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Marvicio
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E-book129 pagine1 ora

Marvicio

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E’ una Calabria di bellezze naturali ed umane, di coraggio e di operosità, quella ritratta da Caterina Condoluci nel romanzo Marvicio - un giovane di Calabria, in cui la memoria famigliare e la nostalgia dell’infanzia non si esauriscono nel racconto autobiografico, ma raccontano piccole grandi storie e molti aneddoti che compongono un affresco di grande intensità della vita e dell’ambiente calabrese nel Novecento.

“E’ un libro spontaneo e viscerale che suscita un fiume di emozioni. L’autrice è riuscita a dare alle persone descritte, e alle donne in particolare, una dignità e un rispetto fuori dal tempo” ( Lina Musinu).

Il libro è arricchito da opere inedite dell’artista Dino Nicoletti dedicate ai personaggi del libro.
LinguaItaliano
Data di uscita28 ago 2013
ISBN9788891119926
Marvicio

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    Anteprima del libro

    Marvicio - Caterina Condoluci

    dispiace.

    MARVICIU

    Lo chiamano da sempre Marviciu. Quand’ero piccola pensavo che tale soprannome fosse offensivo, poi capii, osservando l’espressione di chi lo pronunciava, che era detto in modo affettuoso, famigliare. Scoprii, in seguito, che a Melicucco, il suo paese, alla maggior parte delle persone era stato dato un soprannome e che questo aveva sempre un significato attinente alla realtà. Nel caso di Nicola, Marviciu deriva dal cognome della nonna materna, che si chiamava Mavrici.

    Nicola Cesare, erano i suoi nomi di battesimo, ma a questi era stato aggiunto anche Michele, per il padre, che aveva espressamente chiesto di dare il proprio nome al figlioletto, quando stava per lasciarlo, prematuramente. Egli veniva chiamato a volte Nicola, quasi mai Cesare, ma per tutti era simpaticamente Michieli u Marviciu.

    Nicola giovane - foto

    Piccolissimo, quindi, aveva pochi mesi, perse il padre, il quale era ritornato dalla Grande Guerra del 1915/18 con drammatiche conseguenze: una brutta ferita e l’inalazione di gas nocivi respirati durante le battaglie, in seguito gli procurarono una grave malattia, che, aggravandosi, gli causò la morte. Nicola parlava raramente del papà, perché non lo aveva conosciuto, neanche mamma Caterina, forse perché il ricordo era legato ad avvenimenti dolorosi. Mi rammarico di non aver chiesto in tempo maggiori informazioni alla sorella Maria, che avendolo conosciuto, avrebbe arricchito le notizie su di lui. Maria, infatti, era più grande di Nicola, aveva vissuto l’infanzia con il padre e aveva quindi tanti ricordi. C’erano stati due fratelli mai conosciuti perché morti anche loro precocemente. La mamma Caterina, rimasta vedova molto giovane, si scoprì brava nel commercio, forse per necessità, destreggiandosi abilmente nelle difficoltà della crisi e della miseria del dopoguerra, non facendo mancare niente ai propri figli, anzi educandoli all’insegna dell’onestà e dell’umanità.

    Rina, nonna Caterina e Michele a Nicotera Marina - foto

    Da lei sicuramente Nicola ereditò la bravura nel commercio, come da lui in seguito i suoi figli riceveranno la predisposizione a comunicare con la gente e utilizzare tale abilità nelle relazioni e nel lavoro.

    Ella gestiva con abilità una bottega di generi alimentari e vendeva pane, farina, stocco, aringa, crusca per i maiali, ma divenne particolarmente abile nel curare u piscistoccu, che sceglieva di ottima qualità tanto da avere clienti che venivano a comprarlo anche da fuori del paese

    Amava molto il mare ed era solita l’estate trascorrere un lungo periodo di villeggiatura a Nicotera Marina, ridente località sul mare Tirreno, dove la gente di Melicucco era solita andare per i bagni nell’acqua allora trasparente e salutare per il corpo e lo spirito. Era questo un posto antico, le cui origini pare risalgano alla Magna-Grecia, a due passi dalle rocce di Capo Vaticano. Nessuna rappresentazione o cartolina attuali lo potrebbero restituire all’incanto di allora per l’azzurro del mare e del cielo, le lunghe spiagge larghe, la sabbia fine e dorata e le scogliere pittoresche.

    Donna Caterina - foto

    Intorno, lungo le strade, i fichidindia spinosi dai frutti corposi e la distesa degli agrumeti, aranci, mandarini, limoni profumati; e, ancora, una ricca vegetazione di rampicanti, di orti già variamente colorati fin dalla primavera. Spostandosi per andare verso la piana di Gioia Tauro, s’incontravano uliveti alti fino a venti metri, unici in Italia, rasi al suolo per la costruzione del quinto centro siderurgico, mai avvenuta.

    Sulla spiaggia di Nicotera Marina, lenzuola bianchissime, fissate nella sabbia con dei pali alti fino a circa tre metri, formavano rettangoli o quadrati che svolazzavano al vento. Erano questi ombrelloni rudimentali, però spaziosi, che riparavano le persone e le vivande dalla arsura delle ore più calde.

    Le donne, coperte cu saiu, poiché in quel periodo nessuna avrebbe osato denudarsi rimanendo in costume da bagno, s’immergevano nell’acqua limpida, sotto gli occhi attenti dei loro mariti, delle loro madri, dei loro fratelli o, per le più giovani, dei corteggiatori che rimanevano ad osservare in disparte.

    Nell’acqua u saiu si gonfiava risalendo a galla, lasciando intravedere parte delle forme femminili, per la gioia dei maschi.

    Uscendo dal mare la stoffa leggera, bianca, aderiva bagnata sui corpi, evidenziandone le forme e rendendole sensuali. E di ciò le donne ne erano consapevoli.

    Nicola con la sua fisarmonica - foto

    Inizialmente Caterina portava con sé il figlio. In seguito porterà me bambina a mare e riuscirà a farmelo amare per sempre.

    Nicola fin da piccolo dimostrava sensibilità e attitudine particolari per la musica. Caterina, donna intelligente e attenta al benessere del figlio, ne approfittò tempestivamente, anche per toglierlo dai rischi della strada e delle compagnie devianti, visto che mancava il padre ad aiutarla nell’educazione e nella crescita. Lo mandò, quindi, a Polistena, un paese vicino, a lezione di fisarmonica da un bravo e stimato maestro. C’erano da percorrere tre chilometri per raggiungere il posto e a quei tempi non esistevano mezzi di trasporto, ma madre e figlio non si persero d’animo e andavano a piedi a lezione di musica. Marviciu scoprì, così, la sua passione per la fisarmonica e imparò a suonarla. Quanti sogni, pensieri, emozioni, amori, amicizie racchiudeva per lui quello strumento musicale! Esso era diventato un secondo vestito, che lo accompagnava sempre, ovunque andasse. Quanti amici lo pregavano perché suonasse la serenata alla bella innamorata di turno per farla cedere al loro corteggiamento! Qualche volta finiva con un secchio d’acqua addosso al musicista e alla combriccola, ma alla fine, tutto finiva in una risata generale, in un’allegria dilagante e contagiosa e la serata si concludeva con balli e canti.

    Egli studiava, infatti, chiave di violino e chiave di basso e aveva un maneggio formidabile sia con la tastiera che con i bassi. Era, insomma, un talento da coltivare. Ma aveva anche una vitalità prorompente e non resisteva al richiamo della fremente gioventù. Allora c’era solo la radio che trasmetteva musica e lui era costantemente cercato, corteggiato e seguito dai suoi coetanei perché, dovunque andasse con la sua fisarmonica, diventava una specie di calamita per le ragazze, soprattutto la domenica, a mare, complice il sole e le splendide acque del mar Tirreno della costa calabrese.

    Mi viene in mente un episodio, collegato alla fisarmonica, che ebbe come spettatori noi figli e che i genitori ignorano ancora oggi.

    Eravamo piccoli, abitavano nella prima casa, in via Vittorio Veneto, situata parallelamente alla strada principale, via Antonio Gramsci, e ad angolo, per cui risultava molto luminosa e centrale nel paese. Si affacciava direttamente su due strade ed era composta da due camere a pianterreno e due al primo piano. La prima stanza era adibita a bottega (parlerò in seguito dell’attività lavorativa), la seconda a cucina-pranzo, più bagno; al piano di sopra c’erano due camere da letto, una per i genitori e una per i figli. Io ho ricordi intensi e variegati

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