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Clara Hörbiger e l'invasione dei Seleniti: Clara Hörbiger 1
Clara Hörbiger e l'invasione dei Seleniti: Clara Hörbiger 1
Clara Hörbiger e l'invasione dei Seleniti: Clara Hörbiger 1
E-book59 pagine45 minuti

Clara Hörbiger e l'invasione dei Seleniti: Clara Hörbiger 1

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RACCONTO LUNGO (42 pagine) - STEAMPUNK - Una tranquilla gita al mare si trasforma in un incubo, quando incredibili veicoli alieni piombano sulle sponde adriatiche dell'impero asburgico

1847, golfo del porto di Venezia. Clara Hörbinger si sta godendo la spiaggia insieme al padre, un colonnello dell'esercito asburgico, quando sul mare sorge un grande disco luminoso. Ma non è l'atteso plenilunio: il globo di avvicina e vomita uno sciame di piccoli velivoli che attaccano la folla dei bagnanti. Poco dopo, un esercito di esseri alieni sbarca dalla nave volante. È l'inizio dell'invasione più incredibile e inaspettata per l'impero Austro Ungarico e per i popoli della Terra.

Alessandro Forlani insegna sceneggiatura all'Accademia di Belle Arti di Macerata e alla Scuola Comics di Pescara. Premio Urania 2011 con il romanzo "I senza tempo", vincitore e finalista di altri premi di narrativa di genere (Circo Massimo 2011, Kipple 2012, Robot e Stella Doppia 2013) pubblica racconti e romanzi fantasy, dell'orrore e di fantascienza ("Tristano"; "Qui si va a vapore o si muore"; "All'Inferno, Savoia!") e partecipa a diverse antologie ("Orco Nero"; "Cerchio Capovolto"; "Ucronie Impure"; "Deinos"; "Kataris"; "Idropunk"; "L'Ennesimo Libro di Fantascienza"; "50 Sfumature di Sci-fi"). Vincitore del Premio Stella Doppia Urania/Fantascienza.com 2013.
LinguaItaliano
Data di uscita29 set 2015
ISBN9788867758968
Clara Hörbiger e l'invasione dei Seleniti: Clara Hörbiger 1

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    Anteprima del libro

    Clara Hörbiger e l'invasione dei Seleniti - Alessandro Forlani

    9788867758173

    1.

    Al di là dalle volute dei cancelli neoclassici, le cabine di lacca bianca e toilette, il Lido tossiva di ciminiere e di spurghi; dei fumi che eruttavano dalle torri di frazionamento dell'impianto petroalchemico sulle sponde di Mestre. Una lingua d'acqua nera e venefica, un impero di nutrie, pantegane e di blatte, lambiva il posteriore degli alberghi e dei caffè: che ammiccavano di lanterne, porcellane e pianole al passeggio dei turisti sul lastricato del lungomare.

    Seduta sullo sdraio, con i piedi nell'acqua, Clara scavò la ghiaia umida del bagnasciuga e prese fra le mani i carcami dei crostacei, affondò con le dita nelle chiocce e gli esoscheletri: i gamberi, i granchi, i paguri, i molluschi, tornarono da vivi a pizzicarle le crinoline, le pieghe della gonna e i nastri del bustino. Lei li nascose nei risvolti del padre: poi aspettò, trattenendo il sorriso, che gli salissero la striscia rossa dei pantaloni dell'uniforme, lo pungessero ai polpacci sotto i panni verde-scuro.

    – Ahia, accidenti! – papà brontolò, masticando l'eterno sigaro e grattandosi i favoriti. Si scrollò gli animaletti che ricaddero nel ghiaino, e tornarono cose morte fra i frammenti di conchiglia.

    – Mi annoio – disse Clara, – quanto manca alla Luna?

    Suo padre spiegò, da una tasca della giacca, il Gazzettino del Lombardo-Veneto di quel venti di giugno; affondò con il monocolo nella rubrica astronomica: – Devi smetterla con codesti tuoi scherzi che non rientrano nell'ordine delle cose.

    – L'abate mi ha detto che il Galvani fece lo stesso cinquant'anni fa con le rane dissezionate.

    – Non era esattamente la stessa cosa. E scommetto che quel tuo povero precettore, sant'uomo di Dio, non sa che sei capace…

    Papà si segnò, levò lo sguardo al cielo: affollato da aerostati che solcavano il Golfo dal porto di Venezia agli approdi di Trieste. Il porpora del tramonto si specchiava sui dirigibili, le carlinghe e le navicelle scintillavano di Adriatico; i passeri cinguettavano dietro le eliche dei vascelli e beccavano sugli oblò delle cabine dei passeggeri, banchettavano di insetti e di briciole di fugassa.

    – Più o meno è lo stesso – Clara pestò nell'acqua. – Non sorge la Luna?

    – Il foglio riporta le ventuno e trentatré: il più grande, luminoso plenilunio di quest'anno 1847. Mi è costato una licenza e un rimbrotto del feldmarschall, ma sarà uno spettacolo che ne è valsa la pena. Soprattutto, signorina: quant’è che non ti vedo?

    – Trascorri molto più tempo coi Piemontesi che me.

    – Ma a quelli ci sparo… – e ammiccò ad un auto-chiosco dello zucchero filato che trillava sulla strada sull’ingresso di un caffè. – Te ne prendo un batuffolo?

    – Lo sai che mi nausea.

    Suo padre si aggrottò taciturno e spiaciuto, si strinse nei baveri di stellette e di edelweiss ricamate in bianco e oro su uno sfondo smeraldo. Lei gli cercò, sotto i gradi di colonnello, l'orologio a catena con la cassa in argento, spinse sulla molla del coperchio sbalzato d'aquile, lesse sul quadrante con i numeri romani e strillò, spazientita, contro il blu dell'orizzonte: – Le venti e trentuno!

    – … e comunque non si addice a signorine dabbene – insistette papà, riaccendendosi il sigaro, – fare in pubblico quelle cose disgustose e sacrileghe: hai compiuto quattordici anni, controllati, sì?

    Signore e gentiluomini affluirono alla spicciolata, fermarono i vapormobili sul ciglio della strada, scesero con i cestini di arrosticini e gassose, spiegarono le tovaglie e apparecchiarono le posate. Tate con i bambini e giovanotti sui vaporcicli, scalzacani coi pugni in tasca e pittori con i taccuini, amorosi a braccetto e bohémien arruffati. Spiegarono le seggiole e distesero le stuoie, puntarono i telescopi e scappucciarono i cannocchiali. Le gerle quadrupedi dei venditori di sementine, di bibite, granite, d'occhiali e binocoli, zoppicarono fin in spiaggia sulle zampe meccaniche, al guinzaglio degli ambulanti che gridavano venghino!

    Clara fu assordata da

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