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Il Cacciatore: Cofanetto Venator Project
Il Cacciatore: Cofanetto Venator Project
Il Cacciatore: Cofanetto Venator Project
E-book649 pagine9 ore

Il Cacciatore: Cofanetto Venator Project

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Info su questo ebook


I cacciatori di demoni sono stati oggetto in diverse occasioni di racconti, favole, libri di genere fantastico e sono stati protagonisti del cinema horror o fantasy. A nessuno però è venuto in mente che potrebbero esistere davvero, nel nostro mondo e più vicini di quanto potremmo immaginare. L’Ordine Venatorius è la prova concreta dell’esistenza di una realtà inimmaginabile, recondita quanto lo stesso Ordine, concreta quanto l’acqua degli oceani e la luce della luna che vi si specchia. Proprio la luna, musa ispiratrice di poeti e scrittori, faro luminoso nelle notti buie, tornerà a fare da portale alla creatura più oscura dell’inferno: il Messor antithei, il servo di Satana, il predatore di anime. L’Ordine è in fermento, in attesa del suo ritorno; si organizzano per affrontarlo, per salvare quante più vite possibili. Non solo: si preparano a liberare dalla dannazione le anime delle vittime che altrimenti diverrebbero scherno e oggetto di tortura in un inferno atroce e spietato.
Questo bundle contiene i romanzi Quella Bestia di mio Padre, Primus-Il Flagello degli Inferi e lo spin off prequel Venator-L’Incubo dell’Inferno.
LinguaItaliano
Data di uscita5 giu 2024
ISBN9798870901596
Il Cacciatore: Cofanetto Venator Project

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    Anteprima del libro

    Il Cacciatore - Nunzia Alemanno

    VENATOR

    L’INCUBO DELL’INFERNO

    Nunzia Alemanno

    Introduzione

    Così mi disse una volta il diavolo: Anche Dio ha il suo inferno: è il suo amore per gli uomini.

    (Friedrich Nietzsche)

    I cacciatori di demoni sono stati oggetto in diverse occasioni di racconti, favole, libri di genere fantastico e sono stati protagonisti del cinema horror o fantasy. A nessuno però è venuto in mente che potrebbero esistere davvero, nel nostro mondo e più vicini di quanto potremmo immaginare.

    L’Ordine Venatorius è la prova concreta dell’esistenza di una realtà inimmaginabile, recondita quanto lo stesso Ordine, concreta quanto l’acqua degli oceani e la luce della luna che vi si specchia. Proprio la luna, musa ispiratrice di poeti e scrittori, faro luminoso nelle notti buie, tornerà a fare da portale alla creatura più oscura dell’inferno: il Messor antithei, il servo di Satana, il predatore di anime. L’Ordine è in fermento, in attesa del suo ritorno; si organizzano per affrontarlo, per salvare quante più vite possibili. Non solo: si preparano a liberare dalla dannazione le anime delle vittime che altrimenti diverrebbero scherno e oggetto di tortura in un inferno atroce e spietato.

    Ordine Venatorius – Gerarchia

    L’Ordine Venatorius è una congregazione segreta istituita dalla Chiesa circa mille anni fa per cacciare e combattere i demoni e altre creature soprannaturali. Nacque, in origine, con il solo scopo di individuare e annientare una delle creature demoniache per eccellenza: il Messor antithei, un demone lupo dall’aspetto agghiacciante che, per ordine di Satana, durante le notti di luna piena, si rendeva artefice di efferati massacri, durante i quali reclamava le anime per il suo signore e padrone. Le vittime erano state innumerevoli; per secoli e secoli il Messor antithei aveva terrorizzato i popoli della terra finché un giorno, un religioso con il suo sacrificio, barattò una tregua, un armistizio che avrebbe avuto la durata di cinquecento anni. Durante questo periodo, il demone lupo divenne una leggenda o, come affermò qualcuno, una favola per spaventare i bambini capricciosi; ma il tempo stava per terminare e, anche se ormai dimenticato, il Messor sarebbe tornato a mietere anime per l’inferno, ma avrebbe trovato pane per le sue orride zanne: i Venatores.

    Praetorium: è la sede Vaticana dove vengono coordinate le operazioni dell’Ordine. A essa fanno riferimento tutte le basi operative sparse per il mondo. Con il passare dei secoli, il progresso e l’evoluzione della tecnologia hanno reso l’Ordine Venatorius una delle istituzioni più potenti del pianeta, e la più segreta.

    Praefecto Venatoris: è il capo supremo dell’Ordine. A livello militare risponde esclusivamente al Pontefice. È anche a capo dell’attività giuridica interna, del tutto indipendente dal sistema giudiziario italiano. Presiede il Processo Venatorio, che in casi eccezionali può essere retto direttamente dal Santo Padre.

    Primo Ufficiale Comandante – Primus: è l’ufficiale più alto in grado dopo il Praefecto Venatoris, di cui è sostituto e portavoce. Mentre il Praefecto non lascia mai il Praetorium, Primus coordina le azioni militari direttamente sul campo. La sua squadra è composta da dieci Venatores, cacciatori super addestrati scelti direttamente da lui.

    Ufficiali Venatores: ogni base operativa è retta dagli ufficiali. Ogni ufficiale Venator ha sotto il suo comando un determinato numero di Venatores. Gli ufficiali, inoltre, si distinguono tramite nomi in codice che richiamano i numeri latini ordinali, a partire da Secundus, Tertius, Quartus e via discorrendo. Ai Venatores sono invece attribuiti i numeri latini cardinali: Unus, Duo, Tres…

    Venatores: sono i cacciatori, i soldati, i guerrieri della Chiesa. Sono addestrati a livello fisico e soprattutto psicologico ad affrontare situazioni inverosimili, creature infernali ed esseri soprannaturali.

    Emissarius e Dux emissarius: mentre i Venatores si occupano della parte operativa, gli Emissarii invece sono i membri dell’Ordine che stazionano nella base e fanno da guida a chi è in battaglia.  Costantemente dietro i monitor, sono in contatto con i cacciatori attraverso le più sofisticate apparecchiature elettroniche. Il Dux emissarius è il capo settore, organizza i piani di attacco esponendoli al Praefecto.

    La soffiata

    Erano le sei del mattino quando Primus si lasciò cadere di peso sul letto dopo aver sfilato e posato sul comodino il suo medaglione. Ogni Venator ne aveva uno appeso al collo, rappresentava una sorta di distintivo che ogni cadetto conseguiva dopo essere stato consacrato all’Ordine, e per lui era come una seconda pelle. Aveva preso posto sul suo petto da almeno vent’anni, ma lui aveva conosciuto i demoni molto tempo prima. Era ancora un bambino quando uno di loro aveva ucciso sua madre, solo perché si era intromessa in una lite tra ragazzini. Aveva superato i trentotto anni da qualche mese, e la scena di sua madre che gli moriva tra le braccia viveva ancora nei suoi occhi. Nonostante ciò, il suo cuore non aveva mai bramato vendetta.

    Una lunga nottata dietro i monitor, nel distretto italiano, gli aveva appesantito le palpebre al punto da chiuderle prima ancora di toccare il cuscino. Prendere sonno e riposare un po’ sarebbe stata un’impresa, lo dimostrava il cellulare che aveva preso ad assillarlo con il suo trillare. Non lo afferrò subito anche se nella tasca interna della giacca, la vibrazione era fastidiosa. Poi cedette.

    «Pronto!» rispose con la voce che gli usciva appena.

    «Capità, so’ io. V’ho disturbato?» proruppe tutto eccitato Osvaldo, un contadino quarantenne che Primus aveva conosciuto alcuni anni addietro.

    «Dimmi piuttosto perché mi chiami a quest’ora.»

    «Sto a lavorà nei campi, capità. Qua, quando il sole picchia te ne devi scappà.»

    «Io invece ho appena finito di lavorare. Hai fiutato qualcosa?»

    «Un fetore da vomito.»

    Primus sospirò. «Immagino ti riferisca a una strega. Riesci a percepirne la natura?»

    «Puzza di pelo bruciato. Uno schifo mai sentito. È una ignis

    «Una strega del fuoco… perfetto. Non c’è essere che io detesti di più, soprattutto dopo l’ultima volta che ne ho affrontata una. Piango ancora l’auto che mi ha fatto esplodere, e non era nemmeno l’auto di ordinanza. Da dove proviene?»

    «Dal litorale, capità, tra Lido dei Pini e Tor San Lorenzo. Se volete, lascio tutto e vi risolvo il problema.»

    «Me ne occupo io, Osvaldo. Torna a lavorare.»

    «N’attimo capità, aspettate! È una cattiva, questa. Lo sapete che più forte è il tanfo e più sono crudeli; le mie narici stanno soffrendo. Lasciatela a me.»

    «Ne hai avuta una tre mesi fa, ho altri demoni da accontentare.»

    «Ma io non faccio che servirvi e comportarmi bene…»

    «Mettiti bene in testa che non ho alcun obbligo nei tuoi confronti, è chiaro?» lo ammonì Primus. «Vivi tranquillo, lavori e ti diverti solo perché abbiamo stretto una collaborazione. Lo sai cosa ti spetterebbe se l’Ordine Venatorius scoprisse la tua esistenza, vero? Lo sai che fine fanno i demoni, non è così?»

    «Sì, capità, lo so. Li rimandano all’inferno.»

    «E dal momento che tu non ci vuoi tornare, continua a collaborare e a comportarti bene. Non avere altre pretese e ritieniti fortunato.»

    «E vabbè, capità, come ordinate.»

    Per una strega

    Primus chiuse la chiamata per effettuarne una subito dopo. Pochi istanti più tardi qualcuno rispose.

    «Primus! Nottataccia?» Era Nestore, il titolare di un prestigioso night club alla periferia di Napoli.

    «Avrei preferito affrontare cento demoni», si lamentò Primus, «piuttosto che stare dietro a un monitor ad aspettare. Stanotte è stata registrata un’elevata attività soprannaturale a sud di Napoli.»

    «Sì, e sapevo che mi avresti chiamato perciò ho indagato. Si tratta di una setta satanica; c’è stata una cerimonia di possessione completa. Abbiamo un nuovo demone in famiglia. Vuoi l’indirizzo del covo? Sono ancora tutti lì.»

    «E che fai, me lo chiedi?»

    Dopo una divertita risata, Nestore gli comunicò l’indirizzo di un bed and breakfast che risultava avere quattro camere su due piani e uno scantinato piuttosto esteso.

    «Grazie per la soffiata. Chi è il posseduto?»

    «Un poveraccio di strada, uno che se ne va in giro giorno e notte imbottito di alcool e droga. Chi lo sa, magari ora diventa una persona migliore!» Risero entrambi.

    «Diventare un essere migliore grazie al diavolo che hai in corpo è davvero il colmo. Conosci la natura del demone?» chiese Primus.

    «Un inviolato, uno di quelli facili che ancora non sono stati plasmati. Sono quelli che vengono invocati in questo tipo di rituali. Posso prenderlo con me, mi serve un assistente per… le mie cose. E poi, se lo modelliamo a dovere potrebbe rivelarsi utile.»

    «Devo comunicare quanto prima l’indirizzo alla sede di Napoli. Se riesci ad arrivare prima dei Venatores, te lo puoi prendere.»

    «Ora che ci penso… è da un po’ che non mi fai godere.»

    Primus restò a dir poco a bocca spalancata. «Illuminami! Quando ti avrei fatto godere?»

    «Non hai niente per me?»

    Il sospiro di Primus sapeva di sollievo.

    «Che avevi capito?» ribatté Nestore divertito. «Lo sai quanto noi demoni odiamo le streghe, quanto le detestiamo e che daremmo per averne una tra le mani. Non ci credo che non te ne è capitata una di quelle cattive.»

    «L’hai avuta quattro mesi fa, l’accordo è di una ogni sei mesi.»

    «Non sei stato certo tu a procurarla. Era una terrorista del cazzo ed è stata una fortuna per tutti essermi trovato in aeroporto quella mattina. Mi devi più di un favore.»

    Primus si lasciò andare all’ennesimo sospiro. «C’è una striga ignis qui, sul litorale, tra Lido dei Pini e Tor San Lorenzo, ma potrebbe non essere più lì. Sembra che il suo puzzo sia disgustoso in una maniera orripilante.»

    «Bene! Cattivissima, come piace a me. Tra meno di tre quarti d’ora sarò lì.»

    «Spero che nel frattempo la tua preda non combini cazzate, altrimenti dovremo intervenire.»

    L’incendio

    La strega, sotto le vesti di un’innocente sportiva in tuta e scarpe da ginnastica, era giunta in scooter alla Pineta di Castel Fusano. Solo quaranta minuti dopo che Osvaldo, il demone contadino, l’aveva percepita, governava fiamme e fuoco sull’intera pineta distruggendo un’importante fetta di macchia mediterranea e avvolgendo nel fumo chilometri e chilometri di area circostante. Ogni sforzo dei vigili del fuoco per domare l’incendio risultava vano. Per ogni rogo che veniva arginato e spento, ne prendevano vita altri due: un’Idra continua che si protrasse per ore e ore tra nuvole di fumo e vapore. I Venatores si erano portati sul posto fin da quando era trapelata la notizia. Affrontare una strega del fuoco era sempre un problema perché si nascondeva tra le fiamme, anzi lei stessa divampava e il più delle volte era impossibile scorgerla.

    La ragazza in tuta e scarpette da ginnastica passeggiava spensierata tra i sentieri selvaggi della tenuta presidenziale di Castel Porziano cercando un posto favorevole da cui far partire un nuovo incendio.

    «Ehi, baby

    La ragazza si voltò di soprassalto ruotando lo sguardo in ogni direzione. Non vedeva nessuno e il panico le serrò la gola quando percepì la presenza di un demone.

    «Sono qui, bellezza.»

    Dopo essersi voltata verso la voce, i suoi dubbi divennero certezze. Nestore la fissava col suo ghigno soddisfatto seguito da dieci orridi artigli che gli spuntavano dalle dita. Aveva sfilato la sua pregiata camicia di seta che, piegata con cura, era stata posta su un grosso masso ai piedi di un albero. «Devi appartenere a una nuova generazione. È la prima volta che mi capita una strega con un potere a lungo raggio. Immagino che neanche i Venatores conoscano questa novità, infatti sono concentrati su Castel Fusano. Possono disporre dei mezzi più potenti di questa terra, ma a loro manca questo,» disse picchiettandosi il lato del naso con l’indice artigliato, «il fiuto di un demone.»

    Il demone

    Non furono più solo gli artigli a caratterizzare la sua figura; il corpo di Nestore, in una manciata di secondi, assunse le fattezze di una creatura infernale spaventosa: le pupille si allungarono e le iridi divennero rosse come il sangue. Il suo volto si deformò in una figura animalesca e due corna arcuate spuntarono ai lati della fronte. Una serie di guglie rosse attraversava il collo e la zona dorsale, erano presenti anche sulla parte superiore delle braccia e dei polsi. Ogni parte del suo corpo era divenuta rossa e più possente, mentre un forte ruggito fece tremare non solo la ragazza, ma ogni filo d’erba che li circondava. La strega si diede alla fuga consapevole di non avere scampo contro il demone che la inseguiva. Essendo il fuoco il suo unico potere, non poteva certo usarlo contro qualcuno che nel fuoco ci era nato, perciò la fuga era l’unica alternativa che le restava. Lei era più veloce, lui era più agile. Lei svirgolava tra gli alberi e i cespugli con slalom prodigiosi, lui saettava da un tronco all’altro, da una chioma all’altra finché non la raggiunse. La bloccò a terra infilzandole una spalla con gli artigli di una mano, mentre con l’altra si accingeva a compiere un atto che, come aveva l’abitudine di affermare, lo faceva godere. Di solito avveniva dopo una lunga tortura, ma era un piacere a cui, questa volta, doveva rinunciare.

    «Non posso permettermi di portarti via con me, dolcezza», le mormorò con un vocione rauco e selvaggio. «I Venatores sono vicini, già li sento; hanno occhi e orecchie dappertutto e mi sembra strano non siano giunti prima. Purtroppo mi resta poco tempo… devo andare a riprendermi la camicia.»

    Con una spinta brutale, conficcò l’altra mano nel suo torace, le strappò via il cuore e se ne cibò. Esisteva un solo modo per uccidere una strega, non il corpo perché era mortale, ma lo spirito. Questo era legato indelebilmente al cuore e, una volta strappato dal petto, il demone poteva appropriarsene soltanto cibandosene.  Egli veniva poi inondato da un’energia nuova che dava vita a una sorta di beatitudine, un piacere estremo, molto simile a quello che genera il sangue umano in un vampiro. Per cui i demoni non erano spinti solo dall’odio nei confronti di queste creature, ma da ciò di cui potevano beneficiare.

    Un gruppo di Venatores, alcune ore dopo, circondava la povera vittima immersa nell’erba, divenuta ormai di un colore scarlatto; altri del gruppo si tenevano a distanza per impedire eventuali intrusioni.

    «Pensa che sia lei, signore?»

    «Ci sono due modi per scoprirlo», rispose Primus. «Chiamare gli altri a Castel Fusano e farci confermare che l’incendio è domato, oppure…» suppose, tirando su la manica della giacca e infilando la mano nel torace della vittima. «Non ha più il cuore», sentenziò. «Il movimento soprannaturale che abbiamo registrato lo ha provocato un demone. È il suo modo di uccidere una strega.»

    «Che cosa ne facciamo?»

    «Scoprite chi è. Se ha una famiglia lasceremo che se ne occupino le forze dell’ordine. In caso contrario, la porteremo alla base per la cremazione.»

    «Forze dell’ordine? Non vorrei trovarmi al loro posto. Ne avranno di lavoro da fare!»

    «Troveranno qualcosa per spiegare l’accaduto: sacrifici satanici, pazzi serial killer… non hanno che da scegliere. Loro non sanno che esistiamo, e a noi non interessano le loro cose.»

    Dopo essersi distanziato di alcuni metri, Primus avviò una chiamata dal cellulare.

    «E anche stavolta vi ho fatto un grosso favore», rispose Nestore soddisfatto.

    «Quindi sei stato tu? Te la devo autorizzare una strega, cazzo!» lo ammonì, facendosi il segno della croce come riparazione per un termine non consentito.

    «Mi avevi dato il permesso di prenderla e l’ho fatto.»

    «Come faccio a sapere che hai preso quella giusta? Ci sono quelle neutrali che non hai il permesso di toccare.»

    «L’incendio è spento, e non certo per opera dei vostri pompieri; e poi una strega la riconosco a fiuto, lo hai dimenticato? È una nuova generazione, controllano i poteri a distanza. Dovresti imparare ad avere più fiducia; quando un demone stringe un patto con un uomo è lo stesso di quando un uomo stringe un patto con il diavolo: è inviolabile.»

    «Va bene, evita di farmi la ramanzina. Scusa.»

    L’attesa

    Una vasta area del Praetorium ospitava i laboratori: chimici, tecnologici, informatici. Primus si stava dirigendo verso l’arsenale; era in attesa di un prototipo su cui si stava lavorando da qualche tempo: una nuova arma, o per meglio dire, la modifica di un’arma già esistente che avrebbe dovuto mettere al tappeto l’attesa creatura infernale.

    «Morelli, ho saputo che mi cercava.»

    «Sì, signore, volevo fosse il primo a vederla. Mi segua», lo invitò il capo settore del laboratorio armamenti. Giunsero in un vasto poligono bombardato da colpi continui e di varia intensità; da lì, si addentrarono in un corridoio che li condusse all’armeria di primo grado, quella che ospitava armi pesanti.

    «Eccolo qui!» esclamò Morelli eccitato.

    «Mi… mi sembra familiare.»

    «Lo so, può considerarlo il diretto discendente del Mp5K con il pregio di essere più piccolo, più leggero, più maneggevole. Non si limita solo a lanciare granate, ha una doppia canna, la seconda dal calibro inferiore che sputa questi teneri gioiellini là dove le granate dovessero fallire.»

    «Carini! Me li presenta?»

    «Questi piccoli bozzoli racchiudono una carica di oltre diecimila volt, che si libera tre secondi dopo lo sparo. Non ucciderà il Messor, niente può ucciderlo, ma lo metterà fuori gioco il tempo necessario per poterlo gestire. È altamente sconsigliabile mancare il bersaglio.»

    «Un Venator non manca mai il bersaglio. Promosso. Avvii immediatamente la produzione, voglio che ogni cacciatore presente sulla faccia della terra ne abbia uno.»

    «Lo faccio subito, signore.»

    La loro conversazione fu interrotta dallo squillo del cellulare, che Primus portò subito all’orecchio.

    «Praefecto!»

    «Ho appena indetto una riunione straordinaria. Voglio tutti gli ufficiali nella Sala del Consiglio entrò mezz’ora.»

    «Sarà fatto.»

    Giusto mezz’ora dopo l’ordine del capo supremo, tutti gli ufficiali erano presenti nella Sala del Consiglio, seduti ai lati di un lungo tavolo rettangolare. Si alzarono all’unisono non appena il Praefecto fece il suo ingresso, poi sedettero; egli preferì non accomodarsi alla sedia presidenziale e annunciare il suo discorso in piedi.

    «Da ciò che riportano gli archivi storici segreti e tutta la documentazione in nostro possesso, possiamo affermare con certezza che il tempo sta per scadere. Abbiamo calcolato una data approssimativa intorno agli ultimi due mesi dell’anno, perciò ci restano tre mesi per prepararci a ciò che dovremo affrontare. È vero, finora non abbiamo fatto altro, ma un conto è parlare del Messor antithei e un conto è trovarselo davanti. In poche occasioni i nostri predecessori sono riusciti a metterlo in fuga, ma noi siamo cinquecento anni più avanti e abbiamo armi ineguagliabili. Voglio che in questi tre mesi intensifichiate al massimo l’addestramento fisico: se non fate in tempo a sparargli, dovete essere in grado perlomeno di schivare i suoi colpi. Una sua artigliata è in grado di aprirvi in due.»

    «Eliminarlo definitivamente? Non dovremmo pensarci?» propose Secundus.

    «È un po’ rischioso prendere in considerazione che una spada sacra possa realmente ucciderlo, anche perché la profezia dice che solo la giusta mano la può brandire. Per il momento preferisco affidarmi a qualcosa di più concreto e sicuro.»

    «Sta di fatto…» s’intromise Primus, «che il Santo Padre ha intenzione di recarsi in Egitto e reclamare ciò che ci spetta di diritto. È giusto che la Falcata Sacra abbia il suo posto qui, in Vaticano, e non è detto che la giusta mano che dovrà brandirla non sia quella del Pontefice in persona.»

    «Questa è una possibilità che il Santo Padre ha preso in considerazione, per questo partirà tra due giorni per il Monastero di Santa Caterina.»

    «Dobbiamo aspettarci la perdita di molte vite umane, non è così?» proferì uno degli ufficiali.

    «Ho paura di sì», assentì il Praefecto. «Finché i nostri sistemi non lo avranno localizzato, o finché non giungerà notizia di massacri misteriosi, non potremo affrontarlo. L’unico vantaggio che abbiamo è sapere che si manifesterà nelle notti di luna piena e che per un po’ si tratterrà nello stesso posto, prediligendo luoghi affollati, perciò dopo la prima comparsa dovremmo essere preparati per le volte successive.»

    Epilogo

    I tre mesi trascorsero in fretta, un po’ troppo in fretta, nella snervante attesa di un mostro che avrebbe commesso delitti efferati e che nessuno avrebbe potuto prevedere né impedire. Presto, notizie di decine e decine di morti, avrebbero invaso i notiziari di ogni parte del mondo. I cacciatori erano pronti, non solo per combattere; avevano un altro compito non meno importante: salvare le anime dei caduti. Prima del sorgere del sole, ogni anima poteva essere sottratta al potere demoniaco che le aveva rapite, attraverso un rito di benedizione autorizzato dal Santo Padre. E i Venatores, sotto le vesti di Ministri di Dio, potevano attuarlo sulle vittime del Messor. Proprio a questo i Venatores si stavano preparando, considerando l’impossibilità di prevedere il luogo della prima comparsa.

    L’atmosfera natalizia si era cominciata a respirare già dal mese di novembre attraverso le interminabili pubblicità televisive, l’allestimento delle vetrine dei negozi, i primi alberi di Natale che comparivano nei grandi centri commerciali. All’arrivo delle feste tutto si intensificò con l’acquisto dei regali, il pianificare pranzi, cene e cenoni. C’era invece chi aveva programmato viaggi di piacere, o viaggi di lavoro che avrebbe fatto coincidere con qualche gradito fuori programma, come poteva essere un salto alle spiagge hawaiane. Certo, l’arcipelago del Pacifico era sempre stato una meta molto ambita per vivere una vacanza rilassante, grazie alla bellezza dei paesaggi, all’ambiente selvaggio che offre un mare da sogno, ma qualcuno non la penserà così. Ci sarà chi alle Hawaii non vorrà mai più tornare perché, da unico sopravvissuto, non potrà mai dimenticare ciò che i suoi occhi avevano visto.

    QUELLA BESTIA DI MIO PADRE

    Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,

    silenziosa luna?

    Sorgi la sera, e vai,

    contemplando i deserti; indi ti posi.

    Ancor non sei tu paga

    di riandare i sempiterni calli?

    Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga

    di mirar queste valli?

    (Giacomo Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, 1829)

    Mike e Alex, padre e figlio. Un rapporto complicato. Elena, la moglie di Mike, viene trovata barbaramente assassinata nella camera da letto in cui aveva avuto un violento litigio col marito solo poche ore prima. Lo stesso Alex sorprende suo padre sulla scena del delitto, un omicidio che gli organi inquirenti avrebbero attribuito a Mike se non fosse che il corpo di Elena risultava visibilmente dilaniato da una bestia feroce.  L’innocenza di Mike non convincerà mai suo figlio, soprattutto quando Alex, anni dopo, scoprirà che suo padre aveva mentito alla polizia nonostante la sua innocenza. Perché? Cosa nasconde Mike? Sullo sfondo del litorale romano si dipana una storia che ha dell’incredibile, con radici che risalgono a molti secoli prima e che coinvolge la Santa Sede. Un Ordine segreto della Chiesa, infatti, dopo cinquecento anni di letargo, si riattiverà per dare la caccia a chi è tornato.

    Persino un uomo puro di cuore,

    che dice le sue preghiere ogni sera,

    può diventare un lupo,

    quando l’erba luparia è in fiore

    e la luna splende leggera.

    O bramare il sangue di un altro

    quando il sole scende

    e il suo corpo il volo prende.

    (Iced Earth – Wolf)

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    Prologo

    In un lontano futuro

    Nel grande atrio dell’Aula Paolo VI, ormai vuoto e silenzioso, Davide se ne stava seduto a girare tra le dita il medaglione che aveva occupato il suo petto solo da qualche ora. La soddisfazione era tale da non riuscire a fermare il sorriso radioso che aveva inondato il suo viso già da un po’. Era un traguardo che aveva raggiunto dopo un duro percorso durato quindici anni, in cui studio e addestramento, sacrifici e sofferenze lo avevano portato a diventare membro ufficiale di un ordine segreto della Chiesa. Era pronto per intraprendere il suo nuovo cammino, e niente gli avrebbe tolto quel sorriso dalla faccia.

    Poco tempo dopo, gironzolava nel bel mezzo di Piazza San Pietro; aveva una cartella blu sotto braccio contenente il fascicolo che lo riguardava e che doveva consegnare alla più alta carica dell’Ordine. Era in attesa della Rolls Royce Phantom nera, la vecchia e lussuosa auto di famiglia che accompagnava gli Anderson già da qualche generazione. Nonostante la sua longevità, si presentava in ottimo stato, dovuto soprattutto a una maniacale manutenzione mai mancata nel corso degli anni. Circa un secolo prima, era appartenuta a Peter Anderson; a lui era seguito Mike e, infine, Alex, l’ultimo decano della famiglia.

    Davide intravide l’auto in lontananza; era trepidante di incontrare il suo bisnonno ma, soprattutto, di ricevere i suoi complimenti. Il fastoso mezzo si fermò poco distante, e un anziano signore dall’aria distinta si preparava a scendere dal sedile posteriore; l’autista gli aveva aperto lo sportello, porgendogli il suo immancabile bastone. La fatica dei suoi centocinque anni si avvertiva prepotente sulle gambe ma, nonostante ciò, rifiutò l’aiuto del conducente che gli aveva teso una mano.

    «Nonno Alex! Nonno Alex!» Davide lo salutò, dirigendosi euforico verso di lui.

    «Ah… il mio ragazzo!» esclamò il vecchio, tendendogli le braccia. I due si strinsero in un forte abbraccio, come se non si incontrassero da tempo. Erano trascorsi otto mesi dall’ultima volta che si erano visti, ma il telefono, internet e ogni mezzo di comunicazione erano stati sufficienti per compensare la lontananza.

    «Allora? Che ne dici?» disse Davide, esibendo con orgoglio il suo gioiello di bronzo duramente meritato. «Sono uno di voi, adesso.»

    «Sono orgoglioso di te. E come ti ho promesso, sarò felice di accompagnarti io stesso in quella che, da oggi in poi, sarà la tua nuova casa

    Circa mezz’ora dopo, erano in un grande ascensore che si dirigeva verso i piani interrati di un’enorme struttura, situata poco distante da Piazza San Pietro.

    «Si trova così in basso il Praetorium?» chiese Davide.

    «È la base di un ordine segreto. Non si è mai abbastanza cauti.»

    Quando le grandi porte dell’ascensore si ritrassero, si presentò ai loro occhi uno spettacolo infinito, tanto che Davide restò impietrito dalla meraviglia.

    «Eh sì, anch’io ebbi la tua stessa reazione quando mio padre mi condusse qui per la prima volta», commentò Alex.

    «Mio Dio! È… è enorme! C’è un paese, qui sotto.»

    «Non esagerare! Certo, ci impiegheremo un po’ per attraversarlo. Siamo diretti giusto dalla parte opposta.»

    Durante il loro cammino, una figura piuttosto familiare al vecchio Alex li raggiunse.

    «Ma non mi dire! Guarda un po’ chi ha deciso di farsi rivedere. Alex, vecchio amico mio, vieni qui! Fatti abbracciare.»

    «Ah, Claudio! Non ci crederai ma mi sei mancato.»

    «Era ora che ti decidessi a tornare. Questa è sempre casa tua, lo sai, vero?»

    «Lo so, è solo che ultimamente sono stato molto impegnato.»

    «Sì, come no. Ho addirittura cominciato a sospettare che il centro anziani fosse più interessante di questo posto.»

    «Già, soprattutto se ha a che fare con una piacevole ottantenne che mi fa il filo da mesi. Non so ancora se dirle sì o no.»

    L’amico si lasciò andare a una divertita risata. «Vecchio marpione! Non cambi mai. Allora, che mi dici?»

    «Voglio presentarti Davide, il mio pronipote, da oggi membro dell’Ordine. Davide,» disse al nipote, «lui è il Praefecto Venatoris, l’uomo a cui dovrai la tua obbedienza… diciamo… per il resto della tua vita.»

    «Sono onorato di appartenere all’Ordine, Praefecto», rispose Davide, fiero.

    «L’onore è mio, quello di accogliere nell’Ordine un nuovo discendente degli Anderson. Sarà un Emissarius o un Venator

    «Venator, Praefecto.»

    «Non poteva essere altrimenti.»

    «Noi Anderson siamo cacciatori nati. Senza nulla togliere agli Emissari che, restando qui in sede, compiono un lavoro eccezionale. Io preferisco essere operativo.»

    «Finché è stato un cadetto, molte cose non le sono state rivelate, e non aveva neppure il permesso di chiederle. È stato addestrato per affrontare creature ed eventi soprannaturali, cose all’ordine del giorno ma, in realtà, noi andiamo anche a caccia di qualcos’altro. Presumo lei abbia avuto informazioni riservate in largo anticipo, grazie al suo bisnonno.»

    «Ebbene sì, Praefecto. So che abbiamo a che fare direttamente con l’inferno.»

    «Sarà un ottimo cacciatore, non ne dubito minimamente. Mi dica, Davide, ha già il suo nome in codice?»

    «Non ancora. Mi sono candidato per Primus

    «Oh, un nome importante. Lei lo sa, Davide, che la sua posizione e i suoi incarichi dipenderanno dal nome in codice che le verrà assegnato?»

    «Lo so, signore.»

    «Primus è un nome che negli ultimi tempi è rimasto vacante, da quando un certo Alex Anderson fu nominato Praefecto Venatoris, trent’anni prima di andare in pensione e prima di diventare il suo bisnonno.»

    «Prima di me,» intervenne Alex, «è appartenuto a Massimo Petrelli, un uomo dalla tempra eccezionale, giusto, leale. È stato il mio mentore, colui che mi ha addestrato e a cui devo tutta la mia conoscenza.»

    «Spero di essere all’altezza del suo operato e di meritare tale onore. Ecco,» esclamò porgendo la cartella al suo capo, «qui c’è tutta la mia documentazione.»

    Dopo aver salutato il Praefecto, il loro lento e costante cammino proseguì verso la meta: la camera blindata dove era custodita la Falcata Sacra.

    «Non sei mai stato esaustivo su questa spada, nonno. Credo sia l’unico argomento sul quale hai spesso sorvolato. Cos’ha di tanto speciale? Ho sentito che abbia un certo potere…»

    «Fu forgiata tra il 700 e l’800 e apparteneva a un monaco inglese.»

    «E da quando i monaci girano armati?»

    «Non era ancora un monaco. Era solo un ragazzo che aiutava suo padre nella fucina. L’uomo lavorava il ferro, e la sua specialità erano le spade. Con le incursioni dei Vichinghi e le notizie che circolavano su razzie e uccisioni, il fabbro costruì una spada per suo figlio, una falcata forgiata con la sapienza di un uomo che, nella sua arte, non aveva rivali. La pose nelle mani del figlio e gli intimò di uccidere i Norreni quando questi li avrebbero attaccati. Ciò che l’uomo ignorava era che suo figlio non era fatto per la guerra, non era fatto per l’odio e non avrebbe mai tradito la legge di Cristo. Non uccise mai nessuno con quella spada, ma non la abbandonò, nemmeno quando consacrò la sua vita a Dio. La teneva nascosta nell’armadio della sua stanza, in un monastero, e a un giovane monaco che la vide, raccontò che era un’arma pura, un’arma che non aveva mai visto il sangue, e mai ne avrebbe visto. Il monastero fu attaccato. Ancora oggi se ne attribuisce la colpa ai Norreni ma, in realtà, fu qualcos’altro che compì lo scempio: una creatura diabolica, un essere sconvolgente che dilaniò decine di corpi. Quel giorno, il monaco si precipitò al suo armadio e, per la prima volta, brandì la sua spada. Cercò la bestia e la trovò in procinto di uccidere un giovane novizio. La creatura si sentì chiamare qualche attimo prima di infliggere il suo colpo mortale e, nel voltarsi, vide il monaco fabbro che la minacciava con la sua spada. Per un attimo, ma solo per un attimo, la bestia indietreggiò per poi passare all’attacco. Uccise il monaco, ma non prima che egli fosse riuscito a provocargli un piccolo taglio sul collo, che macchiò col suo sangue la bianca lama. Subito dopo l’episodio, la bestia si dileguò mugolando, sotto lo sguardo allibito del giovane novizio. Egli seppellì la spada insieme al suo proprietario e, quella stessa notte, un angelo gli rivelò in sogno che la bestia era un Messor antithei, un servo di Satana assoldato per mietere anime per i suoi divertimenti. Non raccontò a nessuno ciò che era avvenuto, nessuno lo avrebbe creduto. Molto tempo dopo, però, rivelò l’accaduto al suo padre confessore, svelando anche il luogo dove era sepolto il monaco che gli aveva salvato la vita. Il racconto della Falcata che mette in fuga i demoni, via via, divenne leggenda, ma c’è chi alle leggende dà il giusto peso. La spada fu recuperata in seguito al sogno di un vescovo copto del Cairo, convertito al cattolicesimo qualche anno prima. Nel sogno, una donna dall’aspetto divino gli rivelò che la Falcata, brandita dalla giusta mano, avrebbe messo fine ai massacri del demonio. La spada fu custodita nel Monastero di Santa Caterina, in Egitto, e quando la fine della tregua giunse, la Santa Sede la reclamò.»

    Sul pannello a fianco a una spessa porta d’acciaio scorrevole, Alex impresse l’impronta del suo pollice, seguita da un codice alfanumerico. La porta si aprì.

    Al centro di una stanza di circa nove metri quadri, su un supporto di frassino, era esposta la Falcata Sacra, la spada che faceva tremare i demoni.

    «È bellissima!» esclamò Davide.

    «Può impugnarla soltanto un uomo, o almeno, è nelle sue mani che la spada esprime tutto il suo potere.»

    «Già, e non è un cacciatore, ma Il Cacciatore; quando andremo da lui? Ricorda che hai promesso di farmelo conoscere oggi stesso. Non l’hai dimenticato, vero?»

    «No, stai tranquillo. Mantengo sempre le mie promesse.»

    Una voce forte e sicura risuonò all’improvviso nella stanza, alle loro spalle, tanto che Davide si volse di scatto.

    «Ben tornato!» esclamò l’uomo.

    Alex sorrise senza voltarsi. «Davide, sono fiero di presentarti il Venator

    Il Cacciatore, un uomo alto, possente, sulla quarantina, sorrise alla giovane recluta che, nonostante la trepidazione, restò senza parole, pronunciando appena un semplice: «Pia…piacere».

    «Sono felicissimo di conoscerti, Davide. E il tuo bisnonno? Che dici, ha intenzione di salutarmi?»

    Alex si voltò lentamente. Ogni volta che lo rivedeva, veniva investito da una profonda emozione, ma da qualche tempo, quell’emotività si era trasformata in commozione, e alcune piccole lacrime lambirono il suo viso.

    Il Cacciatore gli si avvicinò, prendendo tra le mani il suo volto vizzo e stanco. «Ehi… andiamo, non fare il bambino, adesso.» Lo tirò a sé, e Alex si lasciò abbracciare pensando, come succedeva tutte le volte, che quello sarebbe stato il loro ultimo abbraccio.

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    Sopravvissuto

    Arcipelago delle Hawaii - Oggi

    Il cellulare vibrò ancora. Dopo la terza chiamata, Mike aveva staccato la suoneria ma, nonostante ciò, fu distratto ancora da sua moglie che, per l’ennesima volta, cercava di contattarlo. Leggeva infastidito il suo nome sul display, che lampeggiava frenetico sotto la luce spenta del sole morente; continuava a osservarlo, come se volesse farlo smettere con la sola forza del pensiero. Poi, tutto tacque, e tornò con lo sguardo verso quelle che Andrea, il suo migliore amico nonché fidato collega, aveva definito le gioie del paradiso, per l’esattezza due bellissime ragazze in topless che giocavano a pallavolo sul bagnasciuga hawaiano. Pochi minuti prima, gli aveva fatto notare come le loro tette sussultassero a ogni passaggio della palla e quanto fossero provocanti.

    «Non le avevi detto che saresti stato tu a chiamare? Che questo era un viaggio di lavoro importante, che gli incontri che avremmo tenuto sarebbero durati ore e che non doveva romperti i coglioni?»

    «La vuoi piantare? Stai parlando di mia moglie», si lamentò Mike.

    «Che lascerai molto presto, anzi prestissimo.»

    «Non ho mai detto di volerla lasciare, ho solo bisogno di tranquillità… e di pensare. Certo che gliel’ho detto di non chiamarmi, ma sai com’è fatta.»

    «Male, è fatta molto male. Una moglie così gelosa non la sopporterei.»

    «Tu non sopporteresti una moglie e basta», affermò Mike con sicurezza, indicando con lo sguardo le due fanciulle giulive. «Motivo per cui, a trentasei anni sei ancora zitello

    «Scapolo per scelta, amico mio, per scelta, e tu dovresti tornare a esserlo.»

    «Non prima di aver tentato il tutto per tutto. Amo mia moglie, e l’idea che tutto finisca mi fa stare male, credimi.»

    «Ma ha una cazzo di malattia con cui non puoi competere, che nessuna medicina potrà mai curare… ti farà impazzire. Una donna gelosa è un casino, ma una donna malata di gelosia è tutta un’altra cosa. È l’inferno.»

    «L’ho convinta ad andare da uno psicologo. Al mio rientro, intraprenderemo insieme un percorso che spero ci porterà a una soluzione.»

    «Oh, per favore! Non dirmi che ci credi davvero. Dopo l’ultima scenata a cui ho assistito, non esistono terapie di coppia che tengano.»

    «Ci devo provare, va bene?» gli rispose, scocciato. «Abbiamo un figlio, maledizione, e non voglio prendere decisioni di cui potrei pentirmi. E non voglio tornare più sull’argomento.»

    «Okay, okay, non ti scaldare. Cambiamo discorso, ti va? Nonostante tu sia un uomo infelicemente sposato, mi aiuteresti a rimorchiare quei due bocconcini?»

    «E da quando uno scapolo d’oro come te ha bisogno di aiuto in certe situazioni?»

    «Non ho bisogno di aiuto, ma di persuasione e rapidità. Sulla persuasione non ho problemi, ma queste donne non si sbilanciano mai finché non conoscono il mio conto in banca e il fatto che sono l’amministratore delegato di una delle società più importanti del mondo. Quindi… per la rapidità mi servi tu. A te, nessuno dice di no. Nemmeno io ti direi di no.»

    Si guardarono con tenerezza per alcuni attimi, poi scoppiarono a ridere, spintonandosi a vicenda e continuando a prendersi in giro, finché qualcosa non finì in mezzo alle gambe di Mike. La palla da volley fu prontamente reclamata dalle due ragazze, che chiesero scusa per l’innocuo incidente, continuando a fare cenni con le mani per farsi restituire il pallone.

    «Mike, se osi toccare quella palla ti stacco le mani!» lo minacciò Andrea. «Lo giuro come non ho mai giurato in vita mia. Lascia che se la vengano a prendere.»

    Era una situazione divertente ed eccitante al tempo stesso, tanto che Mike decise di dargliela vinta; seduto sulla stuoia col pallone tra le gambe, portò indietro il busto, posandosi sugli avambracci, mentre con un sorriso malizioso e birichino invitava le due belle ragazze a venirsi a riprendere ciò che era di loro proprietà. Una delle due, con una risata divertita, iniziò ad avvicinarsi e, con timidezza, si accovacciò tra le gambe di Mike e allungò le braccia verso la palla. Andrea le afferrò prontamente i polsi.

    «Lo sai che il mio amico ha rischiato di perdere i testicoli con un colpo del genere?»

    «Oh… italiano?» chiese lei con accento francese.

    «Italiano ruspante, tesoro mio. Lui è solo uno statunitense italianizzato, non c’entra niente con la nostra razza», diceva, seguito dallo sguardo minaccioso di Mike. «Se vuoi il vero maschio latino, è da me che devi venire.»

    «Non parlo molto italiano. Non capisco.»

    «Non c’è molto da capire, anche perché a me non piace parlare. Possiamo fare tutto quello che vuoi senza aprire bocca, tranne che in qualche rara e succulenta occasione.»

    «Dispiace…» continuava lei col sorrisetto simpatico, «non capisco.»

    «Facciamo una cosa», intervenne Mike. «Ti lascio prendere la palla se ti porti via anche lui. Si chiama Andrea, è simpaticissimo, è l’amministratore delegato della mia società e ha un conto in banca che fa invidia anche a me. Allora, affare fatto?»

    La maliosa dea, sempre più provocante, si liberò dalla presa di Andrea e portò le mani sul pallone. Con la punta delle dita, ben nascoste dalla sfera, gli sfiorò i testicoli e prese ad accarezzarli con fare stuzzicante.

    «Affare fatto», acconsentì la ragazza.

    «Lo vedi?» si lamentò Andrea. «Riesce perfino a capirti. Di me invece non ha capito una parola. È un’ingiustizia, questa.»

    Ma la giovane era chiaramente attratta da Mike, a cui non aveva ancora smesso di sfiorare le parti intime. «Tu no vieni giocare?» gli chiese.

    Quella carezza tra le gambe lo faceva impazzire; gli ormoni lo infuocarono tanto da dover nascondere con le mani un’inaspettata erezione.

    «Ehm… sì, io… vi raggiungo presto. Devo fare una telefonata», rispose godendosi gli ultimi attimi di quella carezza proibita.

    «Ti sembra il momento di pensare a tua moglie?» lo rimproverò a denti stretti Andrea. «Ti prego! Autorizzami a ucciderti.»

    «Un’altra volta; ora goditi le tue gioie del paradiso. Io devo fare questa maledetta telefonata. A Roma, saranno poco più delle sei del mattino, non vorrei ci fosse qualche problema, dal momento che insiste a chiamarmi così presto.»

    Nell’attesa di veder scomparire quell’enorme protuberanza sotto il costume, Mike si divertiva a guardare come il suo amico inciampasse spesso sul bagnasciuga per andare a finire dritto con la faccia tra i seni di una, poi dell’altra ragazza. Non facevano che ridere e toccarsi, inseguirsi e fare baccano, attirando l’attenzione dei pochi turisti rimasti. Il sole, rovente fino a poche ore prima, era svanito da tempo dietro l’orizzonte, e i suoi luminosi raggi avevano ormai smesso di accarezzare i corpi nudi e abbronzati dei bagnanti. La piccola isola, rimasta ormai al buio, si sarebbe già svuotata, non fosse stato per un gran numero di comitive organizzate, con tende e gruppi elettrogeni, per trascorrere la notte sulla spiaggia. Sarebbe dovuta diventare una terra vuota e desolata fino al giorno dopo, quando una nuova infornata di turisti l’avrebbe nuovamente occupata. Invece, le acque buie del Pacifico ospitavano ancora giovani baldanzosi che amavano farsi baciare dalle onde.

    Mike decise di lasciare la spiaggia e inoltrarsi nell’oscura boscaglia per allontanarsi il più possibile da ogni tipo di rumore. Un gruppo di ragazzi, poco lontano, con alcune chitarre, intonava un motivo allegro e scatenato, e alcuni di loro presero a ballare e a cantare. Alle orecchie di Mike, erano solo schiamazzi, e quando fu abbastanza lontano da non sentirli più, si fermò per la sua telefonata. 

    «Amore!» rispose lei dall’altra parte.

    «Elena, ciao. Ho visto le chiamate. Ti avevo detto di non chiamarmi perché con molta probabilità non ti avrei risposto.»

    «Lo so, scusa.»

    «Non fa niente.»

    «Avevo voglia di sentirti e sapere come stavano andando le cose. E poi dirti di Alex…»

    «Alex? Perché, è successo qualcosa?»

    «Ha la febbre alta. Forse è l’influenza. Un sacco di bambini della sua classe sono a casa con la febbre.»

    «Accidenti! Il dottore lo ha visto?»

    «Sì, gli ha prescritto un antibiotico e un antipiretico. Sta ancora dormendo. A te com’è andata? Avete concluso l’accordo con la Diamond Technology

    «Sì. Domani abbiamo una colazione di lavoro, dove definiremo gli ultimi dettagli. Diciamo che il grosso è fatto.»

    «Sono contenta! È una notizia strepitosa, e il merito è solo tuo. Tuo padre sarà anche il presidente, ma tutto il lavoro esce dalle tue mani e dal tuo ingegno. L’idea di questa fusione è stata tua, e nessuno ci avrebbe scommesso.»

    «Sei troppo buona, anche se sulla fusione hai ragione. Ho dovuto sbattere parecchio per guadagnare la fiducia di mio padre e quella del consiglio. Alla fine, hanno dovuto ricredersi.»

    «Ora dove sei?»

    «Sono appena arrivato in albergo, sono stanchissimo.»

    «Andrea? Che cosa fa?»

    «Andrea… Andrea… in che senso cosa fa, scusa? Cosa dovrebbe fare? È stato con me tutto il giorno.»

    «E adesso? Dopo una giornata così intensa, presumo ti chiederà di uscire con lui. Non è il tipo che arriva in albergo, si fa una doccia e si mette a letto.»

    «E con questo? Che vorresti dire? Che se lui mi chiede di andare a bere qualcosa, io dovrei dirgli di no? Quale cazzo è il problema, Elena?»

    «Che lui esce solo per un motivo: rimorchiare. Non mi va che si porti dietro anche te.»

    «Oh, Dio Santo, non ricominciare per favore. Te lo ricordi tutto quel discorso che abbiamo fatto sulla fiducia? Fiducia, Elena. Hai idea del significato di questa parola? Due giorni fa, ne abbiamo parlato per tre ore. Mi stai dicendo che non è servito a niente? Che cazzo ci stiamo a fare insieme se non hai fiducia in me? Io… io… non riesco più a continuare così. Elena mi sto stancando…»

    «Perché mi dici queste cose? È ovvio che ho fiducia in te…»

    «Ma non fai che dimostrarmi il contrario. No… no, ora non metterti a piangere… Elena!»

    «Non è mancanza di fiducia la mia», diceva lei tra le lacrime. «Ho solo paura di perderti.»

    «Perché mai dovresti perdermi? Dammi un motivo valido per darti ragione.»

    «Le vedo le arpie che ti cadono ai piedi, quelle che non ti tolgono gli occhi di dosso, quelle che ti provocano…»

    «Ti sembra un motivo sufficiente? Pensi non sia abbastanza forte da reggere tutte queste arpie? Il mio amore per te è come uno scudo, ed è impenetrabile!»

    Dare a Elena tutti i torti sarebbe stato ingiusto; d’altronde, era sposata con uno degli uomini più ricchi al mondo, dal fascino irresistibile, dal classico fisico bestiale che non passava inosservato e, per concludere, due idilliaci occhi azzurri che rendevano il suo sguardo ipnotico quanto ammaliante. Non c’era donna, e a volte anche uomo, che non lo avesse squadrato dalla testa ai piedi almeno una volta.

    Mike staccò appena il cellulare dall’orecchio per verificare cosa stesse succedendo; si udiva un gran frastuono provenire dalla spiaggia.

    «Cosa sono tutte queste grida?» chiese Elena.

    «Ehm… niente, mi sono seduto sul telecomando e si è acceso il televisore.»

    «E cosa danno, un film dell’orrore?»

    «Non lo so, probabile», rispose, impensierito dalle urla che divenivano sempre più acute e insistenti. «Senti, continueremo il discorso a casa, okay? Ora… devo assolutamente fare una doccia e scrollarmi un po’ di stanchezza di dosso. Ti chiamo domani, va bene? Dai un bacio ad Alex.»

    «Okay, ci sentiamo domani», replicò lei, tirando su col naso un po’ turbata.

    Mike chiuse di corsa la chiamata e si precipitò verso la spiaggia, inciampando spesso a causa del buio e rischiando di cadere. Finalmente superò gli ultimi ostacoli e, una volta che i suoi piedi toccarono la sabbia, apparve ai suoi occhi una scena che poteva davvero definirsi dell’orrore. La spiaggia, dov’era illuminata dai fari, appariva scarlatta, accoglieva corpi insanguinati, sgozzati e mutilati, e la cosa più sconcertante era che Andrea giaceva tra loro. Mike fu colto dal panico più totale, tanto che il respiro gli si bloccò; raggiunse di corsa Andrea, con gli occhi offuscati dalle lacrime, gridando il nome del suo migliore amico che riusciva a malapena a pronunciare. Qualcosa gli aveva squarciato il petto; si notavano frammenti di ossa fuoriuscire dalla sua pelle, e la difficoltà a respirare era fin troppo evidente. Andrea aveva perso molto sangue e stava morendo. Mike affondò nella sabbia rossa, cercando di chiamarlo, di dire qualcosa, ma si accorse che Andrea era alla fine. Vide il suo braccio muoversi lentamente verso di lui e posarsi sulla mano. Mike d’istinto l’aprì e le chiavi insanguinate dello scafo tintinnarono sul suo palmo.

    «C… c… corri!» mormorò Andrea prima di spirare.

    Dopo aver udito le sue parole, Mike vide comparire in lontananza qualcosa di mostruoso, una bestia disumana alta poco meno di tre metri in posizione eretta, con un aspetto che ricordava pressappoco i lupi mannari delle favole, ma che l’oscurità rendeva oltremodo terrificante. Il suo corpo era coperto di pelo scuro e, nonostante la distanza e la fievole luce della luna piena, gli artigli e le zanne erano visibili al punto da fornirgli un ottimo motivo per cominciare a correre. Nessuno più gridava, nessuno era rimasto vivo tranne lui e, dal modo in cui la bestia lo scrutava, era evidente che lo stava puntando. Il corpo di Mike non voleva

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