Sulla cocaina
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Info su questo ebook
Note agli scritti freudiani di Anna Freud
Traduzione di Aldo Durante
Edizioni integrali
Nel 1884, qualche tempo dopo l’introduzione della cocaina negli Stati Uniti e in Europa, Sigmund Freud si interessò alle sue proprietà e ai suoi effetti somministrandola ai propri pazienti e facendone uso personalmente. Dopo un clamoroso insuccesso terapeutico, seguito da aspre polemiche, Freud interruppe le ricerche, ma dall’Interpretazione dei sogni sappiamo che la usava ancora nel 1895. Questo libro, che presenta al lettore gli scritti di Freud sulle esperienze con tale sostanza, è arricchito da articoli e saggi di altri ricercatori, tra cui quello del primo produttore di cocaina.
«Allorché gli spagnoli conquistarono le terre del Sud America, si scoprì che gli indigeni usavano le foglie della pianta di coca come fonte di godimento, e che gli effetti della coca, a detta degli osservatori più autorevoli, consistevano principalmente in un notevole aumento dell’efficienza.»
Sigmund Freud
padre della psicoanalisi, nacque a Freiberg, in Moravia, nel 1856. Autore di opere di capitale importanza (tra le quali citeremo soltanto L’interpretazione dei sogni, Tre saggi sulla sessualità, Totem e tabù, Psicopatologia della vita quotidiana, Al di là del principio del piacere), insegnò all’università di Vienna dal 1920 fino al 1938, quando fu costretto dai nazisti ad abbandonare l’Austria. Morì l’anno seguente a Londra, dove si era rifugiato insieme con la famiglia. Di Freud la Newton Compton ha pubblicato molti saggi in volumi singoli e la raccolta Opere 1886/1921.
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Anteprima del libro
Sulla cocaina - Sigmund Freud
PARTE PRIMA
1. «L'episodio della cocaina»
¹
ERNEST JONES
PARTE PRIMA
Ernest Jones fu il biografo scelto personalmente da Freud. I tre volumi della Vita e opere di Freud sono un grosso lavoro, ampiamente considerato la biografìa definitiva del maestro. Fino alla comparsa di questo libro, l'«Episodio della cocaina» di Jones era stata in effetti la sola fonte relativa all'interesse di Freud per la cocaina. La storia, riportata da Jones, di quel periodo della vita di Freud attinge pesantemente all'opera di Siegfried Bernfeld, ripetendone sfortunatamente molti errori. Così come da Bernfeld sono riportate le traduzioni di alcuni passi degli scritti freudiani, ed alcune opinioni (Robert Byck).
Durante i tre anni di ospedale Freud era sempre teso nello sforzo di farsi un nome grazie a qualche importante scoperta in clinica ο in patologia medica. Non si trattava, come si potrebbe supporre, di pura e semplice ambizione professionale; il motivo di gran lunga più importante era la speranza di un successo che gli avrebbe consentito la prospettiva di esercitare la professione privata, tale da fargli anticipare di un anno ο due il matrimonio, senza dover aspettare il naturale corso delle cose. In questa sua ricerca egli deve essere stato pieno di idee e nelle sue lettere egli accenna più di una volta a una nuova scoperta che avrebbe portato allo scopo desiderato; comunque i suoi progetti non approdarono a nulla. Sfortunatamente, di quasi tutte le sue idee egli lasciò intravedere solo qualche barlume, il che non fa altro che incuriosirci di più.
Le uniche due che espone più ampiamente sono quelle che per poco non lo portarono al successo: il metodo di colorazione del tessuto nervoso col cloruro d'oro e l'impiego clinico della cocaina.
Come vedremo, quest'ultimo fu qualcosa di più di un semplice tentativo di routine e per i problemi che suscitò merita di essere descritto come episodio a sé stante.
Il primo accenno all'argomento della cocaina lo si trova in una lettera del 21 aprile 1884, in cui egli dà notizie di «un progetto terapeutico» e di «una speranza».
Mi è capitato di leggere qualcosa sulla cocaina, il costituente principale delle foglie di coca che certe tribù indiane masticano allo scopo di poter resistere alle privazioni e alle fatiche. Un tedesco² l'ha recentemente provata sui soldati ed ha riferito che effettivamente la sostanza accresce l'energia e la resistenza. Me ne sto procurando un po' e la sperimenterò in casi di malattie cardiache, nonché di esaurimento nervoso, specie in quelle penose condizioni dovute all'astinenza da morfina (il dott. Fleischl). Forse altri ci stanno già lavorando, forse non ne caverò fuori niente. Ma è certo che voglio provarla, e tu sai che quando uno insiste presto ο tardi riesce. Ci basterebbe un solo colpo di fortuna del genere per farci pensare a mettere su casa. Ma non farti eccessive illusioni che il successo arriverà proprio adesso. Sai, il temperamento di un ricercatore richiede due qualità essenziali: deve essere tenace nel suo tentativo, ma critico nel suo lavoro³.
All'inizio Freud non si aspettava che dalla cosa sortisse un gran che: «Oso dire che andrà a finire come per il metodo [di colorazione]⁴ ; meno di quanto immaginavo, ma pur sempre qualcosa di tutto rispetto». D primo ostacolo si rivelò essere il costo della cocaina ordinata alla Merck di Darmstadt; pensava di pagarne un grammo 33 kreuzer (13 centesimi di dollaro), se non che, a sua costernazione, la sostanza veniva a costare 3 gulden e 33 kreuzer (1 dollaro e 27 centesimi). Lì per lì, pensò che questo significava la fine di ogni ricerca; ma, una volta ripresosi dal colpo, ne ordinò bravamente un grammo, sperando di poter prima ο poi far fronte al pagamento. Volle subito provare l'effetto su di sé di un ventesimo di grammo e notò che trasformava il cattivo umore in cui versava in un senso di allegria; gli dava inoltre una sensazione di aver pranzato bene «per cui non v'è assolutamente nulla di cui preoccuparsi» senza però privarlo dell'energia necessaria all'attività e al lavoro. Pensò così che, dal momento che la sostanza agiva evidentemente come anestetico gastrico, sopprimendo ogni sensazione di fame, esso avrebbe potuto trovare utile impiego nel frenare il vomito di qualsiasi origine⁵.
Contemporaneamente, decise di offrire la droga al suo amico Fleischl, che soffriva le pene più atroci nel tentativo di liberarsi da una assuefazione alla morfina, che aveva cominciato a prendere a dosi eccessive per certi dolori nervosi insopportabili. Fu una decisione di cui in seguito si dovette amaramente pentire. Il destro gli fu dato da un articolo che aveva letto nella Detroit [Therapeutic] Gazette in cui si segnalava l'uso della cocaina per questo scopo. Fleischl si abbrancò alla nuova sostanza come uno «che stava annegando»⁶ e dopo qualche giorno cominciò ad assumerla di continuo. Il resto della storia di Fleischl verrà esposto in seguito.
Freud intanto si andava sempre più entusiasmando. La cocaina era un «farmaco magico». Riportò un brillantissimo successo in un caso di catarro gastrico, riuscendo a stroncare immediatamente il dolore ⁷.
Se tutto andrà bene, scriverò un saggio sulla cocaina; io penso che si guadagnerà il suo posto in terapia, un posto pari a quello occupato dalla morfina, se non superiore. Ma ho anche altre speranze e propositi. Io stesso ne prendo regolarmente piccolissime dosi contro la depressione e l'indigestione, con brillante successo. Io spero che il farmaco sia in grado di abolire il vomito più intrattabile, anche se dovuto a gravi dolori; a farla breve, è solo ora, nell'aiuto ad un paziente e nella speranza di aiutarlo ancor più, che sento d'essere un medico. Se le cose continuano di questo passo, è inutile stare a preoccuparsi sulla possibilità di riunirci e stabilirci a Vienna.
Ne spedì un po' a Marta «per rinforzarla e darle alle guance un bel colorito», insisté a che amici e colleghi la provassero e la dessero anche ai loro pazienti, la somministrò alle sorelle. In breve, guardandolo ora dall'alto delle nostre attuali conoscenze, sembrava stesse diventando un pericolo pubblico. Sia ben chiaro che non aveva alcun motivo di pensare che in tutto ciò vi fosse il minimo pericolo, e quando diceva di non riscontrare su di sé alcun segno di bisogno per la droga, per quanto spesso la prendesse, diceva la pura e semplice verità: come è noto, perché si formi una tossicomania è necessaria una speciale predisposizione e fortunatamente non era questo il caso di Freud ⁸.
Qualche collega riportò dei successi nell'impiego della sostanza, altri si mostrarono più scettici. Breuer, con la sua proverbiale prudenza, fu tra coloro che non si lasciarono impressionare.
Per Freud fu difficile reperire letteratura su questo argomento per la verità insolito, ma Fleischl riuscì a procurargli un accesso alla biblioteca della Gesellschaft der Ärtze (Associazione dei Medici) dove potè mettere le mani sul catalogo del «General Surgeon» (Generale Medico) di recente pubblicazione che conteneva una descrizione completa di quanto gli serviva ⁹. Egli calcolava a questo punto (5 giugno) di finire il suo saggio in quindici giorni e di dedicarsi quindi alle sue ricerche con l'elettricità in modo da riempire le quattro ο cinque settimane che gli restavano prima di partire per Wandsbek. Lo portò a termine il diciottesimo giorno: una metà fu data alle stampe il giorno seguente. Uscì sul numero di luglio del Centralblatt für die gesammte Therapie di Heitler.
Per quanto il saggio fosse una esauriente rassegna sull'argomento — anzi, di gran lunga la migliore fin allora apparsa — esso potrebbe essere molto più apprezzato come produzione letteraria che come contributo scientifico originale. Fu vergato nello stile migliore di Freud, con la sua tipica vivacità, semplicità e finezza, caratteristiche che non avevano trovato modo di esprimersi nelle precedenti descrizioni del sistema nervoso del gambero ο delle fibre del midollo. Dovettero passare molti anni prima che gli si presentasse di nuovo l'occasione di mettere in pratica le sue doti letterarie. C'è però nel saggio una tonalità che non sarebbe mai più apparsa negli scritti di Freud, e cioè una combinazione notevole di obiettività e caloroso trasporto personale, quasi l'autore fosse innamorato del contenuto della sua opera. Adoperò infatti espressioni insolite per una pubblicazione scientifica come «fantastica eccitazione»¹⁰ mostrata dagli animali dopo una iniezione di cocaina e la somministrazione di una «offerta»¹¹ di questa, invece di una «dose»; reagì in modo offeso alle «calunnie» che erano state scritte sul conto del prezioso farmaco. Tale artistica presentazione doveva contribuire non poco all'interesse suscitato dal saggio sia nei circoli medici viennesi che altrove.
Freud apriva il saggio dilungandosi sulle prime notizie storiche della pianta della coca e sull'uso che ne facevano gli Indiani dell'America del Sud; segue una descrizione botanica e il resoconto dei vari metodi di preparazione delle foglie. Vi è perfino il resoconto delle osservanze religiose connesse con il suo impiego ed è citata la mitica leggenda secondo cui Manco Capac, il Figlio regale del Dio-Sole, l'«aveva inviata come dono degli dèi per saziare l'affamato, fortificare il debole, rendere l'infelice immemore delle sue pene». Apprendiamo come le notizie su questa pianta meravigliosa raggiungessero la Spagna nel 1569, l'Inghilterra nel 1596, come il dott. Scherzer, un esploratore austriaco, nel 1859 recasse in patria dal Perù alcune foglie di coca, che furono poi rimesse a Niemann, assistente di Wohler — il chimico «malfamato» per aver osato sintetizzare l'urea. E fu Niemann ad isolare dalla pianta l'alcaloide cocaina. Freud esponeva quindi una serie di auto-osservazioni, in cui aveva studiato gli effetti della droga sulla fame, sul sonno e sulla fatica. Egli scrisse di
[...] una sensazione esilarante e una euforia durevole che non presenta nessuna differenza da quella di un individuo normale [...] si avverte un aumento dell'autocontrollo, si gode di una maggiore vitalità e capacità di lavoro [...] In altre parole, si è perfettamente normali, e quasi non si riesce a credere di essere sotto l'influsso di qualsivoglia sostanza [...] Un protratto e intenso lavoro, mentale ο fisico che sia, può essere poi compiuto senza che compaia alcuna sensazione di stanchezza [...] E l'effetto è raggiunto senza nessuno degli spiacevoli effetti secondari che sono tipici dell'ebbrezza alcolica [...] Sia dopo la prima che dopo altre ripetute assunzioni di cocaina non appare nel modo più assoluto il bisogno di ricorrere ancora alla sostanza [...] anzi, si prova quasi una curiosa avversione nei suoi confronti.
Freud confermava così le conclusioni cui era pervenuto Mantegazza sull'efficacia terapeutica della sostanza, sulla sua azione stimolante e tuttavia lenitiva sullo stomaco, sulla sua utilità nella malinconia e via dicendo. Egli descriveva un caso personale (quello di Fleischl), laddove aveva adoperato la cocaina nel processo di svezzamento di un morfinomane. La validità generale della sostanza si poteva riassumere nel fatto di ritenerla applicabile «a quegli stati funzionali compresi sotto il termine di neurastenia», nella terapia dell'indigestione e nel periodo di svezzamento dalla morfina.
Per quanto riguarda il meccanismo d'azione, Freud avanzò l'ipotesi, in seguito confermata, che la cocaina non agisce tramite una stimolazione diretta del cervello, ma grazie alla sua capacità di abolire gli effetti dei vari fattori che deprimono le sensazioni corporee dell'individuo»¹² Nel paragrafo di chiusura, scritto frettolosamente, diceva:
La proprietà della cocaina e dei suoi sali, quando vengano applicati in soluzioni concentrate, di anestetizzare le membrane cutanee e mucose, ne suggerisce un possibile futuro impiego, specie in casi di infezioni locali... È probabile che nel prossimo futuro si svilupperanno ulteriori usi dell'alcaloide basati sulle sue proprietà anestetiche.
Questo è l'aspetto che egli si rimproverò in seguito di non aver approfondito, ma l'impressione che se ne trae in questa sede è che tale auto-accusa sia piuttosto fuori luogo. È infatti del tutto improbabile che Freud, anche se avesse avuto più tempo a disposizione, avrebbe pensato a un impiego della cocaina in chirurgia, branca estranea ai suoi interessi. Gli usi locali che andava ipotizzando riguardavano esclusivamente l'alleviamento del dolore nelle infezioni locali, tant'è vero che quando suggerì all'amico oftalmologo Königstein un possibile impiego oculistico della sostanza, entrambi lo intesero nel senso di un lenimento del dolore nel tracoma e in condizioni affini. Per Freud la cocaina era un analgesico, non un anestetico, e, comunque, egli era di gran lunga più interessato al suo uso interno che a possibili applicazioni esterne.
Ora, ciò che evidentemente affascinava Freud della pianta di coca era la sua straordinaria fama di poter aumentare l'energia sia fisica che mentale, senza che si manifestassero effetti secondari dannosi. Dopo tutto era stato proprio questo il punto chiave dell'articolo di Aschenbrandt che aveva acceso l'immaginazione di Freud. Senonché la cocaina aumenta l'energia soltanto nel caso che quest'ultima sia andata incontro ad esaurimento. Una persona completamente normale non ha alcun bisogno di certi stimoli. E Freud non si trovava certo in questa fortunata situazione. Da molti anni soffriva di depressioni psichiche con astenia e apatia, sintomi neurotici che in seguito presero la forma di attacchi di ansia, sino a che non riuscì a liquidarli con l'autoanalisi. Tali reazioni neurotiche erano esacerbate dalle pene della sua relazione sentimentale, con le sue lunghe astinenze e altre difficoltà. Nell'estate del 1884, in particolare, versava in uno stato di grande agitazione in relazione all'imminente visita alla fidanzata, e sicuramente solo per tema che la possibilità di incontro sfumasse. La cocaina calmò l'agitazione e fece svanire la depressione; per di più gli procurò una straordinaria sensazione di vigore ed energia.
La depressione, al pari di altre manifestazioni nevrotiche, incide sfavorevolmente sul senso di energia e di virilità; la cocaina lo ripristina. Che poi tutto il nocciolo della questione stia qui si può arguire da questo brano di una lettera indirizzata a Marta il 2 giugno 1884, e scritta dopo aver appreso che la fidanzata non aveva una bella cera e aveva perso l'appetito.
Principessa mia, quando arriverò, per te saranno guai! Ti farò diventare rossa a forza di baci e ti farò mangiare finché non sarai tondetta. E se non mi ubbidirai, vedrai chi è il più forte, se la ragazzetta carina che non mangia abbastanza ο l'omone selvaggio con la cocaina in corpo.¹³ Nella mia ultima grave depressione ho preso di nuovo la coca, e una piccola dose mi ha portato alle stelle in modo fantastico. Sono ora molto indaffarato a raccogliere la letteratura per un inno in lode di questa magica sostanza.
Per acquisire la virilità e godersi la felicità dell'unione con l'amata egli aveva abbandonato la via retta ma stretta del lavoro «scientifico» rigoroso sull'anatomia cerebrale e aveva imbucato una furtiva scorciatoia, una strada che gli avrebbe causato solo sofferenze e non successo. Entro un paio di mesi un altro avrebbe acquisito fama universale grazie alla cocaina. Ma in tal caso, si trattava di un uso benefico per l'umanità, laddove, due anni dopo, Freud sarebbe incorso nel disprezzo per aver introdotto, con la sua indiscriminata propaganda, una sostanza meravigliosa ed «innocua» che i suoi detrattori avrebbero bollato come «terzo flagello del genere umano»¹⁴. Infine, egli avrebbe dovuto rimproverarsi di aver affrettato la morte di un caro amico e benefattore con il suo procurargli una grave tossicomania cocainica.
Sarebbe difficile patire tutti questi colpi senza sentirli come vere e proprie punizioni. Per cosa? La risposta a tale domanda la dobbiamo lasciare alla psicoanalisi, ma possiamo almeno capire come Freud (in seguito) dovesse associare le sue autoaccuse al pensiero della fidanzata, e come la scusa (fornita sempre in seguito) di «non essere stato abbastanza meticoloso» fosse solo un pallido accenno a tutto un retroscena.
Tutto questo, comunque, stava nel futuro, e Freud, ignaro di ogni sospetto, agli inizi del settembre si recò a godersi una spensierata vacanza a Wandsbek. Quattro settimane dopo, al suo ritomo, apprese che era accaduto qualcosa di grosso ¹⁵.
¹Da The Life and work of Sigmund Freud di Ernest Jones. [Cfr. anche la trad. it. cit.].
²Si tratta del medico militare Theodor Aschenbrandt, che aveva fatto le osservazioni in questione su alcuni militari bavaresi nel corso delle manovre svoltesi nel precedente autunno.
³FREUD, SIGMUND, Selbstdarstellung, 1925, und Nachschrift (1935), Gesammelte Werke, XIV, p. 33-%, XVI, p. 31-34, Stand, ed., XX, pp. 71-74. [Trad. it. «Autobiografìa», in Opere di Freud, vol. X, Torino, Boringhieri, 1978.]
⁴Cioè il metodo del cloruro d'oro da lui inventato.
⁵Lettera non pubblicata a Martha Bernays, in data 3 maggio 1884.
⁶Lettera non pubblicata a Martha Bernays, in data 7 maggio 1884.
⁷Lettera a Martha Bernays, in data 25 maggio 1884.
⁸Qui Jones si sbaglia: è stato dimostrato che scimmie in corso di esperimenti abbassano delle leve ed eseguono compiti anche gravosi pur di avere la cocaina. È improbabile che le scimmie posseggano questa «speciale predisposizione» cui si riferisce il dott. Jones (N.d.C.).
⁹Con tutta probabilità si tratta dell'indice bibliografico in dotazione alla Biblioteca dell'Ufficio del Generale Medico dell'Esercito Statunitense, uscito nel 1883 (cfr. riproduzione a p. 104) e di cui doveva esistere copia a Vienna (N.d.T.).
¹⁰Qui Jones non traduce perfettamente; l'originale è freudigste Aufregung (eccitazione gioiosa) (N.d.C.).
¹¹Questa è una traduzione scorretta del tedçsco Gabe, che nel contesto di Freud significa una «dose»; l'uso clinico dell'epoca non consentirebbe la traduzione «offerta» (N.d.C.).
¹² Gemeingefühl (cenestesia).
¹³Il corsivo è mio.
¹⁴Gli altri due flagelli sarebbero l'alcool e la morfina.
¹⁵ Questa breve biografìa continua nei capitoli 3, 13 e 17 (N.d.C.).
2. Le fonti di Freud
¹
(primavera del 1884)
Benché la cocaina non fosse ancora propagandata in Europa, già ne esisteva una notevole letteratura in riviste sia americane che europee. In questo capitolo sono riportati i riferimenti critici che Freud andava leggendo mentre preparava Usuo scritto «Über Coca» (Sulla Coca). L'elenco bibliografico lo trovò nel Catalogo del Generale Medico e la sua ispirazione fu stimolata principalmente dagli entusiasmi di Aschenbrandt e di Bentley (Robert Byck).
L'ERITOXYLON ²COCA NELLE TOSSICOMANIE DA OPPIACEI E NELL'ALCOLISMO
di W.H. Bentley, M.D., LL.D., Valley Oak, Ky³.
Nel maggio del 1878 scrissi per la rivista New Preparations un articolo sulla erytoxylon coca; lo scritto fu pubblicato nel numero di luglio.
Ecco il paragrafo iniziale:
Qualche anno fa riuscii a procurarmi sei ο otto libbre di tintura satura di erytoxylon coca pensando di poter sperimentare le virtù terapeutiche della pianta. Per un periodo durato quindici mesi non ne usai che una sola bottiglia. In tutti i casi in cui la prescrissi (salvo uno) si trattava di catarro cronico dei polmoni, una condizione che simulava la tisi. Il caso a parte era quello di una dispepsia nervosa complicata da disturbi uterini e isteria. Si trattava di una paziente di ventitré anni, sposata, madre di due bambini; il più piccolo aveva sei mesi. Di aspetto emaciato, alquanto depressa, era per di più in preda a una «tossicomania da oppiacei». Fu in sostituzione dell'abituale morfina, il cui uso le avevo drasticamente proibito, che le ordinai la coca, in dragma-dosi ⁴, tre volte al giorno. E debbo dire che assolse mirabilmente al suo compito..
Il paragrafo finale è il seguente: «Sottoporrò pertanto l'erythoxylon coca a prove approfondite in malattie con deperimento
, convalescenze protratte di malattie acute, in certe forme di dispepsia; con particolare attenzione la sperimenterò nel vizio dell'oppio
».
Tale promessa ho fermamente mantenuta; con l'intenzione, allorché in possesso di dati sufficienti, di riferire, a beneficio della professione medica, sui risultati della mia sperimentazione. All'uopo, considero mio dovere premettere che ho impiegato l'estratto fluido di erytoxylon coca della rinomata casa Parke-Davis e Co., per un totale di venticinque prescrizioni in due anni.
Dal punto di vista sia fisiologico che patologico, io ritengo quasi, se non del tutto identiche, la dipendenza dall'oppio e quella dall'alcool (o meglio l'impossibilità di astenersi dall'ubriachezza, in quanto che non mi risulta venga usato il termine di alcool-dipendenza). Nelle note che seguiranno, userò il termine «oppio» sia per la droga specifica che per tutti i suoi preparati, ed «alcool» per tutte le bevande che lo