Avvistamenti UFO in Toscana: Antologia di casi più o meno noti
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Anteprima del libro
Avvistamenti UFO in Toscana - Valentina Effe
Ufo nel passato.
Si pensa erroneamente che quello ufologico sia un fenomeno prettamente moderno, relativo all’ultimo secolo di storia. In realtà le testimonianze di avvistamento si perdono nella notte dei tempi.
I testi sacri e mitologici delle più svariate culture e civiltà sembrano contenere riferimenti ufologici, e l’arte, dalle antiche pitture rupestri ai capolavori del Rinascimento, ha spesso raffigurato misteriosi oggetti volanti. Secondo l’interpretazione ufficiale, scientifica e ortodossa, si tratta di semplici figure allegoriche, emblemi della divinità, o magari uccelli e nubi stilizzate; in ogni caso non possiamo negare che siano rappresentazioni e descrizioni veramente inquietanti, sorprendentemente simili a quelle della moderna ufologia.
Inoltre, anche le cronache ufficiali di varie epoche storiche riportano, già dall’antichità classica, di curiosi avvistamenti nel cielo; ne parlano Plinio il Vecchio, Seneca, Giulio Ossequente, Tito Livio. Probabilmente si tratta di fenomeni naturali, fisici e astronomici, non compresi con i mezzi e le conoscenze scientifiche del tempo, ma in alcuni casi l’interpretazione non è così scontata.
Gli autori latini si riferiscono spesso a questi oggetti col termine clypeus ardentes
; ora il clipeo era uno scudo metallico di forma circolare in dotazione ai legionari romani fino al V secolo avanti Cristo. Il clypeus ardentes dunque, altro non sarebbe che un cerchio, un piatto infuocato
avvistato nel cielo: non si può assolutamente ignorare l’analogia con la descrizione dei moderni dischi volanti.
Anche la Toscana, terra ricca di storia e cultura, ha le sue antiche cronache ufologiche: testimonianze di tutto rispetto risalenti soprattutto al tardo medioevo e al rinascimento.
Già nel IV secolo dopo Cristo, lo storico romano Giulio Ossequente, nel suo Prodigiorum liber
, riporta numerosi fenomeni aerei insoliti estratti dalle opere di autori latini precedenti; tra questi uno dei più emblematici avvenne proprio nei cieli toscani nel 98 a.C.:
Quando C. Mario e L. Valerio erano consoli, a Tarquinia, da luoghi diversi fu vista cadere, improvvisamente dal cielo, una cosa simile ad una torcia fiammeggiante. Al tramonto, un oggetto volante circolare, simile per forma ad un
ardente clypeus fu visto attraversare il cielo da ovest a est
.
Sebbene i pochi elementi riportati non siano sufficienti a spiegare con chiarezza un evento di oltre duemila anni fa, l’associazione tra l’oggetto avvistato e il clipeo non può far altro che impensierirci: la forma circolare di tale scudo, con tanto di rinforzo semisferico centrale di cui era dotato, è quanto di più simile si possa immaginare al classico disco volante con calotta, emblema stesso dell’ufo. Sarà solo una coincidenza?
Nella summa storica in lingua volgare Nuova Cronica
, Giovanni Villani, magistrato, priore e storico fiorentino di epoca medievale, dedica un’ampia sezione alle cose notevoli di Firenze
; ed è qui che riferisce di numerosi avvistamenti ufo dell’inizio del quattordicesimo secolo. Incuriosisce in particolare un avvistamento su Firenze del 1325:
Nel detto anno, dì 21 di maggio, dopo il suono delle 3, venne in Firenze un grandissimo tremuoto, ma durò poco, e la sera vegnente, 22 di maggio, uno grandissimo raggio di vapore di fuoco si vide volare sopra la città, e chi sentì e vide i detti segni dubitò di futuro pericolo e novitade.
Un evento simile si ripete nel 1353: Il primo dì di marzo, alle sei ore della notte, si mosse uno sformato fuoco nell’aria, il quale corse per gherbino in verso greco, come aveva fatto l’altro che prima era venuto col tremuoto, ma di lume e di infiammagione non fu molto minore.
Poi di nuovo nel 1360: A dì 9 di febbraio di detto anno, alle quattro ore di notte, in aire apparve sopra la città di Firenze un vapore grosso infocato di tale aspetto che a molti parve che fosse fuoco appresso nella città, vicino a loro vista; e per tanto cominciarono a gridare al fuoco, e le campane della chiesa di Santo Romeo sonarono a stormo, e lungamente, come è usanza di sonare per lo fuoco. Per lo quale romore molti cittadini si levaro da dormire e vedendo ch’erano vapori incesi nell’aria, uscirono delle case e andarono a’ luoghi aperti. E vidono il tempo sereno, e il lume della luna, e di qua e di là dal vapore sua larghezza rosseggiante a guisa di fuoco per ispazio di un miglio, e sia lunghezza di quattro; e il suo montare alto del basso tanto era, che le stelle si mostravano in esso come faville di fuoco. E levatosi in distanza alcuna di sopra a Firenze, valicò Fiesole, tenendo forma di ponte da Montemorello a Fiesole. E poi con assai lento andamento trapassò nel Mugello, e in un’ora e mezzo consumato si mostrò a coloro che di Firenze n’aveano aspetto.
Giovanni Villani è considerato uno storico altamente attendibile, e viene lodato, nonché equiparato a Dante, dallo stesso Machiavelli; pertanto le sue ricostruzioni storiche sono degne di fiducia. Qualcosa sicuramente avvenne sui cieli fiorentini nelle date riportate. Si trattò dunque di fenomeni naturali, forse di un meteorite? In realtà un bolide sarebbe da escludere proprio per la descrizione dell’ultimo avvistamento: l’andamento dell’oggetto infatti sarebbe apparso lento
, pertanto incompatibile con la caduta di un meteorite. Il mistero dunque permane.
Nel 1301 è invece Dino Compagni ad avvistare una sorta di croce luminosa, di colore vermiglio, nel cielo fiorentino, precisamente sul Palazzo dei Priori.
Questa la testimonianza: La sera apparì in cielo un segno meraviglioso il quale fu un croce vermiglia sopra il Palazzo dei Priori (in Firenze), fu la sua lista (cioè la lunghezza apparente dei due segmenti formanti la struttura) ampia più che palmi uno e mezzo (corrispondenti a 45 metri circa) è l'una linea di lunghezza (la lunghezza dei due segmenti componenti la croce) era braccia 20, (corrispondenti a 1168 m. circa); la quale durò per tanto tempo, quanto penasse un cavallo a correre due arringhi (15-20 m.). Onde la gente, che la vide, ed io che chiaramente la vidi, potemmo comprendere che Iddio era fortemente contro alla nostra città crucciato
. (Dino Compagni: Cronaca delle cose occorrenti né tempi suoi).
Secoli più tardi, ormai in pieno Rinascimento, precisamente in una notte d’inverno del 1537, il grande scultore Benvenuto Cellini, assieme a un compagno di viaggio, è il protagonista di un altro curioso avvistamento, di cui riporterà nella sua celebre autobiografia:
… montati a cavallo, venivamo sollecitamente alla volta di Roma. Arrivati che noi fummo in un certo poco di rialto, era di già fatto notte, guardando in verso Firenze, tutti e due d’accordo movevamo gran voce di meraviglia, dicendo:
Oh Dio del Cielo, che gran cosa è quella che si vede sopra Firenze? Questo si era come un gran trave di fuoco, il quale scintillava e rendeva grandissimo splendore…
(La Vita-libro 1, cap.89).
Anche in questo caso i particolari sono pochi per trarre conclusioni definitive, ma potrebbe risultare piuttosto immediato identificare la trave di fuoco con uno dei sigari volanti della moderna ufologia.
Luca Landucci, nel Diario Fiorentino scrive invece: …E al dì d’agosto 1482, fu veduto da molti qui, sopra Firenze, certe fiamme di fuoco andare per l’aria, inverso levante, circa a un’ora di notte; e fu veduto a Dicomano e altrove…
Anche Michelangelo avvista e ritrae un misterioso oggetto volante di grandi dimensioni, visibile su Roma e su Firenze, nell’estate del 1513; ne parla Benedetto Luschino, un frate domenicano, nell’opera Vulnera diligentis
, in cui tale Agricola, elogiando Michelangelo, riferisce di questo curioso evento:
Michelangiolo, trovandosi in quel tempo a Roma sendo una notte così fuora al sereno, in una certa stanza o vero orto della sua abitazione, et facendo orazione et elevando così gli occhi sua al cielo; ecco che subito vide apparire in cielo uno mirabile segno triangolare et grandissimo fuor dall’ordine et similitudine d’ogni cometa consueta. Il qual segno era simile a una grandissima stella con tre razzi, ovvero code, l’una delle quali si estendeva verso l’oriente, et era di un certo colore splendito et rilucente ad modo d’una virga d’argento politissima, ovvero d’una spada brunita, et nella sommità era torta a modo d’uncino. L’altro razzo, ovvero coda, di questo segno, si estendeva sulla città di Roma, et era di colore vermiglio, idest sanguinolente. El terzo razzo si estendeva sulla città di Firenze, idest fra aquilone e ponente et era tutto di colore di fuoco, et nella sommità era bifurcato.
Purtroppo il disegno di Michelangelo è andato perduto, e non sapremo mai con esattezza di cosa si fosse trattato.
Una testimonianza illustrata
del passaggio di un oggetto volante non identificato, è considerato invece un dipinto quattrocentesco di autore incerto (secondo alcuni Sebastiano Mainardi, secondo altri Jacopo Del Sellaio), conservato nella sala Ercole di Palazzo Vecchio e ribattezzato per l’appunto Madonna dell’ufo
.
Si tratta di un tondo raffigurante la Madonna con bambino e San Giovannino
in cui, sullo sfondo in alto a destra, si scorge un curioso oggetto che ricorda moltissimo un disco volante. L’oggetto emana raggi di luce e, nella campagna alle spalle della Madonna, si notano un pastore e il suo cane che osservano rapiti la cosa
.
Secondo gli storici dell’arte si tratterebbe semplicemente della rappresentazione della nube dorata dell’annunciazione; siamo comunque costretti ad ammettere che l’oggetto assomiglia più a una navicella che a una nuvola.
Forse quello raffigurato è davvero un ufo? Forse i dischi volanti negli antichi dipinti a soggetto sacro non sono necessariamente delle allegorie ma, al contrario, sono oggetti concreti e