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L'Antologia Omerica di Sperlonga
L'Antologia Omerica di Sperlonga
L'Antologia Omerica di Sperlonga
E-book118 pagine1 ora

L'Antologia Omerica di Sperlonga

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L’Antologia Omerica narra le vicende legate alla straordinaria scoperta, nel 1957 a Sperlonga, di un pregevolissimo gruppo scultoreo di soggetto omerico. Una serie di fotografie inedite e mai pubblicate prima d’oggi accompagnano l’avvincente racconto di quella che è stata tra le scoperte archeologiche più rilevanti del secolo scorso.
Marisa de’ Spagnolis è un’archeologa autrice di numerose pubblicazioni sull’archeologia della Campania e del Lazio, dove ha effettuato scavi di grande rilevanza. Tra i vari incarichi ricoperti ha diretto il Museo Archeologico Nazionale di Sperlonga, su cui ha pubblicato libri e articoli.
LinguaItaliano
Data di uscita20 dic 2017
ISBN9788833460000
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    Anteprima del libro

    L'Antologia Omerica di Sperlonga - Marisa de' Spagnolis

    lavoro.

    Introduzione

    Il complesso archeologico della villa di Tiberio a Sperlonga, noto dalle testimonianze degli scrittori antichi, era sempre stato parzialmente visibile. La profonda e articolata grotta aprentesi nel monte Ciannito, facente parte integrante del complesso archeologico, era vicinissima al mare ed era sempre stata aperta e utilizzata come ricovero di barche. Diversi autori riportano delle scoperte sporadiche di sculture rinvenute nella Grotta¹, e di essa esistono due disegni realizzati dal Labruzzi ed uno del Rossini² ed immagini che ce la illustrano prima delle modifiche avvenute dopo gli scavi archeologici.

    La scoperta improvvisa del giacimento di marmi di soggetto omerico di Sperlonga avvenuta nella Grotta di Tiberio nel 1957 per merito dell’ing. Erno Bellante, ebbe nel mondo degli archeologi ed in particolare degli studiosi dell’arte ellenistica un effetto dirompente. Il rinvenimento della lastra marmorea con le firme dei tre scultori rodii Agesandros, Polydoros Athanadoros, gli stessi ritenuti da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia (XXXVI, 37) i summi artifices, autori del Laocoonte, (il sacerdote troiano stritolato con i suoi figli da serpenti marini nel racconto omerico dell’Iliade), l’opera ritenuta di così grande valore artistico da sembrare realizzata in un unico blocco marmoreo, aveva portato il Soprintendente dell’epoca prof. Giulio Iacopi, a pensare di essere di fronte forse ad un’altra copia, o più verosimilmente, all’originale del celeberrimo gruppo conservato oggi nei Musei Vaticani, venuto alla luce nel 1506 sotto gli occhi ammirati dell’architetto Sangallo e dello stesso Michelangelo.

    Superato l’iniziale equivoco di essere di fronte al gruppo del Laocoonte, grazie anche alla lettura di una iscrizione rinvenuta negli scavi, di un tal poeta Faustino che faceva riferimento a due distinti gruppi, quello dell’accecamento del Polifemo e quello di Scilla, gli archeologi cominciarono a ricomporre i gruppi scultorei che apparvero chiaramente riferiti ad episodi omerici dell’Iliade e dell’Odissea.

    Lo scultore Vittorio Moriello, grande artista di Marcianise, allievo di Emilio Greco, fu chiamato dall’archeologo Baldo Conticello direttore del Museo dal 1964 al 1978 a ricomporre i gruppi scultorei dalle migliaia di frammenti accatastati nei depositi. Grazie alla sua abilità, collegata alla sua incredibile memoria, le sculture cominciarono ad essere ricomposte. Quella di Conticello fu l’intuizione giusta. I gruppi, sia pure lacunosi, tornavano a prendere forma. Il loro fu un lavoro titanico e lunghissimo.

    Quello che oggi appare scontato nella ricostruzione dei gruppi omerici è stato, in realtà, frutto di un impegno di restauro grandissimo che pochi avrebbero affrontato con la stessa energia e determinazione. La ricomposizione dei gruppi omerici resterà per sempre merito dello scultore Vittorio Moriello e dell’archeologo Baldo Conticello, così come la scoperta sarà per sempre merito dell’ing. Erno Bellante.

    Figura 1 – Incisione di Luigi Rossini del 1835

    Ho voluto così riprendere il discorso della scoperta dei marmi avvenuta nel 1957, che aveva provocato tante polemiche tra l’allora Soprintendente Giulio Iacopi e l’ing. Erno Bellante autore materiale dei rinvenimenti, tra lo storico Sindaco di Sperlonga Antonio La Rocca e la Soprintendenza, tra la popolazione di Sperlonga e la Soprintendenza stessa. Essendo passati sessanta anni dall’avvenimento che aveva visto eccitati gli animi sia per la eccezionalità della scoperta che per le polemiche prodotte, scomparsi gli attori delle vicende, ho ritenuto opportuno rivisitare quel periodo attraverso le parole dei protagonisti e pubblicare i documenti relativi alla scoperta presenti nell’archivio storico della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio³. Ai lettori così è stata data la possibilità di conoscere attraverso i documenti non solo gli eventi ma la personalità degli uomini che di quell’evento furono partecipi.

    I documenti che qui si presentano⁴ sono quelli più significativi per la storia degli scavi e della scoperta e sono relativi a note della Soprintendenza denominata allora di Roma I (dipendente dalla Direzione Generale Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione) e del Comune di Sperlonga. Essi sono presentati secondo un ordine cronologico ad eccezione del documento n. 1, consistente in una nota del Soprintendente al Ministero che riassume tutta la storia della scoperta.

    I documenti, in assenza di diari di scavo, costituiscono una preziosa testimonianza dei rinvenimenti all’interno della grotta e della cronologia dello scavo (insieme alle notizie pubblicate sui giornali dell’epoca, la gran parte riportata in questo lavoro).

    Essi sono relativi ad un breve periodo, pochi mesi compresi tra il settembre 1957 e il mese di agosto 1958. Tutto quello che è avvenuto successivamente, gli espropri dei terreni, la progettazione, il finanziamento e la costruzione del Museo, i lavori di restauro, attività che ha visto la Soprintendenza attivarsi energicamente per la creazione di un nuovo contenitore per le sculture di soggetto omerico, non sono stati, volontariamente, presi in esame.

    Figura 2 – Veduta aerea della grotta e dell’area archeologica (foto A. Zarattini)

    Sono pubblicate in questo testo anche le foto dell’epoca, alcune delle quali già note, ed alcuni articoli dell’epoca, gentilmente messi a disposizione dalla moglie dell’ing. Erno Bellante e raccolti e archiviati da quest’ultimo con una precisione incredibile. Questo per offrire un quadro quanto più esaustivo soprattutto di quei pochissimi mesi del 1957 che hanno segnato la storia archeologica del piccolo e bellissimo borgo di Sperlonga e contemporaneamente la rinascita di una popolazione per troppo tempo isolata che nella rivolta a difesa del proprio patrimonio artistico ha preso coscienza del dono prezioso che la grotta e l’imperatore Tiberio avevano loro involontariamente fatto.

    Da sempre gli sperlongani hanno ammirato dal borgo la grande e misteriosa grotta che si apre ai piedi del monte Ciannito, sfondo naturalistico ideale, da cui erano separati da una spettacolare spiaggia a falce di luna che delimita un sinus detto dalla tradizione amiclanus. La grotta che una tradizione costante ha attribuito all’imperatore Tiberio che aveva scelto Sperlonga come luogo di otium divenne il ninfeo dell’imperatore che ne curò personalmente l’allestimento con sculture che ricordassero le imprese di Ulisse, ritenuto il fondatore della sua gens. Tiberio frequentò la villa di Sperlonga fino al 26 d.C. quando si trasferì a Capri, in seguito al celebre episodio narrato da Svetonio⁵ e confermato da Tacito⁶ del crollo di parte della grotta, crollo dal quale fu salvato grazie all’intervento di Seiano suo prefetto del pretorio.

    La popolazione sperlongana era da sempre a conoscenza della ricchezza dei reperti che periodicamente venivano alla luce. La grotta era ricca di testimonianze archeologiche, marmi che non solo gli sperlongani, inconsapevoli, utilizzavano per gli scopi più diversi. Essa nascondeva un tesoro archeologico, spezzato, calpestato, colpito e gettato nel vuoto delle due piscine antistanti la grotta quando la villa decadde e sul sito si istallo un monastero.

    Lo scavo del Bellante nella grotta e la volontà dell’ingegnere di mantenere le sculture sul posto, pur tra mille polemiche hanno segnato la fortuna di Sperlonga.

    1 C. Ciufo, L’antro c.d. di Tiberio a Sperlonga nella descrizione dei viaggiatori del passato con un repertorio di sculture e di altri frammenti archeologici rinvenuti fino al 1957 ed in parte dispersi in Bollettino dell’Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale, n. VII, 1971-72 p. 59.

    M. de Spagnolis, Sculture da Formia e Sperlonga nella Ny Carlsberg Glyptothek di Copenhagen, in Bollettino d’Arte, n. 21, 1983, pp. 75-84.

    2 G. Fiorelli, VIII Sperlonga in Not. Scavi 1880 p. 480 ss (comunicazione di P. Di Tucci); G. Patroni

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