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RUDOLF DIESEL - L’ Uomo, l’ Opera, il Destino
RUDOLF DIESEL - L’ Uomo, l’ Opera, il Destino
RUDOLF DIESEL - L’ Uomo, l’ Opera, il Destino
E-book562 pagine7 ore

RUDOLF DIESEL - L’ Uomo, l’ Opera, il Destino

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Ogni oggetto diventato di uso comune potrebbe nascondere una storia affascinante da raccontare legata al suo inventore. Quella di Rudolf Diesel lo è in maniera particolare, non solo perché il suo motore rivoluzionò il sistema industriale dell’epoca e successivamente quello dei trasporti. Di lui affascinano infatti sia la sua opera di ingegnere che il lato puramente umano della sua vita. Un uomo che si trovò in diversi momenti schiacciato dalle enormi responsabilità che derivarono dalle sue grandi scoperte e dai giganteschi interessi economici che ne scaturirono. Anche la sua morte prematura, ed il mistero in cui essa resta avvolta, contribuisce a costruire un quadro complesso di un personaggio straordinariamente unico. Solo una persona poteva descriverlo dettagliatamente in tutti i suoi aspetti, aiutandoci a capire meglio l’uomo, la sua opera ed il suo destino. Questa persona era suo figlio Eugen, che negli anni ‘40 regalò al mondo questo libro imperdibile.
LinguaItaliano
Data di uscita26 feb 2016
ISBN9788896365762
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    Anteprima del libro

    RUDOLF DIESEL - L’ Uomo, l’ Opera, il Destino - Eugen Diesel

    affettuosa.

    IL MONDO DEGLI ANTENATI

    I.

    Nel mezzo del grande arco, che la Saale descrive ad occidente nel cuore della Turingia, intorno ad una distesa di campi e di boschi - sparse qua e là si ergono, a guisa di piccoli rilievi, aspre rocce dolomitiche, a tratti ricoperte di pini - si trova presso il fiumicello Orla la cittadina di Pòssneck. Qualche villaggio spicca sulle rocce e sui colli, nel fondo delle valli torreggiano dèi castelli. Mille anni or sono questa era una terra slava, ma dei sudditi tedeschi attivi e laboriosi fecero del luogo una cittadina tedesca e il paese sin dal primo medioevo cominciò ad acquistare una fisionomia tedesca.

    A partire dal 1500 negli atti di Pòssneck si trovano nomi come Tòsel, Dòsel, Dòssel, Dùssel e sembra che i Tòsel e i Dùssel abbiano sempre prediletto il nome Hans. Tutti quelli che si chiamano Diesel provengono certamente da Pòssneck o dai suoi dintorni.

    È all’inizio della guerra dei trent’anni che risale probabilmente la nascita di Hans Tussel, che si stabili a Pòssneck durante la stessa guerra. Non si sa se egli fosse forestiero o se facesse ritorno dopo aver a lungo peregrinato e quale fosse il suo mestiere. Nel 1644, ancora durante la guerra, Hans Tussel sposò la figlia sedicenne di un carrettiere, Barbara Seisel, la quale mori nel 1647, un mese dopo la nascita del suo secondogenito Hans. Nel 1655 Hans Tussel padre sposò in seconde nozze la vedova di un mugnaio; in seguito a questo matrimonio venne in possesso della famiglia Tussel il mulino dell'Orso, presso Pòssneck e un impianto per la follatura del panno.

    Hans Tussel figlio divenne macellaio. La Corporazione però si oppose a che egli esercitasse il mestiere per suo conto ed egli dovette far lite molti anni prima di ottenere il permesso. Mettendo in opera la sua astuzia riuscì alla fine a vincere il processo e potè cosi gestire un chiosco alla macelleria ed essere inoltre stimatore di bestiame. Dalle testimonianze e dagli atti del processo risulta che egli era un uomo molto abile; certo si è che, come il suo successore Rudolf Diesel, egli seppe difendere la sua pelle ed affermare il suo diritto. Il primogenito di Hans Tussel, Hans Georg (Hans Jòrg) si dedicò alla lavorazione del panno; il figlio di questi, Hans Christoph, fu il primo ad essere iscritto nel registro di chiesa col nome di « Diesel ».

    Questo Hans Christoph Tussel, battezzato col nome di Diesel, e suo fratello Nikolaus Augustin, più giovane di cinque anni, pannaiuoli ambedue come il padre, compaiono nella Svevia prima del 1726, non si sa se contemporaneamente o in tempi diversi. Sembra che Nikolaus Augustin, abbia introdotto a Blaubeuren la fabbricazione del panno. Hans Christoph Diesel capitò a Ludwigsburg, sorta nel 1704 ed elevata a residenza sveva nel 1717, città in prevalenza di impiegati, dove fu assunto in qualità di « messo nella Cancelleria »,. Come tale aiutò a compilare i nuovi protocolli e a «riordinare gli incartamenti»; prese parte alla «revisione delle posizioni e dei libri », guadagnò trasferte nelle « banche di credito » e fu inviato ad Heidenheim, Maulbronn, Alpirsbach e in altre località tra cui Stoccarda. In questo lavoro fu occupato per circa quarant’anni. Nel 1752 suo figlio, Johann Christoph, che faceva il rilegatore oltre che l’« editore » e il libraio, certo il più intelligente delle quattro generazioni di rilegatori che lo seguirono, ottenne la cittadinanza della città libera di Memmingen. Forse egli fu il primo libraio di questa città perché ancora verso il 1740 non risulta vi fosse alcun commercio librario. In una lettera a lui diretta dal consigliere municipale di Speyer, viene chiamato « egregio libraio ». Egli spedi libri di preghiere fino ad Amburgo, Lubecca e Brema, e sembra che avesse una corrispondenza commerciale bene avviata.

    In quel tempo viveva a Memmingen l’« ornamento del mondo colto », il « grande polimata dottore e sovrintendente Johann Georg Schelhorn », il cui figlio pubblicò nel 1772 presso Diesel un libro di cantici o di preghiere. Diesel mandò diciotto copie di questo volume al consigliere municipale di Speyer, senza averne ricevuto l’ordinazione, accompagnandole con una lettera che è caratteristica perché dà un’idea del modo in cui si svolgeva il commercio librario. Essa suona cosi: «Debbo alla grazia di Dio e alla diligenza di questo bravo insegnante (il figlio di Schelhorn) se, soddisfacendo al desiderio e alla richiesta più volte espressa da alcuni amatori della nuova e più gentile poesia tedesca, posso offrire ad un prezzo modesto all’onorevole pubblico un libro, che pur adattandosi agli stretti limiti nei quali lo si è voluto contenere, soddisfa completamente alto scopo che si propone, cioè di venir incontro alla devozione cristiana delle famiglie: la bontà e l’utilità generale di quest’opera è dimostrata non solo dalla sua considerevole diffusione, ma anche dalle critiche oltremodo favorevoli apparse su alcuni giornali e da parecchie lettere di dotti intenditori pervenute a chi ha curato la raccolta ». Tuttavia il consigliere municipale di Speyer non volle comperare i volumi. In una lettera successiva, nella quale cerca di commuoverlo, Diesel scrive fra l’altro: «Il miglior commento che si può fare a questo lavoro è che l’autore, un sincero luterano della Chiesa ortodossa, ha inserito nella sua raccolta anche inni di autori della Chiesa riformata...; e non sarebbe quindi un peccato se dovessimo esser privati di pensieri cosi elevati dello spirito devoto di questo famoso ed eccellente poeta di Zurigo (Lavater) !... È vero che anche la nostra Memmingen non manca di buoni poeti ». Alla fine Diesel ricevette quattordici fiorini per sette copie e dovette rassegnarsi ad avere di ritorno le rimanenti undici copie.

    Lo spirito della città libera di Memmingen nel secolo decimottayo è denotato dal fatto che sin dal 1268 essa seppe conservare la propria indipendenza nonché dal forte sentimento religioso che la rese pronta ad accogliere il pietismo, affermatosi intorno al 1700, le cui tracce si conservarono a lungo. Nel 1752 la città accolse trecento emigrati protestanti di Salisburgo e mantenne con le comunità protestanti del Palatinato renano, per la massima parte cattolico, rapporti tali per cui assunse quasi la funzione di loro paladina. Probabilmente fu in base a tali rapporti che si stabili quella corrispondenza epistolare tra Johann Christoph Diesel e il consigliere municipale di Speyer, ove protestanti e cattolici erano alla pari.

    A Diesel « libraio » segui il terzo Johann Christoph che passò tutta la sua vita a Memmingen, dove a cinquantadue anni fu nominato dall’illustre Corporazione dei rilegatori « maestro d’arti e mestieri », e ove mori nel 1845. Egli ebbe otto figli. In una piccola cronaca domestica, che egli scriveva, parla di nozze, nascite, battesimi, morti e soprattutto dei figli del primo matrimonio e dei nipoti; racconta come i suoi figli siano emigrati all’estero quali apprendisti, come trovino del «buon » lavoro, si sposino, mettano a loro volta al mondo molti figli. La sua vita trascorre col pensiero rivolto a Dio. La mala riuscita di una figliuola lo ha piombato in una cupa tristezza e la sua cronaca è piena di lamenti. Suo fratello, Johann Conrad Diesel, scrivano di cancelleria, riesce a mettere da parte una sostanza considerevole, ma poi perde tutto e si uccide. Johann Christoph spera tuttavia di poterlo riabbracciare nell’al di là. A Memmingen cominciano ad aprirsi delle piccole «fabbriche », fra le altre una di cotone ad opera degli Schelhorn. La figlia perduta lavora per un anno in una di esse, dove « fila alla macchina ». Viene in mente la profezia di Goethe nel Wilhelm Meisters Wanderjahren: « Le macchine vanno avvicinandosi lentamente, come il turbine della tempesta, ma seguono già la giusta direzione e arriveranno al segno ».

    II.

    Nella cronaca di Johann Christoph Diesel di Memmingen l’anno 1830 segna la nascita del padre di Rudolf Diesel: « 1830. Il 12 giugno è nato a mio figlio Christoph dalla sua cara moglie il primo figlio, un maschietto. Al santo battesimo gli è stato imposto il nome di Gottlieb Theodor Hermann; Dio gli conceda una buona crescita ».

    Il padre di questo maschietto era nato a Memmingen nel 1802 ed era il quarto Johann Christoph. Quel poco che si sa della sua esistenza è sufficiente a dare un’idea della vita di una famiglia di artigiani della Germania meridionale, nella prima metà del secolo decimonono.

    Il 13 aprile 1820 Johann Christoph Diesel giunse per la prima volta ad Augusta (Augsburg) che, dal 1805, cioè due anni più tardi di Memmingen, non era più città libera, essendo stata incorporata nella Baviera. Augusta distava da Memmingen due giorni di cammino, sicché messosi in viaggio assai per tempo il mattino del 12 aprile, solo verso la sera del giorno seguente vide elevarsi dinanzi a sé le mura di Augusta con i loro bastioni e i campanili screpolati del Perlach, del Duomo, di S. Anna e di S. Ulrico. Allora egli non sospettava davvero quali conseguenze per l’industria di Augusta e per la tecnica del mondo intero avrebbe avuto un giorno la sua migrazione.

    Ad Augusta, Diesel entrò come apprendista dal libraio ed editore Johann Blosfeld. Ha un « bel lavoro e dopo due settimane ottiene una paga settimanale di 1 fiorino e 30 soldi ». Dopo cinque mesi, non andandogli quello più a genio, entrò nel negozio di Adenkofer a Monaco, dove aveva « un lavoro ancor più bello che ad Augusta ». Nel marzo 1821 parti da Monaco e, dopo un cammino di sessanta ore, giunse a Stockach nel Baden. Dopo sei mesi migrò a Vienna ma, non trovando lavoro, fu costretto a recarsi fino nella « Slavonia » per far poi di nuovo ritorno. Finalmente dopo aver percorso tutte d’un fiato duecento miglia, giunse a Praga, dove trovò qualcosa da fare. Non si sa quanto rimanesse in questa città.

    Il viaggio fu certamente assai faticoso per lui, in quanto aveva una gamba più corta dell’altra. Da bambino era caduto da un tavolo e la scarsa arte medica di quei tempi lo aveva reso storpio. Gli anni di vagabondaggio furono pieni di privazioni in tutti i sensi e fu allora che egli trovò quello che doveva essere poi il suo motto:

    « Chi mai mangiò il suo pane tra le lagrime - chi mai le notti affannose - passò sul letto piangendo - quegli non vi conosce, potenze celesti! »

    Goethe viveva ancora quando l’apprendista cercava di consolarsi con i suoi versi.

    Johann Christoph Diesel si fidanzò nel 1828 ad Augusta con Sabina Riess, figlia di un fabbroferraio, un artigiano cioè che faceva cerchi e strumenti in ferro. Si conserva, una sua lettera, in cui egli prega la sua « carissima giovane fidanzata » di far con lui una passeggiata la domenica, in compagnia della madre. Sabina Riess gli portò in dote ottocento fiorini in contanti e un bellissimo corredo. Poco prima del suo matrimonio egli aveva ottenuto la cittadinanza di Augusta.

    La giovane coppia andò ad abitare in una casa a quattro piani al Mauerberg C 117, in un groviglio di viuzze della vecchia città, un continuo salire e scendere, interrotto da scale. La casa restò in possesso di Diesel dal 1833 al 1862. Al pianterreno si trovava la legatoria.

    Le case intorno al Mauerberg erano abitate per lo più da modesti operai. Ne erano proprietari un capo-fonditore di campane, un trattore e un capo-sarto, un negoziante di porcellane e un libraio, un mastro magnano, un battirame, un birraio, un fabbricante di casse da orologio, un fabbricante di fruste e un capo-calzolaio; vi erano però anche un capo-scrivano alla Finanza, un medico praticante e un regio ispettore delle costruzioni del circondario. Si può immaginare quello che accadeva al Mauerberg e come ci si vivesse e lavorasse all’epoca del Biedermeier ¹

    Oltre alla legatoria, Johann Christoph Diesel gestiva una cartoleria nella Karolinenstrasse C 44, chiamata dal popolo la Via Alta, dove, come dal bisnonno a Memmingen, erano in vendita, oltre a carte, matite e articoli simili, raccolte di inni protestanti. Li si ricevevano anche le commissioni per le rilegature. Ma il negozio rendeva poco e ben presto la casa del Mauerberg fu carica di debiti. Inoltre la vita fu resa difficile a Diesel dagli altri legatori di Augusta, i quali, già nel 1829, gli intentarono lite, sostenendo che la professione di rilegatore era un « sovrappiù per l’aspirante legatore Johann Christoph Diesel, che avrebbe dovuto iniziare la professione ricorrendo a debiti; le cose sarebbero state per lui molto più facili, se si fosse stabilito a Memmingen, sua città natale », e si aggiungeva la preghiera che « l’aspirante Diesel fosse costretto ad andarsene ». Malgrado ciò, e malgrado le ripetute istanze per la sua espulsione, gli fu concesso di esercitare il mestiere di rilegatore. Egli cercò di aumentare i guadagni commerciando nuovi articoli. Dei commessi viaggiatori frequentavano per conto suo fiere e mercati annuali acquistandovi «libri di preghiere rilegati e altre galanterie». Nel 1851 i valigiai mossero querela contro Diesel « perché egli vendeva borse da viaggio, borse da toletta e di vario genere, articoli di competenza dei valigiai, non dei rilegatori, recando danno ai primi ». Questo e altri avvenimenti dimostrano che Diesel condusse una vita limitata e piena di noie.

    A quel tempo ogni passo nell’industria e nel commercio veniva controllato e commisurato.

    Per il resto il laborioso e modesto rilegatore poteva essere contento della sua sorte. Egli era grande amico della natura, noto collezionista di farfalle e allevatore di bachi; per giornate intere si aggirava nei dintorni di Augusta con la sua scatola da erborizzatore e raccoglieva in tutta la provincia sveva e di Neuburg erbe per i suoi insetti. La birra poi doveva essere presa ogni giorno da « Spickel », dove a quel tempo si trovava la qualità migliore. Tutte le estati andava a villeggiare a Biburg, dove aveva acquistato un albero di mele, di cui veniva fatta la raccolta tra il giubilo dei nipotini.

    Man mano che Johann Diesel invecchiava, pare che i suoi affari andassero sempre peggiorando. Nel 1862 egli vendette la casa e andò ad abitare dal suo secondogenito Rudolf, nella birreria «All’orcio azzurro» presso il Lech superiore. Nel 1864 rinunciò formalmente alla licenza di legatore di libri accordatagli nel 1828. Nel 1867 durante una gita fatta a Biburg egli raccolse dei grandi rami di edera. Giunto a casa fu colpito da una paralisi. I rami di edera furono messi nella bara.

    Negli ultimi anni della sua vita si era svolta la battaglia di Kòniggràtz. Trasporti di truppe austriache erano passati per Augusta, si aveva una gran paura dei Prussiani, che si diceva fossero già a Donauwòrth e avessero fatto saltare i ponti sul Danubio. Christian, il nipotino di Johann Christian, di nove anni, dava sfogo ai suoi sentimenti ostili verso i Prussiani, mentre il nonno pensava che fossero brava gente, che non avrebbero fatto alcun male ai Bavaresi. In quegli stessi giorni l’ingegnere Max Eyth, più tardi celebre, faceva andare in collera i suoi contadini della Svevia sostenendo che quelli del Wurttenberg amavano i Prussiani.

    III

    Gli antenati di Rudolf Diesel furono quasi tutti artigiani indipendenti o piccoli esercenti. Dal trisavolo fino al padre essi avevano appreso il mestiere di rilegatori. Se si eccettua il messo di cancelleria Johann Christoph, sembra che i Diesel non abbiano mai pensato di entrare alle dipendenze di altri. Si ha notizia di un pannaiuolo e di un macellaio vissuti nel ’700. Anche nella discendenza femminile e in quella laterale predominano artigiani indipendenti come calzolai, forgiatori, cartai, fabbri, sellai, fabbricanti di specchi. Si trovano, è vero, anche le figlie di un barrocciaio, di un oste e di un parroco, il quale però a sua volta era figlio di un artigiano. La carriera impiegatizia è rappresentata solamente da un amministratore e da un messo di cancelleria. Nella discendenza maschile dei Diesel e tra i padri delle donne che entrarono nella famiglia, non si incontra, per lo meno fin dove è dato risalire, né un muratore, né un giardiniere, né un soldato. Per duecentocinquant'anni e forse più, ci troviamo dinanzi ad uomini che vivono in città, in ogni caso negati alla vita di campagna e a quella politica di corte, nei quali si vennero selezionando e coltivando le capacità manuali, tecnologiche, commerciali e culturali.

    Tutti gli antenati, di cui abbiamo notizia fino ad oggi, furono protestanti e originari di città della Turingia, della Svevia e della Franconia, e, per linea materna, della borgata di Berchtesgaden, allora salisburghese. Le località scelte per lo più come residenza furono tre città libere: Memmingen, Augusta, Norimberga. La storia tedesca si riflette in modo particolare nelle città libere, che dovettero sempre esser pronte a difendere la loro indipendenza e i loro diritti contro il Reich e contro i principi. Esse costituivano dei comuni chiusi, che si fondavano più sui mestieri, sulle professioni, sullo spirito inventivo e sul commercio, che sui possessi territoriali, e anche dopo la guerra dei trent’anni i loro cittadini poterono a stento uscire da quella vita economica cosi limitata.

    Molti dei Diesel furono indotti da queste condizioni ad emigrare e a cambiare ambiente. Ma nonostante questi spostamenti la vita continuò a svolgersi uniforme per lunghi periodi di tempo, e l’ascesa da messo di cancelleria a maestro legatore fu, per un centinaio di anni, l’unico loro passo importante. Essi rimanevano nel cerchio della propria città, del proprio commercio, lavoravano instancabilmente, sposavano donne protestanti di ambienti affini, di uguale condizione, avevano la loro casa, un pane indipendente, le loro lotte, una vita plebea e austera, una morte pia. Non è dato penetrare nei misteri dell’eredità. Ma certamente la scelta dei compagni della propria vita, l’influenza continua dell’ambiente, il coltivare, per secoli intieri, delle inclinazioni professionali determinate possono, a lungo andare, esercitare un’influenza sullo spirito e sulla volontà dei discendenti e contribuire a sviluppare in essi certe qualità. Cosi l’aspirazione all’indipendenza, la passione per tutto quel che si riferisce alla tecnica e il desiderio di avviare le imprese commerciali si accumularono nella personalità di Rudolf Diesel. Molti tratti caratteristici si riscontrano già nella vita e nel mondo interiore degli antenati. Ma armato della sua prodigiosa volontà Rudolf Diesel non entrò in un laboratorio di artigiano del secolo decimottavo, bensì nella grandiosa arena industriale del secolo decimonono, animata dalle macchine, dal traffico e dalla scienza. Il motore Diesel è, si può dire, il risultato del contatto tra un’epoca tesa in modo quasi violento verso il futuro e lo spirito e la volontà di un uomo che sembrava creato perché alcune idee di quest’epoca potessero giungere al loro pieno sviluppo.

    IV.

    Intorno al 1850 sembra che si aprano le porte ad un’epoca completamente nuova. Theodor Diesel, il padre di Rudolf, dopo aver appreso come tre dei suoi antenati il mestiere di rilegatore, volle d’un tratto affermarsi come «fabbricante». L’industria cominciava ad essere tenuta in considerazione maggiore delle arti e dei mestieri e Theodor Diesel, sia pure entro limiti modesti, aspirava ad esser partecipe di tale considerazione. Ma gli andò assai male.

    Sulle tracce segnate dall'Inghilterra, anche sul continente cominciava in quel tempo ad affermarsi una schiera di uomini, chiamati a dare l’impronta ad un secolo e a costringere il destino dell’umanità entro nuovi argini. La più grande rivoluzione di quell’epoca non fu opera di politici o di militari, di cui parlano i libri di storia, ma fu piuttosto un prodotto del pensiero e dell’attività di uomini che come gli scienziati, gli ingegneri e gli industriali, ebbero fede nel progresso. La scienza e la tecnica, giunte a maturazione, cominciarono a produrre effetti pratici cosi imponenti da sovvertire completamente le antiche condizioni in cui si svolgeva il lavoro dell’artigiano e del contadino. Nel corso di pochi decenni si verificò una trasformazione radicale dell’industria, del commercio, della scienza e dell’ordinamento sociale.

    Nel 1830, anno di nascita di Theodor Diesel, in Germania l’uomo medio notava appena un cambiamento nelle condizioni in cui si svolgevano i mestieri e la vita delle Corporazioni. Ci voleva la sensibilità e il dono profetico di Goethe per poter dire : « Tutto ciò che ognuno fa, sospinge, vagheggia, tutto quello cui tende diventa cosa pubblica. Nessuno può rallegrarsi o soffrire se non per far passare il tempo alla gente, e cosi si va di casa in casa, di città in città, di nazione in nazione e da ultimo di continente ,in continente, tutto a grande velocità. Come non è possibile oggi sopprimer le macchine a vapore, còsi poco si può influire sugli usi e sui costumi; l’intensità del commercio, il fruscio della carta moneta, l’accrescersi dei debiti per pagare quelli precedenti, tutto ciò forma gli elementi straordinari in mezzo ai quali oggi un giovane viene a trovarsi ». .

    Ai nostri occhi questo era ancora il tempo della modesta tranquillità cittadina, il tempo del « Biedermeier ». Questo si era sviluppato per una singolare concorrenza del sistema autoritario di Metternich con il bisogno di pace del popolo, stanco della guerra, la sensibilità romantica e la visione culturale umanistico-letteraria, e ci appare come un periodo culturale strano e pieno di fascino, da un dato un po’ borghese, dall’altro ricco di senso artistico e di umanità. Ma due nubi continuavano a stare minacciose all’occidente della Germania. L’una saliva dalle sempre rinnovate rivoluzioni della Francia: le conseguenze dolorose del 1789 mantenevano viva in Germania la sensazione che la mancanza di libertà, la cieca oppressione, la limitatezza della vita, le difficoltà che incontrava ogni iniziativa individuale, la costrizione dei piccoli stati, non potessero né dovessero essere una condizione definitiva. La seconda nube oscura era la rivoluzione della tecnica e dell’industria che muoveva dall’Inghilterra. Mentre la Germania nel Biedermeier costruiva timidamente le sue prime macchine a vapore, le fabbriche inglesi erano piene di migliaia di macchine a vapore, di trasmissioni, di tornì, di macine, di telai, e nell’isola britannica già le ferrovie trasportavano rapidamente uomini e merci da una città all’altra.

    Dopo il terzo stato, prodotto dalla rivoluzione francese, tuttora in fermento; cominciò ad uscire dalle fabbriche, inquietante e incontenibile, un « quarto stato », che prese ad esercitare un’influenza preoccupante sulle idee, sulle condizioni sociali e politiche e ben presto si mise a cantare l’« Internazionale». Ma in tutte le piccole città che solo lentamente riuscivano a superare la cinta delle mura, vi erano ancora dei cittadini attaccati alle loro Corporazioni, ben saldi sulle gambe davanti al lavoro, e nella campagna i contadini continuavano a vivere la loro solita vita, sebbene fossero sempre più preoccupati per le oscillazioni dei prezzi del frumento e del bestiame sul mercato mondiale. Solo pochi uomini come Friedrich List e il vecchio Harkort erano consci di quello che stava maturando. Essi prevedevano delle condizioni di maggior respiro, più libere e più movimentate, e cercavano di spingere le cose là dove si doveva giungere, nonostante i pericoli che vi erano, cioè ad una grande Germania che nei traffici, nell’industria, nella potenza, nella coscienza della propria forza fosse pari ai popoli dell’occidente. Ed essi sapevano che ciò sarebbe stato opera delle macchine.

    Tra le cose di mio nonno Theodor trovai una carta delle linee ferroviarie del 1849, sulla quale potei vedere come le ferrovie cominciassero ad estendersi rapidamente nell’Europa, secondo le previsioni di Friedrich List, morto alcuni anni prima. Mancavano ancora molte coincidenze, molte stazioni ferroviarie erano unite per mezzo di diligenze. Ma senza la ferrovia difficilmente mio nonno si sarebbe recato a Parigi. Il destino dei Diesel fu posto, per cosi dire, sulle rotaie. Anche a mia nonna Elise Strobel, quand’era fanciulla, non sarebbe venuto in mente, senza la ferrovia, di andare da Norimberga a Londra e quindi a Parigi dove incontrò Theodor Diesel. Questo matrimonio fu dovuto alla ferrovia. Senza di essa Rudolf Diesel non esisterebbe, in ogni caso non sarebbe nato a Parigi. La locomotiva, opera di un ingegnere inglese, strappò gli uomini all'antica sedentarietà, sconvolse la loro esistenza, rimescolò le carte del loro destino.

    La mentalità creata dal traffico ferroviario penetrò negli uomini dediti alle arti e ai mestieri; i quali si vennero impadronendo di macchine di ogni specie e si dettero a costruire una fabbrica dopo l’altra. Certamente molti rimasero artigiani. Ma lo spirito dell’industria li stimolava verso una maggiore ricchezza e verso un grado sociale più elevato, che solo allora cominciava a delinearsi. Molti artigiani tuttavia anziché « salire » furono spinti nelle fabbriche e si mescolarono con i giornalieri e i figli dei contadini formando la nuova massa dei lavoratori dell’industria, che in seguito venne differenziandosi ulteriormente. Il commercio e la vita si animarono; le energie sembravano moltiplicarsi, aumentava la quantità dei prodotti e quindi la ricchezza. Uomini pieni di spirito di iniziativa e animati dalla volontà di agire liberamente si trovarono come per incanto in condizioni del tutto diverse, afferrati dal ritmo delle macchine e, volenti o nolenti, costretti a dedicar loro pensieri e lavoro. Si reclamava sempre maggiore potenza, più affari, maggiore libertà. Ma al richiamo liberale alla libertà si mescolava il grido socialista di una massa di lavoratori spesso in preda alla miseria.

    Nella classe che compì l’ascesa vi furono naturalmente molti che rimasero vittime di questo periodo di transizione. Una di queste fu Theodor Diesel. Egli non era già più un vero artigiano né era ancora diventato un industriale. Cresciuto nel sentimento religioso dei suoi padri, nel suo spirito tra filosofico e confusionario di rilegatore si agitavano migliaia di nuove conoscenze, che l’istruzione ricevuta non era sufficiente a dominare, si che egli finì per cadere nella magia e nello spiritismo. Mentre suo figlio costruiva il motore egli cercava di guarire malati con la suggestione ed era tutto teso a coglier i cenni dal mondo dei trapassati.

    V.

    Fino all’epoca della comunione Theodor Diesel aveva frequentato ad Augusta la scuola protestante, completando poi col padre, al Mauerberg, la sua educazione scolastica. Una Bibbia, dalla splendida rilegatura, fu la sua compagna indi-visibile. Egli era un giovane pieno di talento, in cui vivacità e dolcezza, fantasia e senso pratico si agitavano e confondevano in modo singolare; si sentiva chiamato a fare qualcosa, non poteva quindi essere soddisfatto della condizione di rilegatore là in quel groviglio di strade dell’antica città libera. Inoltre non era insensibile alle persecuzioni cui era fatto segno da parte dei suoi colleghi il padre, sempre cosi angustiato. La rivoluzione del 1848 dovette impressionare molto il giovane, cosi incline alle ideologie, ed eccitare il suo spirito irrequieto. Nel 1849 un cugino di Memmingen emigrò in America, seguito a breve distanza da altri due. Intorno a questa epoca, circa il 1850, anche i fratelli Theodor e Rudolf Diesel emigrarono e capitarono a Parigi, dove Theodor si occupò in diversi lavori; fra l’altro fu capo-operaio in un’industria per la lavorazione del marocchino. Già suo padre si era trovato a commerciare in borse di cuoio e panno.

    Fu forse la mancanza di un’occupazione a lui adatta, forse l’assillo dell’indipendenza che tra forti necessità e rinunce svilupparono in Theodor un’attività commerciale, fondata sulla conoscenza del mestiere o stimolata da idee speculative. Le preoccupazioni erano sempre grandi. Per molto tempo Diesel prese un pasto regolare solo un giorno si e uno no; negli altri giorni frequentava con suo fratello Rudolf delle piccole cantine, dove vi era pain à discrétion, vale a dire per un quartino di vino si poteva mangiare pane a volontà. Dopo qualche tempo Rudolf ritornò in patria.

    Difficilmente le grandi preoccupazioni e rinunce avrebbero potuto indurre Diesel a lasciare la Parigi di Napoleone III, per il desiderio di rivedere la patria, dove il padre correva sempre il pericolo di perdere la licenza per fare il legatore. Avrebbe egli potuto a sua volta ottenere una licenza accanto a suo padre? E quale altra città tedesca gliela avrebbe accordata? Certo anche a Parigi le cose gli andavano male. Ma vi sono degli uomini che preferiscono vivere in uno stato di speranza mista a malinconia, piuttosto di rinunciare alle possibilità che offre una posizione indipendente, di muoversi e di svilupparsi. Preferiscono combattere con le privazioni piuttosto che rinunciare alla probabilità, spesso ingannévole, di una posizione sicura. Il fascino di Parigi aveva la sua parte in questo. Theodor Diesel restò a Parigi.

    Nell’anno 1851 aveva avuto luogo a Londra, nel Palazzo di cristallo, la prima Esposizione mondiale. Nel campo industriale la Francia era apparsa alla testa di tutte le Nazioni, mentre l’Inghilterra teneva il primo posto in quello delle macchine. Il corrispondente di un giornale tedesco cosi scriveva: « Il popolo più potente sarà quello che avrà il maggior numero di macchine », e continuava parlando del rumore assordante delle locomotive, delle macchine per la stampa e per l’industria tessile. La parte tedesca era molto ben organizzata, figurava però non col nome « Germania», ma con quello dei diversi stati tedeschi. Il prussiano Krupp presentò un blocco di acciaio fuso di quattromila trecento libbre, mentre gli inglesi non avevano raggiunto le duemila-quattrocento, acquistando cosi una rinomanza mondiale; in conseguenza di ciò l’industria tedesca acquistò a poco a poco la consapevolezza delle proprie possibilità.

    I grafologi affermano che a partire dal 1850 circa la calligrafia comincia a modificarsi. Al posto dei tratti umanistici e spirituali subentrano quelli opposti degli uomini pratici e di affari.

    Nel 1855, durante la guerra di Crimea, ebbe luogo a Parigi la grande Esposizione mondiale; ed in seguito, sempre a Parigi, le esposizioni si susseguirono numerose. Questo succedersi di esposizioni industriali stimolò fortemente lo spirito inventivo e la passione con cui Theodor Diesel si applicava alle piccole cose. Anche suo figlio Rudolf, allora di nove anni, visitò certamente l’esposizione del 1867.

    Dopo la guerra di Crimea Luigi Napoleone divenne il vero arbitro delle sorti d’Europa e Parigi fu ancora una volta il cuore del mondo. Da questo punto di vista Theodor Diesel non aveva scelto male la sua dimora. Parigi appariva sempre più la città del piacere, del progresso e soprattutto del buon gusto. Si costruivano i boulevards, sorgeva la Parigi moderna. Per i molti meriti che la monarchia assoluta si era acquistata verso il popolo, si cercò di indurre la libera nazione francese ad accoglierla. Cosi, per quindici anni, a Parigi si condusse una vita relativamente soddisfatta e tranquilla; e anche agli stranieri fu data la possibilità di affermarsi. Cominciarono a salire nubi minacciose solo quando Napoleone cadde gravemente ammalato e la sua condotta apparve un po’ tentennante e discorde, mentre la Prussia, per la politica conseguente di Bismarck, diveniva sempre più potente. La battaglia di Kòniggràtz mutò la struttura politica dell’Europa. A Parigi i due imperatori riconobbero che la Francia stava scivolando verso la catastrofe. Ambedue si sentivano molto minacciati, ma non vedevano in qual modo si potesse fronteggiare il male incombente. Napoleone, che aveva frequentato il ginnasio di S. Anna ad Augusta e che conosceva bene la Germania, aveva definito i tedeschi, come « la razza del futuro ». Per questa razza Krupp stava costruendo i migliori cannoni del mondo.

    VI.

    Quasi nello stesso tempo in cui Theodor Diesel aveva lasciato Augusta e fissato la sua dimora a Parigi, Elise Strobel, ventitreenne, andò da Norimberga a Londra. Suo padre, figlio di un fabbricante di specchi di Furth, Georg Friedrich Strobel, era lavorante in oggetti di cuoio e commerciante in generi di fantasia. Nei tempi antichi i sellai fabbricavano guaine per spade e coltelli, in seguito cinture di scamoscio e fìbbie di ottone. Strobel aveva a Norimberga nella Cari-strasse, non lontano da S. Sibaldo, il negozio più bello di generi di fantasia e in esso, fra l’altro vendeva cartelle, cristallerie e coltelli. Sua moglie Katharina proveniva dalla famiglia Schwer, che nel 1732, al tempo delle persecuzioni contro i Protestanti, era emigrata da Berchtesgaden, allora nella provincia di Salzburg, a Norimberga, ove esercitò soprattutto la tornitura dei metalli. Con lei nella famiglia Diesel venne a circolare sangue bavarese-austriaco. Essa mise al mondo otto figli e mori di parto nel 1845 a trentanove anni. La figlia maggiore Elise prese il posto della mamma presso i fratellini, dedicando a quest’opera tutta la sua avvedutezza, il suo spirito di sacrificio e la sua fermezza. Era bellissima e componeva dei bei versi. Non si sa che cosa abbia spinto la giovinetta a Londra.

    La maggiore facilità di viaggiare, la necessità di frequentare gente più agiata, di imparare le lingue, una maggiore agiatezza e altre circostanze fecero della governante e della dama di compagnia un tipo caratteristico del secolo decimo-nono. Elise Strobel era a Londra la dama di compagnia di Miss Wilton, una vecchia signorina, che nelle sue lettere essa chiamava « Signora ». In una lettera al padre del 17 ottobre 1849 essa descrive l’impressione che faceva su di lei la grande città. Questa descrizione forma un contrasto con la vita piccolo-borghese di quei tempi in Germania. « Ho visitato il British Museum, il grandioso giardino zoologico, gallerie, monumenti, vie e piazze. Vedo tutte queste cose solo per poterne parlare, per imparare a conoscerle. È per me un vero tormento aggirarmi sola in questa enorme città, per vederne le bellezze... Sono stata una volta anche all’Opera. Si resta là seduti dalle otto all’una in un mare splendente di luci, avvolti dai profumi più diversi. I migliori artisti di Europa si producono tutti insieme, con rapimento della vista e dell’udito. Assistendo ad un balletto ci si crede trasportati nel regno delle fate. Ma tutto questo splendore non è bastato a trattenermi. Sono tornata a casa verso le undici con un fortissimo mal di testa. Bisogna essere abituati a queste cose: ma io non potrei mai abituarmi, perché mi sento sempre molto sola e triste. Difficilmente, caro papà, lei può farsi un’idea della magnificenza e della grandiosità di Londra, del movimento delle strade, del fantastico addobbamento dei negozi, dei più raffinati godimenti per gli occhi, gli orecchi, l’odorato e il gusto, raffinatezze che si avvicinano veramente al favoloso. Ma tutto ciò è accessibile solo alla gente ricca. La classe media e ancor meno la povera gente, non ha altro godimento ed aspirazione che il bere. Io non mi abituerò mai a Londra, mai». Nella stessa lettera essa descrive il mare di Brighton, il Canale della Manica, nel quale il 29 settembre 1913 doveva annegare suo figlio : «... per cinque settimane sono rimasta ogni giorno sdraiata tre, quattro ore presso alla riva, e quando vi siamo scesi per l’ultima volta a stento ho potuto staccarmi da quella vista cosi amata. Un giorno o l’altro le racconterò tutto questo, a voce, ché non mi riesce di descriverlo : è cosi uniforme questo eterno movimento delle onde, questa superfìcie sconfinata di color verde-azzurro, che non si può scriverne molto, ma più di una volta avrei voluto cantare e gridare tanto ha entusiasmato é consolato il mio cuore; credo che l’aria marina cosi fresca mi abbia ridato la salute; da quando siamo state a Brighton mi sento bene, sono più allegra e contenta. Era cosi bello andare sulla spiaggia quando tirava il vento. Allora le onde infuriano e rumoreggiano e si infrangono spumeggiando contro la riva sabbiosa. Mi vengon sempre in mente i versi di Schiller:

    E fluttua e ribolle e mugghia e sibila

    come quando l’acqua si mescola al fuoco.

    Si guarda, si resta ammirati, non si è mai stanchi di guardare e di ammirare e ci si sente cosi piccoli in questo spazio immenso e pure cosi sicuri perché vicini a Dio. Si ha l’impressione di cogliere da quelle profondità lontane le parole care di un affetto paterno non morituro, voci misteriose di una potenza occulta che agisce senza posa, e pure cosi nota, cosi familiare. È lo spirito divino, che si libra sulle onde, l’amore del padre buono e amato, che dal giuoco leggero dei venti del mare sembra ci spiri intorno come il sibilo del vento. O caro papà, finché ci assiste questo Spirito, che regola il flusso e il riflusso e ci porta un saluto dalla profondità del mare, non dobbiamo scoraggiarci. Egli guida anche il nostro destino».

    Il padre mori improvvisamente il 15 giugno 1850. Elise fece subito ritorno. Non vi era testamento. Tutto venne venduto, anche la casa nella Carlstrasse col grande negozio. Elise acquistò la casa. Si ignora con quali mezzi ciò le sia stato possibile. Ma essa sapeva fare economia e per pietà verso i bambini il prezzo di vendita all’incanto non fu tanto elevato. Elise affittò quello che poteva affittare, prese con sé un’amica perché avesse cura dei numerosi fratellini e guadagnò dando lezioni di inglese. In ciò fu favorita dal fatto che allora tanta gente era presa dalla mania di emigrare in America. Oltre a lei in tutta la città di Norimberga vi era un solo insegnante di inglese ed Elise lavorava l’intera giornata per mantenere i fratellini. Fu allora che, senza che se ne conoscano le ragioni, progettò di emigrare a Parigi. Col consenso del tutore prese con sé la sorellina Paolina di dieci anni, che divenne poi dama di compagnia e tale rimase per tutta la vita. Elise dava lezioni di tedesco e di inglese.

    Molti anni più tardi, in preda ai singhiozzi e pronunziando parole misteriose, essa indicava alla nuora una tomba presso il muro del Cimitero di Monaco. Queste lagrime versate a cosi gran distanza di tempo, dovute certo a un grande dolore, fors’anche a pentimento, fanno supporre che sia stato qualche avvenimento a spingere mia nonna in un paese straniero e a turbare anche in seguito l’unione dei miei nonni.

    Theodor Diesel ed Elise Strobel si conobbero alla « Teutonia », un’Associazione tedesca. Non ho potuto accertare da quanto tempo si conoscessero quando si unirono in matrimonio. Il 26 luglio 1855 essa pagò un conto per mobilio dell’ammontare di seicentotrentuna lira. Aveva quindi fatto di nuovo dei risparmi. Il matrimonio però non ebbe luogo a Parigi, bensì a Londra, il 10 settembre 1855, giacché in Inghilterra non erano necessarie tante formalità come sul continente. Sarebbe stato cosa complicata ottenere dalle autorità bavaresi tutte le carte che si esigevano a Parigi.

    Quando nel 1877 i miei nonni si trasferirono a Parigi, furono chiamati dalla Polizia perché il matrimonio celebrato a Londra non era valido secondo l’ordinamento tedesco. E dovettero celebrare di nuovo il matrimonio civile, per soddisfare lo spirito burocratico delle autorità tedesche.

    1858-1870 - LA FANCIULLEZZA - (Parigi-Londra-Augusta)

    I.

    Nell’atto di nascita che si trova alla prefettura del sesto circondario di Parigi, è detto che Diesel, Rudolph Chrétien Charles, nacque il 18 marzo 1858 nella casa dei suoi genitori Rue Notre-Dame de Nazareth n. 38.

    In Francia è frequente l’uso di affidare i neonati alle cure di una balia e di riprenderli solo quando sia superato il periodo più faticoso dell’allattamento. Dato il genere della loro industria i Diesel non potevano tenere in casa il lattante, che perciò, poco dopo la nascita, fu mandato a Vincennes in una famiglia di contadini e solo a nove mesi riportato nella casa paterna.

    Quando Rudolf era molto piccolo i suoi genitori traslocarono nella Rue Fontaine-au-Roi n. 49, dove rimasero fin dopo la guerra. I primi ricordi di Rudolf si riconnettono a questa abitazione a due piani in una tra le più vecchie case della via. In essa vi era anche un atelier, un locale cioè in cui si lavorava e dove al piccolo Rudolf piaceva rimanere, più che nelle altre stanze, ad aiutare e pasticciare.

    Qui il padre Theodor aveva avviato la sua piccola industria di oggetti di marocchino e portafogli, dando lavoro a degli operai tedeschi, cinque o sei, secondo le stagioni, e ad uno o due apprendisti. Era solo un’industria da artigiano con fabbricazione su piccola scala. Esercizio autonomo, non aveva tuttavia una lavorazione indipendente, in quanto era per lo più in relazione con esportatori, rappresentanti o editori, soprattutto con la grande casa Keller, che produceva oggetti in pelle, articoli da viaggio e astucci d’argento e i cui proprietari, originali di soline, ma da molto tempo stabiliti a Parigi, si erano naturalizzati. Per una libera concorrenza sul mercato mancavano i capitali a Theodor Diesel.

    Il suo commercio era per dippiù stagionale: per lo meno due volte all’anno era stagione morta con tutte le preoccupazioni che questa porta con sé.

    Si è detto che, se avesse studiato, Theodor Diesel avrebbe potuto diventare un grande inventore. Ma l’aver molte idee e occuparsi di questo o quel problema non è ancora inventare e lo studio solo, se non è accompagnato da una ferrea volontà e da una grande sicurezza, non può produrre un grande inventore; tutte doti

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