Te la do io, la fisica!
Di Luca Fiorani
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Anteprima del libro
Te la do io, la fisica! - Luca Fiorani
Introduzione
Questo libro nasce da una delle avventure più divertenti della mia vita, l’insegnamento di Didattica della fisica per il corso di laurea in Scienze della formazione primaria all’Università LUMSA di Roma. Inizialmente, quindi, è nato come libro di testo per questo insegnamento relativamente alla parte di introduzione alla fisica. Rileggendolo, mi sono reso conto che è adatto a tutti: usando solo le quattro operazioni, ho cercato di introdurre il lettore alla logica profonda della scienza galileiana, per fargliene assaporare appieno l’intima bellezza.
Insegnare a insegnare la fisica (l’insegnamento al quadrato!) è un compito complesso. Occorre fornire nozioni di fisica e pedagogia, e sperimentare (giocando) con gli studenti, futuri maestri, affinché lo facciano a loro volta con i bambini. Ricordo ancora quando un gruppo di brave studentesse ha perso il controllo della piccola mongolfiera che aveva realizzato: funzionava talmente bene che, quasi pilotata da un invisibile diavoletto¹, è uscita da una finestra, lasciata incautamente aperta, involandosi nel cielo sereno di una Roma primaverile e compiacente. A mia conoscenza, non c’è stata nessuna denuncia per rilascio indebito di mongolfiera. Spero comunque che l’eventuale reato risulti prescritto…
La decisione di scrivere il libro è maturata non per ingrassare il mio già pingue conto corrente di dipendente statale (!) ma per rispondere a un’esigenza: non ho trovato un testo che riassumesse in modo semplice i fondamenti della fisica, arrangiandomi fino ad ora con un libro divulgativo, sicuramente ben scritto, ma non orientato allo scopo. E qui chiarisco subito che lo scopo non include la pedagogia, non ne scriverei con competenza. Per quella parte dell’insegnamento mi avvalgo di alcune pagine di un ottimo testo già disponibile.
C’è stato un momento in cui la decisione è diventata irrevocabile. Esame di didattica della fisica. La prima domanda deve essere facile. Può descrivermi brevemente, come farebbe con un bambino, la struttura del Sistema Solare?
‒ chiedo alla studentessa che, solerte, disegna alcune ellissi concentriche. Mmm… questa è preparata, sta a vedere che mi sa dire le Leggi di Keplero!
‒ gongolo interiormente. Entusiasmato da questa non comune performance, chiedo: ora può disegnarmi la posizione del Sole?
. La giovane studentessa mi guarda, poi rimira le sue ellissi e, infine, pianta i suoi begli occhioni sui miei, spostando la penna in varie zone del suo grafico, cercando di percepire il minimo tremolio delle mie palpebre. Incuriosito, cerco di mantenere la mia faccia dura come la pietra. Dopo alcuni interminabili secondi di questo giochetto, è convinta che il suo tremolio detector
abbia funzionato e disegna il Sole lontano dal centro², come un tondo che interseca la parte superiore delle sue ellissi. Alle mie rimostranze ha risposto che i miei occhi si erano lasciati andare quando aveva appoggiato la penna in quella zona del foglio...
Il lettore a questo punto ha già capito che il mio intento è quello di fornire un cibo adatto a dentini non troppo affilati. Sono stato costretto a fare alcune semplificazioni. Ad esempio, il percorso che porta alle Leggi di Keplero non è il fumetto lineare che potrete leggere su queste pagine. Ho voluto fornire un’idea corretta ma semplice di come funziona la scienza per i futuri maestri che ‒ senza diventare specialisti ‒ devono capirne bene la logica per appassionare i bambini a quella che è una delle più affascinanti avventure dello spirito umano. Non si può diventare adulti senza riuscire ad assaporare la bellezza della Nona Sinfonia di Beethoven, del Giudizio Universale di Michelangelo e della Relatività Generale di Einstein. Senza parlare del fatto che il nostro è sempre più un mondo scientifico e tecnologico, e i bambini devono ricevere le chiavi di lettura adatte a comprenderlo.
Alcune piccole avvertenze. Uso il punto come separatore decimale e la virgola per dividere le migliaia di numeri particolarmente grandi. A volte uso un concetto prima di definirlo rigorosamente: ad esempio, descrivendo gli esperimenti di Galileo, parlo della velocità, anche se la descrivo approfonditamente solo prima di introdurre la fisica di Newton. In questo caso, e negli altri simili, per comprendere ciò che dico basta la nozione di quel concetto che proviene dal senso comune. Un ultimo avvertimento. Ho cercato di toccare molti argomenti chiave, restando discorsivo e divertente. Spero che non vi dispiaccia…
___________________
¹ I fisici sono abituati agli scherzi dei diavoletti, chiedetelo a Maxwell!
² Mica pretendevo che lo posizionasse su uno dei fuochi!
Scienza made in Italy
Oggi partita di bocce! Ma sarà una partita un po’ speciale. In primis, perché i giocatori sono due star: Aristotele di Stagira e Galileo di Pisa. In secundis, perché si gioca con solo due bocce… truccate: una è di piombo, l’altra è di sughero, ma a guardarle sembrano identiche, stesso diametro, stesso colore e stessa finitura della superficie, bella liscia. In terzis, perché vince chi indovina quale delle due bocce tocca terra prima se vengono lasciate cadere contemporaneamente dalla stessa altezza.
Gioca anche tu! Scommetto che sei convinto che la boccia di piombo arrivi prima. Sei un asino… ;-) ma in buona compagnia! Anche Aristotele, considerato nell’antichità e nel medioevo la persona più sapiente mai esistita, la pensava come te, e con lui tutti gli altri filosofi prima di Galileo. È spontaneo pensare che le cose pesanti cadano più velocemente, ma non è così! Questo fatto, è solo una delle cose sorprendenti del nostro universo che leggerai in questo libro. Il punto è che, se vuoi sapere come funziona la natura, invece di passare giornate a discutere e pontificare su come le cose dovrebbero andare secondo il tuo ragionevolissimo pensiero, devi interrogare la natura. Sembra logico, no? Eppure, il primo che ha interrogato sistematicamente la natura è stato Galileo. Per questo è considerato il primo scienziato della natura e il primo fisico (almeno in senso moderno).
Come si interroga la natura? Facendo un esperimento, quello che Galileo chiamava con il suo linguaggio: sensata esperienza
. Vuoi sapere come le cose cadono? Fai l’esperienza, falle cadere! Ma ‒ attenzione ‒ l’esperienza deve essere sensata, deve focalizzarsi sull’aspetto che vuoi studiare, facendo in modo che gli altri aspetti siano trascurabili. Immaginiamo di prendere un martello e una piuma, e di lasciarli cadere contemporaneamente dalla stessa altezza. Mentre il martello cadrà velocemente a terra (attento a togliere il piede sotto!) la piuma comincerà a volteggiare e toccherà il suolo più tardi, a causa dell’aria che la sostiene, un po’ come un piccolo aliante. Ma tu vuoi studiare come le cose cadono, non come sono sostenute dall’aria! Per questo, siccome non puoi togliere l’aria³, devi rendere il suo effetto trascurabile, come abbiamo fatto con le bocce, identiche in tutto tranne il peso. Le lasci cadere contemporaneamente dalla stessa altezza e ‒ meraviglia! ‒ toccano il suolo nello stesso istante.
Galileo non si è fermato qui. Ha capito che il linguaggio migliore per descrivere la natura è la matematica che, con l’italiano dell’epoca, chiamava necessaria dimostrazione
ed è riuscito a descrivere con una formula semplice come le cose cadono sulla superficie terrestre quando l’effetto dell’aria è trascurabile (ad esempio, per un proiettile):
s = ½ g t²
che si legge s è uguale a un mezzo per g per t al quadrato
ed è chiamata Legge di caduta dei gravi.
s indica lo spazio misurato in metri (m), g è una costante (vale circa 10)⁴ e t indica il tempo misurato in secondi (s). Come funziona? Banale, come fare i conti della spesa. Vuoi sapere quanto spazio percorre una cosa che cade in 2 s? Prendi 2, lo elevi al quadrato e ottieni 4. Moltiplichi per 10 e ti viene fuori 40. Infine moltiplichi per ½ e ottieni il risultato finale: 20 m. Nota: il peso NON è mai entrato nel calcolo, quindi non conta.
Riassumendo, anche se esiste un significato più generale di scienza⁵, quella di cui parliamo in questo libro è una disciplina nuova, introdotta da Galileo. Il suo oggetto è la natura, dagli atomi alle galassie. Il suo metodo è costituito da esperimento controllato e linguaggio matematico. Il suo scopo è capire come funziona questo meraviglioso universo che ci circonda, rispondendo a due necessità: la prima, è soddisfare la nostra curiosità, fin da bambini ci chiediamo perché le cose si comportano in un certo modo; la seconda, è prevedere i fenomeni per usarli a nostro vantaggio, come vedremo parlando del rapporto tra scienza e tecnologia. La caratteristica fondamentale della scienza è l’oggettività.
Oggettività significa che le grandezze scientifiche sono univoche, universali e misurabili, e che gli esperimenti sono riproducibili. Se la scienza è un teatro, le grandezze sono gli attori. Facciamo qualche esempio. Sono grandezze fisiche lo spazio e il tempo. Potremmo definire un’altra grandezza fisica, la temperatura, come la proprietà dei corpi⁶ che regola il trasferimento di calore da uno all’altro: il calore passerà da un corpo ad alta temperatura a un corpo a bassa temperatura. Come si vede la definizione è univoca, non ci possono essere interpretazioni. Inoltre è universale: traducendola nella lingua opportuna, potremo spiegare a qualsiasi abitante del pianeta cosa intendiamo con la parola temperatura
. Ma perché una grandezza sia scientifica, occorre che sia misurabile. Per questo occorrono ancora due cose: uno strumento di misura e un’unità di misura. Per la temperatura si fa così. Si prende una piccola sferetta di vetro (bulbo) unita a un tubicino di vetro, in modo che i loro interni comunichino. Si riempie la sferetta e parte del tubicino con un po’ di mercurio e si chiude l’estremità del tubicino lontana dal bulbo. Poi si va a livello del mare in un giorno in cui la pressione atmosferica sia standard (né alta, né bassa) e si mette il bulbo prima nel ghiaccio fondente e poi nell’acqua bollente, usando in entrambi i casi acqua pura. Si osserva che la lunghezza del mercurio dentro il tubicino è minima per il ghiaccio fondente e massima per l’acqua bollente. Con un pennarello, si segna con una tacca la posizione del mercurio nei due casi e si attribuisce il valore 0 al ghiaccio fondente e il valore 100 all’acqua bollente. Poi si prende un righello e si segnano con il pennarello altre 99 tacche equidistanti tra 0 e 100. Abbiamo ottenuto uno strumento di misura, il termometro, e un’unità di misura, il grado centigrado, il cui simbolo è °C. Entusiasti per la nostra grande scoperta, lasciamo all’aria il nostro termometro in una fresca giornata di primavera e vediamo