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Fascismo, antifascismo e gli italiani all’estero: Bibliografia orientativa (1922-2015)
Fascismo, antifascismo e gli italiani all’estero: Bibliografia orientativa (1922-2015)
Fascismo, antifascismo e gli italiani all’estero: Bibliografia orientativa (1922-2015)
E-book387 pagine5 ore

Fascismo, antifascismo e gli italiani all’estero: Bibliografia orientativa (1922-2015)

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La storiografia sul ruolo del fascismo e dell’antifascismo italiano nel mondo ha, come ogni altra produzione storica, una traiettoria propria. Tale itinerario riflette sia i cambiamenti del contesto politico mondiale, sia elementi più pratici, come il consolidarsi del mondo universitario occidentale dal 1945, la richiesta pressante di pubblicazioni e i cambiamenti teorici e metodologici nel campo della storia politica e della storia delle migrazioni internazionali, direttamente legati, ovviamente, a questi temi.
LinguaItaliano
Data di uscita23 mag 2016
ISBN9788878535862
Fascismo, antifascismo e gli italiani all’estero: Bibliografia orientativa (1922-2015)

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    Anteprima del libro

    Fascismo, antifascismo e gli italiani all’estero - João Fábio Bertonha

    Totale

    Prefazione

    Prefazione

    Nei ringraziamenti premessi a questo libro, l’autore ricorda di aver raccolto dati sul tema per ben venticinque anni. La notazione non è peregrina: non soltanto infatti João FabioBertonha è uno dei maggiori studiosi dell’argomento, ma dobbiamo proprio a lui se esso è diventato uno dei più discussi agli inizi del nuovo millennio, tanto da meritare già alla fine del primo decennio del nostro secolo sintesi storiche e storiografiche[1]. Al momento in cui Bertonha scrive il suo primo saggio su fascismo ed emigrazione italiana[2], le pubblicazioni sul tema non sono invece numerose[3], soprattutto se ci si concentra sul problema del seguito fascista all’estero, piuttosto che su quello, più tradizionale, della lotta fuori d’Italia degli esuli antifascisti[4].

    Proprio per evitare la confusione fra queste due direttive di ricerca, vicine ma non pienamente coincidenti, Bertonha, appena terminata la propria tesi di dottorato, opta per dedicare un libro ai fasci all’estero e uno all’antifascismo, in entrambi i casi utilizzando la documentazione brasiliana per partire da una angolazione precisa[5]. In seguito si dedica meticolosamente a studiare il fenomeno del fascismo all’estero, indagando sulla pressione di questo nelle comunità italiane di entrambe le Americhe ed anche del Vecchio Mondo[6]. Sviluppa così una visione comparata della realtà fascista in emigrazione che lo porta a confrontare situazioni in genere mai studiate assieme dagli specialisti, che troppo spesso lavorano in un regime di rigida separazione geografica[7].

    Non è qui il caso di approfondire questa sua direzione di analisi, perché basta leggere quanto egli stesso indica nelle pagine che seguono. Mi sembra invece di maggiore interesse notare con che tenacia Bertonha si sia interessato sia al fascismo in generale, sia ai fascismi europei e latino americani. Ai suoi studi sull’emigrazione italiana e il fascismo accompagna da subito una breve riflessione generale su fascismo, nazismo e il loro contraltare brasiliano[8]. L’attenzione è sull’aspetto internazionale[9], ma non ignora mai il caso brasiliano cui dedica numerosi saggi, poi raccolti in un solo volume[10].

    In questa direzione dirige anche con Franco Savarino una ricerca sui caratteri specifici dei movimenti fascisti nell’America latina[11]. Inoltre a fianco delle sintesi più generali esplora aspetti particolari del fascismo italiano[12], nonché dell’integralismo brasiliano[13]. Quest’ultimo è al centro dei suoi interessi, sin da quando ha iniziato a occuparsi del fascismo italiano all’estero[14]. Molto presto infatti identifica le somiglianza fra i due movimenti[15], per poi concentrarsi sulla figura di Plínio Salgado (1895-1975), fondatore dell’Azione integralista brasiliana e poi, dopo la lotta contro il governo golpista di Getúlio Vargas e l’esilio in Portogallo, del Partito della Rappresentanza Popolare[16].

    In questo andirivieni fra fascismi diversi affiora l’attenzione di Bertonha per la storia e le derive autoritarie del proprio paese, come risalta da un libro recente e da molta della sua attività come pubblicista[17]. Risalta pure la sua curiosità per gli incroci nati dall’emigrazione, si pensi a un suo articolo sugli effetti della retorica fascista e di quella integralista fra gli italo-brasiliani[18]. Non sono questi i soli incroci di cui si occupa, basti qui menzionare i suoi lavori sugli echi del franchismo nella diaspora spagnola e nel mondo latino americano, persino in quello brasiliano che non condivide la lingua del dittatore galiziano[19]. In effetti uno dei poli del suo lavoro è capire cosa cerchino i latino americani nei fascismi europei, oltre che ovviamente cosa cerchino questi ultimi nell’America Latina, qui tuttavia i suoi studi sulla politica estera fascista sono al momento più rilevanti di quelli sulle aperture latino americane del franchismo[20].

    Spesso la curiosità spinge Bertonha ad evadere dalle linee di ricerca sin qui delineate. Gli incroci prima ricordati lo portano a indagare di recente sul volontariato internazionale filo e anti-fascista nella guerra d’Etiopia[21]. Analogamente le comparazioni dell’atteggiamento verso il fascismo delle comunità italiane in Brasile, Canada e Stati Uniti, citate prima, lo spingono a studiare anche i movimenti filo-fascisti nel Nord America e nel mondo anglosassone[22]. Mentre l’attenzione alle comunità italiane in Brasile lo porta a riflettere sulla storia di queste e sulla ricezione che hanno trovato nella loro nuova patria[23], nonché sui rapporti fra identità nazionali, etniche e di classe dei lavoratori immigrati[24]. Allo stesso tempo le paure, che gli hanno fatto studiare il cuore nero dell’internazionale fascista, lo tengono in allarme per il futuro e lo incalzano a interrogarsi su di esso e sul presente[25].

    Questa prefazione sembra una ulteriore bibliografia ragionata, questa volta dedicata all’immane produzione storico-politica di Bertonha. Già in questo avrebbe dunque una sua utilità, perché i suoi saggi e i suoi libri meritano di essere conosciuti meglio in Italia. Tuttavia ha anche un altro scopo, che spero di aver raggiunto, quello di mostrare come per questo autore lo studio del passato non è qualcosa di astratto e si collega, si deve collegare, al nostro presente. Quanto è accaduto nel secolo scorso ci può aiutare a capire quello che accadrà nel prossimo secolo. Proprio per questo la bibliografia ragionata presentata in questo volume non serve solo alla nostra comprensione dei rapporti tra fascismo ed emigrazione, ma anche alla nostra riflessione sul panorama politico contemporaneo, nel Vecchio e nel Nuovo Mondo.


    [1] Matteo Pretelli, Il fascismo e gli italiani all´estero. Bologna, CLUEB, 2010, e il precedente Il fascismo e gli italiani all’estero. Una rassegna storiografica, Archivio storico dell’emigrazione italiana, 4, 1 (2008), pp. 161-172.

    [2] João Fábio Bertonha, Mazzolini vs Piccarolo: Fascismo e antifascismo a confronto nella San Paolo degli anni 20, Letterature d’America, 47-48 (1992), pp. 139-162.

    [3] Enzo Santarelli, I fasci italiani all’estero, in Id., Ricerche sul Fascismo, Urbino, Argalia, 1971, pp. 123-166, nonché Domenico Fabiano, I fasci italiani all’estero, in Gli italiani fuori dall’Italia, a cura di Bruno Bezza, Milano, Angeli, 1983, pp. 222-236, e La Lega italiana per la tutela degli interessi nazionali e le origini dei Fasci italiani all’estero (1920-1923), Storia Contemporanea, XVI (1985), pp. 203-250.

    [4] Leonardo Rapone, Emigrazione italiana e antifascismo in esilio , "Archivio storico dell’emigrazione italiana», 4, 1 (2008), pp. 53-67, ma vedi anche proprio di Bertonha, O antifascismo no mundo da diáspora italiana: elementos para uma análise comparativa a partir do caso brasileiro, Altreitalie, 17 (1998), pp. 16-30.

    [5] Sob a sombra de Mussolini: os italianos de São Paulo e a luta contra o fascismo, 1919-1943, São Paulo, AnnaBlume, 1999, e O fascismo e os imigrantes italianos no Brasil, Porto Alegre, Editora da PUCRS, 2001.

    [6] Vedi da ultimo Trabalhadores imigrantes entre fascismo, antifascismo, nacionalismo e lutas de classe: os operários italianos em São Paulo entre as duas guerras mundiais, in História do trabalho e histórias da imigração: trabalhadores italianos e sindicatos no Brasil (séculos XIX e XX), a cura di Maria Luísa Tucci Carneiro, Federico Croci ed Emilio Franzina, São Paulo, Edusp, 2010, pp. 65-83, e Fascismo, antifascismo e os italianos no Brasil do entre-guerras, in Ideias e práticas fascistas no Brasil, a cura di Natália dos Reis Cruz, Rio de Janeiro, Garamond, 2012, pp. 83-99, senza dimenticare, però, il più vecchio ma sempre stimolante Emigrazione e politica estera. La diplomazia sovversiva di Mussolini e la questione degli italiani all’estero, 1922-1945, Altreitalie, 23 (2001), pp. 39-62.

    [7] Fascism and Italian communities in Brazil and in the United States: a comparative approach, Italian Americana, 19, 2 (2001), pp. 146-157; Fascism and the Italian Immigrant Experience in Brazil and Canada: A Comparative Perspective, International Journal of Canadian Studies, 25 (2002), pp. 169-193; Fascismo, antifascismo y las comunidades italianas en Brasil, Argentina y Uruguay: una perspectiva comparada, Estudios Migratorios Latinoamericanos, 14, 42 (1999), pp. 111-133.

    [8] Fascismo, nazismo, integralismo, São Paulo, Ática, 2000; vedi anche il recente O pensamento corporativo em Miguel Reale: leituras do fascismo italiano no integralismo brasileiro, Revista Brasileira de História, 66 (2013), pp. 269-286.

    [9] A Questão da Internacional Fascista no mundo das relações internacionais: a extrema direita entre solidariedade ideológica e rivalidade nacionalista, Revista Brasileira de Política Internacional, 43, 1 (2000), pp. 99-118. L’interesse non è soltanto accademico, ma riflette anche i timori per quanto accade nel mondo agli inizi del nuovo millennio, vedi la lunga recensione Neonazismo, negacionismo e extremismo político (resenha da obra de Paulo Fagundes e Luís Milman), Anos 90, 15 (2002), pp. 157-162, e il breve articolo di attualità Le Pen e Chavez, fascismo e golpes na América Latina. Uma volta ao passado?, Revista Espaço Acadêmico, II, 12 (maggio 2002), http://www. espacoacademico. com. br/012/12bertonha. htm.

    [10] Sobre a direita: estudos sobre o fascismo, o nazismo e o integralismo, Maringá: Editora da Universidade Estadual de Maringá, 2008.

    [11] El fascismo en Brasil y América Latina. Ecos europeos y desarrollos autóctonos, México (DF), Instituto Nacional de Antropologia e Historia, 2013. Vedi inoltre Observando o littorio do outro lado do Atlântico - A opinião pública brasileira e o fascismo italiano, 1919-1942, Tempo. Revista do Departamento de História da UFF, 9 (2000), pp. 155-177, dove mostra come non sia importante soltanto l’adesione a movimenti fascisti, ma anche il clima generale di benevolenza verso il fascismo.

    [12] Um imperialismo dos pobres: O Império italiano da era liberal ao fascismo, in Impérios na História, a cura di Francisco Carlos Teixeira da Silva, Rio de Janeiro: Elsevier, 2009, pp. 259-269; O Fascismo italiano e a questão da modernidade, um problema conceitual e político, in Tradições e modernidades, a cura di Daniel Aarão Reis, Rio de Janeiro, Editora da Fundação Getúlio Vargas, 2010, pp. 201-216.

    [13] Bibliografia orientativa sobre o integralismo (1932-2007), Jaboticabal, Funep (Unesp), 2010.

    [14] Si veda la sua enorme produzione sull’integralismo brasiliano, dal primo saggio su A máquina simbólica do Integralismo: Propaganda e controle político no Brasil dos anos 30, História & Perspectivas, 7 (1992), pp. 87-110, al recente Integralismo. Problemas, perspectivas e questões historiográficas, Maringá, Eduem, 2014.

    [15] Integralismo: um movimento fascista? Uma perspectiva simbólica, Boletim do Centro de Memória da Unicamp, 5, 9 (1994), pp. 25-32; Between the sigma and the fascio: an analysis of the relationship between Italian fascism and Brazilian Integralism, Luso-Brazilian Review (Madison), 37, 1 (2000), pp. 93-105.

    [16] Plínio Salgado, o integralismo brasileiro e as suas relações com Portugal (1932-1975), Análise Social, 46 (2011), pp. 65-87; Plínio Salgado, os integralistas e o regime militar. Os herdeiros do fascismo no regime dos generais (1964-1975), História e Perspectivas, 44 (2011), pp. 427-449. Vedi inoltre Os integralistas pós-1945. A busca pelo poder no regime democrático e na ditadura (1945-1985), Diálogos, 13 (2009), pp. 63-82.

    [17] Sombras autoritárias e totalitárias no Brasil. Integralismo, fascismos e repressão política, Maringá, Eduem, 2013. Vedi pure A direita radical brasileira no século XX: do monarquismo e das ligas nacionalistas ao fascismo e à ditadura militar (1889-2011), Studia Storica, 30 (2012), pp. 133-150.

    [18] Entre Mussolini e Plínio Salgado: o Fascismo italiano, o Integralismo e o problema dos descendentes de italianos no Brasil, Revista Brasileira de História, 40 (2001), pp. 85-105.

    [19] Los latinoamericanos de Franco. La Legión de la Falange Argentina y otros voluntários hispanos en el bando sublevado durante la Guerra Civil Española, Alcores – Revista de Historia Contemporánea, 14 (2012), pp. 143-167, e A Guerra Civil Espanhola na imprensa integralista: solidariedade fascista contra o inimigo comum, in Entre tipos e recortes: histórias da imprensa integralista, a cura di Leandro Pereira Gonçalves e Renata Duarte Simões, vol. 2, Guaíba-RS, Sob Medida, 2012, pp. 159-181.

    [20] Un imperio italiano en América Latina? Inmigrantes, fascistas y la política externa de Mussolini, in México. Escenario de confrontaciones, a cura di Franco Savarino e José Luis González, México, Enah, 2010, pp. 161-188.

    [21] Paranoie fasciste? Il volontariato in favore dell’Etiopia durante la guerra del 1935-1936, Diacronie. Studi di Storia contemporanea, 14, 2 (2013), pp. 1-15, e La legione straniera di Mussolini. I volontari stranieri nella guerra d’Etiopia 1935-1936, Italia Contemporanea, 275 (2014), pp. 331-347.

    [22] Entre Mosley, Whittaker e Plínio Salgado: Interfaces entre el Universo Fascista de Brasil y del mundo Anglosajón, Boletín - Centro Cultural Canadá (Córdoba), 19 (2003), pp. 57-68, 2003; O fascio, a suástica e a maple leaf: o fascismo no Canadá do entreguerras, Interfaces Brasil/Canadá, 11 (2010), pp. 191-214, 2010; Do Canadá para o mundo: as relações entre os fascismos canadenses e o universo fascista mundial entre as duas guerras mundiais, Interfaces Brasil/Canadá, 13 (2011), pp. 167-191.

    [23] A Imigração Italiana no Brasil, São Paulo, Saraiva, 2004; Le rappresentazioni degli italiani in Brasile. Centocinquanta anni di immagini, stereotipi e contraddizioni, Diacronie. Studi di Storia contemporanea, 5, 1 (2011), pp. 1-14.

    [24] Trabalhadores imigrantes entre identidades nacionais, étnicas e de classe: o caso dos italianos de São Paulo, 1890-1945, Varia História, 19 (1998), pp. 51-67.

    [25] Vedi da ultimo Geopolítica, defesa e desenvolvimento. A primeira década do século XXI na América Latina e no mundo, Maringá, Eduem, 2011, e Marine Le Pen, Matteo Renzi, Pablo Iglesias ou Beppe Grillo? Cenários para o Brasil em 2018 (marzo 2015), in http://joaofabiobertonha. com/2015/03/27/marine-le-pen-matteo-renzi-pablo-iglesias-ou-beppe-grillo-cenarios-para-o-brasil-em-2018/.

    Totale

    Introduzione

    Gli studi sul fascismo, sull’antifascismo

    e gli italiani all’estero[1]

    La storiografia sul ruolo del fascismo e dell’antifascismo italiano nel mondo ha, come ogni altra produzione storica, una traiettoria propria. Tale itinerario riflette sia i cambiamenti del contesto politico mondiale, sia elementi più pratici, come il consolidarsi del mondo universitario occidentale dal 1945, la richiesta pressante di pubblicazioni e i cambiamenti teorici e metodologici nel campo della storia politica e della storia delle migrazioni internazionali, direttamente legati, ovviamente, a questi temi.

    Una prima osservazione riguarda l’espansione a ritmo accelerato degli studi su questi argomenti. Un ricercatore interessato a questo tema che avesse cominciato le sue letture alla metà degli anni 1970, per esempio, avrebbe avuto a disposizione per il proprio lavoro, essenzialmente, la bibliografia di quell’epoca e alcuni testi prodotti da specialisti. Negli anni 1980 la situazione sarebbe stata migliore, ma la produzione bibliografica era ancora limitata e le lacune erano considerevoli.

    A partire, pressappoco, dagli anni 1990 del secolo scorso, la situazione è cambiata in modo radicale e gli studi sul fascismo e sull’antifascismo italiano all’estero non sono soltanto aumentati in modo rilevante, ma si sono consolidati come campo analitico. Anche se i libri, gli articoli e le tesi si susseguono, non si può affermare che l’argomento sia già stato trattato in modo esaustivo.

    Alcuni dati numerici estratti dalla presente guida possono indicare il percorso degli studi sul fascismo e sull’antifascismo all’estero.

    Tabella 1: Testi prodotti sul tema del fascismo e dell’antifascismo all’estero, per periodo

    Questi numeri delineano chiaramente la situazione. A un periodo di grande produzione di libri coevi – gli anni fra il 1920 e il 1940 – la cui abbondanza non emerge in questa lista perché, come si spiega più avanti, è stata compiuta una selezione rigorosa del materiale di quell’epoca, sono seguiti trent’anni che presentano un forte calo del numero di testi. Ciò è dovuto, probabilmente, alla necessità, sentita dalla storiografia italiana, di dedicarsi al passato del proprio paese (e non ai suoi riflessi all’estero), ma anche al fatto che il tema del fascismo fuori dall’Italia fosse considerato ancora un argomento delicato dalle stesse comunità italiane all’estero, che spesso preferivano dimenticare quel passato recente.

    Così, dal 1945 fino alla metà degli anni 1970, la maggioranza dei libri e degli articoli pubblicati riguarda le memorie di militanti antifascisti, desiderosi di informare il pubblico italiano sulle proprie attività durante l’esilio, o di diplomatici e personalità fasciste che cercavano di dare la loro versione dei fatti. Testi su fuoriusciti politici come Gaetano Salvemini, Filippo Turati o Luigi Fabbri e tentativi di ricostruzione delle attività di socialisti, comunisti, anarchici e repubblicani italiani costituiscono, quindi, la base di quanto è stato scritto in quegli anni.

    Appaiono anche lavori di storia diplomatica più convenzionale (di solito sui rapporti dell’Italia con gli Stati Uniti) e altri dedicati all’opinione pubblica mondiale sul fascismo. L’interesse centrale, comunque, era sempre diretto all’azione degli oppositori del fascismo all’estero, soprattutto, come osserva Leonardo Rapone in tre scritti del 2008, alla loro reintegrazione nella storia politica italiana dopo il ritorno dei rifugiati in Italia dopo il 1945. Inoltre, la produzione, salvo poche eccezioni, era concentrata su autori italiani e su testi in lingua italiana.

    Per questo, quando Renzo de Felice ed Enzo Santarelli, verso la metà degli anni 1970, hanno suggerito che bisognava affrontare con serietà il tema del fascismo fra le comunità italiane all’estero e la questione dei fasci all’estero, hanno colto il momento giusto. E la comunità degli storici ha risposto producendo, negli anni 1970-1990, un numero considerevole di lavori.

    In questa fase gli studi sull’opinione pubblica internazionale, sulle grandi personalità e sui partiti antifascisti sono andati avanti, ma a poco a poco sono apparsi anche testi su altri aspetti dell’antifascismo italiano all’estero, per esempio sui rapporti con i partiti di sinistra nei paesi di accoglienza o su come la questione dei fuoriusciti avesse intaccato le relazioni bilaterali tra Francia e Italia. Sono stati pubblicati anche alcuni studi sulla legislazione emigratoria delle epoche liberale e fascista e altri sul fascismo internazionale e sui rapporti diplomatici dell’Italia fascista con vari paesi, in genere legati alla scuola storica vicina a De Felice.

    Lavori più completi, che utilizzano fonti e bibliografia locali, cominciano a essere prodotti proprio in quegli anni da storici italiani che svolgono ricerche all’estero o da storici locali. Sono pubblicati, quindi, i primi libri e articoli di Anne Morelli, Philip Cannistraro, Mauro Cerutti, Luigi Bruti Liberati, Angelo Trento e di altri autori che avrebbero influenzato per molti anni questo campo di studi. Solo nel 1983 sarebbe stato, però, pubblicato (fatta eccezione per i testi già citati di Santarelli) il primo testo specifico sui fasci all’estero, di Domenico Fabiano, e più per indicare problemi e lacune che per presentare novità.

    Sempre negli anni 1980, mentre si portava avanti il lavoro sui grandi temi già citati, ci si dedicava ad altri campi di ricerca. Ricordiamo, per esempio, la questione della Chiesa cattolica e dei suoi rapporti con il fascismo all’estero, le relazioni dei fascisti italiani con i movimenti fascisti locali e la stampa fascista e antifascista all’estero.

    Quest’ultimo filone, del resto, ha costituito fin d’allora una parte sostanziale della produzione storiografica sul tema, e ciò è dovuto probabilmente al fatto che i giornali offrono un corpo documentale relativamente delimitato e spesso disponibile, cosa che facilita il lavoro dei ricercatori. Oltre a ciò, giacché fascisti e antifascisti hanno prodotto un numero cospicuo di giornali e riviste in tutto il mondo, la disponibilità del materiale per la ricerca è quasi inesauribile e ciò spiega l’abbondanza di questi studi.

    Negli anni 1990, gli sforzi per capire le basi sociali che s’identificavano con il fascismo o con l’antifascismo all’estero sono aumentati e così abbiamo cominciato ad avere a disposizione innumerevoli studi su operai, borghesi o contadini di origine italiana in tutto il mondo e sui loro rapporti con il fascismo e l’antifascismo. Sempre nello stesso periodo le ricerche hanno cominciato a differenziarsi e a includere non più soltanto la Francia e gli Stati Uniti (i più studiati dalla storiografia fino a quel momento), ma il Brasile, l’Argentina, il Canada e l’Australia, come pure altri contesti. Nel caso francese e americano, inoltre, l’interesse si è diretto sempre di più verso regioni, città, organizzazioni e gruppi specifici, uscendo dalla relativa genericità precedente.

    Nel primo decennio del XXI secolo i temi già citati hanno continuato a essere oggetto dell’attenzione continua degli storici di ogni parte del mondo, e il risultato è una sovrapproduzione di testi. La causa di ciò, secondo me, è da attribuire in grande parte alla nuova realtà della professione di storico nel mondo occidentale, nella quale la pressione a pubblicare aumenta ogni giorno di più.

    Proprio per questo gli studi diventano sempre più specifici, focalizzando l’attenzione su gruppi regionali, giornali isolati o addirittura su quartieri di città come Parigi o New York. Allo stesso tempo, ambienti prima relativamente ignorati, come l’America Centrale e Andina e la Penisola Iberica, cominciano a essere studiati. La stessa cosa vale per le reti emigratorie antifasciste come quelle dell’Emilia Romagna o ebree, studiate con grande attenzione sia perché rivestono importanza storica sia perché sono campi delimitati e ancora poco studiati.

    Come riflesso di una realtà dell’inizio di questo secolo, in cui vari gruppi etnici e sociali considerano il vittimismo uno strumento utile per soddisfare richieste finanziarie o simboliche, gli studi sugli internamenti e la repressione anti-italiani durante la Seconda Guerra Mondiale si sono diffusi, in particolare nei paesi di lingua inglese. La maggioranza, però, manca della necessaria densità analitica.

    Anche temi come l’italofobia hanno cominciato ad acquistare peso, riprendendo, in gran parte, le idee precedenti (provenienti soprattutto dalla storiografia americana) su come il fascismo fosse servito a ricostruire l’orgoglio nazionale degli immigranti e dei loro figli nei nuovi paesi. D’altra parte l’apertura degli archivi della polizia, soprattutto nell’America del Sud, ha stimolato la produzione di diversi lavori sull’operato della polizia (italiana e di ogni paese) nei confronti degli immigranti italiani.

    Altri filoni di ricerca recenti hanno preso in considerazione temi legati all’azione fascista e antifascista all’estero che prima erano praticamente ignorati. La diplomazia culturale fascista, i contatti con i movimenti fascisti all’estero o gli sforzi del regime di Mussolini per rovesciare l’ordine interno in altri paesi mediante l’appoggio dato a movimenti separatisti o indipendentisti, la partecipazione nel processo elettorale o mediante altri meccanismi sono stati studiati sempre di più.

    Quest’apertura arricchisce molto la nostra percezione del fascismo e dell’antifascismo italiani all’estero nel loro rapporto con gli emigranti italiani, perché s’intuisce che questo rapporto non era isolato, ma pensato ed elaborato in un contesto molto più ampio della politica estera e interna italiana. Per il fascismo la questione dell’emigrazione era dunque vincolata a una concezione specifica di Impero (articolando imperialismo diretto e indiretto), società e Nazione ed era quindi molto più vasta di quanto avessimo immaginato in un primo tempo.

    La produzione di questi ultimi decenni, quindi, si organizza a strati temporali, di maniera che certi temi appaiono con più forza in un’epoca che in un’altra. Raramente, però, questi strati si succedono in modo assoluto nel tempo. Certi temi, come la vita dei fuoriusciti antifascisti, erano presenti nel primo strato e continuano a essere studiati ancora oggi, anche se con approcci teorici differenti. La stessa cosa si ripete per una grande quantità di sotto argomenti, il che constituisce una peculiarità di questo campo di studi.

    Come si spiega questo? Probabilmente è dovuto all’enorme dispersione geografica del fascismo e dell’antifascismo, alle loro conseguenze politiche e alle diverse tradizioni storiografiche che li studiano. Il fascismo e l’antifascismo italiani si sono diffusi nel mondo intero durante il periodo compreso fra le due guerre mondiali, con maggiore concentrazione, certamente, nelle regioni di maggior immigrazione italiana, come l’Europa, il continente americano, l’Australia e l’Africa del Nord. Questa dispersione ha prodotto un volume immenso di documenti e temi da studiare in decine di paesi, con tradizioni storiografiche diverse. Questo spiega perché un argomento, che sembra esaurito in un dato ambiente, possa dare ancora frutti eccellenti in un altro. Oltre a ciò, la questione del fascismo e dell’antifascismo si è sviluppata in modo diverso in ogni Nazione, e ciò spiega, ancora una volta, la sua permanenza o no in un dato paese e non in un altro.

    In Francia e in Belgio, per esempio, l’appoggio dei partiti di sinistra agli antifascisti e la stessa forza di questi ultimi costituiscono una riserva di cose da studiare che può durare ancora molti anni. In altri casi, come in Brasile, dove quest’appoggio e queste forze sono state minori, questo potenziale si riduce molto. In Brasile, però, o in Inghilterra, il massiccio appoggio fascista ai fascismi locali permette innumerevoli studi, mentre questa situazione non si ripete con la stessa intensità in Messico o in Uruguay, fatto che determina le caratteristiche diverse di ogni storiografia. La stessa estensione geografica e temporale del tema porta a una produzione storiografica che ha i suoi punti forti o deboli secondo l’epoca, ma che difficilmente è uniforme.

    Questa situazione è diventata ancor più evidente quando la produzione storica è passata dalle mani d’italiani a storici nati o che lavorano in paesi d’immigrazione. È vero che una parte fondamentale di questi storici è formata da italiani emigrati o da figli e nipoti d’italiani, il cui dominio della lingua e interesse per l’Italia hanno facilitato o addirittura indotto il loro ingresso in questo campo, ma essi, per quanto siano legati alla storiografia italiana, riflettono anche le loro tradizioni nazionali. Per questo certi temi possono scomparire, per esempio, dall’agenda degli Stati Uniti e ricomparire in Spagna o in Germania.

    Ad ogni modo, anche considerando, come si è già detto, che non ci sarà probabilmente la sostituzione completa di uno strato storiografico con un altro, ho l’impressione che, in molti casi, ci stiamo avvicinando a un relativo esaurimento o, come succede spesso, alla riscoperta infinita del già noto. È forse questa la ragione di un cambiamento recente del panorama storiografico relativo a quest’argomento, cambiamento che può diventare o no tendenza dominante.

    Mi riferisco qui alla necessità di studi comparati, di studi fondati sulla storia transnazionale e di studi generali capaci di consolidare e di far progredire il volume immenso di dati già accumulati a favore di approcci sintetici e più ampi.

    È vero che questo, in certa misura, è già stato fatto, soprattutto negli ultimi anni. A poco a poco sono sorti testi che cercano di studiare regioni geografiche più ampie, come quelli che si dedicano allo studio della politica culturale fascista nell’Europa Orientale o in Medio Oriente, i rapporti del fascismo italiano con i fascisti e i regimi di destra installati in America Latina negli anni 1930 e così via.

    Stanno nascendo anche studi comparati, come quelli che mettono in rapporto i vari antifascismi, quelli che mettono a confronto realtà nazionali distinte, quelli che si dedicano ad approcci più ampi (compresi i vari elementi della diplomazia sovversiva di Mussolini in un ambiente nazionale o regionale), anche se in uno spazio geografico tradizionale, o che riescono a riunire casi nazionali in una visione d’insieme, comparativa.

    Ci sono, però, ancora molti campi da studiare. Nel caso dell’antifascismo, come indicava Rapone nel 2008, nonostante gli studi sull’antifascismo italiano all’estero siano aumentati in termini numerici e migliorati nella qualità e nella varietà tematica, mancano ancora studi integrati. E integrati sia in senso teorico, di articolazione dei vari campi della Storia (soprattutto nel contatto fra storici dell’antifascismo e storici delle migrazioni), sia in termini geografici, rompendo linee nazionali e producendo studi generali e comparativi.

    Ad ogni modo tutto sta a indicare il consolidamento del campo e l’accumulazione di dati sufficienti alla realizzazione di studi comparati che permettano di fare grandi generalizzazioni e di formulare visioni d’insieme su una base empirica solida. Stiamo uscendo, un po’ alla volta, dagli studi isolati (tanto in termini geografici che in termini teorici) e avviandoci verso altri più ampi, che richiedono, è vero,

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