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L'energia solare e le sue applicazioni
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E-book574 pagine4 ore

L'energia solare e le sue applicazioni

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Il presente libro è in buona parte la semplice ristampa de "L'Energia Solare e le sue applicazioni" del 1966. Quando un contenuto torna ad essere d'attualità, vale la pena riscoprire il passato, per meglio comprendere il futuro. Nella prima parte del libro Guglielmo Righini, il più famoso astronomo italiano dell'epoca, descriveva minuziosamente la stella "Sole". Nella seconda parte Giorgio Nebbia illustrava invece le possibili utilizzazioni derivanti da questa inesauribile fonte energetica. Giorgio Nebbia con lo stesso spirito di un tempo, e con un "pizzico" di esperienza in più, spiega attraverso una breve introduzione perché l fermento del XXI secolo intorno alle energie rinnovabili non è poi una grande novità. Le tecnologie si sono evolute ed affinate, ma vengono da lontano. Guglielmo Righini non è più tra noi da molti anni, e forse si sarà avvicinato a quella stella che tanto amò nella vita. Suo figlio Alberto ha però seguito le sue orme, e nel presente libro, oltre a regalarci un caro ricordo di suo padre, dedica alcune righe alle scoperte ed agli studi più recenti in campo astronomico.
LinguaItaliano
Data di uscita25 set 2013
ISBN9788896365373
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    Anteprima del libro

    L'energia solare e le sue applicazioni - Giorgio Nebbia

    Guglielmo Righini - Giorgio Nebbia

    L'energia solare e le sue applicazioni

    1° edizione digitale

    ISBN 978-88-96365-37-3

    Copyright © 2013 Edizioni Savine

    All Rights Reserved

    Strada provinciale 1 del Tronto

    64010 – Ancarano (TE) – Italy

    email: info@edizionisavine.it

    web: www.edizionisavine.it

    Edizione cartacea di riferimento:

    ISBN 978-88-96365-05-2

    Copyright © 2010 Edizioni Savine

    Edizione originale 1966 (Feltrinelli)

    Immagine di copertina tratta da Visto, Vol. VII, n°4, 25 gennaio 1958, facente parte del Fondo Giorgio e Gabriella Nebbia sezione Energia Solare – Fondazione Luigi Micheletti, Brescia

    Presentazione

    La vita ti pone spesso di fronte a problematiche da affrontare e risolvere. Nel mio caso avevo l’esigenza di pubblicare un libro sulle energie rinnovabili. Silicio amorfo, monocristallino, policristallino, minieolico, quali argomenti avrebbe dovuto trattare un libro, dei quali non si fosse già scritto fino alla noia, e che nel contempo potessero suscitare anche un interesse di tipo non prettamente tecnologico o economico ? Con questo dilemma ho iniziato a fare delle ricerche su internet, guidato come sempre da una celebre frase di Indro Montanelli: Un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente …. e probabilmente non sarà in grado di programmare il proprio futuro, aggiungerei.

    Energia solare: passato e futuro, questo è stato l’articolo di Giorgio Nebbia, letto su internet, che ha fatto scattare una scintilla, trasformatasi poi in una piacevole esperienza editoriale.

    Un ringraziamento va a tutte le persone che, attraverso i loro contributi presenti nelle pagine iniziali, hanno notevolmente arricchito la riedizione di questo libro del 1966. Libro che si caratterizzava per una prima parte nella quale Guglielmo Righini descriveva minuziosamente la stella Sole, mentre nella seconda Giorgio Nebbia illustrava le possibili utilizzazioni derivanti da questa inesauribile fonte energetica. Il Prof. Alberto Righini, oltre a seguire le orme di suo padre Guglielmo, ne traccia un ricordo che aiuta a comprendere meglio lo spessore del personaggio. Un astronomo di fama internazionale per il quale verrebbe da pensare che non sempre vi fu fuga di cervelli all’estero. Il Prof. Pier Paolo Poggio, in qualità di direttore del Museo dell’Industria e del Lavoro E. Battisti e della Fondazione Luigi Micheletti di Brescia è impegnato a tramandare alle nuove generazioni il sapere storico riguardante l’energia solare. Riscontrando probabilmente gli stessi intenti nella riedizione di questo libro, ha accolto anche lui con piacere l’invito a scrivere una breve presentazione, appoggiando anche la pubblicazione attraverso la Fondazione.

    Infine mi sia consentito di spendere solo qualche altra parola intorno alla figura di Giorgio Nebbia, il quale ha aderito con grande entusiasmo a questa nuova edizione, fornendo una chiave di lettura attualizzata del libro che ne impreziosisce enormemente il valore storico.

    Ammetto candidamente di non aver amato gli ambientalisti quando ero ragazzo, nonché grande appassionato di Formula 1. Per me rappresentavano solo coloro che volevano eliminare l’autodromo di Monza. Poi si cresce, si mette su famiglia, si inizia a pensare a quale mondo stiamo regalando ai nostri figli. Si scoprono personaggi come Giorgio Nebbia, che hanno speso la loro esistenza a lanciare all’umanità degli avvertimenti riguardo all’attenzione da riservare alla corretta gestione di rifiuti, inquinamento, fonti energetiche. Avvertimenti troppo spesso ignorati.

    Ora siamo arrivati ad una fase nella quale il mondo inizia a capire che è bene forse non andare oltre. I fatti testimoniano in maniera inconfutabile che personaggi come Giorgio Nebbia avevano visto giusto. Questo libro vuole essere un ulteriore testimonianza del fatto che il Professore, con incredibile umiltà, è ancora impegnato a fornire utili suggerimenti, a coloro che hanno in mano le sorti del nostro futuro.

    L’ editore

    Alberto Righini - Note intorno alla figura di Guglielmo Righini

    Chi scrive queste righe ha dedicato la sua vita di ricercatore allo studio Sole, e non poteva fare altrimenti: il suo destino era segnato, praticamente è nato dentro un osservatorio solare, l’allora grande Osservatorio Astrofisico di Arcetri nei pressi di Firenze (e vicino a dove la Inquisizione Romana aveva costretto Galileo Galilei agli arresti domiciliari), e ha vissuto la sua infanzia e l’adolescenza, con alterne vicende, all’interno di quell’Osservatorio essendone suo padre Guglielmo Righini prima astronomo e poi direttore. Secondo un’antica tradizione, gli astronomi avevano diritto all’alloggio di servizio e quindi anche i bambini delle diverse famiglie erano direttamente a contatto con l’Osservatorio.

    Gli osservatori astronomici allora (anni cinquanta del secolo scorso) erano piccoli istituti di ricerca che continuavano ad avere una sorta di struttura ottocentesca, centrata essenzialmente sulla persona del direttore, a cui facevano corona alcuni primi astronomi, e gli astronomi. C’erano poi altre figure che gravitavano attorno all’Istituto, un onnipotente segretario amministrativo, qualche dattilografa, alcuni tecnici meccanici, dei tecnici fotografi e il personale addetto alla custodia ed alle pulizie. Era tipico allora l’odore di olio di lino che con molta energia veniva steso sui pavimenti in legno dell’Osservatorio da Gino, il custode, che anche accudiva il parco esterno sulla sommità del colle di Arcetri.

    In quell’ambiente io sono vissuto e avevo, come ovvio, da bambino, la proibizione di disturbare gli studiosi e non potevo entrare nell’edificio principale dell’ Osservatorio pur avendo tutto il parco a mia disposizione per i miei giochi immaginari, ma spesso contravvenivo agli ordini e avevo stabilito un buon rapporto con il Prof. Giorgio Abetti che fino al 1953 era il direttore, e che, come si usa dire nel mondo accademico, fu il Maestro di Guglielmo Righini. Spesso sgattaiolavo nel suo studio e Abetti in qualche maniera mi adottò come suo giovanissimo allievo e ogni tanto mi raccontava delle sue avventure di astronomo negli osservatori del mondo e durante le spedizioni organizzate per andare a studiare la corona solare durante le eclissi totali di Sole nei posti più esotici.

    Mio Padre, Guglielmo Righini era nato a Castel Franco Veneto (TV) nel Gennaio del 1908 e nel 1928 da Belluno, dove Suo padre era capostazione, si era recato a Firenze proprio per studiare astronomia con Giorgio Abetti avendo prima preso un diploma di Istituto Tecnico e poi fatta la maturità liceale. Abetti aveva re-introdotto in Italia gli studi solari che in parte si erano andati perdendo dopo il grande contributo portato a questa disciplina nel XIX secolo dal Gesuita Angelo Secchi ed era riuscito a immettere l’Osservatorio in un contesto internazionale di istituti di ricerca grazie alle sue conoscenze californiane e in particolare a quella con George Ellery Hale, che potremmo considerare come uno dei padri fondatori dell’Astrofisica moderna.

    Guglielmo Righini negli anni 30 è colui che per primo scrisse in Italia un moderno lavoro scientifico di Fisica Solare ampiamente riconosciuto dalla cultura internazionale, basato su misure eseguite alla nuova e modernissima (per allora) Torre Solare dell’Osservatorio di Arcetri. Il lavoro fu presentato nel Congresso della Unione Astronomica Internazionale che si tenne a Parigi nel 1935 dove, mi raccontava, ci era andato da Firenze in motocicletta; subito dopo passò un anno decisivo ad Utrecht alla scuola del grande astrofisico Marcel Minnaert che era profondamente impegnato con i suoi allievi a sviluppare nuovi modi di studiare il Sole. Ho avuto modo di apprezzare anche io da giovane la grande umanità e la grande cultura del Prof. Minnaert, irredentista Fiammingo condannato a morte dai Valloni nei primi anni del XX secolo (condanna fortunatamente non eseguita), quando cominciai a frequentare i diversi convegni di astrofisica che si tenevano in giro per il mondo; sui suoi libri tutti gli astronomi della mia generazione hanno studiato i primi rudimenti della Fisica Solare. Nel 1936 Guglielmo Righini visse un’avventura che lo segnerà per tutta la sua carriera scientifica: il prof Abetti lo invitò a partecipare alla grande spedizione che l’Osservatorio di Arcetri aveva organizzato per osservare l’eclissi totale di Sole che quell’anno era visibile al meglio in Russia. L’avventura fu splendida per un giovane di 27 anni. Dalle osservazioni fatte in quell’eclisse con gli strumenti costruiti a Firenze dalle Officine Galileo e da quelle dell’Osservatorio, Guglielmo Righini fu capace, di proporre l’ipotesi che le particelle costituenti la corona solare si muovessero a grande velocità concludendo che il gas coronale dovesse trovarsi a temperature dell’ordine di milioni di gradi come infatti fu confermato in seguito. La passione per i misteri della corona non lo lasciò più per tutta la sua vita. Dopo la triste vicenda della seconda guerra mondiale mio Padre passò dei periodi di studio a Cambridge, in Inghilterra, e negli Stati Uniti .

    Guglielmo Righini, nel 1954, subentrò nella direzione dell’Osservatorio a Giorgio Abetti e si mise di buona lena a continuare l’opera di internazionalizzazione dell’istituzione di cui era divenuto responsabile. Per prima cosi organizzò una spedizione di Eclisse in Svezia nell’Isola di Öland, a cui mi fu permesso di aggregarmi. L’eclisse non fu fortunata, il cielo fu nuvoloso, l’unica fotografia la feci io, ragazzino di dodici anni, pochi istanti prima della totalità con un macchina fotografica Leica. Buon politico della Scienza, anche se non legato ad alcun partito politico, grazie al suo prestigio di scienziato (che nell’Italia di allora era ancora una moneta spendibile, dato il rispetto della cultura nutrito dalla classe politica e amministrativa) aveva un buon rapporto con le autorità fiorentine e con quella parte del ministero della Pubblica Istruzione che presiedeva agli Osservatori Astronomici dove comandavano, potenti, i direttori generali che in sostanza facevano allora la politica della ricerca e la politica universitaria.

    Abile divulgatore sia attraverso la RAI che attraverso i molti articoli di giornale, Guglielmo Righini era il punto di riferimento per la stampa nazionale e per la nascente televisione quando si doveva parlare del Sole o di argomenti astronomici in generale (è rimasta famosa una sua intervista sui dischi volanti che talvolta viene ancora riproposta). La Sua scuola di Fisica Solare era ampiamente conosciuta in Italia ed all’estero e i suoi due allievi più anziani vinsero le cattedre universitarie di Catania e di Napoli e furono incaricati della direzione degli osservatori astronomici di quelle città. Nel 1961, il 15 Febbraio il Sole Nero (l’eclisse di Sole) venne a trovare l’Osservatorio di Arcetri a domicilio: la linea di totalità dell’eclissi passava vicino a Firenze. Guglielmo Righini organizzò al meglio l’attività dell’Osservatorio ma non aveva fiducia nelle condizioni meteorologiche di Firenze e, per cautelarsi, con i giovani allievi Franca Drago e Giancarlo Noci, decise di organizzare una spedizione aerea che per quei tempi ebbe un carattere pionieristico. L’Aeronautica Italiana, con la sua base di Pisa, dette tutta la collaborazione possibile. Mise a disposizione di Guglielmo Righini un aereo cargo C119 particolarmente adatto per diventare un vero e proprio osservatorio volante. I tecnici di Pisa smontarono la parte terminale della gondola centrale dell’aereo, che divenne una splendida base di osservazione. Il giorno dell’eclisse, mentre ad Arcetri venivano svolti i programmi concordati, perché l’eclisse fu visibile senza problemi meteorologici (ci fu solo un contadino che decise improvvidamente di accendere un fuoco nelle vicinanze, prontamente ammonito dai Carabinieri invocati d’urgenza), Guglielmo Righini volava sul cielo del Tirreno con i suoli assistenti fotografando la corona solare. I risultati non furono splendidi per alcuni problemi tecnici, ma l’esperienza acquisita fece di mio Padre un elemento prezioso per una spedizione che la NASA, con ben altri mezzi volle organizzare in occasione dell’eclisse del 1963 modificando opportunamente un quadrireattore di linea. In quel caso il risultato fu eclatante. Righini, con i suoi colleghi americani, fu capace di dimostrare che in corona c’erano delle zone fredde in cui la temperatura si abbassava fortemente, e che avrebbero potuto essere sede di alcuni fenomeni interessanti anche per la Terra. Nessuno allora gli credette! Il risultato fu tuttavia confermato dalle osservazioni spaziali di circa dieci anni dopo e quei siti della corona sono i così detti coronal holes da cui soffia il vento solare che investe la Terra. Nel 1973 le condizioni fisiche non gli consentirono di volare per osservare l’eclisse africana di quell’anno e allora fui io a volare al suo posto al comando degli strumenti costruiti dai tecnici dell’Osservatorio di Arcetri, e installati su un aereo militare dotato di grandi vetrate della United States Air Force concepito per fotografare le esplosioni atomiche ma modificato per osservare le eclissi di Sole.

    Per i suoi grandi meriti scientifici e per la Sua attività in favore della ricerca astronomica Guglielmo Righini fu iscritto alla prestigiosa Accademia dei Lincei, fondata nei primi anni del XVII secolo dal Principe Cesi e che ebbe tra i suoi primi membri il Grande Galileo Galilei, e a diverse altri sodalizi scientifici tra cui l’Accademia dei XL. A Guglielmo Righini, Maura Tombelli, appassionata studiosa di Astronomia, volle intestare un asteroide da Lei scoperto nel 1996 all’Osservatorio di Cima Eckar, vicino d Asiago, e di questo, chi scrive, Le è profondamente grato.

    Guglielmo Righini morì nel maggio del 1978 quando era ancora in servizio; il Comune di Firenze, per onorarne la memoria, gli dedicò una strada nelle vicinanze dell’istituto che aveva guidato con tanta passione e sacrificio: chi gli successe non ritenne opportuno mantenere la specializzazione solare dell’osservatorio di Arcetri che continuò, tuttavia ad avere una grande fama internazionale per poi confluire nell’Istituto Nazionale di Astrofisica e condividerne le tristi vicende di questi ultimi anni in cui una politica miope e disinteressata, danneggia il futuro del paese lesinando le dotazioni in personale e mezzi necessarie per fare ricerca di avanguardia.

    Uno strumento realizzato seguendo alcuni suggerimenti di Guglielmo Righini dai Suoi ultimi allievi, è entrato da poco in funzione presso un prestigioso osservatorio americano e sta dando risultati particolarmente rilevanti nello studio della dinamica delle piccole strutture dell’atmosfera solare.

    Molto preso nella direzione dell’Osservatorio e nelle vicende collegate, Guglielmo Righini non si impegnò mai nella redazione di libri divulgativi come anche aveva fatto Giorgio Abetti. Ma quando l’occasione si presentò di scrivere la parte più squisitamente solare di questo libro che voleva trattare l’argomento, molto nuovo, dell’uso dell’energia solare, non si sottrasse. Le vicende del libro sono descritte nelle pagine del Prof. Giorgio Nebbia, chi scrive allora era già un giovane ricercatore che, in qualche maniera, guardava con una certa sufficienza queste iniziative del proprio Genitore, a cui era continuamente a rimproverare di non fare più ricerca di avanguardia come era stato per tanto tempo abituato a fare, sentendosi rispondere, con tanta amarezza, che gli oneri di direzione non gli lasciavano più il tempo necessario di cui avrebbe voluto disporre. Comunque la scrittura di questo libro, corrispose ad un periodo felice della sua vicenda scientifica ed umana e gli dette un valido pretesto per estraniarsi, almeno per qualche ora al giorno, dai doveri della direzione dell’Osservatorio e tuffarsi nella scrittura sintetizzando per un pubblico di non specialisti alcuni concetti complessi della fisica del Sole e, più in generale, delle stelle di tipo solare. Ricordo benissimo che aveva cominciato ad alzarsi molto presto la mattina e che scriveva nelle prime ore del giorno, con la sua scrittura minuta e molto ordinata (riempiendo fogli protocollo che ho ritrovato nelle sue carte ora donate all’archivio storico dell’Osservatorio di Arcetri) che poi, la sua fidata segretaria, gli batteva a macchina.

    Oggi io, dopo una vita passata a fare ricerca proprio nel campo della fisica solare, e ad insegnare corsi di Astronomia ed Astrofisica e Fisica della Terra nell’Università, riguardando questo libro, confesso che (ri)scopro un piccolo gioiello di didattica della fisica solare, molto semplice, rigoroso e ben scritto. Certo a questo libro mancano le fantasmagoriche immagini che di solito ora accompagnano questo tipo di testi, ma la sostanza è tuttora molto valida, anche se non vi si trovano tutti i contributi sulla dinamica della fotosfera solare che sono venuti dopo la stampa del libro e tutte le conoscenze che abbiamo acquisito grazie ai nuovi osservatori solari (fondati anche grazie all’impegno di mio Padre) e al satellite SOHO (SOlar Heliophysical Observatory), in parte costruito a Firenze, e progettato dagli allievi di Guglielmo Righini, la cui sapiente e lungimirante direzione ha permesso loro di crescere e diventare largamente noti e apprezzati nel mondo tanto da essere responsabili di progetti spaziali internazionali. Né si parla di elio-sismologia, né di neutrini solari, tuttavia questi nuovi campi che si sono aperti nello studio del Sole non hanno molto rilievo quando si consideri il Sole come semplice fonte energetica. I dati che sono pubblicati sul libro riguardo al Sole stesso, alla sua struttura, all’energia fornita, alla sua distribuzione geografica sulla Terra, sono tuttora validi.

    Attualmente sono state capite anche molte cose sulle relazioni Sole Terra. Si è capito che i fenomeni dell’attività solare che il lettore troverà ben descritti nel libro, possono influenzare il clima del pianeta in maniera che noi non possiamo controllare, ma che in qualche maniera forse possiamo prevedere. Ecco: dovendo riscrivere la parte relativa al Sole, adesso aggiungerei un capitolo in cui descriverei il Minimo di Maunder dei fenomeni attivi che si è avuto tra il 1650 e il 1720, periodo in cui l’attività solare sembrò spengersi con conseguente irrigidimento del clima, si narra che le foci del Tamigi e della Senna gelarono e che la parte acquosa dei vini si solidificava nelle stanze non riscaldate dei castelli (secondo chi scrive forse erano stati annacquati da cortigiani infedeli). Adesso si è anche scoperto, grazie ai carotaggi dei ghiacci della Groenlandia e del continente antartico, che con buona probabilità l’attività solare ha controllato il clima della Terra almeno negli ultimi diecimila anni (contrariamente a quanto si afferma come inciso nel libro); ma con orrore si deve constatare che dalla metà del XX secolo questa concordia tra l’andamento della temperatura globale del pianeta e l’andamento egli indici di attività solare sembra essersi rotta, e che la temperatura del pianeta sembra essere diventata una variabile indipendente dall’effetto forzante dell’attività del Sole. Naturalmente questo fenomeno di disaccoppiamento è interpretato come una conseguenza dell’incremento dell’effetto serra prodotto dall’aumento dell’anidride carbonica che viene rilasciata in atmosfera per l’impiego di combustibili fossili e dal metano rilasciato dalle attività agricole e di allevamento di animali. Si deve ricordare che il metano, anche se si trova in atmosfera in quantità molto minori dell’anidride carbonica, è molto più efficace per impedire il rilascio della radiazione infrarossa del pianeta verso lo spazio e quindi molto più efficace come gas serra.

    Il costante, ed apparentemente inesorabile incremento della temperatura del nostro pianeta, richiederebbe alle classi politiche (purtroppo in tutti altri affari affaccendate) di provvedere a promuovere i dispositivi per sfruttare le sorgenti energetiche naturali come il vento, la marea, il moto ondoso, le correnti sottomarine, la geotermia ed infine il Sole. Sullo sfruttamento dell’energia solare esistono molti progetti interessanti; e qui esco dalle mie competenze di professore di materie astronomiche, ma mi riferisco alla mia cultura di docente di Fisica del Pianeta Terra, dicendo che il Solare Termodinamico, potrebbe bene integrarsi con le infrastrutture esistenti in Europa e nel Nord Africa. Questo nuovo modo di raccogliere l’energia solare potrebbe essere impiegato per produrre energia elettrica e poi idrogeno da convogliare nella rete di gasdotti che raggiungono l’Europa dalla sponda meridionale del Mediterraneo dove, oltre che trovarsi una grande ricchezza di idrocarburi e di gas metano, esiste una grande ricchezza di energia solare disponibile nelle grandi superfici desertiche che fanno parte di quegli stati come Egitto, Libia ed Algeria.

    Concludo queste righe di ri-presentazione di questo libro scritto da Guglielmo Righini insieme a Giorgio Nebbia, libro pionieristico sotto molti versi e che come tante cose che arrivano prima del loro tempo non fu capito o comunque fu trascurato dal pubblico a cui era diretto, ricordando che nel considerare un qualsiasi impianto si deve valutare sia il margine netto di energia pulita che questo è capace di fornirci, ovvero di quanto questo impianto è capace di moltiplicare l’energia (energy payback) che è stata necessaria per la sua costruzione, messa in opera, manutenzione e a cui deve essere aggiunta l’energia da impiegare per il suo finale smaltimento, quanto la sua impronta ambientale. Questo ultimo concetto è complesso e sfuggente. Si tratta di valutare il danno ambientale che la costruzione dell’impianto può comportare e i costi energetici che eventualmente si debbono sopportare per rimediare a questo danno.

    Arcetri, 23 Giugno 2010

    Alberto Righini

    Dipartimento di Fisica ed Astronomia

    Università degli Studi di Firenze

    Giorgio Nebbia - Al servizio dell’Uomo Guardando indietro

    "Mia moglie Gabriella, instancabile e gioiosa

    compagna di lavoro e di vita per 54 anni,

    morta nell’agosto 2009, sarebbe stata

    contenta di questa nuova edizione del libro

    che avevamo visto nascere insieme"

    ————————————————————

    Che senso ha resuscitare un libro scritto mezzo secolo fa ? Ogni libro ha un contenuto e una storia e questo riguarda una pagina dimenticata della storia della tecnica e della società contemporanea.

    Alla fine della seconda guerra mondiale, nell’estate del 1945, il mondo era devastato dalle distruzioni, c’era voglia di ricostruire le case, di riprendere condizioni decenti di vita per un miliardo di persone nel mondo, nel Nord America, dall’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico, di riallacciare rapporti umani, e per questo occorreva energia. Il carbone era la fonte di energia dominante, seguita dal petrolio che era costoso e ancora difficile da ottenere e raffinare. Si sapeva che era possibile trarre energia dall’atomo; ne aveva parlato Enrico Fermi al suo arrivo negli Stati Uniti nel 1939, quando ancora non si sapeva se una pila atomica avrebbe funzionato; lo aveva dimostrato la bomba atomica ma era difficile prevedere se l’atomo avrebbe fornito le grandi quantità di energia attese nel mondo; l’iniziativa Atomi per la pace del presidente americano Eisenhower sarebbe venuta soltanto alla fine del 1953.

    Era perciò naturale che negli anni quaranta molti nel mondo guardassero al Sole come fonte di energia, gratuita, disponibile dovunque in tutte le forme desiderabili, di calore ad alta e bassa temperatura, di elettricità, e si voltassero indietro per capire in che modo l’energia solare avrebbe potuto essere usata per azionare macchine e dispositivi commerciali su larga scala.

    Almeno dalla metà dell’Ottocento, negli Stati Uniti, in Francia, e in altri paesi erano stati costruiti e messi in commercio riscaldatori solari di acqua, piccole macchine alimentate con specchi solari o con collettori piani, distillatori per ottenere acqua potabile da quella marina col calore solare. Un ingegner Wilson nella seconda metà dell’Ottocento aveva costruito un grande distillatore solare nel Cile per fornire acqua potabile agli operai che estraevano salnitro nel deserto. Con lo

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