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Un’anima chiamata papà
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E-book95 pagine1 ora

Un’anima chiamata papà

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Un gruppo di gabbiani che zampettano su una distesa di sabbia dorata prospiciente un mare libero dalla presenza umana, increspato da lunghe onde spumose che sembrano fare la spola tra terra e cielo e un gabbiano che si alza in volo… così si presenta la copertina del libro intitolato “un’anima chiamata papà” di Flavia Segnan, prospettandosi come plausibile metafora della vita.

Si tratta, come l’autrice stessa ce lo dice nel corpo del testo, di un ”diario delle emozioni “, dove la figura del padre dolorosamente scomparso ha un ruolo di primo piano. Una presenza, quella del padre, che nella vita di Flavia Segnan non viene mai meno ma che la guida con lo stesso amore che nutriva per lei durante la vita, anche dopo la sua dipartita. Questo sentire il padre sempre accanto a sé, è la conferma che la vita continua anche dopo la morte, seppure con modalità differenti. Così l’atavica paura di morire viene risolta. Del resto, come l’autrice stessa scrive, anche la nuova scienza si sta avvicinando ai postulati di fede, diventando l’una la conferma dell’altra: scienza e fede risultano sempre meno in antitesi. E’ la fisica quantistica a confermarci che non esiste soluzione di continuità tra vita e morte e che anzi esse sono due elementi dello stesso processo. Infatti, nel nucleo della materia la particelle subatomiche sono spesso molte cose possibili nello stesso istante e hanno il loro significato soltanto in relazione a tutto il resto e una volta che entrano in contatto, rimangono in contatto per sempre attraverso lo spazio e il tempo.

L’altra problematica che emerge di prepotenza tra le vibranti righe del saggio è: il senso della vita. Ma anche questa problematica trova una risposta esaustiva nel “servizio”, indicazione che più e più volte ci viene fornita dal testo. Noi tutti siamo su questa Terra per rendere servizio agli altri. Questo farsi luce su le due problematiche essenziali del nostro vivere, si snoda sull’onda degli avvenimenti più incisivi della vita di Flavia Segnan, quelle terribili prove che, superate, l’hanno resa più forte, più centrata sul cuore, come sede delle emozioni purificate che inducono ad un salto qualitativo della vita. “La via dell’anima è la via della vera felicità” scrive l’autrice a conclusione del testo, quella via, aggiungo, che non può esimersi ma anzi deve essere tutt’uno col senso di compassione. Interessante diario di un vissuto insolito, da leggere e magari rileggere attentamente per meditare noi stessi sulla morte e sul senso della vita.

Liliana Passagnoli
LinguaItaliano
Data di uscita15 mag 2012
ISBN9788866189633
Un’anima chiamata papà

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    Un’anima chiamata papà - Flavia Segnan

    EPILOGO

    LETTERE

    Il miglior modo di presentare papà è quello di cedergli subito la parola.

    Lo faccio riportando alcuni brani delle lettere d’amore, di speranza e di sofferenza che ha indirizzato a mia madre durante il secondo conflitto mondiale e che ho avuto il coraggio di leggere solo di recente.

    In esse ho risentito la determinazione, l’abnegazione e l’idealismo che lo caratterizzavano e che erano già presenti e maturi nel giovane uomo di ventitré anni che scriveva alla sua innamorata, in un periodo drammatico della sua esistenza.

    Nella complessità della storia di Trieste del 1945, la guerra, ormai conclusa nel resto dell’Italia, continuava ancora, tra la momentanea indifferenza dei potenti impegnati in quel momento nei grandi giochi che si svolgevano altrove.

    Le truppe titine erano arrivate in città per prime, con marcia accelerata, poiché il comandante Tito ben sapeva quanto poteva essere strategicamente importante, per annettere Trieste alla Jugoslavia, risultare il primo liberatore della città dai nazisti, che ancora vi resistevano.

    Durante i quaranta giorni dell’occupazione jugoslava della città da parte di queste truppe, si consumò un’orrenda epurazione. Le foibe, cavità naturali disseminate sul Carso triestino, profondi antri scavati nella roccia calcarea dall’acqua piovana, hanno rappresentato per molti anni la tomba perlopiù sconosciuta delle migliaia di vittime.

    Le truppe neozelandesi, arrivate in un secondo momento, non avevano ordini precisi per intervenire direttamente contro i loro alleati titini e fermare quel massacro che si svolgeva sotto i loro occhi.

    Bastava una semplice delazione, qualcuno che dicesse che eri italiano e che eri stato fascista e il tuo destino era segnato.

    Questa opportunità ha fatto sì che si consumassero molte vendette personali.

    Vittima di una di queste, anche mio padre.

    Una mattina irruppe in casa dei miei nonni materni un partigiano, un ragazzo che egli conosceva, per prelevarlo, fucilarlo e, se il destino non si fosse troppo accanito contro di lui, gettarlo nella foiba già morto.

    A salvargli la vita un soldato neozelandese, che scelse proprio quel momento per venire a ritirare la biancheria che aveva affidato a mia nonna perché la lavasse.

    Con prontezza di spirito e grandezza d’animo questo giovane garantì sulla estraneità di papà ai fatti politici, affermando altresì l’esistenza di una sua amicizia personale con la famiglia.

    Molti sono stati i neozelandesi che hanno rischiato personalmente in quel periodo, prima che gli ordini superiori dessero finalmente una svolta a questa brutta storia.

    Dopo questo episodio, papà si nascose in una casa a Trieste.

    Egli sapeva chi lo aveva segnalato e sapeva anche la motivazione vera di tale delazione.

    Nella sua incapacità di serbare rancore e anche quando il suo lavoro nella Polizia di Stato glielo avrebbe consentito, non ha mai utilizzato questa possibilità per vendicarsi.

    Lui aveva vinto la sua battaglia per la vita, la guerra era lontana e non spettava a lui farlo.

    Aveva semplicemente perdonato.

    Fiume 22 aprile 1945

    Mia adorata Elda,

    sono arrivato fin da ieri mattina a Fiume, ma siccome ho fatto diversa strada a piedi non ho potuto scriverti subito, come era mio desiderio, data la forte stanchezza.

    Non ti ho un solo istante dimenticata, ma bensì eri continuamente accanto a me e a questa gioia si confondeva il dolore della lontananza di poche ore allora, ma adesso non so quando ti potrò rivedere.

    La situazione qui è eccessivamente tesa; il cannone tuona continuamente e si sente il crepitio della mitraglia, che mi dà un certo senso di scoraggiamento, di infelicità perché mi impedisce certamente di esserti accanto, per un tempo non

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