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L'Ordine della Rosa e del Giglio
L'Ordine della Rosa e del Giglio
L'Ordine della Rosa e del Giglio
E-book97 pagine1 ora

L'Ordine della Rosa e del Giglio

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Info su questo ebook

Il Forte del Mago stende la sua ombra placida e tranquilla sulla prosperosa città di Oblivium. Fra le sue mura, tuttavia, si cela un antico e inquietante segreto, che dal passato minaccia di distruggere la pace non solo di coloro che vivono nel Forte, ma anche di tutto il resto del mondo.

La giovane Demetra verrà toccata dal pericolo e si porrà di fronte a esso per contrastarlo e giungere al cuore del segreto, con l’aiuto di suo fratello, di un’elfa, di un demone e di molti altri in una storia che, fra magia, omicidi e misteri, si rivelerà il nucleo pulsante di un nuovo e affascinante mondo fantasy.
LinguaItaliano
Data di uscita2 ago 2016
ISBN9788822827814
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    Anteprima del libro

    L'Ordine della Rosa e del Giglio - Sajala Zoe Allen

    *

    Prologo

    decoration

    Nell’ora più cupa della notte, nessuno avrebbe potuto notare il fantasma che si inerpicava e ricadeva lungo i contrafforti, spingendosi audacemente fino a lambire i mattoni rossi della Stella Interna, cercando.

    Scivolò dentro attraverso una finestrella negli alloggi dei servitori, sfiorando con la sua essenza informe i corpi addormentati che rabbrividivano all’istante, popolando i loro sogni di gelidi incubi, annusando il loro respiro, cercando.

    Scale, camere vuote, un salotto in cui uno studioso anziano era stato colto dal sonno durante la lettura di un antico tomo dalle miniature dorate, che rilucevano riflettendo la fiamma della candela quasi consunta, un andito in cui due giovani si scambiavano al buio baci proibiti, poi ancora scale e finalmente una lunga serie di porte: dietro ogni uscio un uomo o una donna si erano addormentati, sentendosi al sicuro.

    La creatura si intrufolò sotto le assi di legno borchiato, sfiorò le loro fronti e li osservò rabbrividire e lamentarsi, stringersi nelle calde coperte di lana o sbarrare gli occhi sognanti nel buio, senza svegliarsi, senza vederlo. Esso non conosceva né emozione né impazienza, la sua volontà era stata legata al compito che doveva svolgere e nulla lo avrebbe distratto da esso.

    Al di là di un uscio massiccio, chiuso dall’interno con una grossa chiave di ferro, giaceva il vecchio mago. Il suo volto segnato dagli anni aveva i lineamenti distesi, la lunga barba grigia gli scendeva sul petto fuori dal lenzuolo e si alzava e abbassava con ritmo calmo e regolare. Il fantasma annusò il suo respiro un’altra volta, per assicurarsi di aver finalmente trovato colui che cercava, e parve assumere maggior solidità nel cuore della notte buia nel cuore della fortezza; sfiorò le palpebre appena socchiuse e sentì i movimenti degli occhi dietro di esse: stava sognando.

    Lentamente, con grazia, lo spettro scostò i capelli color della cenere, così delicatamente che il respiro del mago non variò la sua cadenza, e li depositò sul cuscino, insinuandosi poi dolcemente con il suo corpo poco meno che etereo nelle orecchie dell’uomo.

    Mano a mano che il fantasma penetrava in lui, Lord Ylgen iniziò a tremare. Mentre gli si avviluppava alla mente, la sua fronte si coprì di sudore e svanì ogni possibilità di potersi svegliare. Il suo sonno si popolò degli incubi peggiori che la sua fantasia poteva concepire, mentre lo spettro gli stritolava il cervello, nutrendosi della sua paura per crescere e diventare sempre più solido, più forte. Il vecchio mago sbarrò gli occhi, ma non vide nulla, poiché non poteva svegliarsi; spalancò la bocca come in un grido, ma da essa non poteva uscire nessun suono. Mentre la creatura dentro di lui cresceva e si cibava del suo cervello, il sangue prese a colare dal naso, dagli occhi, dalle orecchie e dagli angoli della bocca in sottili rivoli che nel buio parevano neri, impregnando le lenzuola e spargendosi sul pavimento; tutti i muscoli del suo corpo venivano scossi dalle convulsioni, tanto che le vibrazioni facevano muovere il letto e si propagavano nell’aria e pareva che tutta la stanza avesse preso a tremare, tuttavia le mura di pietra antiche e spesse assorbivano quelle onde invisibili, così che se qualcuno fosse passato, per intenzione o per caso, lungo il corridoio in quel momento, non si sarebbe accorto del delitto che, lento e inesorabile, si andava compiendo.

    Quando l’anima del vecchio mago abbandonò il corpo, al fantasma parve che un urlo risuonasse nella scatola cranica, per un brevissimo istante, nell’esatto momento in cui il cuore aveva cessato di battere.

    Esso non smise, tuttavia, di consumare quanto restava del cervello martoriato, poi si addormentò, avvolto su sé stesso come le spire di un serpente, ma senza forma, sazio.

    *

    Capitolo 1

    decoration

    La piccola sala dove si stava recando, il luogo in cui mangiavano gli allievi del Forte, era un ambiente quadrangolare a dir poco oppressivo, con pesanti arazzi alle pareti e spifferi gelidi da ogni alta finestra. Scostare la sedia per accomodarsi a tavola faceva tanto rumore da risvegliare i morti.

    Ma potrà anche far morire i vivi? si chiedeva Demetra mentre camminava per i corridoi, diretta proprio verso quel luogo, il manto nero che ondeggiava calmo al ritmo dei suoi passi. Di tanto in tanto, spinta dall’emozione, accelerava l’andatura fino ad avere il fiato corto, per poi accorgersene e rallentare all’improvviso, col cuore che martellava nel petto. I corridoi dalla volta a botte erano praticamente deserti e il leggero tacchettio dei suoi stivali pareva rimbombare nell’aria immota; quel suono la faceva sentire in qualche modo esposta, come se qualcuno la stesse osservando. Più volte le parve di vedere di sfuggita lo sventolio di un mantello, di scorgere un volto che spariva dietro a una porta, o di sentire dei passi diversi dai suoi proprio alle spalle.

    La sensazione di essere osservata si faceva più intensa a ogni svolta e non la abbandonava nemmeno quando incrociava altre persone. Svoltò l’angolo, imboccando un lungo corridoio, e si fermò all’improvviso: all’altra estremità vide una bambina. Aveva i capelli biondi lunghi fin sotto le spalle e uno sguardo curioso, coperto appena da una folta frangetta irregolare e la carnagione pallida dei popoli del Nord. Demetra non ricordava di averla mai incontrata al Forte ma quegli occhi azzurri, sebbene non la guardassero direttamente, la colpivano in una maniera che non avrebbe saputo definire, con un profondità tale da rendere difficile pensare che si trattasse davvero di una bambina.

    Mentre Demetra la osservava, a disagio, la piccola avanzò in silenzio, lo sguardo profondo fisso su di lei eppure altrove. Deglutendo, la ragazza riprese a camminare per non mostrare il timore che provava e per non aumentare ancor di più il suo ritardo alla cerimonia. Quando la bambina le fu di fronte, si fermò e le disse:

    -Dusha.

    Riprendendo subito dopo a camminare, oltrepassandola. Incredula, Demetra impiegò ancora qualche passo per fermarsi, poi si voltò indietro per chiederle che cosa avesse detto. Non si era sicuramente allontanata abbastanza perché la piccola avesse potuto svoltare un angolo o entrare in qualche stanza, ma era sparita. Demetra ebbe l’impulso di andare a cercarla, di correre indietro per vedere quale porta avesse aperto, ma altri pensieri le occuparono la mente: era davvero troppo in ritardo per la cerimonia. Vilmosh se ne sarebbe accorto e l’avrebbe biasimata, senza contare la figuraccia che avrebbe fatto se il suo nome fosse stato chiamato mentre era assente. Si gettò a perdifiato verso la sua meta, rallentando solo a pochi passi da essa, per non far vedere a tutti che aveva corso. Da un intero anno non incontrava suo fratello, ma ora che ne aveva la possibilità esitava ad abbassare la maniglia della porta di legno scuro. Sapeva che per quell’occasione la stanza dalle mura annerite sarebbe stata gremita e che c’era qualche possibilità che Vilmosh non la vedesse, dandole modo di osservare con calma se e quanto fosse cambiato, ma non si faceva illusioni: la cerimonia era già cominciata e suo fratello era l’addetto alla consegna delle cappe bianche. L’incontro sarebbe stato inevitabile.

    Quando arrivò dietro di lei un altro gruppetto di ritardatari (non

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