto, e senza curarsi di quelle decine di persone che erano assiepate nei paraggi, e delle quali una aveva urlato: "Signor Ministro Branca, mio figlio ha 4 bambini, la moglie malata ed è disoccupato! Vi prego, fatelo assumere dalle Strade Ferrate Meridionali! Vi posso portare dei polli buoni, quando volete!. Ed un altro giovanotto, più dietro nella schiera, aveva urlato di rimando e con facezia: Ahò! Ma ‘sti polli perché ora nun glieli porti a tu’ fijo, così intanto magna!".

    "Ah, Signor Ministro Pacoret de Saint-Bon! – disse sorridendo il Signor Ministro Ascanio Branca, comodamente seduto su un’elegante poltrona in velluto verde scuro, davanti ad uno dei pesanti tavolini in marmo della bouvette della Camera – ma che piacere di vedervi! Non ero sicuro che Vi avrei incontrato proprio oggi, pur se la mia Segreteria mi aveva accennato alla tornata di interpellanze, oltre che di varie discussioni, in programma ad inizio di questa settimana, anche su questioni di pertinenza del Vostro Dicastero. Ma lasciate che Vi offra un buon sigaro toscano, in attesa dei caffè che abbiamo chiesto; sapete, qualche tirata aiuta a concentrarsi prima di entrare nella fossa dei leoni...".

    "Son contento anch’io di vedervi, Illustre Ministro Branca. In effetti mancavo d’incontrarvi dall’ultimo Consiglio, lo scorso inizio Giugno, e sì, è vero...i Vostri sigari mi tentano, e quindi ne accetterò uno volentieri!" - disse il Signor Ministro della Marina, accennando a una risata, che provvide però subito a controllare con disciplina militare. Una nube di odoroso fumo aveva iniziato a spandersi per la sala, e i due Onorevoli seduti un po’ più in là, i Signori Deputati Gandolfi e Maselli (intolleranti bergamaschi...), si erano alzati per cambiare aria.

    "Ma voi, Signor Ministro Branca, parlate di interpellanze; e certamente, per Voi oggi sarà una giornata assai importante, e spero anche costruttiva: linee programmatiche, consuntivi, piani strategici, et cetera. Perché da Destra e da Sinistra, lo so bene, è tutto un fiorire di richieste sui piani di espansione, di ammodernamento, di modifiche di gestione delle nostre vie ferrate: ‘Perché permettete che la Meridionale chiuda i bilanci in perdita, pur su una rete di interesse nazionale?’ ‘Cosa aspettate a rivedere le Convenzioni?’ ‘Perché non avete ancora provveduto a quella tratta, che per me e i miei compaesani è così importante?’. E così via diranno, ne sono certo.

    Ma per me invece oggi è diverso - continuò il Signor Ministro Pacoret de Saint-Bon - perché io son qui per rispondere a una interrogazione. Devo perciò difendermi, vedete. E senza che io abbia alcuna colpa diretta; ma questa, ben sappiamo, è la dura legge dei Ministri: sei sempre colpevole di qualsiasi cosa accada, tutti ti additano...E cosa fa il Ministro?, come se noi fossimo la ‘mens insita omnibus’, l’anima del mondo di Giordano Bruno, che plasma dall’interno tutte le cose...

    Ora, tutti vogliono sparare contro di me per quell’incidente occorso al porto di Genova" – proseguì il Signor Ministro della Marina. Sono i Vostri Deputati di Sinistra che hanno sollevato l’interrogazione; ma non potevate tenerli a bada, caro Signor Ministro Branca? Ma cosa vogliono, che io mi dimetta per un operaio che sfortunatamente ha preso un colpo in testa? Ma certo, è chiaro, questi Deputati sono mossi in realtà da tutte quelle istanze oggi fomentate da questi nuovi movimenti socialisti... Operai contro padroni, più salario, e così via. Come se in Italia non avessimo già abbastanza guai... E del camallo purtroppo deceduto, penso che in realtà non gliene importi molto.

    E a proposito di ‘piani d’espansione per le nostre vie ferrate’, Signor Ministro Pacoret De Saint-Bon - riprese il Signor Ministro Branca, riportando il discorso sul piano più concreto, sentendo che il tempo del loro faccia a faccia si stava assottigliando per via dell’incombente convocazione in Aula - volevo approfittare di questo nostro incontro oggi, qui a Montecitorio, per parlarvi anche di un’idea, assai particolare, e anche bizzarra se vogliamo, che circola, anzi galleggia e scotta potrei dire, anche qui presso la Camera, e che so essere parecchio controversa. Io stesso, a dire il vero, inizialmente fui perplesso; ma devo ammettere che da ultimo ho iniziato ad apprezzarla, dopo varie e opportune riflessioni.

    Il Signor Ministro della Marina restò un attimo indeciso, avendo colto in quelle pochissime parole un possibile accenno a un piano a cui il Genio Navale, in effetti, stava da tempo lavorando; ma avendo ricevuto la consegna del riserbo. Il Signor Ministro Pacoret de Saint-Bon, quindi, avrebbe preferito mantenere in merito massima riservatezza, sino a quando una discussione non fosse stata opportunamente concordata, innanzitutto, con il Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, Sua Eccellenza il

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