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Àntica. Mi sveglio nella luce
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Àntica. Mi sveglio nella luce
E-book256 pagine3 ore

Àntica. Mi sveglio nella luce

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Info su questo ebook

Gli esseri di luce danzanti si muovevano intorno a lei.

Momenti talmente brevi da poter ricordare. Ecco, la fugace visione di un volto. Qualcuna osservarla, un'altra intenta a correre! Non aveva mai capito il loro senso. Sapeva che le forme erano solo un riflesso del sole, un magnifico gioco raggiante.

Quando scorgeva un volto sfuggente, una forma, Mishaara si chiedeva se i Gliss fossero esseri consapevoli. Vivi. Ma non aveva mai trovato risposta a questa domanda. "E' questo il senso dei Gliss", diceva Annar il vecchiaccio, "porti domande, non risposte..."
LinguaItaliano
Data di uscita22 mag 2019
ISBN9788831619622
Àntica. Mi sveglio nella luce

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    Anteprima del libro

    Àntica. Mi sveglio nella luce - Agostino Massimo Mano

    Luce

    1. Il passato, la Montagna Sacra

    La Signora dei Draghi

    Mishaara si trovava nel grande salone del palazzo di Àntica: dentro di se sentiva una profonda angoscia.

    Re Elvron, attendeva insieme ai vecchi dell'Àntica Consulta. Non era sicura di quello che stava per dire... e intraprendere.

    Una grande responsabilità, diceva la vocina dentro la sua testa. Forse aveva ragione; non avrebbe dovuto neanche tentare. Ma in fondo, si prospettava per Mishi quanto aveva sempre desiderato. E poi Elvron aveva fiutato qualcosa in lei che a Mishi stessa sfuggiva in quel frangente. Sapeva del fuoco che gli ruggiva dentro... Raccolse tutto il suo coraggio, sfoderando un profondo respiro: era arrivato il momento.

    Sì, accetto! Prenderò la via della montagna!.

    Era il sesto giorno della scalata. Si trovava quasi a metà strada in un arcaico sentiero dimenticato ai margini di un dirupo; rovi ed erbaccia infestavano gli spazi. Fino a qui era andato, quasi, tutto liscio; a parte i vari percorsi impervi e i morsi della fame che aveva dovuto sedare mangiando le radici e piante che riusciva a trovare. Grazie ad Annar, il suo più caro amico, era in grado di riconoscere quelle commestibili. E per strapparle vie dal terreno aveva dovuto usare le mani: gli era stato vietato di portare attrezzi o armi con se. L'antico codice lo vietava chiaramente! Ma probabilmente Elvron avrebbe chiuso un occhio se non fosse stato per Vlion... La Montagna Sacra va scalata con le proprie forze, quell'impiccione lo aveva cantilenato ad alta voce precludendole ogni possibilità. Così, i Signori dei Draghi del passato avevano conquistato il loro titolo, e Mishaara soprattutto non poteva… non doveva essere da meno! Era suo compito dimostrare che anche una donna, una ragazzina inesperta, come Vlion si era rivolto a lei, era capace di farcela, quanto un uomo bello e fatto.

    Nonostante avesse le mani gonfie e piene di vesciche sanguinanti, la sua immagine in cima alla Montagna Sacra attenuava il dolore e la fatica, metro dopo metro. E, dopotutto, sarebbe stata il primo guerriero a riottenere quel titolo ambito ed agognato: ormai da due secoli mancava all’appello un Signore dei Draghi.

    Dopo una mezzora di salita il comodo sentiero era svanito: inghiottito dalla vegetazione selvaggia. Scalare quella parete di roccia, sulla sinistra, sembrava l'unico modo per proseguire: un baratro tutt'intorno chiudeva ogni altra possibilità. La mano agguantò la prima sporgenza, il piede seguì...

    Man mano che procedeva nella scalata, la valle alle sue spalle si trasformava in uno sfondo sfocato, sempre più distante, quasi un altro mondo da ricordare con nostalgia. Il panorama era magnifico, la valle dell’Irlinden spaziava all’orizzonte. Àntica giaceva nel mezzo candida, la mano aperta di Palazzo di Cristallo invocava brillando la luce di Luthaliel.

    A ovest s’intravedeva una striscia verde scura: Bosco Verde Argento, la sua casa. Chissà cosa avrebbe detto Ilia la sua vecchia amica di giochi se l’avesse vista scalare la Montagna Sacra. Sicuramente avrebbe fatto una delle sue solite freddure per sminuire i suoi sforzi, Bha!

    Ruotò la testa. Sopra di se solo nuvole; tante nuvole scure avvinghiate alla cima della montagna come una pesante coperta lanuginosa minacciavano poco più in alto. Qualche batuffolo bianco le sfiorò il viso, ma non stava piovendo. 

    Non sarà…, non finì neanche di parlare che altri fiocchi di neve volteggiavano. Il freddo si era fatto sentire appena aveva superato la cascata coperta di canne, prima del sentiero. Mishi non amava il rigore invernale. Il pesante addestramento Sirdan l’aveva temprata a dovere, nei deserti e sulle montagne, però il freddo era rimasto uno suoi punti deboli. Fortunatamente aveva portato il caldo giaccone di Annar.

    Rimasto fino adesso legato alla vita, il giaccone bucato era passato a imbottirla per bene. Non fermava il freddo, ma per il momento poteva andare. Neanche il fuoco che gli ruggiva dentro riusciva a scaldarla. 

    Con un ultimo sforzo di braccia toccò la cima. I suoi abiti erano cenciosi; inoltre era dimagrita molto. Tutto era coperto di neve. Non aveva mai visto la neve. Le procurava piacere, soprattutto quando il ghiaccio crepitava mentre il suo piede affondava sulla superficie candida del cammino innevato. E poi c'era la nebbia... un’oscura signora che pervadeva inquietando ogni angolo, gli alberi le sembravano ombre distorte. Alcuni tra i più brutti le ricordavano la faccia di Vlion.

    Maledetto! Che un cane ti azzanni il…, un’improvvisa folata di vento smosse un panno di nebbia, lasciando intravedere l'ingresso di una caverna. Informe e distorto non era molto grande. Sentiva di dover entrarci; sprofondare in quel buio.

    L'ingresso della grotta era coperto da alberi, strappati ferocemente con tutte le radici e rami dal terreno. Poi li avevano accatastati lì per ostruire sicuramente l'ingresso. Colui che aveva compiuto una tale opera dimostrava abbondante forza oltre ad un desiderio di solitudine. Una grotta per casa sulla cima sperduta di una gelida montagna. Mishi non aveva visto nessun'altra forma di vita animale per chilometri. Lei aveva affrontato quel duro viaggio solo per lui, sfinita e semi-congelata aveva errato per molto senza una meta seguendo il suo istinto. Era già stata su una montagna insieme ai Sirdan per addestramento o in missione. 

    Raramente si era sentita sola; forse si trattava della consapevolezza di trovarsi sulla Montagna Sacra, facendo affidamento solo su se stessa: il peso più grande. Questo cambiava tutto. Ogni ombra sembrava più scura, ogni rumore più minaccioso; i vaghi contorni informi degli alberi si annidavano gli uni contro gli altri, soffocando quello scenario sbiadito e cupo. Il sole si ricordava di farsi vivo ogni tanto, una baluginante sfera sbiadita. 

    Buttò un occhio all'interno della grotta, vide solamente un vuoto senza fine condurre nell'oscurità. Un buco triste.

    Prese un profondo respiro e scivolò nelle tenebre, tentando di lasciarsi la solitudine alle spalle.

    Mentre usava il passo più silente e felpato, il suo naso ghiacciato cercava di sentire qualsiasi odore potesse portarle un indizio. Si scaldò le mani. Non si vedeva niente, maledizione! A parte qualche raggio di luce che filtrava da quello che rimaneva degli alberi dietro di lei. Le mani intorpidite, allungate ai lati, sentivano il passaggio stringersi a ogni passo che faceva. Una profonda inquietudine continuava a perseguitarla sin dall’ingresso, le pareti ruvide e fredde parevano scorticarle l'anima.

    Ogni volta che una leggera corrente d’aria fredda le scompigliava i capelli di fuoco, sentiva degli artigli gelidi chiudersi attorno alla spina dorsale.

    Udì la sottile crosta nevosa scricchiolare, un suono simile a quello di ossa spezzate. Questa volta non erano i suoi piedi a essersi mossi. Le pareti di roccia portavano altri passi.

    Mishi rimase in ascolto. I pesanti movimenti cessarono. La solitudine si tramutò in sottile paura. Il vento si era alzato, all'ingresso si udivano i rami secchi sbattere macabramente. Spruzzaglie di neve la raggiungevano dall'esterno. Avrebbe voluto trovarsi in qualsiasi altro posto, e comunque non da sola! Cercò di rievocare i suoi più felici ricordi con suo papà nel tentativo di calmare le martellate nel petto. Faceva freddo, buio, una condensa gelida l’annaspava  a ogni respiro.

    Mishi radunò tutto il suo coraggio e si mosse sulle punte dei piedi questa volta. Il guerriero Sirdan è un maestro dell’invisibilità, insegnava maestro Chen. Se lo guardate non lo vedrete; se restate in ascolto non lo sentirete; se lo cercate non lo troverete…, se l’era ripetuto infinite volte.

    Altri piedi ripresero ad alternarsi.

    Si fermò.

    Anche l’altro raddoppiò il suo gesto.

    Se lo cercate non lo troverete. Se lo cercate non lo troverete. Se ascoltate non lo sentirete. Non la sentiva da molto tempo …la paura. Aveva affrontato duri pericoli nella sua vita. Ma questa veniva dal profondo ed era incontrollabile, quasi ingestibile.

    Era vecchia, dimenticata e sepolta. Ricoperta dal tempo. Alla mente riaffiorò la terrificante immagine di un grosso e lungo essere nero; fuoco e dolore. Era a casa e Yan, suo papà, gridava qualcosa. Era il giorno dell’incidente…

    Cercò di calmarsi e mettere in pratica la tecnica di rilassamento di Chen, vice capitano dei Sirdan.

    ‘Respira a fondo Mishi e lentamente’, si ripeteva. La tecnica sembrava funzionare, tremava di meno.   

    Ora la avvolse una ventata di aria calda. Era piacevole ma aveva uno strano odore acido, come di qualcuno che non mangiava da molto tempo. Aveva una strana sensazione. Allungò cautamente una mano nell’infinità oscura: c’era qualcosa di solido e rugoso, increspature formavano disegni incomprensibili. Quella cosa si mosse agitandosi nella penombra.

    Due enormi occhi felini, le si aprirono. La pupilla dorata si strinse leggermente, la scrutavano minacciosi.

    Mishi si ritrovò in un battibaleno fuori dalla caverna, in un solo fiato aveva ripercorsa la strada al contrario. Si nascose dietro il tronco di un albero abbastanza grosso ed osservò l’ingresso della grotta.

    Un grottesco galoppo sulla neve, Trash! I tronchi macabri furono infranti come se fossero fatti di grissini. Attraverso la nebbia scorgeva la figura imponente di un mostro a quattro zampe. Sulla testa si delineavano delle lunghe corna in levata a spirale, quegli occhi dorati continuavano minacciarla di morte. Ma la morte nera questa volta non l’avrebbe presa. No! Mamma… Papà!’.

    Cercò di ritornare in sé. Il cuore martellava ancora forte, respirava come un toro. Il suo calore l’aveva fatta sprofondare nella neve, ovunque c’era quella insopportabile polvere bianca. Aveva cominciato a odiare la neve! Si era infilata anche nel vecchio giaccone bucato di Annar. Era sudata e tutta bagnata. Non si sentiva più le gambe, il naso, le braccia… percepiva solo poche parti del corpo.

    Spiò dal tronco, gran parte della nebbia si levò: era un drago! Un meraviglioso e maledetto drago. I vapori grigi sfumavano i suoi contorni. Era fermo e la stava cercando, rastrellava ogni angolo con quegli occhi felini. Dei piccoli corni uscivano dal cranio, completando la base delle due corna principali. Il suo colore marrone sfumava sul rosso in alcune parti del corpo. Le ali richiuse sulla schiena. Gli artigli neri possenti affondavano sulla neve. Mishi lo trovava molto bello, mortalmente bello. I draghi erano famosi per la loro aggressività innata. Avevano più volte attaccato senza motivo i villaggi del bosco di Invrohell. Rapidi e letali, così li definiva Chen, il secondo capitano dei Sirdan. Ogni volta che la confraternita di Mishi era intervenuta sul posto non erano mai riusciti a trovare le ragioni, solo devastazione. Per quello che ricordava era la prima volta che vedeva un drago in carne, ossa e artigli. Non aveva la più pallida idea di cosa fare.

    Se riuscirai a raggiungere il drago, Mishi, Annar le parlava sottovoce, mentre era in partenza da Àntica per la Montagna Sacra, tu saprai cosa dire….

    Il vecchiaccio enigmatico non le era stato di grande aiuto. Cosa avrebbe voluto dirle? Mishi se lo era chiesto durante tutta la scalata della montagna. Le inutili parole ambigue di Annar la tediavano soprattutto ora al cospetto del drago. Non aveva armi, quell’inutile antico codice vietava di portarle. Si sentiva nuda senza difesa personale, anche a letto si portava la sua possente daga Sirdan. Amava fare a pezzi qualunque cosa le desse fastidio, ma questa volta non le era possibile. Tutto il suo entusiasmo della partenza era andato perduto per strada, tra ostacoli, freddo, ferite e giorni passati al digiuno. Quel poco che le era rimasto si era dissolto trovandosi quella bestia cornuta.

    Un modo efficace di affrontare un avversario molto più forte di voi è la sorpresa, nella sua testa s’infilarono queste parole. Era un insegnamento di Alurien, il suo capitano Sirdan.

    Mishi si guardava intorno, doveva programmare una tattica ed essere necessariamente infallibile o quel drago sarebbe stato motivo della sua fine. I Sirdan erano molto abili a combattere sugli alberi. Agile e veloce come un gatto, si ricordò. Il drago sicuramente non l’avrebbe raggiunta sui rami, o con una palla di fuoco l’avrebbe incener....

    Lui emise un sussulto, cominciò a muoversi. Il crepitio della neve schiacciata sotto quegli artigli era soffocante.       

    Mishi gradatamente rilasciò l’aria dai polmoni, il cuore si faceva sentire a dovere. Non aveva molto tempo per pensare, doveva assolutamente sbrigarsi. Levò lo sguardo, dai rami sovraccarichi di neve cadevano grumi di candore, facevano un suono secco al contatto col manto terrestre. Soppesò quell’immagine per qualche istante: un piano maturò spontaneamente.

    Forse poteva funzionare!

    Si preparò a muoversi, sapeva che doveva attendere il momento giusto. Aspettò che il drago le voltasse le spalle. Balzò all’istante per avvicinare il tronco accanto, e poi raggiungere l’albero che stava a qualche metro dopo di lei. Il piede affondò sotto la neve toccando qualcosa, sentì un sottile scricchiolio. 

    La testa del suo cacciatore con tutte le corna si torse rapida. Mishi rimase immobile, tratteneva il fiato più che poteva. Percepiva l’attenzione del drago verso di lei, era una situazione drammaticamente angosciante. Se lo cercate non lo troverete! Se lo cercate non lo troverete!.

    L’attenzione mortale tornò altrove.

    Sfoderò un bel respiro e balenò come una saetta in mezzo ad altri alberi, operando con attenzione e maggiore prudenza.

    Stranamente riusciva a capire quando il drago non la guardava, anzi intercettava quasi in anticipo il momento di agire, come se riuscisse a leggerlo. Lentamente si arrampicò sul tronco. Era tra le più brave ad arrampicarsi tra i suoi compagni, più volte, anche in tempi non lontani, si erano complimentati con lei per la sua agilità.

    Era riuscita ad arrivare silenziosamente in alto: il drago era sotto di lei, cercava senza sosta come un predatore affamato in cerca del suo pasto. Con cura si trascinò sul ramo più grosso; la neve che faceva cadere si confondeva con lo strato candido presente sul terreno: era diventata invisibile, come al solito, del resto, sin dai primi allenamenti Sirdan a cui era abituata da sempre. Trovate un buon nascondiglio e aspettate, verranno da voi, insegnava capitano Alurien.

    Mishi attese, osservava il drago e dall’alto notò uno dei pochi punti deboli della sua naturale armatura di scaglie: l’attaccatura tra il collo e le scapole. Se fosse riuscita a finire là in mezzo, forse avrebbe potuto domarlo. Non era certamente un cavallo, ma doveva pur provarci, se non altro il digiuno e la scalata l’avevano fatta impazzire avventurandosi in questa follia. Dopotutto era salita per questo sulla Montagna Sacra, e se accidentalmente fosse stato l’ultimo dei draghi che stava cercando non se lo sarebbe lasciato sfuggire, con o senza paure.

    Poco dopo fu il drago stesso a capitare nel punto giusto sotto il suo albero: Mishi doveva agire e doveva farlo ora!

    Si lasciò cadere abbandonando i pensieri. Gli spostamenti d’aria le scompigliarono i capelli e l’aria fredda e tagliente la costrinse a chiudere gli occhi per un istante.

    L’urto sul dorso della bestia era stato più duro del previsto, la sua armatura a scaglie era liscia, quasi priva d’attrito. Si ritrovò tra le ali, il peggiore punto in cui poteva capitare: se le avesse mosse in tempo, avrebbe potuto decapitarla.

    Il drago l’aveva percepita all’istante, con un rapido movimento cercò di levarsela alzandosi sulle zampe posteriori.

    Mishi lo intuì balzando tra il collo e le scapole: le mani si riempirono delle scaglie e stringevano più che potevano. Il Drago riprovò ancora e ancora, ma Mishi aveva la testa dura e mani forti. Tentò anche di azzannarla ruotando rapidamente il collo: fauci d’acciaio ricoperte di bava si chiudevano ripetutamente a un palmo da lei. Mishi, il capitano dei Sirdan, lo aveva colto alla sprovvista. Se lo guardate non lo vedrete, la frase predominò sul vortice dei pensieri. 

    Un rombo tremendo proruppe dalla bocca del drago: Mishi s’insordì per un istante, la bestia doveva essersi irritata parecchio. Le mani mantenevano la presa, mentre il corpo del drago danzava.

    Un altro rombo uscì da lui. Si lanciò al galoppo infilandosi nel folto della foresta, sbattendo e strofinandosi convulsamente a rami, tronchi, foglie e rocce.

    Mishi si fece piccola, si stava riparando dietro il cranio e le lunghe corna, non avrebbe mai lasciato la presa. Capiva ben poco, ma percepiva l’ira del drago abbattersi sulla foresta. Se lo cercate non lo troverete! Se lo cercate non lo troverete!

    Con un terzo e terrificante grido la bestia passò al galoppo. La nebbia copriva la distanza, ma Mishi notò che gli alberi cominciavano a diradarsi. Pessimo presagio.

    Affondò ancora lo sguardo: la nebbia delineava un profondo burrone! Il drago non ne voleva sapere di rallentare.

    Si rannicchiò, chiuse gli occhi sorprendendosi che erano pieni di lacrime, non c’era tempo per avere paura. Se avesse lasciato la presa forse si sarebbe salvata, ma non poteva abbandonare il drago,  non dopo tutto quello che aveva passato.

    Sentì gli ultimi passi misurati poco prima del baratro, l’animale saltò.

    Udiva nel folle volo la caduta. Gli occhi non ne volevano sapere di aprirsi. Folate di vento e gelo la tormentavano, soffi e respiri raccapriccianti l’avvolgevano in quell’interminabile istante. Il vuoto li circondava. Finalmente gli occhi si aprirono.

    Sfumate nel buio del fondo c'erano delle rocce frastagliate, sempre più vicine.

    Mishi sentì il fuoco dentro… Kalin Eulim Feuhlar!, gridò spinta da una strana forza.

    Il dragone spiegò le grandi ali evitando a entrambi di sfracellarsi gli ultimi metri. Le ali ruotarono, il collo squamoso si torse leggermente verso l’alto. Con difficoltà il capitano dei Sirdan resistette alla brusca manovra e in un brevissimo istante stava già sorvolando la candida cima della Montagna Sacra.

    Il dragone si era calmato, lo sentiva, stranamente! Mishi stava cercando di capire se era ancora viva. Le mani facevano molto male e la fredda aria sul viso le graffiava la faccia, dagli occhi stavano ancora scendendo le ultime lacrime. Il cappotto di Annar era ora irriconoscibile: nei capelli resti di rami e foglie. Si sporse.

    La cima della montagna era svanita, la pesante nebbia l’avvolgeva come un cappotto di cotone. Il drago emise un suono più dolce dei precedenti, simile al grido di un aquila. Il grosso collo si allungò, mentre le ali si piegarono: rapidamente uscirono dalla nebbiosa atmosfera della montagna.

    La valle comparve sotto di loro, dolcemente mostrava meravigliosi colori primaverili. Piccoli boschetti si radunavano sparsi, macchiandola di verde scuro; ginepri e altri fiori dalle tenere sfumature la completavano armoniosamente; il fiume Arwel scorreva tra di loro giocoso in quel giorno luminoso. E lontano a ovest, una tinta scura delineava l’orizzonte: Invrohell o Bosco Verde Argento si mostrava pigramente. Nel punto in cui si trovava, Mishi riusciva a vedere addirittura il grande Sephirot, l’albero più grande d’Invrohell. 

    Le ali del drago schioccarono l’aria.   

    Mia signora, finalmente ci siamo ritrovati, qualcuno aveva parlato. Forse era stato il drago a sibilare parole.

    Mi stavi aspettando drago?, provò. 

    Kalin attendeva da molto tempo il tuo arrivo, era lui. Teneva un tono basso e fermo. Le ali sbattevano.

    Aveva sentito migliaia di volte che i draghi consapevoli parlavano ma ascoltarne uno in carne ed ossa, farne esperienza con le proprie orecchie era tutt’altra cosa.

    Cosa ti dice che io sia la tua signora?.

    Lo so. E poi Kalin ha sentito la lingua della sua stirpe.

    Mishi lo aveva dimenticato. Prima di sfracellarsi aveva detto qualcosa. Non aveva la più pallida idea di quello che le era uscito dalla bocca. Non ricordava neanche più quelle strane parole.

    Quando raggiungerai il drago, Mishi, saprai cosa dire…, erano le parole di Annar che le erano ronzate in testa per tutta la scalata, gliele aveva dette prima che partisse da Àntica. Forse

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