Il Lato Oscuro di Marte - Dal Mito Alla Colonizzazione
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Sinossi
Creazionismo o abiogenesi? Per spiegare la comparsa della vita sulla Terra c'è una terza via. Una possibilità che appare oggi essere la più logica e probabile, alla luce delle oggettive scoperte scientifiche degli ultimi anni. Una possibilità che addirittura sembra essere stata di conoscenza comune in molte civiltà del passato, in cui Marte (pianeta e divinità) ha lasciato il segno.
Una pagina dopo l'altra, scopriremo realtà o possibilità sorprendenti.
"Il lato oscuro di Marte - dal mito alla colonizzazione" è il libro che racconta la possibile storia del nostro passato e del nostro prossimo futuro, legato a doppio filo con il pianeta rosso. Le ricostruzioni storiche che tutti oggi conoscono, sono frutto delle sommarie conoscenze che avevamo in passato, quando queste ricostruzioni sono state elaborate. Oggi però, disponiamo di informazioni più oggettive e aggiornate per provare a formulare una nuova versione più verosimile, concreata e coerente della storia dell'uomo, di Marte, della Terra e della vita nel nostro sistema solare.
Marte è rimasto impresso nell'immaginazione umana fin dalle prime osservazioni, e nemmeno l'ascesa della scienza e della tecnologia ha interrotto il fascino che ha sempre circondato questo pianeta. I telescopi, nel 1880, rivelarono strani segni sulla superficie del pianeta rosso.
Il pianeta rosso nel passato ha influenzato la Terra e la vita dell’uomo molto di più di quanto potrà forse fare nel futuro, condizionando il pensiero, il linguaggio e la quotidianità di centinaia di migliaia di generazioni, fino ai giorni nostri.
Il legame tra l’umanità e Marte è un qualcosa di profondo, che trascende il mito, la leggenda e risiede nel profondo dell’animo umano, forse addirittura nel suo codice genetico.
Nel prossimo decennio assisteremo ad annunci sorprendenti. Il quadro della situazione descritto nel libro preparerà il lettore a questa prossima realtà.
Ciò che stiamo per sapere sul passato del pianeta rosso, costringerà l'uomo a rivedere sotto nuova luce, la storia passata della Terra e della vita su di essa!
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Il Lato Oscuro della Luna Valutazione: 5 su 5 stelle5/5Fact Checking - La realtà dei fatti, la forza delle idee Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
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Anteprima del libro
Il Lato Oscuro di Marte - Dal Mito Alla Colonizzazione - Stefano Nasetti
Stefano Nasetti
Il lato oscuro di Marte
Dal mito alla colonizzazione
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Ringraziamenti
Alla mia famiglia, a mia moglie e alle mie figlie che mi sostengono in questa mia passione per la ricerca e la scrittura.
Un grazie va doverosamente, anche alle diverse centinaia di lettori, sparsi in cinque continenti e in oltre dieci Paesi, che mi hanno dato fiducia e che, acquistando il mio libro precedente, mi hanno dato la forza di continuare su questa strada.
In particolar modo ringrazio Fabrizio Cecconello, Dario Senesi e Rossella Meloni, che pur non conoscendomi e dopo aver letto il precedente libro, mi hanno voluto contattare per manifestarmi tutto il loro apprezzamento. Le loro parole sono state molto importanti per me.
Ringrazio anche Fabio De Santis e tutti quelli che hanno consigliato il mio libro ad altri, o hanno lasciato semplicemente sul web le loro recensioni, spesso lusinghiere.
Un ringraziamento speciale va poi agli amici, membri del gruppo Liberamente Amici, e più precisamente a (in rigoroso ordine alfabetico) Marco Enrico de Graya, Massimo Romano, Salvatore Giustolisi, Silvia Sammito, Stefano Nicolini (Azrael), con cui ho condiviso molte serate parlando degli argomenti che ci appassionano e che, con i loro pensieri e considerazioni, hanno inconsapevolmente contribuito a stimolare la stesura di questo libro.
Un ringraziamento per lo spazio che mi hanno concesso in questi mesi, va poi agli amici Mr. Lorenz e Doc St. Philipp, del canale Youtube Misteri Channel Show.
Infine, un ringraziamento speciale a Dario Sanfilippo e Salvatore Giustolisi per l’amicizia e l’aiuto nell’ideazione e la realizzazione della copertina.
Indice dei contenuti
Ringraziamenti
Sinossi
Prefazione
I - L’uomo, i pianeti e la vita
II - Marte: il pianeta
III - Marte: l'esplorazione
IV - Marte inospitale: l’idea cambia
V - Geologia marziana
VI - Marte: l’acqua è ovunque!
VII - Vita su Marte: non solo l’acqua
VIII - Vita su Marte: le prove scientifiche
IX - Marte culla della vita?
X - Un uovo cosmico da Marte?
XI - Marte dalla mitologia sumera ai kofun giapponesi
XII - L’inizio del mito di Marte, da pianeta a divinità della guerra
XIII - Marte, dall’antico Egitto al Mesoamerica
XIV - I figli di Marte
XV - Nel segno di Marte, il dio romano della guerra
XVI - Tracce di una civiltà marziana?
XVII - Una guerra su Marte?
XVIII - Il perché della guerra o della catastrofe naturale: ipotesi e tracce nei miti
XIX - L’uomo su Marte: quando e perché
XX - La lunga strada per la colonizzazione
XXI - Il sogno della terraformazione di Marte
Conclusioni
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Bibliografia
Sinossi
In un passato in cui solo la Luna e le stelle illuminavano il cielo notturno, la paura e la preoccupazione, aumentavano ogniqualvolta un puntino rosso sangue faceva la sua apparizione in un cielo misterioso. Marte, il Pianeta rosso, era un oggetto familiare e sospetto, rimasto simbolo della guerra e della distruzione per migliaia di anni.
Questa è l’idea che ci viene trasmessa dagli antichi racconti, considerati, forse solo erroneamente, miti e leggende.
Marte è rimasto impresso nell'immaginazione umana fin dalle prime osservazioni, e nemmeno l'ascesa della scienza e della tecnologia ha interrotto il fascino che ha sempre circondato questo pianeta. I telescopi, nel 1880, rivelarono strani segni sulla superficie del pianeta rosso. Molte persone si convinsero che su Marte, c’erano canali costruiti da una razza aliena. Erano questi marziani, i guerrieri di cui avremmo dovuto temere un'invasione?
Il pianeta rosso nel passato ha influenzato la Terra e la vita dell’uomo molto di più di quanto potrà forse fare nel futuro, condizionando il pensiero, il linguaggio e la quotidianità di centinaia di migliaia di generazioni, fino ai giorni nostri.
Il legame tra l’umanità e Marte è un qualcosa di profondo, che trascende il mito, la leggenda e risiede nel profondo dell’animo umano, forse addirittura nel suo codice genetico.
Il pericolo di Marte rimane ancora nella nostra coscienza collettiva, perché oggi Marte è un mondo apparentemente ostile, coperto di terreno, forse tossico, sferzato dalle radiazioni solari. Questo è quanto ancora viene mediaticamente divulgato ma, grazie ai dati raccolti dalle missioni spaziali negli ultimi vent'anni, questa idea sta rapidamente cambiando. Infatti, si comincia a pensare che, nonostante tutto, Marte sia adatto alla vita, oggi così come probabilmente, in passato. Se sia stato abitato o lo sia tutt'ora, ancora non lo sappiamo, ma certamente non possiamo ancora escluderlo. Alla luce di ciò si rende necessario rivalutare i miti antichi in cui, sorprendentemente, si riscontrano diverse analogie con quanto solo oggi stiamo scientificamente scoprendo. Possibile che si tratti di pure coincidenze? E se nei miti antichi ci fossero nascoste conoscenze confuse, riguardo proprio il passato di Marte?
Viviamo in un momento storico nel quale stiamo cercando di vincere le nostre paure, per riconciliarci definitivamente con questo pianeta. Cominciamo a comprendere i misteri, a vincere le nostre fobie e a superare tutte le difficoltà tecnologiche che ci possono ancora essere, perché Marte è l'unico altro pianeta oltre la Terra, in cui gli esseri umani potranno un giorno vivere, colonizzandolo e rendendolo un luogo di speranza e di un futuro migliore per la nostra civiltà. La colonizzazione umana non sarà l’evento che trasformerà la civiltà umana da planetaria a interplanetaria, ma sarà forse l’evento che riporterà l’uomo a casa.
Prefazione
La fantascienza non esiste! Ciò che oggi viene comunemente considerato fantascienza è, nella maggioranza dei casi, soltanto un'anticipazione di ciò che scopriremo o avremo a disposizione (dal punto di vista tecnologico) in futuro.
Nei racconti di fantascienza, infatti, di fantastico c’è spesso soltanto la storia in sé, mentre sovente i concetti scientifici e la tecnologia descritta, rappresentano certamente possibilità future, ma quasi sempre reali.
La comunità scientifica ufficiale ha la tendenza a catalogare sotto il termine fantascienza, tutto ciò che non conosce, di cui non ha certezza, salvo poi a distanza di anni, rivedere radicalmente la sua posizione, in virtù di nuove scoperte e nuove invenzioni.
Tuttavia se un qualcosa è teoricamente e scientificamente possibile, e non può quindi essere escluso, non dovrebbe ricadere sotto questa nomenclatura, ma dovrebbe essere tenuto nella giusta considerazione, in attesa di conferme.
La scienza, nell'immaginario collettivo, è sovente associata al progresso, all'innovazione. La storia insegna però, come quest'immagine della scienza, non corrisponda poi molto alla verità, non perché la scienza non persegua il sapere o la conoscenza, quanto piuttosto perché è gestita dagli uomini, e non tutti gli uomini hanno l'interesse ha cambiare lo stato delle cose. Quest'atteggiamento ha fatto sì che la scienza tenda a essere estremamente cauta quando si parla di nuove conoscenze o ipotesi, che possono mettere in discussione le teorie tradizionali. Tale comportamento è talmente radicato, che è possibile affermare con certezza, che la scienza è molto più conservatrice che progressista.
L'altro aspetto che guida la ricerca scientifica oggi, è quello del denaro. Sono ormai pochi o rari, i ricercatori che possono svolgere ricerche per la vera comprensione dell'universo, del nostro posto in esso, delle forze che lo regolano o della vera storia della nostra civiltà. La maggioranza delle ricerche condotte oggi (e che hanno un eco mediatico adeguato) sono quelle riguardanti scoperte e invenzioni che, da lì a breve, potranno portare un qualche ritorno economico.
Non tutti i ricercatori poi sono aggiornati sulle ultime scoperte scientifiche, sia nel loro campo, sia in altri settori della scienza. Ad esempio, in libri, documentari e programmi televisivi, si continuano a leggere o ad ascoltare affermazioni riguardo alla possibilità di esistenza della vita su altri pianeti, solo in presenza di acqua, ossigeno, luce e in determinate condizioni di temperatura e pressione, eppure ciò non è necessariamente vero!
Negli ultimi anni sul nostro pianeta, sono stati scoperti esempi di organismi che prosperano in laghi di arsenico, d’idrocarburi, in miniere radioattive, completamente al buio e che usano come fonte di sostentamento, l'energia prodotta dal decadimento dell'uranio o ancora, che riescono a vivere vicino a sorgenti idrotermali sottomarine, in condizioni davvero estreme di temperatura e pressione. Tutto ciò amplia esponenzialmente i luoghi nell'universo compatibili con lo sviluppo della vita.
C'è infine da dire che, indipendentemente dal fatto che molti ricercatori si definiscano non credenti o non aderenti alle religioni, quest'ultime ne condizionano comunque il pensiero, la visione, l'interpretazione dei reperti archeologici e dei documenti storici giunti fino a noi, falsando forse, la ricostruzione della storia umana.
Infatti, per millenni, possiamo dire certamente fino alla nascita del metodo scientifico (tra il XVI e XVII secolo), le conoscenze scientifiche
erano ad appannaggio principalmente della classe istruita, rappresentata in larga parte da monaci e religiosi. Questi ne condizionavano e orientavano la visione, in ossequio al principio geocentrico e, più generalmente, alla visione antropocentrica dell'universo.
In tal senso è nota la vicenda di Galileo Galilei che, condotto davanti al Sant'Uffizio con l'accusa di eresia, dovette abiurare le sue affermazioni sull'eliocentrismo del nostro sistema solare, durante il processo tenutosi il 22 giugno 1633, nel convento adiacente alla basilica di Santa Maria sopra Minerva a Roma, nel rione del Campo Marzio (o Campo di Marte). È divenuta celebre la sua esclamazione: " Eppur si muove " (sebbene quest’ultima rappresenti un apocrifo).
Nonostante siano passati ormai quasi quattro secoli, sotto molti aspetti la visione antropocentrica dell'universo dettata dalle religioni, continua a permanere.
Può sembrare un'affermazione estrema, tuttavia la visione scientifica su ciò che è reale e ciò che non lo è, su ciò che è storia e su ciò che invece è da considerarsi mito e leggenda, su ciò che è scienza e su ciò che è fantascienza, è ancora inconsapevolmente condizionata da questo modo di vedere l'universo, e di considerare il posto dell'uomo in esso.
Secondo tale originaria visione di derivazione religiosa, l'uomo è il centro dell'universo, l'apice della creazione divina e tutto ciò che esiste è stato creato per lui.
La scienza, quantomeno quella astronomica, sa bene quanto sia sbagliato considerare la Terra e l’umanità, come occupanti una posizione privilegiata nell’universo, ancor più se addirittura rapportata a quella di uno dei tanti possibili, o addirittura probabili, altri universi. Uno spazio talmente grande e per noi sconfinato, da far apparire un nulla qualunque nostro problema.
Tuttavia la scienza è gestita da uomini, e noi tutti esseri umani, non ci siamo ancora evoluti al punto di comprendere a pieno questa vastità.
Sebbene certamente molto attenuata e non palesemente dichiarata, l'idea che ciò che può fare l'uomo oggi, rappresenti l'espressione massima dell'intelligenza universale, è pensiero molto diffuso. L’uomo è considerato come l’unità di misura dell’intelligenza, dell’evoluzione e della capacità tecnologica.
Ciò rischia di creare un effetto prospettico, una distorsione nella nostra visione dell’universo.
Non è forse per questo che nonostante oggi, finalmente, la scienza cominci a contemplare la possibilità dell'esistenza di altre forme di vita intelligenti nell'universo, rifugge dalla possibilità che queste possano avere tecnologie superiori alle nostre, tali da poter viaggiare nell'universo e farci visita? Perché pensare che ciò non possa essere già accaduto, se non per il fatto che le nostre conoscenze scientifiche, o meglio, le nostre tecnologie attuali, non permettono di rendere plausibile una simile ipotesi?
Le nostre limitate conoscenze e capacità, non possono e non dovrebbero essere un limite alle possibilità teoriche presenti e future, d’incontri ravvicinati con entità aliene o alle ricostruzioni della storia delle antiche civiltà del passato.
Purtroppo questo filtraggio cognitivo, talvolta anche inconsapevole, genera un atteggiamento di chiusura pretestuosa e conservativa in molti ambienti scientifici. Ciò non ha permesso di rivalutare alcuni dei miti e delle leggende del passato che, in un certo qual modo, chiamano in causa queste possibilità, alla luce anche solo delle ancor oggi attuali e limitate, nostre conoscenze scientifiche.
Tale comportamento, all'apparenza assurdo, emerge periodicamente nelle candide dichiarazioni di esponenti della comunità scientifica.
L’astronomo americano Thomas Van Flandern, specializzato in meccanica celeste, ha contribuito a molti progetti di ricerca e pubblicato numerosi articoli su autorevoli riviste, come l’Astrophysical Journal, il Journal of Astrobiology, Nature e altre.
Nel suo libro " Materia oscura, pianeti mancanti, nuove comete scrisse:
Gli eventi della mia vita mi hanno fatto iniziare a mettere in discussione i miei obiettivi e la correttezza di tutto ciò che avevo imparato. In materia di religione, medicina, biologia, fisica e altri campi, sono venuto a scoprire che la realtà differiva seriamente da ciò che mi era stato insegnato". Van Flandern accusò apertamente il sistema
scientifico, sostenendo che molti scienziati tradizionali preferivano apportare correzioni ad hoc alle teorie, piuttosto che riconoscere difficoltà fondamentali che avrebbero potuto mettere a repentaglio i loro finanziamenti.
Un altro esempio è quello dell’astronomo dell’Università della California Geoff Marcy, che in un’intervista televisiva, rilasciata nel 2011, ha dichiarato: … fino agli anni ’90 il mondo scientifico non si poneva neanche la domanda riguardo alla possibilità dell’esistenza di vita intelligente su pianeti appartenenti ad altri sistemi solari; questo perché non si sapeva come scovare questi pianeti e quindi, volutamente, si evitava di parlarne
(fino agli anni ’90 del XX secolo, i pianeti di cui con certezza si conosceva l’esistenza, erano solo quelli del nostro sistema solare).
In tutto questo, rimangono ancora moltissime le domande riguardanti la storia della vita sul nostro pianeta, le nostre origini e la storia della nostra civiltà.
La storia della Terra, della vita su di essa e della civiltà umana, è persa nel tempo, frammentata e poi dispersa nelle epoche e tra le memorie confuse di tutte le antiche civiltà. Oggi nessuno può ancora dire di conoscerla veramente, né la scienza ufficiale, né le religioni.
Molti racconti presenti sui documenti di popolazioni passate giunti fino a noi, sono stati considerati solo miti e leggende, escludendo per quanto sopra detto, che potessero contenere anche solo una piccola parte di verità.
Se la maggior parte dei ricercatori oggi non si preoccupa di riconsiderare tutto, in virtù delle nuove conoscenze acquisite, ciò non toglie che, se si vuole provare a comprendere di più su noi stessi, sulla civiltà umana, sull’origine della vita e sul nostro pianeta, un'analisi di questo tipo vada comunque fatta.
Lo spunto ce lo fornisce il pianeta Marte, pianeta che più di qualunque altro sembra avere un rapporto speciale con la Terra e con l'umanità, sia dal punto di vista scientifico, sia dal punto di vista storico. Un rapporto che lega i miti del passato al nostro prossimo futuro, quello della colonizzazione.
In queste pagine, scopriremo il lato oscuro di Marte, Dio e pianeta, districandoci tra scritti e leggende millenarie, cultura moderna e scoperte scientifiche attuali poco note, scoprendo una moltitudine d'incredibili elementi di correlazione tra aspetti solo apparentemente così diversi e lontani nel tempo, che rivelano invece che le peculiarità del Marte Dio e mito, trovano sorprendenti riscontri nelle caratteristiche geologiche e morfologiche del pianeta rosso. Un caso? Una coincidenza? Una semplice suggestione? O c’è qualcos’altro?
Intraprenderemo un percorso tra storia, archeologia, biologia e astronomia che pagina dopo pagina, ci porterà anche a comprendere quali siano le problematiche che un essere vivente si trova ad affrontare, quando decide di colonizzare un altro pianeta (nel qual caso Marte) e dove la tecnologia legata al mezzo di trasporto è forse soltanto l'ultimo dei veri problemi.
L'obiettivo del lavoro contenuto nelle pagine seguenti, è dunque quello di fornire al lettore gli elementi di conoscenza (soprattutto quelli meno noti), per maturare una propria idea su alcuni aspetti riguardanti la nostra storia legata a doppio filo con il pianeta Marte, e su aspetti scientifici riguardanti la possibilità futura di una sua colonizzazione, ricordando sempre che credere a una teoria non la rende vera.
Al termine della lettura, che vogliate considerare quanto scritto un semplice esercizio di libero pensiero, un'interessante suggestione o una possibilità da tenere in considerazione, sarà comunque stato un viaggio di andata e ritorno dalla Terra a Marte, o forse addirittura da Marte alla Terra.
Abbiamo cominciato come vagabondi e siamo ancora vagabondi. Siamo rimasti abbastanza a lungo sulle rive dell'oceano cosmico. Siamo finalmente pronti per far vela per le stelle
.
Carl Sagan (in occasione del lancio delle sonde Viking con destinazione Marte.)
I - L’uomo, i pianeti e la vita
Fin dagli arbori della civiltà, l’umanità ha sempre prestato molta attenzione al cielo, ai pianeti e alle stelle. Sebbene distanti milioni di chilometri, gli astri hanno sempre influito sulle scelte degli uomini e sulla storia del nostro pianeta.
Nel corso della storia infatti, i pianeti Venere, Marte, Giove e Saturno hanno catturato l’immaginazione degli esseri umani. Certamente non soltanto perché assieme al più piccolo, meno luminoso e più veloce Mercurio (per questo più difficile da vedere), sono gli unici pianeti del nostro sistema solare visibili a occhio nudo (in teoria, anche Urano è ai limiti della visibilità a occhio nudo, ma è talmente distante che, pur con i primi telescopi, fu scambiato per una stella).
In passato però, almeno stando alla versione ufficiale della storia, non tutte le civiltà che osservavano il cielo, avevano la consapevolezza che ciò che stavano vedendo erano pianeti e non stelle.
Guardando verso il cielo vedevano, infatti, le varie costellazioni che apparivano immobili. I pianeti del nostro sistema solare invece, sembravano muoversi su questo sfondo di stelle fisse.
Erano considerate dunque stelle in movimento. Non è un caso che l'etimologia della parola pianeta
sia tipicamente greca e si ricolleghi, infatti, al verbo greco πλανάομαι (planàomai) che significa andare errando, andare di qua e di là. Nell'antica Grecia, πλάνητες ἀστέρες (plànētes astéres) significava stelle vagabonde.
Così erano dunque denominati gli astri che si spostavano nel cielo notturno, rispetto allo sfondo delle stelle fisse, tant'è che ancora oggi, in greco il termine pianeta significa proprio " stella errante".
Avendo soltanto questa limitata cognizione astronomica, non tutte le popolazioni del passato pensavano che ci fosse vita su queste stelle erranti, poiché non le ritenevano poi tanto differenti dal Sole.
L'osservazione astronomica rivestiva un ruolo fondamentale non solo nelle religioni delle prime civiltà, ma anche nell'organizzazione della quotidianità.
In questo contesto, come vedremo più avanti, Marte la faceva certamente da padrone quasi assoluto, avendo influenzato più di ogni altro pianeta, non solo gli usi e i costumi, le credenze religiose nelle epoche passate, ma anche molte delle parole e del linguaggio comune in uso ancora oggi in tutto il mondo.
Il cielo notturno è meraviglioso, e proprio grazie al suo colore, il pianeta rosso può essere visto a occhio nudo. È forse questo il motivo per cui è stato oggetto di attrazione e venerazione?
Le religioni sono state sempre associate ai pianeti e alle stelle, diciamo al cielo in generale.
Ad esempio, proprio all'osservazione astronomica (in particolar modo a quella sumera) si devono, infatti, i nomi dei giorni della settimana, che derivano proprio dai sette astri individuabili a occhio nudo (Sole, Luna, Marte, Mercurio, Giove, Venere e Saturno) ai quali come vedremo, erano associate specifiche divinità o le loro manifestazioni. Per tale motivo furono associati ad altrettanti giorni. Il sistema fu poi adottato, sempre in Mesopotamia, dai babilonesi e da questi passò al mondo mediterraneo.
Eppure stranamente, la suddivisione in sette giorni e la rispettiva attribuzione alle divinità planetarie, sono tradizioni comuni anche ad altri popoli lontanissimi dall'area mediterranea, come l’India, la Cina e il Giappone.
Sebbene l'associazione tra pianeti, Dèi e giorni della settimana, abbia trovato una spiegazione, almeno parzialmente e apparentemente accettabile, la sequenza settimanale, cioè la disposizione dei giorni all’interno della settimana, non è stata invece ancora spiegata in maniera convincente.
Infatti, la sequenza universalmente adottata (domenica, lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, e sabato) non corrisponde né alla distanza del corrispondente astro dalla Terra, né alla sua grandezza o luminosità.
Il vero mistero è che tutte le antiche culture, dalla cinese all’indiana, dalla mediterranea alla medio-orientale oltre a quella egizia, hanno adottato la stessa sequenza settimanale, il che costituisce di per sé un enigma tuttora irrisolto.
Questo mistero lascia spazio a spiegazioni che devono necessariamente andare oltre all'analisi dei soli elementi presi fino ad oggi in considerazione.
Casualità e coincidenza non sono spiegazioni intellettualmente possibili da accettare, almeno per quelli che ancora cercano di ragionare con la propria testa.
La casualità e la coincidenza sono concetti cui spesso la comunità scientifica ricorre, quando non è in grado di fornire una logica e convincente spiegazione di un fenomeno o di un fatto, senza dover rimettere in discussione le teorie e le ricostruzioni storiche tradizionali e ufficiali.
Come già evidenziato in premessa e nel mio precedente lavoro editoriale, spesso quest'atteggiamento nasconde più che altro la volontà di non alterare gli equilibri nella comunità scientifica, al fine di mantenere lo status quo.
L'ipotesi dunque, che queste analogie facciano riferimento a una conoscenza comune, non può essere ignorata.
L'unica spiegazione ufficiale
di cui abbiamo notizia, in merito ai motivi che hanno portato all’adozione di questa sequenza di giorni universalmente adottata , è quella fornita dallo storico e senatore romano di lingua greca, Dione Cassio (155-235 d.C.).
Dione pubblicò in lingua greca, ottanta libri contenenti la storia di Roma, dall'arrivo di Enea in Italia, passando per la fondazione di Roma, il periodo dei re, della repubblica e dell'impero, fino al 229 d.C., frutto delle sue ricerche durate oltre ventidue anni.
Sebbene rimangano soltanto pochi frammenti dei primi trentasei libri, in quest'opera si può leggere la spiegazione della sequenza settimanale, da cui deriverebbe anche l'importanza del numero sette.
Secondo quanto scritto da Dione, la sequenza ha origine mesopotamica, e scaturisce dal fatto che gli astri erano ordinati in base alla loro velocità di transito lungo l’eclittica del cielo, dal più lento al più veloce (Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio, Luna).
Si riteneva poi che ciascuna delle ventiquattro ore di ciascun giorno fosse governata da un pianeta, e il giorno riceveva il nome dal pianeta associato alla sua prima ora. Seguendo lo schema quindi, la prima ora e il primo giorno erano dedicati a Saturno, la prima ora del secondo giorno era dedicata al Sole e così via (Saturno - Sabato, Sole -Domenica, Luna - Lunedì, Marte - Martedì, Mercurio - Mercoledì, Giove - Giovedì, Venere - Venerdì).
Probabilmente questo è il motivo per cui il numero sette ha poi assunto un valore sacro nelle culture mesopotamiche e, a cascata, nelle altre culture successive, sebbene non sia chiaro, volendo accettare questa spiegazione e tenendo conto della ricostruzione ufficiale della storia, come tale conoscenza sia poi giunta in Cina, in India e Giappone.
Per la civiltà sumera, infatti, la prima civiltà dell’area mesopotamica e non solo, il numero sette era spesso associato alla Terra, che risulta non a caso, essere il settimo pianeta se si comincia a contare dall’esterno del sistema solare (dopo Plutone, Nettuno, Urano, Saturno Giove e Marte) e non dal Sole (è forse retaggio di conoscenza degli Anunnaki, visitatori di altri pianeti che, secondo la mitologia sumera, provenivano appunto dall’esterno dell’attuale sistema solare?).
Il numero sette è un numero particolarmente ricorrente nella storia della Terra e della civiltà umana. Solo per fare qualche esempio, possiamo citare i sette mari, ma abbiamo poi anche i sette continenti, le sette meraviglie del mondo, i sette colori dell’arcobaleno (visibili dall’occhio umano), le sette note musicali o come, per ricollegarsi anche al mito di Marte, i sette colli sui quali venne fondata Roma.
Al numero sette sono poi associate le fasi lunari. I calendari lunari erano in uso anche durante l’epoca babilonese. La Luna compie una rotazione completa attorno alla Terra, in circa 28 giorni (multiplo di sette, considerato alla stregua dello stesso, un numero perfetto giacché somma dei suoi divisori 1, 2, 4, 7, 14).
Il ciclo lunare, si compone quindi, di quattro fasi di sette giorni ciascuna. Al ciclo lunare sono legati moltissimi aspetti riguardanti la vita sulla Terra. Nascita, crescita e declino di piante, animali e uomini sono connessi al crescere e decrescere della Luna, e questa connessione non è riconosciuta soltanto in ambito esoterico.
Sette sono i principali chakra, (centri di energia vitale del corpo umano) secondo le discipline olistiche.
Come molti sanno, sette è un numero importante anche per molte religioni che fondano il loro credo sulla tradizione biblica (cristianesimo, ebraismo e islamismo).
Tuttavia l'ebraismo è senz'altro la religione in cui il numero è particolarmente importante: la storia della creazione è raccontata in sette giorni; sette sono le divinità mitologiche identificate dalla Cabala ebraica; sette sono i bracci del candelabro ebraico della Menorah; nel libro dell’apocalisse di Giovanni sette sono i sigilli che una volta rotti, vedranno arrivare sette angeli che suoneranno sette trombe per annunciare la fine del mondo.
Nella Bibbia, il numero sette è il simbolo di totalità e completezza. Sette, infatti, è la somma dei quattro punti cardinali e delle tre sezioni in cui il mondo era concepito dagli antichi (cielo, terra e inferi). In riferimento al tempo, il numero sette indica l'eternità, in riferimento a Dio ne sottolinea l'eternità e la perfezione.
C'è però da rilevare come, a differenza delle altre culture, nell'ebraismo i giorni della settimana sono indicati con i numeri e non con i nomi di divinità o dei pianeti, trattandosi di una religione monoteista, ad eccezione dello Shabbat (Sabato) che, secondo la tradizione, era il settimo giorno in cui Dio si riposò dopo la creazione.
Originariamente per la civiltà romana, prima dell’avvento del Cristianesimo, il Sabato era chiamato Saturni dies, giorno di Saturno, appellativo ancora oggi utilizzato nei paesi di lingua inglese (Saturday). Poi l’influenza della cultura ebraica, in stretta connessione con quella cristiana, come appena detto, cambiò il nome in Sabato
.
Analogo discorso può essere fatto per la Domenica che, prima dell’avvento del Cristianesimo, corrispondeva al dies solis, cioè il giorno del Sole
in onore della divinità del Sol Invictus. Ancora oggi questa denominazione si è conservata nelle lingue germaniche, nella lingua inglese Sunday
, o nella lingua tedesca Sonntag
.
Quando fu emanato il celebre editto di Tessalonica di Teodosio I, il 27 febbraio 380 d.C., l’imperatore stabilì che l’unica religione di stato sarebbe stata il Cristianesimo, bandendo ogni altro culto. Per tale ragione, il 3 novembre 383 d.C. il dies Solis fu rinominato dies dominicus (Giorno del Signore), in cui i cristiani fanno memoria della resurrezione di Cristo e, in tale forma, è giunto fino a noi.
Oltre che per assegnare origine ai nomi dei giorni della settimana, l'osservazione astronomica era fatta in modo molto attenta e, in alcuni casi, in modo a dir poco sorprendente.
Dopo oltre cinquemila anni, i nomi dei giorni sono ancora associati ai pianeti e il Martedì è per tutte le attuali culture del pianeta, il giorno consacrato a Marte!
A sottolineare l’unicità del rapporto tra Marte e civiltà umana, come vedremo più avanti, Marte è il solo pianeta a cui è tuttora associato, o meglio è dedicato, non soltanto un singolo giorno, ma un intero mese (Marzo).
Le domande se su Marte ci sia vita intelligente o se sia il pianeta degli Dei, si susseguono da sempre, e tali domande hanno coinvolto anche gli altri pianeti.
Alcune delle caratteristiche di questi cinque pianeti (Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno), caratteristiche che abbiamo scoperto in epoche recenti grazie alle varie missioni di esplorazione spaziale, trovano un'affascinante correlazione con le caratteristiche degli Dèi, in qualche modo associati ad alcuni di questi corpi celesti.
Ad esempio, il principale Dio romano Giove, corrisponde con il più grande dei pianeti del nostro sistema solare ed era l'equivalente greco di Zeus, re e padre degli Dei.
Mercurio che si muove rapido nel cielo, per i romani era il messaggero degli dei, che i greci chiamavano Ermes.
Il pianeta Venere, il cui epiteto greco era Afrodite e che è spesso, nelle prime ore del mattino e al calar della sera, il corpo celeste più luminoso (a parte il Sole ovviamente), era la Dea della bellezza, dell'arte e dell'amore.
Saturno, titano del tempo, che i greci chiamavano Crono, è il pianeta che si muove più lentamente nel cielo.
Se per i citati pianeti, queste analogie possono spiegare le varie associazioni con le caratteristiche attribuite agli Dei greci e romani presi ad esempio, per quanto riguarda Marte, considerato anche quanto stiamo scoprendo attraverso le missioni spaziali degli ultimi venti anni soprattutto, non possiamo limitarci ad accettare simili e sommarie spiegazioni.
Possiamo certamente affermare che Marte è il pianeta che ha sempre attratto più di ogni altro, l'immaginazione dell'uomo sia nel passato sia nel presente , sebbene non sia né il pianeta più vicino alla Terra (Marte dista mediamente circa 78.389.284 km, mentre Venere è senza dubbio più vicino, a soli
41.438.610 km) né mediamente il più luminoso poiché, sia il più vicino Venere, sia Giove (distante 628.311.057 km) e sia Saturno (distante 1.277.416.217 km) anche se ben più lontani, sono più luminosi.
Marte, con la sua colorazione rossa, è il corpo celeste visibile a occhio nudo più particolare e suggestivo della volta celeste.
La peculiarità del suo colore rosso, colore del sangue, non sembra poter essere il solo motivo per cui Marte sia stato associato da diverse civiltà (non solo del bacino mediterraneo, ma anche di altre aree del mondo a volte insospettabili e inaspettate) con la divinità della Guerra o con storie di battaglie, distruzione e vendette.
Le scoperte scientifiche degli ultimi decenni, fanno supporre che ci sia un legame ben più profondo tra Marte e il nostro pianeta, tra il pianeta rosso e la civiltà umana.
Il fascino e la suggestione di Marte, hanno pervaso e pervadono la mente di migliaia di persone ancora oggi. È impossibile non rimanerne attratti.
Ricordo distintamente quando, all'età di sette anni (eravamo agli inizi degli anni '80), i miei genitori comprarono e portarono a casa un nuovo atlante geografico. Il vecchio atlante, infatti, stampato oltre trent'anni prima, non era più attendibile e utilizzabile, neanche a scopo didattico, giacché riportava divisioni di territori non più attuali, basti pensare che le regioni italiane erano 19 e non 20 (Abruzzi e Molise furono scorporate solo nel 1963).
Il nuovo e più moderno atlante, oltre a riportare le consuete cartine geografiche fisiche e politiche dell'Italia, dell'Europa e dei vari continenti, aveva delle pagine introduttive in cui era rappresentato il nostro sistema solare, con foto e didascalie che riportavano quanto sapevamo all'ora su di esso.
Eravamo nei primissimi anni ottanta del XX secolo, e l’eco della corsa allo spazio tra russi e americani era ancora vivo.
Ricordo molto bene quelle pagine, era forse la prima volta che potevo vedere la rappresentazione del nostro sistema solare. Ricordo ancora oggi la sensazione di meraviglia e stupore che provai, nel guardare una delle foto più famose dell'esplorazione spaziale. Nell'angolo in basso a destra della pagina, in un riquadro di appena cinque centimetri per lato, c'era la prima foto della superficie di un altro pianeta.
Era la foto della superficie del pianeta Marte, la prima a colori (Fig.1), scattata pochi anni prima dalla sonda Viking 1, di cui non sapevo nulla.
immagine 1Fig.1 – Prima foto a colori di Marte scattata nel 1976 dalla Viking 1(fonte Nasa/Jpl)
Apprendere che l'umanità era riuscita ad arrivare (anche se solo con delle macchine) su un altro corpo celeste, vedere improvvisamente la superficie di un altro pianeta, con quei colori così particolari, mi emozionò non poco, lasciando spazio alla fantasia, al pensiero e alla speranza di poter avere forse un giorno, conferme dell'esistenza di altre forme di vita extraterrestre.
Non ero ovviamente il primo e il solo a fare questo tipo di pensieri.
Sull'ipotesi che ci fosse vita sul pianeta rosso, erano già stati scritti centinaia di libri, girati moltissimi film e, riguardo quest’ipotesi, si erano pronunciate moltissime e importanti personalità del mondo scientifico.
Mi piace ricordare tra tutti Nikola Tesla che, in un articolo del febbraio 1901 intitolato: " Parlando con i pianeti", pubblicato sul giornale Collier’s Weekly, dichiarò di aver ricevuto nel luglio del 1899, messaggi radio da esseri extraterrestri proprio da Marte, durante un test di un trasmettitore di amplificazione per captare le tempeste. Dichiarò di credere all’esistenza degli alieni e per questo fu apertamente deriso. Nello stesso articolo, Tesla arrivò a ipotizzare addirittura, che una presenza aliena sul nostro pianeta esisteva da millenni e che gli extraterrestri controllavano l’umanità sin dalla sua nascita.
Questa teoria gli valse, presso la comunità scientifica, l’appellativo di " scienziato pazzo", condizionando pesantemente la sua credibilità agli occhi della comunità scientifica del tempo, oltremodo conservatrice.
Chiunque ancora oggi voglia far credere che l’idea della vita extraterrestre, il fenomeno Ufo, i racconti di contatto, rapimento o ancora le varie teorie ufologiche, ivi compresa la teoria degli antichi astronauti, siano conseguenza delle suggestioni moderne, afferma il falso!
Il dibattito sull'esistenza di altri mondi abitati, o abitabili, sia nel nostro sistema solare, sia al di fuori, ha origini antichissime.
Moltissime sono le storie, ritenute ancora oggi soltanto miti e leggende, di esseri provenienti dalle stelle (e quindi da altri pianeti) giunti sulla Terra per i motivi più diversi, dalla semplice esplorazione allo sfruttamento del pianeta, dalla colonizzazione alla sperimentazione genetica. Racconti pieni di particolari vividi, descritti con le parole del tempo, descrizioni attente di tecnologie e degli effetti di queste sull'ambiente circostante. Descrizioni che vanno oltre la semplice narrazione dei fatti. Racconti documentati con disegni e reperti archeologici di varia natura, che lasciano spazio alla possibilità che tutto ciò non sia solo mito ma, cronache storiche di fatti realmente accaduti. Racconti ripetuti e presenti in ogni epoca e latitudine, a partire da quella che ancora oggi è considerata la prima civiltà umana, quella sumera.
Poiché ho già ampiamente analizzato e dibattuto la questione nel precedente lavoro, non mi dilungherò oltre su questo punto.
L’uomo immagina che ci sia vita su Marte fin dall’antichità, fin da quando faceva osservazioni a occhio nudo.
Accantonando per un momento ciò che è considerato mito o leggenda, a livello storico ufficiale, il dibattito su quella che è chiamata la pluralità dei mondi (cioè l'idea che al di fuori della Terra possano esistere numerosi altri pianeti o universi, abitati da forme di vita intelligente), risale addirittura al 600 a.C. ai tempi del filosofo greco Talete.
Il dibattito è proseguito nelle diverse epoche risentendo, di periodo in periodo, delle varie influenze religiose e delle conoscenze scientifiche del tempo.
In epoca greco-romana, il dibattito si concentrava più che altro su aspetti filosofici, che avevano molti punti in comune con l'odierna visione della fisica quantistica.
Le limitate nozioni cosmologiche che l'attuale visione storica ufficiale riconosce proprie di quel periodo, non impedivano, infatti, ai filosofi greci di ipotizzare una moltitudine di mondi culle di vita, presenti sia in sistemi solari differenti e sia in universi paralleli.
Sembra incredibile che oltre duemila anni fa, qualcuno su questo pianeta parlasse già di questi concetti, che ancora oggi sono comunemente considerati fantascienza, nonostante i seri studi e gli incredibili risultati (sebbene ancora provvisori) svolti da alcuni membri della comunità scientifica ufficiale.
Eppure già in antichità, la cosa non era considerata così bizzarra, e il movimento che sosteneva la pluralità dei mondi fu supportato da un altro importante movimento filosofico dell'epoca, di cui Democrito ed Epicuro sono considerati i massimi esponenti.
Il movimento è noto come atomismo e teorizzava che la materia fosse composta di due elementi, gli atomi e il vuoto.
Così come abbiamo appena visto per la pluralità dei mondi, sottolineiamo come inaspettatamente già nel VII secolo a.C., c'era chi aveva teorizzato l'esistenza di particelle così piccole come l’atomo, creando addirittura una corrente di pensiero (l'atomismo, appunto).
Tale movimento fornì le basi per la formulazione della prima teoria atomica della materia, pubblicata soltanto nel 1808 (oltre duemila anni più tardi), dal chimico e fisico inglese John Dalton.
Ancora 100 anni, siamo nel 1901, e la teoria atomistica di Democrito e la successiva rielaborazione di Dalton, furono la base per gli studi e gli esperimenti effettuati da Max Plank (il cui vero nome anagrafico era Marx). Gli studi sull'atomo valsero al fisico tedesco, il premio Nobel per la fisica.
Alla luce di questo, dovremmo forse prendere più in considerazione i racconti e i pensieri delle prime civiltà, smettendo di sminuirli e derubricarli a miti e leggende o conoscenze primitive?
Benché la teoria sulla pluralità dei mondi formulata da Talete, fosse supportata dall'importante movimento atomista di Democrito ed Epicuro, cadde quasi del tutto nell'oblio a causa delle posizioni di aperto contrasto prese da importanti filosofi dell'epoca, come Platone e Aristotele, che sostenevano invece l'unicità della Terra. Successivamente però, l'idea venne riproposta.
Indicativa è la testimonianza di Basilio di Cesarea (329 -379 d.C.) detto anche Basilio il Grande, vescovo e teologo greco, vissuto in Cappadocia e venerato dalle Chiese cristiane, giacché considerato Dottore della Chiesa [1] .
Basilio di Cesarea riteneva gli antichi Egizi essere la progenie di una civiltà proveniente da luoghi collocabili " fuori dalle sfere abitate dagli uomini o dai demoni, alludendo inequivocabilmente a esseri né terrestri né divini, aggiungendo che quella dei faraoni fu una
stirpe non discendente da Adamo e dotata di poteri superumani (
διὰ ὑπερανθρωπίνης δυνάμεως"), grazie ai quali fu possibile edificare le piramidi.
Sfido ancora chiunque a voler continuare a sostenere che l’ufologia moderna, la teoria degli antichi astronauti, l’idea della vita extraterrestre e tutto quanto a esse connesso, siano soltanto frutto della suggestione dei tempi moderni.
Nei secoli successivi, la visione geocentrica di Aristotele e Platone, trovò sempre più spesso coincidenza con i dettami biblici e del cristianesimo. Nel medioevo il pensiero atomista fu rigettato dalla Chiesa e considerato eretico, così come il concetto della pluralità dei mondi, poiché contrastava con la visione creazionista e antropocentrica proposta nelle Sacre Scritture.
Tuttavia il dibattito sull'esistenza della vita extraterrestre non fu mai del tutto sopito.
Nei secoli seguenti, il frate domenicano Tommaso d'Aquino, il cardinale e teologo Nicola Cusano, il teologo e filosofo nonché frate francescano Guglielmo di Ockham (a cui si deve l'omonimo principio scientifico del rasoio di Ockham), l'astronomo polacco Niccolò Copernico, l'astronomo Giovanni Keplero (solo per citare i personaggi più noti) manifestarono a più riprese, con diverse sfaccettature e senza mai sostenerla apertamente (per ovvie implicazioni), la possibilità dell'esistenza di altri mondi abitati.
Remore che non ebbe invece, il filosofo e frate domenicano Giordano Bruno, condannato per eresia e messo al rogo nel 1600, che immaginava un universo infinito, popolato da altri Soli, circondati da pianeti, sui quali erano presenti altre creature intelligenti, che arrivò ad affermare che, alcuni di questi pianeti potessero essere abitati da esseri addirittura migliori di noi.
É solo con il graduale abbandono della visione antropocentrica imposta dalle religioni monoteiste, in particolar modo di quella cattolico-cristiana, avvenuta nella seconda metà del millennio scorso, grazie all'avvento della scienza, del metodo scientifico e alla diffusione del telescopio, che l'idea della pluralità di mondi abitati tornò ad essere considerata " ragionevolmente possibile".
Il numero di teologi che si occupò della questione divenne però davvero rilevante, soltanto a partire dal Settecento.
L’idea era stata trattata con una prima pubblicazione, dall’astronomo olandese Christiaan Huygens (1629-1695). A Huygens si deve la prima osservazione dei poli di Marte. Nel suo libro Cosmotheoros, pubblicazione postuma del 1698, Huygens trattava l’argomento delle condizioni necessarie allo sviluppo della vita intelligente extraterrestre.
Durante l'epoca illuminista, l'idea fu sostenuta da filosofi del calibro di John Locke, dell'astronomo William Herschel, da politici come il secondo presidente americano John Adam e dallo scienziato e politico statunitense Benjamin Franklin.
Herschel, uno dei più importanti astronomi della storia, sosteneva che tutti i pianeti fossero abitati, e che ci fossero addirittura esseri intelligenti che vivevano in una zona fredda sotto la superficie del Sole. In merito a Marte, l’astronomo inglese, in uno dei suoi libri, scrisse che gli abitanti marziani probabilmente godono di una situazione simile alla nostra
. Marte comincia ad essere considerato uno dei luoghi più probabili dove cercare la vita extraterrestre.
Da quel momento in poi, si susseguono le osservazioni grazie a telescopi sempre più potenti, che portano a scoprire diverse informazioni riguardo alle caratteristiche del pianeta rosso.
Nel 1858, lo scienziato inglese William Whewell, arriva alla conclusione che Marte ha mari verdi e terra rossa, e si chiede se lì esistano forme di vita extraterrestri.
Nello stesso anno, l’astronomo gesuita italiano Angelo Secchi, disegnò una delle prime mappe di Marte, nella quale chiamò Syrtis Mayor il cosiddetto canale atlantico
, una vasta area sulla superficie del pianeta rosso, che mostra un contrasto di luminosità rispetto alle aree adiacenti. Angelo Secchi anticipò l’uso del termine canale
per indicare qualcosa sulla superficie marziana, sebbene per descrivere un oggetto comunque geologicamente del tutto differente da un canale vero e proprio.
Siamo ormai alla fine dell’ottocento del millennio scorso, ed è questo il momento in cui, in epoca moderna, avviene l’incontro tra Marte e l’idea dei mondi abitati nell’immaginario collettivo.
Ad alimentare l’idea fu, forse suo malgrado, l’astronomo italiano, nonché Senatore del Regno d’Italia durante la XV legislatura (fu nominato senatore da Re Umberto I nel 1899) Giovanni Schiaparelli.
La notte del 23 agosto del 1877, infatti, l’astronomo italiano dall’osservatorio astronomico di Brera, aveva cominciato a osservare quasi per caso, la superficie del pianeta rosso.
A differenza degli osservatori precedenti, tra i quali possiamo annoverare (faccio riferimento ovviamente alle sole osservazioni successive l’invenzione del telescopio, poiché a occhio nudo è impossibile investigare le caratteristiche della superficie di Marte) Giovanni Domenico Cassini (che nel 1666 scoprì le calotte polari) e William Herschel (che, osservando l’occultazione di una stella dietro al disco del pianeta, si rese conto che questo doveva possedere un’atmosfera, anche se molto rarefatta), Schiaparelli applicò allo studio della superficie del pianeta rosso, gli stessi metodi cartografici utilizzati per la Terra, trasformando la Geo-grafia in Aero-grafia, dai nomi greci di Terra (Gea) e Marte (Ares).
Nel 1878 uscì, presso l’Accademia dei Lincei (l’accademia scientifica più antica del mondo di cui l’astronomo piemontese era membro) un primo testo, contenente le descrizioni e le considerazioni delle prime osservazioni di Schiaparelli su Marte. Il volume conteneva anche la celebre mappa azzurra, che ritraeva i famosi canali di Marte (Fig.2).
immagine 2Fig.2 - La prima mappa della superficie di Marte realizzata da Giovanni Schiaparelli nel 1877
Le mappe apparvero fin da subito molto precise e ricche di particolari, e i suoi bellissimi disegni, in cui la superficie marziana appariva come una nuova Terra, travalicarono i confini della comunità scientifica e suggestionarono la fantasia delle persone comuni e non solo.
Nelle sue mappe della superficie di Marte, Schiaparelli adottò una nuova nomenclatura, utilizzando nomi di " geografia poetica e archeologia mitica" in lingua latina, nomi che sono rimasti fino a oggi (come ad esempio montes per i monti, chaos per le aree accidentate, planitiae per i bassopiani, valles per le valli e i canali sinuosi, labyrinthi per le reti di valli) e introducendo vocaboli tipici della nomenclatura geografica quali fiume, isola, stretto, canale, penisola, promontorio.
Grazie a questa pubblicazione, la fama di Schiaparelli crebbe a livello internazionale, tanto che fu considerato il maggiore studioso al mondo di Marte.
Schiaparelli con i suoi studi riallacciò l’antico legame, forse mai sopito, tra la Terra e Marte, tra l’uomo e il pianeta rosso e forse, addirittura, con gli abitanti della nostra penisola (come vedremo più avanti) e il fondatore della progenie che diede vita a una delle civiltà più importanti della Terra.
L’astronomo colse l’attimo, e utilizzò tutta la sua influenza per ottenere un nuovo e più potente telescopio (recentemente restaurato e ora esposto al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano), con il quale proseguire le sue osservazioni.
Il nuovo e gigantesco telescopio Merz-Repsold da 7 tonnellate, era uno dei telescopi più avanzati del